Alterazione dell’originaria consistenza fisica di un immobile

Consiglio di Stato, Sentenza|9 novembre 2021| n. 7449.

Alterazione dell’originaria consistenza fisica di un immobile.

Gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica di un immobile (e comportino quindi la modifica e la ridistribuzione dei volumi), non si rileva il concetto di manutenzione straordinaria, ma quello della ristrutturazione edilizia, individuabile nella modificazione della distribuzione della superficie interna e dei volumi e dell’ordine in cui sono disposte le diverse porzioni dell’edificio anche per il solo fine di renderne più agevole la destinazione d’uso esistente.

Sentenza|9 novembre 2021| n. 7449. Alterazione dell’originaria consistenza fisica di un immobile

Data udienza 21 ottobre 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Alterazione dell’originaria consistenza fisica di un immobile – Natura – Ristrutturazione edilizia

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4034 del 2015, proposto da
Pa. Tr., rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Sc. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 05441/2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2021 il Cons. Thomas Mathà ;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Alterazione dell’originaria consistenza fisica di un immobile

FATTO

1. Con la sentenza appellata indicata in epigrafe il T.A.R. per la Campania ha accolto parzialmente il ricorso presentato da Pa. Tr. per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione del Comune di (omissis) del 4.3.2010 prot. 61 riguardante opere ritenute abusive in un fabbricato con corte esterna ad (omissis) in via (omissis). Il provvedimento comprendeva: (1) demolizione dell’intero corpo al piano seminterrato posto in aderenza a quello principale e ricostruzione dello stesso mediante l’eliminazione dei preesistenti perimetrali larghi m 0,70 e m. 30 a delimitazione del locale w.c., ricostruiti in laterizi da cm. 8; (2) demolizione del corpo cucina e ricostruzione, con maggiore altezza stimata in cm 70/90 circa e maggiore lunghezza di cm 30, stimata dal confronto tra la foto allegata all’esposto e lo stato attuale dei luoghi; (3) demolizione del muro di confine per ml 32,70 è stato realizzato a cassonetto e non in pietra locale a vista; (4) demolizione di una rampa in terra battuta tra il fabbricato e il muro di confine con la strada pubblica, lunga ml 8, larga mt. 3,00 circa.
La ricorrente in primo grado deduceva: 1) violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990; 2) il provvedimento impugnato non avrebbe evidenziato l’interesse specifico alla demolizione né le ragioni di contrasto degli interventi eseguiti con il locale regime urbanistico; 3) le opere contestate sarebbero riconducibili ad interventi di semplice aggiornamento e adeguamento strutturale, funzionale e tecnologico dell’originario organismo edilizio e, come tali, realizzabili con semplice D.I.A. (presentata con atto del 6.5.2008, successivamente integrata con atto del 29.6.2009); 4) mancante congrua motivazione rispetto alla sanzione, ricorrendo i presupposti per l’applicazione della sanzione meno afflittiva della sanzione pecuniaria ai sensi dell’articolo 37 del D.P.R. 380/2001; 5) il provvedimento impugnato risulterebbe adottato da un organo non competente; 6) mancanza del parere della C.E.I.
L’amministrazione comunale si era costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame.
2. Il T.A.R., accogliendo parzialmente il ricorso, ha annullato il provvedimento demolitorio limitatamente alle opere in contestazione al punto 2 (demolizione del corpo cucina e ricostruzione non prevista, con maggiore altezza stimata in cm 70/90 circa e maggiore lunghezza di cm 30) per difetto di una congrua istruttoria. Ha ritenuto invece per il resto legittimo il comportamento del Comune di (omissis).
3. L’appello di Pa. Tr. contesta la pronuncia di primo grado e deduce in un unico articolato motivo di gravame l’illogicità e l’erroneità della decisione con cui il TAR ha ritenuto necessario il permesso di costruire (riconducendo gli abusi n. 1-3 e 4 dell’ordine di demolizione nella categoria della ristrutturazione edilizia e quindi in difformità totale dal titolo edilizio proposto con DIA).
4. In questo giudizio d’appello il Comune di (omissis) non si è costituito.
5. Nell’udienza del 21 ottobre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. L’appello non è fondato.
7. L’appellante pone a base delle censure l’erroneità della pronuncia del TAR nell’inquadrare gli interventi, a suo dire approvabili singolarmente con DIA, come ristrutturazione edilizia; invece sarebbero opere minori, di mero restauro conservativo. La presenza di un vincolo paesistico non sarebbe ostativo.
7.1 Il TAR, esaminando le contestazioni contenute nel provvedimento demolitorio del Comune, ha accertato l’attitudine degli interventi contestati a dar vita ad una significativa alterazione dell’originario stato dei luoghi (con una pluralità di opere, necessitando una valutazione globale delle stesse, atteso che “la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere l’effettiva portata dell’operazione”). Rilevato l’insieme sistematico di opere che evidenziano la demolizione e ricostruzione di parti preesistenti (corpo di fabbrica al piano seminterrato), la sostituzione con modifica di alcuni elementi costitutivi dell’edificio (muri perimetrali del suddetto fabbricato al piano seminterrato) e l’introduzione di profili di novità (muro di confine e rampa di collegamento con la strada pubblica), anche questo Collegio conclude che il Comune aveva correttamente valutato le opere nel loro insieme, quale corpo edilizio diverso dal precedente.
A fronte di tali rilievi fattuali, non merita condivisione la censura riferita alla possibilità di una assentibilità delle singole opere con semplice DIA. Al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale, atteso che la considerazione frazionata dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo complessivo. Nel verificare l’unitarietà o la pluralità degli interventi edilizi non può tenersi conto del mero profilo strutturale, afferente alle tecniche costruttive del singolo manufatto, ma deve prendersi in esame anche l’elemento funzionale, al fine di verificare se le varie opere, pur strutturalmente separate, siano, tuttavia, strumentali al perseguimento del medesimo scopo pratico, consentendo la realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso alla loro realizzazione (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, n. 6235/2021).
7.2 La ristrutturazione conduce ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, mentre il restauro ed il risanamento conservativo non possono mai portare a ridetto organismo in tutto o in parte diverso dal preesistente, avendo sempre la finalità di conservare l’organismo edilizio ovvero di assicurarne la funzionalità (art. 3, comma 1, lett. c) del D.P.R. n. 380 del 2001).
Ne deriva che si è in presenza di un restauro e risanamento conservativo solo qualora l’intervento sia funzionale alla conservazione dell’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità, nel rispetto dei suoi elementi tipologici (architettonici e funzionali, suscettibili di consentire la qualificazione dell’organismo in base alle tipologie edilizie), formali (che contraddistinguono il manufatto, configurandone l’immagine caratteristica) e strutturali (concernenti la composizione della struttura dell’organismo edilizio). La caratteristica degli interventi di mero restauro è quella di essere effettuata mediante opere che non comportano l’alterazione delle caratteristiche edilizie dell’immobile da restaurare, e quindi rispettando gli elementi formali e strutturali dell’immobile stesso, mentre la ristrutturazione edilizia si caratterizza per essere idonea ad introdurre un quid novi rispetto al precedente assetto dell’edificio (Cons. Stato, sez. VI, n. 5350/2020). La finalità di conservazione, caratteristica degli interventi di recupero e risanamento conservativo, chiede il mantenimento tipologico e strutturale del manufatto.
Conseguentemente, dovendosi ascrivere gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica di un immobile (e comportino quindi la modifica e la ridistribuzione dei volumi), non si rileva il concetto di manutenzione straordinaria, ma quello della ristrutturazione edilizia, individuabile nella modificazione della distribuzione della superficie interna e dei volumi e dell’ordine in cui sono disposte le diverse porzioni dell’edificio anche per il solo fine di renderne più agevole la destinazione d’uso esistente (Cons. Stato, sez. II, n. 2735/2021).
Ciò premesso, emerge che le opere per cui è controversia, non sono riconducibili alla categoria degli interventi di restauro e di risanamento conservativo: si è in presenza di modifiche apportate alle parti preesistenti: si vedano in tal senso il punto 1 del provvedimento (demolizione non prevista dell’intero corpo al piano seminterrato posto in aderenza a quello principale e ricostruzione dello stesso mediante l’eliminazione dei preesistenti perimetrali larghi m 0,70 e m. 30 a delimitazione del locale w.c. di progetto, ricostruiti in laterizi da cm. 8, per cui lo spazio posto tra i laterizi ed i nuovi perimetrali, attualmente intercluso).
In altra situazione, si è in presenza di opere del tutto nuove, come si evince dal punto 4 del provvedimento: realizzazione di una rampa in terra battuta tra il fabbricato e il muro di confine con la strada pubblica, lunga ml 8, larga mt. 3,00 circa.
In presenza di modifiche sostanziali apportate alle parti preesistenti e di opere del tutto nuove quali quelle sopra elencate, non si può ritenere che si sia rimasti nel perimetro del restauro e risanamento conservativo, che incontra i limiti indicati dalla giurisprudenza.
7.3 Infine si deve esaminare l’eccezione che la mancante autorizzazione paesaggistica non sarebbe stato un elemento ostativo. Il TAR, ricordando che l’intervento ricade in zona assoggettata a vincolo paesaggistico (area dichiarata di notevole interesse pubblico con D.M. del 9.9.1952 e sottoposta al piano territoriale paesistico approvato, con D.M. del 8.2.1999 e soggetta alle previsioni di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), ha chiarito che da ciò discende la necessità del previo conseguimento dell’autorizzazione paesaggistica.
Questo chiarimento viene condiviso anche dal Collegio.
Le avvenute modifiche dello stato dei luoghi non consentono di ritenere compatibili con vincoli paesistici ed ambientali qualsiasi costruzione, dovendo l’amministrazione preposta alla tutela valutare se la presenza dell’immobile in questione sia compatibile con i relativi strumenti. L’interesse pubblico al ripristino dei luoghi discende direttamente dalle esigenze di tutela dei beni paesaggistici e ambientali.
Pertanto, l’ordinanza di demolizione è quindi un atto dovuto che non richiede una specifica motivazione (Cons. Stato, sez. II, n. 4695/2020).
8. Sulla base delle considerazioni esposte l’appello deve essere respinto.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Alessandro Maggio – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Thomas Mathà – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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