Ai fini di una corretta valutazione circa la legittimità di un provvedimento interdittivo

Consiglio di Stato, Sentenza|19 aprile 2021| n. 3132.

Ai fini di una corretta valutazione circa la legittimità di un provvedimento interdittivo quale un’informativa antimafia risulta prevalente l’interesse pubblico a prevenire possibili implicazioni con la criminalità organizzata, in quanto le ragioni di una tale interpretazione della normativa in questione muovono dalla natura dell’accertamento antimafia e dall’esigenza di tutelare in via preferenziale, anche tramite l’operatività di meccanismi di tipo indiziario, la trasparenza e l’immunità del settore dei pubblici appalti da fenomeni invasivi, anche interposti, da parte della criminalità organizzata. In tal senso, deve ritenersi che sia sufficiente l’accertamento di meri elementi di sospetto per far scattare il meccanismo di salvaguardia del sistema attraverso l’inibizione dell’accesso al rapporto contrattuale o alla gara per l’impresa sospettata di contiguità mafiosa.

Sentenza|19 aprile 2021| n. 3132

Data udienza 4 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Antimafia – Provvedimento interdittivo – Valutazione di legittimità – Meccanismo di salvaguardia del sistema – Attivazione – Presupposti

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6071 del 2020, proposto dal Ministero dell’Interno,
Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 marzo 2021 il Cons. Raffaello Sestini e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – La controversia in esame concerne l’informativa antimafia prot. n. -OMISSIS-dalla Prefettura di Reggio Calabria nei confronti del Sig -OMISSIS-, fondata su accertamenti disposti per il tramite delle Forze di Polizia e in particolare sulla nota n. -OMISSIS-del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria del 6.12.2016 e sulla nota -OMISSIS-della Questura della stessa città, che recavano “numerosi e gravi elementi indiziari” circa il concreto pericolo di un condizionamento dell’attività dell’azienda dell’interessato da parte di soggetti contigui ad associazioni criminose.
2 – L’interessato proponeva ricorso al Tar di Reggio Calabria chiedendo l’annullamento dell’informativa antimafia prot. N. -OMISSIS-con ricorso notificato il 20 aprile 2019 e depositato il successivo 14 maggio, lamentandone la illegittimità sotto i profili della violazione degli articoli 90 e ss. del D.lgs. n. 159/2011 per carenza dei relativi presupposti, dell’eccesso di potere per insufficiente, contraddittoria ed errata motivazione, per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria. L’Amministrazione si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
3 – Il Tar preliminarmente sospendeva l’informativa antimafia con ordinanza n. -OMISSIS-, per poi annullarla con la sentenza n. -OMISSIS-, contro la quale il Ministero dell’Interno, Prefettura di Reggio Calabria, propone appello.
4 – L’appello è fondato.
5- È preliminarmente necessario considerare che l’informativa interdittiva antimafia costituisce uno dei principali strumenti di contrasto al coinvolgimento di organizzazioni criminali nell’ambito dei rapporti economici tra Pubblica Amministrazione e privati, in quanto la sua adozione comporta che il Prefetto neghi ad un imprenditore la possibilità di essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni.
6 – L’informativa in esame ha quindi natura “cautelare e preventiva”: in un’ottica di bilanciamento tra la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, da un lato, e la libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione dall’altro, e mira a prevenire tentativi di infiltrazione mafiosa tesi a condizionare le scelte e gli indirizzi della Pubblica Amministrazione, tanto a garanzia del buon andamento, dell’imparzialità e della legalità dell’Amministrazione, nonché della leale concorrenza nel mercato e del corretto utilizzo di risorse pubbliche (Cfr. Cons. Stato, sent. n. 6465/2014).
7 – In particolare, l’informativa antimafia in esame è disciplinata dagli artt. 91 e ss. del D.Lgs. n. 159/2011 c.d. “Codice Antimafia” e la ratio dell’istituto è la salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione. La compressione del diritto relativo alla libertà di iniziativa economica privata è giustificata dalla perniciosità del fenomeno mafioso, dal pericolo della lesione della libera concorrenza, nonché della dignità e libertà umana. Il provvedimento è il frutto di una valutazione dell’autorità prefettizia, che si basa su una serie di elementi sintomatici ed esprime un motivato giudizio, in via preventiva, sul pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno dell’impresa. In virtù di tale rischio, viene interdetto l’inizio o la prosecuzione di attività con l’Amministrazione pubblica o l’ottenimento di sussidi, benefici o sovvenzioni, determinando altresì la revoca di quelli già erogati.
8 – Differentemente dalla comunicazione antimafia, l’informazione interdittiva si basa su una valutazione discrezionale, da parte dell’autorità prefettizia, in merito alla sussistenza o meno di tentativi di infiltrazione della criminalità . La suddetta valutazione è fondata su “fatti ed episodi i quali, seppure non assurgano al rango di prove o indizi di valenza processuale, nel loro insieme configurino un quadro indiziario univoco e concordante avente valore sintomatico del pericolo di infiltrazioni mafiose nella gestione dell’impresa esaminata”. (Cfr. Tar Toscana, sent. 910/2018).
9 – Ciò premesso, occorre considerare che l’informativa antimafia a carico dell’odierno appellante è stata richiesta dai Comuni di -OMISSIS-, già sciolti ex art 143 T.U.E.L. per infiltrazioni della criminalità organizzata. Lo scioglimento dei predetti comuni è stato disposto proprio in ragione dei condizionamenti verificatisi nei procedimenti riguardanti le concessioni di pascolo rilasciate ad alcuni beneficiari, i quali risultano imparentati con esponenti delle cosche locali e sono soliti accompagnarsi a persone coinvolte in ambienti malavitosi.
10 – Il giudice di primo grado dunque, pur avendo ampiamente motivato, non ha debitamente tenuto conto della capillare ingerenza che può avere una cosca di criminalità organizzata in un piccolo centro abitato come quello di residenza dell’interessato, ossia il Comune di -OMISSIS-. L’influenza della malavita sul territorio rende particolarmente esposte al rischio di condizionamento anche le piccole imprese agricole a conduzione individuale o familiare, le quali non sono in grado di resistere alle cospicue influenze di un nucleo familiare così capillarmente interessato da elementi di contiguità, quando non di affinità, al fenomeno mafioso.
11 – Secondo la giurisprudenza di questa Sezione (per tutte, n. 1563/2018) “Quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regì a familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche solo indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto. In alcuni contesti sociali, all’interno della famiglia, si può verificare una “influenza reciproca” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza tali che, proprio per le caratteristiche sociologiche dell’organizzazione mafiosa, la cui struttura “clanica” si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglià, anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del’capofamiglià e dell’associazione. Sotto tale profilo, hanno rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali”.
12 – Nell’informativa antimafia riguardante l’interessato, la Prefettura ha, dunque, debitamente tenuto conto dell’esistenza di elementi di contiguità ad ambienti criminali, dell’omogeneità dei contesti criminali in cui sono ritenuti operare i singoli soggetti menzionati nel provvedimento impugnato (cosca -OMISSIS-) e della capillare diffusione dell’influenza nella cosca nel territorio di -OMISSIS-, ove l’appellato risiede ed opera.
13 – La pronuncia resa in primo grado risulta altresì in contrasto con la costante giurisprudenza secondo la quale ciò che maggiormente rileva ai fini dell’adozione di un’informativa antimafia è la visione d’insieme dei vari elementi dai quali è deducibile il tentativo di ingerenza o una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti uniti da legami con la malavita. Infatti, secondo -OMISSIS- Sezione (sent. 1743/2016) “Il quadro indiziario dell’infiltrazione mafiosa posto a base dell’informativa deve dar conto in modo organico e coerente, ancorché sintetico, di quei fatti aventi le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, dai quali, sulla base della regola causale del “più probabile che non” il giudice amministrativo, chiamato a verificare l’effettivo pericolo di infiltrazione mafiosa, possa pervenire in via presuntiva alla conclusione ragionevole che tale rischio sussista, valutatene e contestualizzatene tutte le circostanze di tempo, di luogo e di persona”.
14 – Per quel che riguarda l’attualità dei fatti sui quali si fonda l’istruttoria compiuta dalla Prefettura nei confronti dell’interessato, secondo la medesima giurisprudenza della Sezione “ai fini della valutazione circa la legittimità di un provvedimento interdittivo, può essere tenuto conto, in ogni caso anche di fatti salenti nel tempo” come quelli risultati dall’istruttoria operata dalla Prefettura di Reggio Calabria (sent. N. 6051/2018).
15 – In conclusione, ai fini di una corretta valutazione circa la legittimità di un provvedimento interdittivo quale un’informativa antimafia risulta prevalente l’interesse pubblico a prevenire possibili implicazioni con la criminalità organizzata, in quanto “le ragioni di una tale interpretazione della normativa in questione muovono dalla natura dell’accertamento antimafia e dall’esigenza di tutelare in via preferenziale, anche tramite l’operatività di meccanismi di tipo indiziario, la trasparenza e l’immunità del settore dei pubblici appalti da fenomeni invasivi, anche interposti, da parte della criminalità organizzata. In tal senso, deve ritenersi che sia sufficiente l’accertamento di meri elementi di sospetto per far scattare il meccanismo di salvaguardia del sistema attraverso l’inibizione dell’accesso al rapporto contrattuale o alla gara per l’impresa sospettata di contiguità mafiosa” (sent. n. 6076/2011), posto che: “Il provvedimento ha natura cautelare e preventiva e comporta un giudizio di carattere prognostico circa la presenza di una possibile infiltrazione mafiosa” (Ad. Plen. del Consiglio di Stato 3/2018).
16 – Alla luce di quanto sopra considerato, l’affermazione del giudice di prime cure secondo la quale “gli elementi sui quali il provvedimento interdittivo si fonda non sono idonei a supportare un quadro indiziario da cui sia possibile inferire il pericolo che il ricorrente subisca il condizionamento della criminalità organizzata” risulta infondata in quanto ai fini della legittimità del provvedimento interdittivo è necessaria esclusivamente una valutazione di carattere prognostico. La Prefettura di Reggio Calabria, dunque, attraverso i rapporti informativi redatti dalle Forze dell’Ordine in merito a frequentazioni, parentele, collusioni ovvero altri elementi sintomatici relativi a rapporti tra l’interessato ed esponenti della criminalità organizzata, ha legittimamente elaborato l’informativa valutando e ponderando i dati raccolti.
17 – Non sfugge, infatti, come il pericolo per l’ordine pubblico democratico e l’allarme sociale che destano la presenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa siano talmente alti da dover necessariamente determinare un tempestivo intervento da parte dell’Amministrazione interessata, nel senso di un’immediata interruzione del rapporto con l’operatore economico oggetto di informativa positiva. L’interesse pubblico al mantenimento di una soglia elevata di allerta contro il sistema mafioso, dunque, in questo caso, prevale sul diritto di iniziativa economica privata del cittadino così come garantito dall’art. 41 della nostra Costituzione ed anzi si salda con esso al fine di permetterne un dispiegamento libero da influenze e condizionamenti mafiosi.
18 – L’appello deve essere pertanto accolto, conseguendone la reiezione della sentenza di primo grado. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna il ricorrente di primo grado al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in Euro 8.000,00 (ottomila) oltre ad IVA, CPA ed accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente in primo grado.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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