L’Amministrazione deve dare comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto destinatario dell’ammonimento

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 29 marzo 2019, n. 2108.

La massima estrapolata:

Ove non sussistano specifiche ragioni di urgenza da indicare nell’atto, l’Amministrazione deve dare comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto destinatario dell’ammonimento e ciò in quanto, pur presentando il procedimento de quo dei tratti di specialità, in assenza di espressa deroga, devono trovare applicazione le garanzie di partecipazione procedimentale e deve essere concessa la possibilità all’interessato di palesare il proprio punto di vista.

Sentenza 29 marzo 2019, n. 2108

Data udienza 21 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7966 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato An. St., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
-OMISSIS- – non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente i decreti di ammonimento del 31 luglio 2014 e del 7 ottobre 2014, adottati dalla Questura di Milano ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 23 aprile 2009, n. 38, nei confronti dell’odierno ricorrente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti gli avvocati An. St. e l’avvocato dello Stato Wa. Fe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Nel giudizio di primo grado, l’odierno appellante ha impugnato i decreti di ammonimento del 31 luglio e 7 ottobre 2014, adottati nei suoi confronti dalla Questura di Milano, ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 23 aprile 2009, n. 38, per asseriti comportamenti persecutori dal medesimo tenuti nei confronti della controinteressata -OMISSIS-.
2. A sostegno dell’impugnativa, l’istante ha dedotto la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, per essere stata attribuita, a suo parere, la rilevanza di comportamenti persecutori a condotte altrimenti inquadrabili nel contesto di una normale e pacifica relazione sentimentale.
3. Il Tar adito ha respinto il ricorso osservando, quanto alla asserita violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, che nella procedura di ammonimento ai sensi della legge n. 38/2009non è necessario l’avviso di avvio del procedimento, stante il carattere di urgenza qualificata che connota la misura cautelare adottata dal Questore.
Nel merito, il Tar ha ritenuto adeguatamente istruito e motivato il provvedimento impugnato, in quanto poggiante: i) sulle dichiarazioni resa dalla controinteressata il 5 giugno 2014, confermative del carattere ossessivo e molesto delle attenzioni riposte dal ricorrente nei suoi confronti e protrattesi dal mese di marzo del 2014 fino all’emanazione del decreto di ammonimento; ii) sui messaggi di testo scambiati tra le parti e contenenti indicazioni sull’abbigliamento e sugli spostamenti della donna, rivelatori quindi di una attività di pedinamento o appostamento messa in atto ai suoi danni; iii) sulle dichiarazioni rese da un’amica della parte lesa, attestanti la sofferenza provocata in quest’ultima dal comportamento soffocante e assillante tenuto dal sig. -OMISSIS-; iv) sulle ulteriori informazioni rese dalla controinteressata in data 28 luglio 2014.
4. L’appello si articola in una rivisitazione critica delle statuizioni del giudice di primo grado con riguardo alle tematiche innanzi richiamate, oltre che sulla disposta condanna alle spese di lite.
5. Il solo Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, senza tuttavia svolgere deduzioni difensive.
6. In assenza di istanze cautelari, la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 21 marzo 2019.

DIRITTO

1. Con un primo motivo di appello, il ricorrente censura l’omessa considerazione, da parte del giudice di primo grado, di alcune circostanze a suo dire rilevanti, desumibili dallo scambio di messaggi intervenuto con la sig. -OMISSIS- tramite social network (documenti nn. 6 e 8 del fascicolo di primo grado), dalle quali si evincerebbe il comportamento ambiguo e contraddittorio della donna, consistito nel fingere, presumibilmente per propri secondi fini, interesse verso le attenzioni a lei rivolte dal Dott. -OMISSIS-, nell’accettare regali e inviti ad eventi mondani, nello scegliere di continuare a frequentare luoghi di interesse a lui comuni anche nel periodo successivo alla richiesta di adozione del provvedimento di ammonimento e, quindi, in costanza della condotta asseritamente persecutoria. L’insieme delle riportate circostanze indurrebbe a ricondurre la vicenda nell’ambito della mera reazione ad una delusione amorosa, priva comunque dei caratteri di condotta pericolosa, molesta e assillante, e ciò in quanto – secondo il pacifico orientamento interpretativo invalso in materia – laddove il comportamento del soggetto passivo in qualche modo assecondi il comportamento del soggetto agente, non può ravvisarsi quella condizione di mutamento radicale delle abitudini e di ansia psicologica che segna e qualifica, quale presupposto costitutivo della fattispecie, la situazione esistenziale della vittima.
– L’affermazione contenuta in sentenza secondo la quale controinteressata sarebbe stata vittima di pedinamenti da parte del sig. -OMISSIS- costituirebbe, inoltre, frutto di una mera deduzione inferenziale priva di riscontro nella realtà e nelle dichiarazioni rese dalla parte lesa. Gli elementi di conoscenza sugli spostamenti e sull’abbigliamento della donna, dai quali prende spunto la deduzione in oggetto, potrebbero, infatti, costituire il frutto di notizie riferite da amici comuni alle parti contendenti, di foto pubblicate su social network piuttosto che di incontri occasionali in luoghi di comune frequentazione.
– La sentenza impugnata è ritenuta erronea e meritevole di riforma anche in quanto avrebbe omesso di valutare il carattere deficitario dell’attività istruttoria svolta dell’Amministrazione resistente, non essendosi questa peritata di ascoltare il ricorrente e di assumere informazioni da tutte le persone indicate dalla sig.ra -OMISSIS-.
– Specifiche contestazioni vengono svolte in merito alla rilevanza delle dichiarazioni rese dalla Signora -OMISSIS- in data 9 giugno 2014, per avere questa ammesso di non conoscere il sig. -OMISSIS- ed essersi, tuttavia, sbilanciata in giudizi denigratori nei suoi confronti, formulati su elementi di conoscenza solo indiretta.
– Ulteriore indice del difetto motivazionale della sentenza impugnata risiederebbe poi nella mancata valutazione dell’attualità della minaccia che il Dott. -OMISSIS- poteva costituire per la controinteressata nel periodo intercorrente tra la data di trasmissione della richiesta di ammonimento del 23 giugno 2014 alla data di emanazione del primo provvedimento di ammonimento del 31 luglio 2014.
In tale periodo, infatti, non vi era stato alcun contatto tra i due (fatto salvo un innocuo sms del 27 luglio 2014), e, di conseguenza, non si era verificato alcun atto aggressivo, violento o vessatorio nei confronti della donna, tanto che, proprio per tale ragione, la Questura di Milano era arrivata ad escludere la sussistenza dei presupposti per procedere, richiedendo al Commissariato di Monza (con nota del 15 luglio 2014) di accertare l’attualità e la veridicità delle condotte attribuite al Dott. -OMISSIS-.
– Emblematica della lacunosità e della contraddittorietà dell’istruttoria espletata dall’Amministrazione resistente risulterebbe poi l’erronea indicazione della data di inizio della condotta persecutoria asseritamente perpetrata.
Infatti, in un primo frangente, l’Amministrazione resistente, nel provvedimento di ammonimento del 31 luglio 2014, aveva indicato che la presunta condotta vessatoria era cominciata nell’anno 2012, salvo poi emanare un nuovo provvedimento di ammonimento in data 7 ottobre 2014, in annullamento del precedente per asseriti errori formali e materiali, nel quale veniva indicato l’inizio delle molestie nel mese di marzo 2014.
2. Quanto alla mancata comunicazione di avvio del procedimento (oggetto del secondo motivo di appello), l’appellante segnala l’insussistenza di ragioni di urgenza qualificata in grado di giustificare tale omissione, atteso che:
– l’Amministrazione ha provveduto molto tempo dopo l’istanza di ammonimento proposta dalla signora -OMISSIS- in data 5 giugno 2014;
– la stessa Questura di Milano, a distanza di diverse settimane dalla presentazione dell’istanza di ammonimento, aveva implicitamente escluso la sussistenza dei presupposti per procedere, in quanto aveva richiesto al Commissariato di Monza di verificare l’attualità delle condotte imputate al Dott. -OMISSIS-;
– la comunicazione dell’avvio del procedimento è mancata anche in occasione dell’emissione del secondo ammonimento in data 7 ottobre 2014, il quale non è stato preceduto da alcuna ulteriore attività istruttoria volta ad appurare la persistenza delle presunte condotte moleste.
3. Infine, l’appellante chiede la riforma della statuizione in punto condanna al pagamento delle spese di lite e formula istanza di acquisizione di una serie di documenti ai quali egli aveva chiesto di poter accedere anche nel corso del giudizio di primo grado e che, viceversa, non sono stati depositati neppure a seguito dell’ordinanza istruttoria adottata dal Tar.
4. L’appello è fondato, per le ragioni e nei limiti che di seguito si vanno a precisare.
5. La Sezione deve anzitutto rammentare che, alla stregua della disciplina dettata dall’art. 8, comma 2, del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. in legge, con modificazioni, dalla l. 23 aprile 2009, n. 38, l’ammonimento orale è una misura deputata a svolgere una funzione avanzata di prevenzione e di dissuasione dei comportamenti sanzionati dall’art. 612-bis c.p.
5.1. Ai fini della sua emissione, pertanto, non è richiesta la piena prova della responsabilità dell’ammonito per le ipotesi di reato perseguite dal menzionato art. 612-bis c.p., ma il provvedimento monitorio può trovare sostegno in un quadro istruttorio da cui emergano, anche sul piano indiziario, eventi che siano in grado di recare un vulnus alla riservatezza della vita di relazione o, su un piano anche solo potenziale, all’integrità della persona (v., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, n. 4127/2015).
5.2. Anche all’ammonimento, infatti, deve applicarsi quella logica dimostrativa a base indiziaria e di tipo probabilistico che, come la Sezione ha ribadito di recente (Cons. Stato, sez. III, nn. 758/2019 e 1085/2019), informa l’intero diritto amministrativo della prevenzione.
5.3. Tale logica preventiva non consente tuttavia di sottrarre detti provvedimenti al complesso di principi di garanzia procedimentale posti a presidio del corretto esercizio del potere amministrativo, primi tra questi l’obbligo della motivazione (Cons. Stato, sez. III, n. 1085/2019) e del contraddittorio procedimentale (Cons. Stato, sez. III, n. 4187/2018). Trattandosi, infatti, di misura discrezionale, adottabile sulla base di una delicata valutazione delle condotte poste in essere dallo stalker in funzione preventiva e dissuasiva, deve evitarsi che essa, pur fondandosi su fattispecie di pericolo, giunga a sanzionare, arbitrariamente, una colpa d’autore e a configurarsi come una ingiusta “pena del sospetto” (così, testualmente, Cons. Stato, sez. III, nn. 758/2019).
5.4. Peraltro, se la motivazione del provvedimento costituisce un indefettibile presidio di legalità sostanziale, in quanto punto di esplicazione ed elemento di riscontro del legittimo esercizio del potere amministrativo – è di intuitiva evidenza la complementarietà che avvince la fase del contraddittorio procedimentale e quella della successiva elaborazione ed ostensione delle relative risultanze, trattandosi di momenti dell’azione amministrativa strettamente funzionali l’uno all’altro.
5.5. Con più specifico riguardo alle disposizioni di cui agli artt. 7 e 10-bis della l. n. 241 del 1990, la giurisprudenza di questo Consiglio è dunque orientata nel senso che ove non sussistano specifiche ragioni di urgenza da indicare nell’atto, l’Amministrazione deve dare comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto destinatario dell’ammonimento e ciò in quanto, pur presentando il procedimento de quo dei tratti di specialità, in assenza di espressa deroga, devono trovare applicazione le garanzie di partecipazione procedimentale e deve essere concessa la possibilità all’interessato di palesare il proprio punto di vista (v. Cons. Stato. sez. III, n. 5676/2011; n. 1069/2012; 4127/2015; 4187/2018; 1085/2019).
6. Nel caso di specie, specifiche e concrete ragioni di urgenza non sono state segnalate nei due provvedimenti, poiché in essi non vi è alcun accenno alla tematica della comunicazione di avvio del procedimento. Di più, ragioni di incomprimibile urgenza non paiono trarsi neppure dalla tipologia delle condotte persecutorie contestate al sig. -OMISSIS-, non potendosi dalle stesse evincere concrete e significative avvisaglie di una esposizione della integrità della donna a imminenti rischi di grave pregiudizio.
6.1. Per contro, la stessa esigenza di celerità è almeno apparentemente contraddetta sia dal lasso temporale intercorso tra l’istanza che ha dato avvio al procedimento (del 5 giugno 2014) e la data di adozione del primo ammonimento (31 luglio 2014); sia dal lasso temporale intercorso tra il primo e il secondo provvedimento (7 ottobre 2014), essendo quest’ultimo stato adottato in sostituzione del primo e con tempi che avrebbero consentito di colmare il segnalato vizio procedimentale.
6.2. Peraltro, la funzione di comunicazione di avvio del procedimento amministrativo non può dirsi assolta nemmeno per effetto dell’invito ad apposita audizione rivolto al destinatario della misura dell’ammonimento orale, posto che tale momento di contraddittorio, pure invocato dal -OMISSIS-, non è stato mai concesso, nonostante, si ripete, alla stregua della tipologia delle condotte reputate lesive e ascritte al ricorrente, non emergessero estremi di un imminente e non altrimenti fronteggiabile periculum e nonostante l’adozione del secondo provvedimento di ammonimento avesse offerto l’occasione per un approfondimento istruttorio (v. Cons. Stato. sez. III, n. 5676/2011; n. 1069/2012; 4127/2015).
6.3. La sentenza di primo grado si disallinea dall’impostazione di principio sin qui evocata ed è pertanto in parte qua certamente censurabile, in quanto motiva la superfluità dell’avviso di avvio del procedimento in ragione della natura cautelare del provvedimento di ammonimento e, quindi, sulla base di una valutazione per categorie generali di atti che non trova conforto nel quadro delle coordinate ermeneutiche innanzi tratteggiate.
6.4. Neppure appare plausibile affermare l’irrilevanza di tale omissione in ragione della inidoneità delle deduzioni di parte ricorrente ad alterare la concludenza del quadro indiziario: appare evidente, infatti, che costituendo l’inflizione dell’ammonimento l’esito di un prudente apprezzamento circa la plausibilità e l’entità delle vicende esposte dalla persona denunciante, tutti gli elementi raccolti dal Questore concorrono a formarne il convincimento circa la fondatezza della richiesta di provvedere. Né vi è ragione per ritenere che, in concreto, la diversa prospettazione del ricorrente non potesse indurre l’autorità procedente a mitigare il proprio giudizio sul carattere persecutorio delle condotte di asserita molestia, ovvero sul profilo della insorgenza nella vittima di quello stato d’animo di ansia, di paura o di alterazione delle sue abitudini di vita che pure si richiede ai fini della integrazione della fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p..
7. Per quanto esposto, ravvisata la fondatezza dell’appello in relazione al motivo di censura sin qui divisato e assorbite le ulteriori censure, va disposto, in accoglimento del ricorso di primo grado, l’annullamento degli atti con esso impugnati.
Ne consegue l’obbligo conformativo per l’amministrazione di rinnovare il procedimento nell’osservanza delle indicazioni di principio innanzi illustrate.
8. Le spese del doppio grado del giudizio, attesa la delicatezza della vicenda che, come detto, dovrà essere oggetto di riesame da parte della Questura di Milano, possono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, annulla i provvedimenti gravati con il ricorso di primo grado, ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere

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