Ai fini dell’emissione di un’informativa interdittiva antimafia

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 14 luglio 2020, n. 4548.

La massi ma estrapolata:

Ai fini dell’emissione di un’informativa interdittiva antimafia e della valutazione in sede giurisdizionale in ordine alla sua legittimità, l’essere ragionevolmente persuasi della ricorrenza, nel caso che viene in rilievo, di indici fortemente sintomatici di contiguità, connivenza o comunque condivisione di intenti criminali. Il metro di valutazione è, come si è detto, quello del “più probabile che non”, nel rispetto d’altronde della ratio dell’istituto e delle finalità di “cautela avanzata” di fronte ad ogni pericolo o tentativo di infiltrazione mafiosa nel tessuto della attività economica, specialmente se esercitata in ambiti tradizionalmente di interesse per le mafie.

Sentenza 14 luglio 2020, n. 4548

Data udienza 25 giugno 2020

Tag – parola chiave: Antimafia – Informativa prefettizia – Presupposti per l’emissione – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 261 del 2020, proposto dalla signora -OMISSIS-, in proprio e in qualità di legale rappresentante della -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato -OMISSIS- Zo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…),
contro
il Ministero dell’Interno e la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Verona, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del Tar Veneto, sez. I, -OMISSIS- del 14 giugno 2019, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso l’informazione antimafia interdittiva, emessa nei confronti della -OMISSIS- e della signora -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la memoria difensiva del Ministero dell’Interno e della Prefettura – UTG di Verona, depositata in data 31 gennaio 2020;
Vista la memoria difensiva della signora -OMISSIS-, depositata in data 25 maggio 2020;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 25 giugno 2020, svoltasi da remoto in videoconferenza ex artt. 84, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, e 4, d.l. 30 aprile 2020, -OMISSIS-, il Cons. Giulia Ferrari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. In data 15 maggio 2018, la Prefettura di Verona ha adottato l’informazione antimafia interdittiva, ai sensi degli artt. 84, comma 4 e 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, nei confronti della società -OMISSIS- – attiva nell’attività di -OMISSIS- – e della signora -OMISSIS-, in qualità di socio unico.
Il provvedimento ha, in particolare, tratto fondamento, da un lato, dai legami del signor -OMISSIS- con la criminalità organizzata e, dall’altro, dalla circostanza che la società -OMISSIS-, seppur formalmente amministrata dalla signora -OMISSIS-, sarebbe di fatto gestita dal signor -OMISSIS- e dalla signora -OMISSIS-, -OMISSIS- di quest’ultimo. Il signor -OMISSIS- appartiene alla famiglia -OMISSIS-, originaria di -OMISSIS- -OMISSIS-, operante -OMISSIS- nella provincia di -OMISSIS-, in vari settori imprenditoriali, caratterizzati da forti connessioni con la malavita. E, infatti, due società afferenti a tale famiglia, la -OMISSIS- e la -OMISSIS-, sono state colpite da provvedimenti interdittivi antimafia, divenuti definitivi a seguito delle relative sentenze pronunciate dal Consiglio di Stato. La -OMISSIS- deriverebbe dalla società -OMISSIS-, ormai liquidata, della quale erano soci paritari i -OMISSIS- -OMISSIS-.
2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Veneto, sez. I, la ricorrente, previa richiesta di sospensione dell’efficacia dell’atto avversato, ha evidenziato l’assenza dei presupposti posti a base di tale provvedimento, i quali non sarebbero idonei a dimostrare l’esistenza di un concreto rischio di condizionamento mafioso nell’attività imprenditoriale.
In particolare, la signora -OMISSIS- ha dedotto che non vi sarebbe alcun collegamento tra la -OMISSIS- e la -OMISSIS-, data la diversità dell’attività commerciale svolta; mancherebbero a carico del signor -OMISSIS- concreti indici di collegamento con la criminalità organizzata; non vi sarebbero prove che la società ricorrente sia gestita dal signor -OMISSIS-, il quale avrebbe con la signora -OMISSIS- un semplice rapporto amicale; il signor -OMISSIS- sarebbe un mero dipendente della società, con mansioni di -OMISSIS-; sarebbero irrilevanti i rapporti con la signora -OMISSIS-, amministratrice della -OMISSIS-, altra società colpita dal provvedimento interdittivo antimafia, perché collegata alla -OMISSIS- e riconducibile alla complessiva attività imprenditoriale della famiglia -OMISSIS-; le circostanze che la signora -OMISSIS- avrebbe dato in -OMISSIS- un -OMISSIS- alla signora -OMISSIS- e che le due società (-OMISSIS- e -OMISSIS-) avrebbero avuto la stessa sede presso un locale di proprietà della medesima signora -OMISSIS-, poi concesso in -OMISSIS- alla signora -OMISSIS-, non dimostrerebbero l’esistenza di cointeressenze commerciali ed economiche tra le due società . La ricorrente ha, altresì, formulato richiesta di risarcimento del danno.
3. Con ordinanza cautelare -OMISSIS- del 6 settembre 2018, il Tar Veneto ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato. A seguito di proposizione di appello cautelare, il Consiglio di Stato, con ordinanza cautelare -OMISSIS- del 7 dicembre 2018, ha confermato le conclusioni cui è giunto il primo giudice.
4. Con sentenza -OMISSIS- del 14 giugno 2019 il Tar Veneto ha respinto il ricorso.
In particolare, il giudice di prime cure ha valorizzato gli innumerevoli elementi indiziari raccolti dalla Prefettura di Verona, deducendo l’esistenza, nell’ottica di un giudizio rispondente alla logica “del più probabile che non”, di una complessa rete di società che – seppure formalmente distinte e intestate a soggetti incensurati – sarebbero riconducibili alla famiglia -OMISSIS- – in primis al signor -OMISSIS- – e sarebbero state costituite al fine di eludere la normativa antimafia.
5. La citata sentenza -OMISSIS- del 14 giugno 2019 è stata impugnata con appello notificato il 9 gennaio 2020 e depositato il successivo 10 gennaio 2020, riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.
In particolare, il primo giudice avrebbe errato:
a) nel considerare irrilevante il decreto del Tribunale di -OMISSIS- del 4 febbraio 2019 -OMISSIS- – prodotto dalla signora -OMISSIS-, in vista dell’udienza pubblica dinanzi al Tar Veneto – con il quale è stata rigettata la proposta di sequestro ex art. 20, d.lgs. n. 159 del 2011, avanzata dalla Direzione Investigativa Antimafia nei confronti del signor -OMISSIS-.
Al contrario, il sopravvenuto accertamento giudiziario avrebbe evidenziato l’assenza dei legami tra il signor -OMISSIS- e la criminalità organizzata, mettendo in luce l’erroneità delle valutazioni espresse dalla Prefettura e l’assenza di un pericolo di infiltrazione mafiosa nell’attività svolta dalla -OMISSIS-. Con riferimento ai provvedimenti adottati ad esito dei procedimenti di prevenzione opererebbe il principio del ne bis in idem, sicché in relazione all’accertamento del Tribunale di -OMISSIS- si sarebbe formato il giudicato, che sarebbe stato violato dalla sentenza ivi gravata;
b) nel ritenere fondati gli elementi valorizzati dall’Amministrazione a sostegno dell’atto avversato.
Al contrario, il signor -OMISSIS- avrebbe svolto una significativa attività di collaborazione con l’Autorità giudiziaria e le Forze dell’Ordine; la detenzione di armi e munizioni da parte del signor -OMISSIS- sarebbe giustificata dall’esigenza di difesa personale, contro eventuali ritorsioni; la denuncia per dichiarazione fraudolenta resa mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, formulata a carico del signor -OMISSIS-, sarebbe insussistente, dato che l’Agenzia delle Entrate avrebbe successivamente confermato l’effettiva esistenza delle lavorazioni oggetto delle fatture; le somme utilizzate per l’aumento di capitale (-OMISSIS-), operato in favore della -OMISSIS-, sarebbero frutto degli utili realizzati e non distribuiti dalla società negli esercizi precedenti, sicché non avrebbero una provenienza illecita;
c) nel rinvenire intrecci commerciali e societari tra la signora -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS-, tali da influenzare l’attività della -OMISSIS-.
Al contrario, la società appellante avrebbe acquisito dalla -OMISSIS- solo il ramo di azienda inerente l’attività di -OMISSIS–OMISSIS- e il rischio di infiltrazione mafiosa non sarebbe insito nei beni acquisiti; non sarebbero sussistenti elementi tali da poter desumere che la signora -OMISSIS- sia una semplice prestanome della famiglia -OMISSIS-;
d) nel valorizzare il collegamento tra la -OMISSIS- e la -OMISSIS-.
Sarebbe insussistente qualsiasi legame tra le due realtà imprenditoriali e tale assunto sarebbe avvalorato dalla circostanza che le interdittive che hanno raggiunto le suddette società si fonderebbero su medesimi presupposti insussistenti, ossia il legame del signor -OMISSIS- con la criminalità organizzata e l’influenza dello stesso sulle due imprese. Non potrebbero rilevare le circostanze che la signora -OMISSIS- abbia concesso in -OMISSIS- un -OMISSIS- alla signora -OMISSIS- e che la società abbiano avuto la stessa sede, dal momento che si tratterebbe di singoli contratti -OMISSIS-, -OMISSIS-.
6. Il Ministero dell’Interno e la Prefettura – UTG di Verona si sono costituiti in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello.
7. Alla camera di consiglio del 3 febbraio 2020, convocata per l’esame dell’istanza cautelare, la causa è stata rinviata al merito.
8. All’udienza del 25 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, è impugnata l’interdittiva antimafia, adottata ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, nei confronti della società -OMISSIS- (d’ora in poi, -OMISSIS-) e della signora -OMISSIS-, in qualità di socio unico.
L’appello è infondato.
Una molteplicità di elementi di fatto supportano – in applicazione del principio del “più probabile che non” – la conclusione alla quale è pervenuta, in punto di diritto, la Prefettura di Verona prima e il Tar Veneto poi.
L’elemento che collega la società alla criminalità organizzata di stampo mafioso è il signor -OMISSIS-, socio paritario con -OMISSIS- della -OMISSIS-, di cui la società -OMISSIS- aveva acquistato il ramo di azienda avente ad oggetto l’esercizio dell’attività di -OMISSIS–OMISSIS-.
La società -OMISSIS-, infatti, sebbene sempre intestata a soggetti terzi ed incensurati (la signora -OMISSIS-), è riconducibile, attraverso il signor -OMISSIS-, alla famiglia -OMISSIS-, originaria di -OMISSIS-, in provincia di -OMISSIS-, e operante -OMISSIS- nella provincia di -OMISSIS-, in un contesto imprenditoriale caratterizzato da forti connessioni con la criminalità organizzata.
Più in particolare la società -OMISSIS- è stata fondata il -OMISSIS- da -OMISSIS- e -OMISSIS- con sede legale originaria a -OMISSIS- -OMISSIS- e con capitale sociale iniziale di -OMISSIS-, per l’esercizio di attività di -OMISSIS–OMISSIS-.
Con atto del -OMISSIS- ha acquistato il ramo di azienda avente ad oggetto l’esercizio dell’attività di -OMISSIS–OMISSIS- dalla -OMISSIS-, società destinataria di vari provvedimenti interdittivi adottati dalla Prefettura di Milano e dalla Prefettura di -OMISSIS-, confermati con le sentenze della sez. III del Consiglio di Stato 14 dicembre 2016, -OMISSIS-, 17 gennaio 2017, -OMISSIS- e 14 febbraio 2017, -OMISSIS-. Le quote della società -OMISSIS-, acquistate da -OMISSIS-, sono state interamente trasferite, nel -OMISSIS-, a -OMISSIS-, che da impiegata della –OMISSIS- è così divenuta socia ed amministratrice unica della stessa società . -OMISSIS- è stato disposto un aumento di capitale da -OMISSIS- a -OMISSIS-.
La -OMISSIS- – sebbene amministrata dalla socia unica -OMISSIS-, a carico della quale non risultano pendenze – è stata considerata una diretta derivazione della -OMISSIS- – dalla quale aveva acquistato il ramo di azienda avente ad oggetto l’esercizio dell’attività di -OMISSIS–OMISSIS- – società, come si è detto, interdetta dalla Prefettura di Milano e dalla Prefettura di -OMISSIS- negli anni 2013 e 2014, quando ne erano soci paritari i -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Il signor -OMISSIS- è soggetto vicino agli ambenti della malavita organizzata e, insieme ai componenti della famiglia, è stato oggetto di accertamenti da parte delle Prefetture di Milano prima, e di quella di Verona, poi.
In particolare -OMISSIS- ha avuto frequentazioni con soggetti contigui alla criminalità organizzata, quali i signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, quest’ultimo arrestato -OMISSIS- per associazione a delinquere di stampo mafioso, turbata libertà degli incanti e reati contro la P.A., scarcerato -OMISSIS- stante la cessazione della custodia cautelare in carcere disposta dai Gip del Tribunale di -OMISSIS-, quindi sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza irrogata dal Tribunale di -OMISSIS- per la durata di -OMISSIS-.
Di questi soggetti, -OMISSIS- e -OMISSIS- sono destinatari della misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza da parte del Tribunale di -OMISSIS- per la durata di -OMISSIS-; sottoposti al sequestro preventivo dei beni quale misura di prevenzione ai sensi dell’art. 2-ter, l. n. 575 del 1965; indagati il -OMISSIS- dal Nucleo Radiomobile dei Carabinieri di -OMISSIS- unitamente ad -OMISSIS-, tra cui anche il signor -OMISSIS-, per associazione a delinquere di stampo mafioso, nell’ambito dell’operazione denominata “-OMISSIS-” in quanto, come indicate nella relativa nota Sdi, facenti parte “dell’associazione mafiosa denominata -OMISSIS-perché, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva, per commettere delitti; per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di –OMISSIS-, di appalti e servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e gli altri”; tratti in arresto il -OMISSIS- dal Nucleo Radiomobile dei Carabinieri di -OMISSIS-, in esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere unitamente ad altri soggetti, tra cui anche -OMISSIS- e -OMISSIS-, che, come da nota Sdi “a vario titolo, rispondono di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata dall’aver commesso il fatto con le tipiche modalità mafiose. Le indagini hanno permesso di accertare che la famiglia -OMISSIS-, mediante atti intimidatori, minacce ed altro ha monopolizzato il -OMISSIS- di -OMISSIS- costringendo gli imprenditori locali e quelli che hanno lavorato in quel territorio a rivolgersi a loro per qualsiasi tipologia di attività .
A questi elementi si aggiunge che nel -OMISSIS- -OMISSIS- è stato tratto in arresto, unitamente al -OMISSIS- -OMISSIS-, per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., a conclusione dell’operazione denominata “-OMISSIS-“, condotta dal Comando Compagnia Carabinieri di -OMISSIS-. Dalle indagini è emersa la vicinanza all’associazione mafiosa denominata “-OMISSIS-“, in particolare alla “famiglia mafiosa” di -OMISSIS- e a -OMISSIS-, ritenuto capo della predetta famiglia mafiosa e -OMISSIS- dello stesso -OMISSIS- -OMISSIS- (come si è detto, -OMISSIS- di -OMISSIS-). -OMISSIS-, scarcerato per aver collaborato con la giustizia e poi assolto con sentenza del -OMISSIS- della Corte di appello di -OMISSIS-, ha continuato a frequentare, anche durante e dopo tale vicenda giudiziaria, la criminalità organizzata. Tale ultima circostanza è stata ben evidenziata nella sentenza -OMISSIS- del 2017 della sez. III del Consiglio di Stato.
Dalla nota DIA – Centro Operativo di Milano emerge poi che -OMISSIS-
“nell’ambito dell’operazione ‘-OMISSIS-‘ risulta essere colui che più attivamente si è occupato delle imprese di famiglia perseguendo i propri interessi, in stretto contatto con il -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- e con -OMISSIS-, -OMISSIS- di -OMISSIS- -OMISSIS-, con l’utilizzo di metodi tipicamente mafiosi”. -OMISSIS- è stato inoltre coinvolto in episodi, ben descritti nell’impugnata interdittiva, che connotano comunque una gravità di comportamenti di cui si è reso protagonista. Ci si riferisce, ad esempio, al -OMISSIS-, alla detenzione illegale di armi per di più clandestine (circostanza che quindi – contrariamente a quanto afferma parte appellante – non risulta compatibile con un legittimo possesso a scopo asseritamente di -OMISSIS- difesa, come affermato dal Consiglio di Stato 17 gennaio 2017, -OMISSIS- nella sentenza in cui ha preso posizione sulla infondatezza dei motivi proposti avverso l’interdittiva disposta nei confronti della -OMISSIS-) fino al coinvolgimento in un’indagine relativa -OMISSIS-.
Lo stesso -OMISSIS-, nel denunciare un episodio in cui sarebbe stato vittima, insieme al -OMISSIS- -OMISSIS-, in un -OMISSIS- nel quale avrebbe subito la -OMISSIS-, ha affermato che i fatti sarebbero accaduti mentre lavorava per conto della società -OMISSIS-, il cui responsabile -OMISSIS- -OMISSIS- gli era stato presentato da un -OMISSIS-, -OMISSIS- (detto -OMISSIS-) -OMISSIS-. Si tratta di soggetti – persone giuridiche e fisiche – colpiti da vicende penali. In particolare, la -OMISSIS- è stata destinataria non solo di provvedimento interdittivo antimafia della Prefettura di Crotone ma, successivamente, anche di provvedimento di confisca ex art. 416 bis, comma 7, c.p. per l’ampio utilizzo strumentale fattone da parte dell’organizzazione criminale ndranghetista disvelata dall’operazione “-OMISSIS-“; -OMISSIS- -OMISSIS- è stato condannato, con sentenza emessa dal Tribunale di Bologna il -OMISSIS- nell’ambito del procedimento cd. “-OMISSIS-“, alla pena di -OMISSIS-, in relazione a plurimi capi di imputazione, in particolare perché colpevole del delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso. A -OMISSIS- -OMISSIS- è legato, con collaborazioni e cointeressenze di tipo economico ed illecito, -OMISSIS- -OMISSIS-.
Come si è detto, anche alcuni familiari di -OMISSIS- sono vicini agli ambienti malavitosi di stampo mafioso.
Il -OMISSIS- -OMISSIS- è stato sottoposto dal Tribunale di -OMISSIS- alla misura della sorveglianza speciale di P.S. per due anni. Il -OMISSIS- è stato tratto in arresto dal Commissariato P.S. di -OMISSIS- a seguito della violazione dell’art. 9, l. n. 1422 del 1956 e condannato, il -OMISSIS-, dalla Pretura di -OMISSIS- all’arresto di -OMISSIS-, per violazione delle disposizioni contro la mafia. Ancora, il -OMISSIS- è stato denunciato, in stato di libertà, dal Nucleo Operativo dei Carabinieri di -OMISSIS- per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento a seguito di incendio ed altro ma assolto da tutti questi reati con sentenza del -OMISSIS- dalla sez. V del Tribunale di -OMISSIS-. Infine il -OMISSIS- è stato denunciato, insieme al -OMISSIS- -OMISSIS-, per associazione a delinquere di tipo mafioso.
Il -OMISSIS- di -OMISSIS-, -OMISSIS-, è stato -OMISSIS-, con -OMISSIS-, -OMISSIS- di -OMISSIS-, già detenuto per associazione di tipo mafioso e ritenuto capo della famiglia della -OMISSIS-. Dopo la condanna in primo grado il -OMISSIS- con sentenza del Tribunale di -OMISSIS-, la Corte d’Appello di -OMISSIS- lo ha assolto, con sentenza del -OMISSIS- per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso per non aver commesso il fatto. Il Tribunale Sez. M.P. di -OMISSIS-, il -OMISSIS- ha applicato la Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo dì soggiorno nel Comune di residenza per la durata di -OMISSIS-. Anche -OMISSIS-, come -OMISSIS-, ha avuto rapporti con -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- (detto -OMISSIS-) -OMISSIS-.
Un secondo -OMISSIS- di -OMISSIS-, -OMISSIS-, il -OMISSIS- è stato arrestato dalla Compagnia Carabinieri di -OMISSIS- per -OMISSIS-. A suo carico sussistono anche provvedimenti restrittivi e di prevenzione con applicazione della misura di sorveglianza; infine, è stato -OMISSIS- del -OMISSIS- di -OMISSIS- -OMISSIS-, già detenuto ex art. 416 bis c.p. e sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
La -OMISSIS- di -OMISSIS-, -OMISSIS-, che annovera numerosi procedenti di polizia, è stata -OMISSIS-, anch’egli con precedenti di polizia, in un primo tempo socio della -OMISSIS-, che, come si è detto, è società controllata dalla famiglia -OMISSIS-, essendo detenuta da -OMISSIS- (che insieme al -OMISSIS- -OMISSIS- il -OMISSIS- ha acquistato le quote da -OMISSIS-) e dalla -OMISSIS- -OMISSIS-, e colpita da interdittive antimafia, confermate dal Consiglio di Stato con le sentenze -OMISSIS- del 2016, -OMISSIS- del 2017 e -OMISSIS- del 2017.
Utile il richiamo alle motivazioni rese dal giudice di appello per confermare, nelle tre occasioni, l’interdittiva emessa nei confronti della -OMISSIS-. In tali pronunce, passate in giudicato, la Sezione aveva già offerto una lettura di alcuni dei fatti richiamati dal Prefetto di Milano nella interdittiva oggetto del presente gravame.
La prima sentenza -OMISSIS- del 2016, resa sull’appello della Prefettura di Milano sul ricorso che era stato proposto dalla -OMISSIS- per l’annullamento dell’informativa antimafia emessa il 21 novembre 2014, ha affermato che “il complesso dei rapporti, non chiari né tuttora chiariti, di -OMISSIS- -OMISSIS- con soggetti appartenenti o contigui alla criminalità organizzata – e, in particolare, anche se non solo, con gli imprenditori -OMISSIS-, dipendenti di -OMISSIS- – la cui scarsa trasparenza, ai fini che qui interessano, la sentenza impugnata non ha convincentemente analizzato né superato”; che “anche il possesso di due pistole con matricola abrasa, da parte di -OMISSIS- -OMISSIS-, costituisce circostanza di un certo rilievo indiziario, che certo non può essere trovare alcuna giustificazione nell’-OMISSIS-difesa contro eventuali ritorsioni”; “la ‘comunanzà o la trasmigrazione di mezzi e dipendenti tra -OMISSIS- ad altre società in vario modo destinatarie di provvedimenti interdittivi e/o misure di prevenzione giudiziarie, circostanza che non sembra essere scalfita dalla considerazione, fatta propria dal Tar per la Lombardia, che l’assunzione di lavoratori prima alle dipendenze dei -OMISSIS- sia avvenuta prima della proposta di applicazione del sequestro sull’azienda dei -OMISSIS-, essendo ben consolidati i rapporti tra -OMISSIS- -OMISSIS- e i -OMISSIS-, né con una non meglio precisata ‘necessità fisiologicà di -OMISSIS- alla -OMISSIS-, di cui i -OMISSIS- sono dipendenti, a seguito della impossibilità di operare nei -OMISSIS-“. Nella sentenza -OMISSIS- del 2016 si richiama altresì una precedente pronuncia, la -OMISSIS- del 29 febbraio 2016, che aveva messo bene in rilievo, in relazione ai rapporti tra -OMISSIS- e altra società (-OMISSIS-) pure colpita da informativa antimafia, il quadro di relazioni non semplicemente amicali e collaborative, ma di intensa comunanza economica che lega -OMISSIS- s.r.l. ad un contesto imprenditoriale fortemente compromesso con la criminalità organizzata, basato su legami che, unitamente al contesto familiare e ai rapporti personali con soggetti appartenenti all’ambiente criminale mafioso, costituiscono un dato sintomatico di relazioni non riconducibili a normali schemi commerciali e di cooperazione tra imprese, ma ad una più accentuata e non chiara commistione di interessi e attività economiche. La Sezione aveva quindi concluso nel senso che il perdurare di un contesto oggettivo e di legami tutti interni a questo contesto, che rendono plausibile liinfiltrazione mafiosa, costituisce un elemento concreto che dà luogo alla applicazione dell’art. 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011. Un dato oggettivo di questa portata, rappresentato da una pluralità di elementi convergenti, non viene meno solo perché le famiglie coinvolte affermano in diversi giudizi di essersi allontanate da questo ambiente ed essersi iscritte ad una Associazione antiracket. Anche ammettendo che tale circostanza sia veritiera, questa nuova situazione (che deve risultare da dati che siano oggettivi tanto quanto quelli che sono alla base della interdittiva), potrà essere portata all’attenzione dell’Amministrazione per l’adozione di successivi –OMISSIS- provvedimenti, non potendo inficiare retroattivamente la legittimità dell’interdittiva del 2014.
Con la sentenza -OMISSIS- del 2017 la sez. III del Consiglio di Stato, richiamando le argomentazioni della sentenza -OMISSIS- del 2016, ha riformato la sentenza del Tar Milano che aveva accolto il ricorso, proposto dalla -OMISSIS- avverso l’interdittiva antimafia del Prefetto di Milano 24 aprile 2014, confermativa del provvedimento interdittivo del 20 novembre 2013; il giudice di appello ha affermato che la valutazione del rischio di permeabilità della società da parte della criminalità organizzata è confermato dal rilievo del Prefetto secondo cui la dissociazione del signor -OMISSIS- dagli ambienti malavitosi dell’area di riferimento è smentita dalla ripetuta frequentazione con soggetti pregiudicati appartenenti al contesto criminale mafioso, avvenuta anche dopo la decisione di collaborare con la giustizia.
Infine, con la sentenza -OMISSIS- del 2017 la Sezione ha accolto l’appello proposto dalla Prefettura di -OMISSIS-, confermando così l’interdittiva emessa da detta Prefettura a carico della -OMISSIS- e la solidità del quadro indiziario posto a base delle informative emesse, sulla base di identici (o consimili) elementi, dalla Prefettura di Milano a carico della stessa società . Ha affermato il giudice di appello che l’impugnata sentenza del Tar Veneto (-OMISSIS- del 2016) ha trascurato di considerare, nella loro sistematica connessione, tutti gli elementi valorizzati dall’informativa antimafia anche a seguito del disposto riesame, elementi che, diversamente da quanto ha concluso lo stesso Tar, non si può ritenere abbiano perso la propria rilevanza ai fini antimafia. Si fa riferimento innanzitutto al complesso dei rapporti personali ed imprenditoriali, non chiari né tuttora chiariti, di -OMISSIS- -OMISSIS-, dominus della società, con soggetti ritenuti contigui alla criminalità organizzata (in particolar modo con -OMISSIS-, -OMISSIS- di -OMISSIS-, condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso perché vicino a -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-), rapporti, come già affermato nella decisione -OMISSIS- del 2016, la cui scarsa trasparenza la sentenza impugnata non ha convincentemente analizzato né sconfessato. Si richiama ancora una volta il possesso di due pistole con matricola abrasa, da parte di -OMISSIS- -OMISSIS-, che costituisce circostanza di un certo rilievo indiziario, che non può trovare alcuna giustificazione nell’-OMISSIS-difesa contro eventuali ritorsioni; rappresenta, invece, un elemento induttivo dal quale desumere, come affermato nella sentenza -OMISSIS- del 2017, la volontà di non recidere i rapporti con la realtà criminale di origine.
Si aggiunge, come ulteriore elemento di sicura valenza indiziaria valorizzato dall’informativa, la “comunanza” o la trasmigrazione di mezzi e dipendenti tra -OMISSIS- ad altre società in vario modo destinatarie di provvedimenti interdittivi e/o misure di prevenzione giudiziarie, quali, ad esempio, la -OMISSIS- (come risulta dalla intervenuta sentenza di condanna, da parte del Tribunale di -OMISSIS-, a carico di -OMISSIS- -OMISSIS- ed -OMISSIS-) e -OMISSIS- e -OMISSIS-. Tutti questi elementi, si afferma nella sentenza -OMISSIS- del 2017, corroborano la valutazione prefettizia di verosimile inquinamento mafioso.
2. Tale quadro fattuale porta, come si è detto, a confermare anche l’interdittiva del 15 maggio 2018 della Prefettura di Verona, in applicazione del principio, costantemente affermato dalla Sezione (30 giugno 2020, n. 4168; 325 giugno 2020, n. 4091), secondo cui la verifica della legittimità dell’informativa deve essere effettuata sulla base di una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (quale è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343).
Ai fini dell’adozione dell’interdittiva occorre, da un lato, non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343).
Ciò che connota la regola probatoria del “più probabile che non” non è un diverso procedimento logico, ma la (minore) forza dimostrativa dell’inferenza logica, sicché, in definitiva, l’interprete è sempre vincolato a sviluppare un’argomentazione rigorosa sul piano metodologico, “ancorché sia sufficiente accertare che l’ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la c.d. probabilità cruciale” (Cons. St., sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483).
3. Come si è detto, l’elemento che ha fatto ritenere “più probabile che non” la contiguità della società -OMISSIS- agli ambienti della criminalità organizzata di stampo mafioso è la vicinanza alla -OMISSIS- e, quindi, a -OMISSIS-. Le due società hanno, tra l’altro, in comune anche alcune parti dell’oggetto sociale, come riportato nell’iscrizione in Camera di Commercio e le loro scritture contabili sono state sempre tenute dal medesimo studio conosciuto proprio da -OMISSIS- e dalla sua famiglia.
Come risulta da atto notarile registrato presso la Camera di Commercio (-OMISSIS-, -OMISSIS-, Notaio del collegio notarile di Verona), il -OMISSIS- la –OMISSIS- ha ceduto alla società -OMISSIS- un proprio ramo di azienda avente ad oggetto l’attività di –OMISSIS- di cose per conto terzi. Alla stipula dell’atto erano presenti -OMISSIS- -OMISSIS-, nella qualità di amministratore unico della -OMISSIS-, e -OMISSIS-, allora amministratore unico della -OMISSIS-. Il successivo -OMISSIS- la -OMISSIS- ha venduto alla -OMISSIS- il proprio immobile di proprietà, comprensivo dei terreni circostanti, sito a -OMISSIS-, presso il quale era allora fissata sia la sede legale della -OMISSIS- sia la residenza di -OMISSIS-. Anche alla stipula di questo atto sono intervenuti -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Tra -OMISSIS- 2015, infine, sono stati ceduti dalla -OMISSIS- anche numerosi –OMISSIS-, non in via diretta ma sfruttando Io schermo di sue società interposte, la -OMISSIS- e la -OMISSIS-.
Così svuotata, -OMISSIS- la -OMISSIS- è stata posta in liquidazione. La -OMISSIS-, invece, in sede di assemblea ordinaria tenutasi il -OMISSIS-, ha nominato il nuovo amministratore unico in sostituzione del dimissionario -OMISSIS-, nella persona di -OMISSIS- (anch’egli vicino a -OMISSIS- -OMISSIS-) il quale, il -OMISSIS- ha anche acquistato la totalità delle quote; il successivo -OMISSIS–, anche -OMISSIS- ha ceduto le quote della società a -OMISSIS-, -OMISSIS– -OMISSIS- della società -OMISSIS-, subentrata -OMISSIS- anche nella carica di amministratore unico. Dalla comunicazione del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Verona risulta che la -OMISSIS- non ha mai rivestito ruoli di rappresentanza né ha mai partecipato in imprese né, tantomeno, ha maturato esperienze di dirigenza in alcun settore economico-commerciale prima di essere nominata amministratore unico e rappresentante legale della società -OMISSIS-.
4. Le ragioni poste dal Prefetto di Verona a fondamento dell’interdittiva appaiono al Collegio sufficienti, non essendo richiesto – alla Prefettura come al Giudice amministrativo – di pervenire ad un grado di convincimento che resista ad ogni ragionevole dubbio.
È, infatti, sufficiente, ai fini dell’emissione di un’informativa interdittiva antimafia e della valutazione in sede giurisdizionale in ordine alla sua legittimità, l’essere ragionevolmente persuasi della ricorrenza, nel caso che viene in rilievo, di indici fortemente sintomatici di contiguità, connivenza o comunque condivisione di intenti criminali. Il metro di valutazione è, come si è detto, quello del “più probabile che non”, nel rispetto d’altronde della ratio dell’istituto e delle finalità di “cautela avanzata” di fronte ad ogni pericolo o tentativo di infiltrazione mafiosa nel tessuto della attività economica, specialmente se esercitata in ambiti tradizionalmente di interesse per le mafie (Cons. St., sez. III, 30 giugno 2020, n. 4168).
Come chiarito di recente anche dalla Corte costituzionale n. 57 del 26 marzo 2020 – di fatto confermando la giurisprudenza della Sezione – a supportare il provvedimento interdittivo sono sufficienti anche situazioni indiziarie, che sviluppano e completano le indicazioni legislative, costruendo un sistema di tassatività sostanziale.
Tra queste: i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale; le sentenze di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa; la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dal d.lgs. n. 159 del 2011; i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”; i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa e nella sua gestione, incluse le situazioni in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un “volto di legalità ” idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa; la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”; l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità .
Nel caso in esame, come si è detto, sussistono una congerie di elementi atti a concludere per la permeabilità mafiosa della -OMISSIS- evinti dalla Prefettura di Verona sulla scorta dei citati elementi informativi; dalla pluralità di elementi sopra descritti emerge, infatti, un articolato intreccio di legami familiari e cointeressenze tra l’effettivo dominus della società con soggetti collegati o comunque vicini alla criminalità organizzata.
5. Afferma l’appellante che illegittimamente sono stati ritenuti idonei a produrre effetti nei confronti della -OMISSIS- –OMISSIS- fatti considerati rilevanti nel lontano 2014 nei confronti della -OMISSIS-.
Il rilievo non è suscettibile di positiva valutazione.
Ed invero, con riferimento al requisito dell’attualità la giurisprudenza della Sezione (2 gennaio 2020, n. 2; 2 maggio 2019, –OMISSIS-) è consolidata nel ritenere che i fatti sui quali si fonda l’interdittiva antimafia possono anche essere risalenti nel tempo, nel caso in cui vadano a comporre un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata. Infatti, il mero decorso del tempo, di per sé solo, non implica la perdita del requisito dell’attualità del tentativo di infiltrazione mafiosa e la conseguente decadenza delle vicende descritte in un atto interdittivo, né l’inutilizzabilità di queste ultime quale materiale istruttorio per un nuovo provvedimento, donde l’irrilevanza della risalenza dei dati considerati ai fini della rimozione della disposta misura ostativa, occorrendo, piuttosto, che vi siano tanto fatti nuovi positivi, quanto il loro consolidamento, così da far virare in modo irreversibile l’impresa dalla situazione negativa alla fuoriuscita definitiva dal cono d’ombra della mafiosità .
Ne consegue l’infondatezza di tale profilo di doglianza, tenuto conto che non sono stati addotti elementi tali da dimostrare, in base al principio della probabilità cruciale, l’esistenza di una effettiva cesura tra le due società (Cons. St., sez. III, 13 maggio 2020, n. 3039).
Irrilevante è il ripetuto richiamo, operato dall’appellante, al carattere non penale di alcuni episodi. Come di recente ribadito anche dal giudice delle leggi con la sentenza n. 57 del 26 marzo 2020, gli elementi posti a base dell’informativa, proprio per la ratio ad essa sottesa, possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione (Cons. St., sez. III, 2 maggio 2019, –OMISSIS-; 27 novembre 2018, n. 6707). La connotazione prognostica della valutazione di permeabilità criminale, suscettibile di legittimare l’adozione della misura antimafia, ne rimarca la differenza, in termini di spessore probatorio delle acquisizioni istruttorie sulle quali si fonda, rispetto all’accertamento penale, legittimando la perdurante valenza degli elementi indiziari raccolti nel corso delle indagini preliminari, anche quando, conclusosi il relativo giudizio, quegli elementi non abbiano attinto il livello di dignità dimostrativa della prova piena, quale si forma nel contraddittorio dibattimentale: ciò quantomeno nei casi in cui l’esito finale del giudizio penale non si ponga – come nel caso di specie, nel quale il giudice penale ha escluso lo “stabile” collegamento – in rapporto di palese ed insanabile antinomia rispetto a quegli elementi, attestandone la radicale inutilizzabilità in chiave preventiva (Cons.St., sez. III, 15 marzo 2019, n. 1715).
Prova della correttezza di tale conclusione è proprio nell’episodio relativo all’indagine sull’-OMISSIS- in relazione al quale il -OMISSIS- è stato sì assolto per insufficienza di prove, ma nel relativo procedimento penale è stata accertata la sua stabile contiguità, non solo familiare ma anche e soprattutto imprenditoriale, con il boss -OMISSIS-, il quale distribuiva gli appalti e i lavori da eseguire nel territorio di -OMISSIS- (PA).
6. Afferma ancora l’appellante che non può costituire elemento sintomatico la circostanza che in una piccola impresa, priva di una struttura organizzativa articolata, l’amministratore della società svolga anche semplici attività impiegatizie; da tale elemento non potrebbe affatto desumersi una “fittizietà ” del ruolo ricoperto dall’amministratrice unica di -OMISSIS- -OMISSIS-.
Rileva però il Collegio che nella fattispecie in esame la criticità è che un “semplice” impiegato sia diventato amministratore della società e non certo che l’amministratore di una piccola società si presti a svolgere diverse incombenze, più o meno di rilievo e di responsabilità . In altri termini, non è anomalo che l’amministratore, in mancanza di specifica figura impiegatizia, sistemi egli stesso l’archivio mentre desta perplessità che diventi amministratore di una società un impiegato con funzioni di archivista, che non ha mai svolto attività di elevata responsabilità all’interno della stessa società .
7. Contrariamente a quanto afferma parte appellante costituisce un indizio di collegamento anche la circostanza che le società -OMISSIS- e -OMISSIS- (quest’ultima riconducibile alla famiglia -OMISSIS- e destinataria di interdittiva) abbiano avuto la stessa sede, non rilevando la circostanza che l’immobile fosse di proprietà della signora -OMISSIS-, che lo ha concesso in -OMISSIS-, con regolare contratto registrato, alla -OMISSIS-; non è, infatti, l’esistenza di un regolare contratto in grado di smentire la cointeressenza.
Nello stesso senso costituisce altro sintomo/indizio di collegamento il fatto che il -OMISSIS- della stessa signora -OMISSIS- fosse impiegato della -OMISSIS-, non assumendo connotato esimente che fosse incensurato atteso che, come si è detto, la malavita organizzata si serve anche di persone che non hanno pendenze penali e che possono ancora meglio agire insospettate agli ordini e come meri esecutori. La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (8 luglio 2020, n. 4372) ha, infatti, chiarito che il condizionamento mafioso, essenziale al fine del controllo del territorio, può ben derivare dalla presenza di soggetti controindicati nell’impresa interessata, in ruoli comprensibilmente defilati rispetto a quella che appare, formalmente ed al pubblico, la gestione della stessa: il tutto al fine di consentire alle consorterie criminali, per il tramite di propri uomini di fiducia inseriti quali meri dipendenti o esecutori nell’assetto societario, di dettare dall’esterno gli obiettivi e le iniziative che l’impresa dovrà seguire. Il che è tanto più vero in quanto emergano, come nel caso di specie, situazioni, rapporti, frequentazioni e legami ambigui, che lascino intendere o comunque ragionevolmente ipotizzare la disponibilità dell’impresa e dei suoi gestori a far entrare, nelle valutazioni di gestione, logiche criminali.
Come si è detto sub 5, non rileva, invece, che alcuni episodi richiamati dalla Prefettura siano risalenti nel tempo. Ed invero, richiamando una granitica giurisprudenza del Consiglio di Stato (8 luglio 2020, n. 4370), per l’adozione dell’informativa antimafia interdittiva occorre non la prova della attualità di singole concrete infiltrazioni mafiose o di specifici pregiudizi penali, bensì una visione d’insieme di una pluralità di elementi anche solo indiziari ma concordanti dai quali sia possibile dedurre, alla stregua di un giudizio probabilistico, un attuale e concreto rischio di ingerenza o di condizionamento da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose.
La gravità del quadro indiziario non è scalfita dal decreto del Tribunale di -OMISSIS-, con il quale è stata rigettata la richiesta di sequestro avanzata nei confronti di -OMISSIS- e da quello che ha respinto la richiesta di applicazione della misura di prevenzione della confisca.
É sufficiente sul punto ricordare che, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, non si è formato alcun giudicato, trattandosi di procedimenti del tutto –OMISSIS- che hanno ad oggetto accertamenti distinti: la pericolosità sociale, l’uno e il pericolo di condizionamento mafioso l’altro, ai sensi dell’art. 20, d.lgs. n. 159 del 2011. Il giudicato si è invece formato su quanto affermato da questa Sezione nelle sentenze -OMISSIS- del 2016, -OMISSIS- del 2017 e -OMISSIS- del 2017 in relazione alle interdittive emesse nei confronti della -OMISSIS-, anch’essa riconducibile a -OMISSIS- -OMISSIS-.
Inoltre, come condivisibilmente rilevato dal giudice di primo grado, la misura di prevenzione del sequestro richiede che il soggetto interessato rientri in una delle specifiche categorie soggettive indicate dalla normativa e che ne sia al contempo accertata la pericolosità sociale, secondo gli indici delineati dalla giurisprudenza sopra richiamata. L’informazione interdittiva antimafia, invece, presuppone la presenza di “elementi dai quali sia possibile desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa”, ovvero di “elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”.
8. Non può essere utilizzato come elemento atto a dimostrare l’estraneità dei -OMISSIS- alla malavita organizzata la presunta iscrizione di -OMISSIS- ad una Associazione antiracket. Il provvedimento interdittivo richiama alcune intercettazioni, riportate nell’ambito del decreto di sequestro -OMISSIS- emesso dal Tribunale di -OMISSIS-, dalle quali si evince un “percorso di avvicinamento” dei -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS- con talune Associazioni antiracket, al fine di poter usufruire dei vantaggi connessi a far parte delle predette associazioni. Giova aggiungere che questa Sezione (20 febbraio 2019, n. 1182) già aveva segnalato come la costituzione di una Associazioni antiracket o l’iscrizione alla stessa costituisca un nuovo strumento utilizzato dalla mafia per insinuarsi nell’economia del Paese: accreditarsi l’opinione pubblica e le forze dell’ordine, passando per vittima della criminalità organizzata, di cui, invece, si muovono le fila. Passare per vittima di un reato può essere un ottimo espediente per celare di essere, invece, tra i mandanti dello stesso.
Contrariamente a quanto afferma parte appellante, non è sicura prova di non vicinanza agli ambienti malavitosi la “collaborazione” che -OMISSIS- avrebbe avuto con l’Autorità giudiziaria, risultando – come si è detto sub 1 – che anche dopo tale asserita collaborazione ha comunque frequentato pregiudicati o comunque legati a sodalizi criminali, quali -OMISSIS- e -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-. Si è inoltre reso protagonista di episodi che sono ben lontani dal provare l’abbandono definitivo della strada dell’illegalità .
9. Da tutto quanto sopra esposto risulta evidente che correttamente il coacervo degli elementi sopra descritti e di molti altri dettagliatamente illustrati nella informativa impugnata dinanzi al Tar Veneto è stato ritenuto dal Prefetto di Verona sufficiente ad evidenziare il pericolo di contiguità con la mafia, con un giudizio peraltro connotato da ampia discrezionalità di apprezzamento, con conseguente sindacabilità in sede giurisdizionale delle conclusioni alle quali l’–OMISSIS- perviene solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell’informativa antimafia rimane estraneo l’accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (Cons. St. n. 4724 del 2001). Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (Cons. St. n. 7260 del 2010).
La sufficienza degli elementi esaminati, letti in una visione unitaria e non atomistica, esonera il Collegio dal verificare il corretto utilizzo, da parte della Prefettura, di altri fatti ritenuti, da parte appellante, non correttamente richiamati quali sintomo della permeabilità della società alla criminalità organizzata, quale, ad esempio la denuncia dalla Guardia di Finanza di -OMISSIS- per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, commesso in concorso con altri soggetti nella gestione della società -OMISSIS-.
10. In conclusione, dovendo l’asserita illegittimità del provvedimento essere verificata in relazione agli elementi di fatto presenti al momento della sua adozione, l’interdittiva impugnata dinanzi al Tar Veneto resiste al vaglio di questo giudice. Ciò non toglie la possibilità per l’interessato di fare istanza alla Prefettura perché verifichi se i fatti nuovi medio tempore intervenuti (rappresentati alla vigilia dell’udienza di discussione da parte appellante, quali il decreto del Tribunale di -OMISSIS-, sulle misure di prevenzione -OMISSIS- dell’11 maggio 2020) possano supportare una diversa conclusioni in ordine al rischio di infiltrazione mafiosa.
11. La reiezione dei motivi di illegittimità dell’informativa antimafia emessa dal Prefetto di Verona comporta il rigetto dell’istanza di condanna delle odierne appellate al risarcimento del danno patito dalla -OMISSIS- -OMISSIS- e dalla signora -OMISSIS- in conseguenza dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati, atteso che l’illegittimità del provvedimento impugnato è condizione necessaria per accordare il risarcimento richiesto; la reiezione della parte impugnatoria del gravame impedisce infatti che il danno stesso possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione (Cons. St., sez. V, 1 ottobre 2015, n. 4588; id., sez. IV, 29 dicembre 2014, n. 6417; id., sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6013; id. 27 agosto 2014, n. 4382; id. 13 gennaio 2014, n. 85; id., sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4628; id., sez. V, 15 gennaio 2013, n. 176).
12. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante alle spese a gli onorari del giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 (cinquemila euro).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’–OMISSIS- amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di parte appellante e dei fatti alla stessa riconducibili.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2020, svoltasi da remoto in videoconferenza ex artt. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 e 4, d.l. -OMISSIS- del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere, Estensore
Solveig Cogliani – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere

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