Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 29 settembre 2020, n. 20625.
Ai fini dell’annullamento per conflitto di interessi ai sensi dell’art. 2373 cod. civ., è essenziale che la delibera sia idonea a ledere l’interesse sociale, inteso come l’insieme di quegli interessi che sono comuni ai soci, in quanto parti del contratto di società, e che concernono la produzione del lucro, la massimizzazione del profitto sociale (ovverosia del valore globale delle azioni o delle quote), il controllo della gestione dell’attività sociale, la distribuzione dell’utile, l’alienabilità della propria partecipazione sociale e la determinazione della durata del proprio investimento. Pertanto, si ha conflitto di interessi rilevante quale causa di annullabilità delle delibere assembleari quando vi è, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili al contratto di società
Sentenza 29 settembre 2020, n. 20625
Data udienza 10 settembre 2020
Tag/parola chiave: Società – Scioglimento della società partecipata – Liquidazione – Annullamento del credito vantato nei confronti del socio di maggioranza che ne ha chiesto la dissoluzione – Esclusione – Liquidatore – Riscossione e divisione tra i creditori sociali – Esistenza di un debito del socio di maggioranza – Abuso del voto di maggioranza e conflitto di interessi – Non integrazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere
Dott. IOFFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 15946-2016 r.g. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., con sede in (OMISSIS) (cod. fisc. e P.IVA (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore Arch. (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS) e dall’Avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MONTERONI (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore Dott.ssa (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), con il quale elettivamente domicilia in (OMISSIS).
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) spa in liquidazione (cod. fisc. e P.Iva (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), presso il cui studio e’ elettivamente domiciliata in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce, depositata in data 13.4.2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/9/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Capasso Lucio, che ha chiesto dichiararsi la inammissibilita’ o comunque il rigetto del ricorso;
udito, per la ricorrente, l’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il proprio ricorso;
udito, per il contro ricorrente Comune di Monteroni, l’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto respingersi l’avverso ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) s.r.l. contro il COMUNE DI MONTERONI e (OMISSIS) spa in liquidazione, avverso la sentenza emessa il 24.5.2011 dal Tribunale di Lecce, con la quale era stata rigettata la domanda giudiziaria avanzata dalla societa’ appellante volta all’annullamento della Delib. assembleare 7 novembre 2003, che aveva deliberato lo scioglimento anticipato della societa’ mista (OMISSIS) s.p.a. di cui (OMISSIS) s.r.l. aveva acquistato il 49% del capitale sociale, ritenendo il giudice di prime cure che non sussistesse ne’ il conflitto i interessi ne’ l’abuso di potere. La corte del merito ha ritenuto, quanto al primo motivo di gravame, che non poteva neanche astrattamente configurarsi un conflitto di interessi ex articolo 2373 c.c. in relazione ad una Delib. di scioglimento anticipato della societa’, in quanto tale situazione di conflitto deve avere a riguardo un eventuale contrasto tra l’interesse del socio e l’interesse sociale inteso come insieme degli interessi riconducibili al contratto di societa’, tra i quali non e’ annoverabile l’interesse della societa’ alla prosecuzione della propria attivita’ imprenditoriale, residuando al piu’ un conflitto pratico tra i vari soci, di per se’ giuridicamente non rilevante; ha dunque ritenuto, sulla scorta del principio ora ricordato, non fondato il primo motivo di gravame sollevato dalla societa’ appellante. La corte territoriale ha inoltre evidenziato che, in relazione al dedotto motivo di abuso di potere, la deliberazione di scioglimento di una societa’ che sia stata adottata dai soci nelle forme legali e con le maggioranze prescritte, puo’ essere invalidata, sotto tale profilo, solo allorquando risulti arbitrariamente e fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al perseguimento di interessi divergenti da quelli societari ovvero alla lesione dei diritti del singolo partecipante, come nella ipotesi in cui lo scioglimento sia indirizzato soltanto alla esclusione del socio, non essendo, nelle altre ipotesi, sindacabile in sede giudiziaria le motivazioni sottese alla decisione dell’organo deliberante e non potendosi ritenere giuridicamente tutelabile un interesse del socio alla conservazione del proprio status; ha dunque ritenuto, sulla base dello scrutinio delle risultanze processuali, non raggiunta la prova circa un intento fraudolento del Comune nella deliberazione di scioglimento anticipato della societa’, non potendosi indagare in sede giudiziaria sui motivi che avevano indotto, in ultima analisi, la maggioranza alla suddetta decisione; ha inoltre evidenziato che le perdite di esercizio maturate nei due anni successivi alla costituzione della societa’ mista costituivano motivo idoneo per deliberare lo scioglimento anticipato della societa’, ancorche’ la data di scioglimento fosse stata inizialmente fissata nel 2050; ha dunque escluso la sussistenza di un intento fraudolento del socio di maggioranza diretto a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e patrimoniali degli altri soci; ha infine osservato che, nella stessa Delib. 7 novembre 2003, il Comune di Monteroni aveva dichiarato il suo intento di raggiungere, con la costituzione della predetta societa’ mista, un obiettivo di reddito e di gestione economica della compagine societaria, evidenziandosi, a distanza di tre anni dalla costituzione della societa’, il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati, e cio’ doveva ritenersi ragione sufficiente per deliberare legittimamente lo scioglimento anticipato della societa’; ha, da ultimo, posto in evidenza che la lievitazione dei costi di gestione per una serie di ragioni contingenti ed un contenzioso relativo alla legittimita’ della scelta del socio privato avevano viepiu’ evidenziato la non economicita’ della gestione societaria e dunque la piena legittimita’ della decisione di scioglimento della compagine sociale.
2. La sentenza, pubblicata il 13.4.2016, e’ stata impugnata da Comune di Monteroni con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo di doglianza, cui il Comune di Monteroni e (OMISSIS) spa in liquidazione hanno resistito con controricorso.
Il Comune di Monteroni ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo di censura la societa’ ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di falsa applicazione dell’articolo 2377 c.c. – in relazione all’abuso di potere della maggioranza nell’esercizio del diritto di voto e comunque vizio di omesso esame di fatti decisivi, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si lamenta l’omessa valutazione della decisiva circostanza secondo cui la societa’ (OMISSIS) s.p.a. aveva un unico cliente, e cioe’ il Comune di Monteroni, e che tale cliente era debitore della predetta societa’ – al momento della sua messa in liquidazione – della somma di Euro 163.381 e dell’ulteriore somma successivamente riconosciuta come dovuta di Euro 204.633. Osserva la ricorrente che lo scioglimento della societa’ era stato deliberato dal socio di maggioranza, e cioe’ dal predetto ente territoriale, lamentando perdite provocate, in buona sostanza, proprio dall’inadempimento del comune, e cioe’ dall’unico cliente della societa’. Evidenzia ancora la ricorrente l’omessa valutazione dell’ulteriore circostanza secondo cui, al momento della Delib. di scioglimento cosi’ impugnata, era maturato un ulteriore credito della (OMISSIS) s.p.a. nei confronti del Comune per Euro 204.633, fatto che escludeva la possibile erosione del capitale sociale a causa delle perdite. Si osserva ancora che i fatti ora descritti evidenziavano la inconsistenza e pretestuosita’ delle motivazioni addotte dal socio di maggioranza per deliberare lo scioglimento della societa’ dallo stesso partecipata.
2. Il ricorso e’ inammissibile.
2.1 Va premesso che, sulla scorta di quanto affermato dalla giurisprudenza di vertice di questa Corte, l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
2.2 Cio’ posto in premessa, occorre evidenziare come l’inammissibilita’ della censura derivi invero dalla concorrenza di due ragioni.
2.2.1 Sotto un primo angolo di osservazione, va subito evidenziato come le circostanze del cui omesso esame si duole la societa’ ricorrente, ai sensi del sopra ricordato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguardano invero fatti non dedotti nei gradi merito, non emergendo ne’ dalla lettura del ricorso introduttivo ne’ da quella della sentenza impugnata ove la ricorrente avesse allegato la circostanza dei crediti maturati in favore della (OMISSIS) s.p.a. nei confronti dell’ente territoriale, come ragione fondante il dedotto abuso di potere del socio di maggioranza nell’adozione della Delib. di scioglimento anticipato della societa’ partecipata.
2.2.2 Ma occorre anche evidenziare il carattere non decisivo ai fini del decidere, nel senso gia’ sopra chiarito, delle predette circostanze di cui si assume il mancato esame da parte della corte di merito. Ed invero, la circostanza che la (OMISSIS) s.p.a. vantasse nei confronti del Comune di Monteroni – al momento della sua messa in liquidazione – crediti per Euro 163.381 ed Euro 204.633 evidenzia solo che tali crediti andavano a comporre, nello stato patrimoniale, una posta attiva della societa’ poi oggetto di scioglimento e che, cio’ nonostante, la stessa aveva riportato perdite cospicue, senza che cio’ dimostri una valida ragione ostativa alla legittima determinazione di sciogliere la societa’ da parte della maggioranza dei soci.
2.2.3 Sul punto, non e’ inutile ricordare che, secondo la costante giurisprudenza espressa da questa Corte, la deliberazione di scioglimento anticipato di una societa’ puo’ essere invalidata, in difetto delle ragioni tipiche all’uopo previste, sotto il profilo dell’abuso della regola di maggioranza, quando risulti arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al solo fine di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero di ledere gli interessi degli altri soci. La relativa prova incombe sul socio di minoranza il quale dovra’ a tal fine indicare i “sintomi” di illiceita’ della Delib. – deducibili non solo da elementi di fatto esistenti al momento della sua approvazione, ma anche da circostanze verificatesi successivamente – in modo da consentire al giudice di verificarne le reali motivazioni e accertare se effettivamente abuso vi sia stato. Peraltro, all’infuori della ipotesi di un esercizio “ingiustificato” ovvero “fraudolento” del potere di voto ad opera dei soci maggioritari, resta preclusa ogni possibilita’ di controllo in sede giudiziaria sui motivi che hanno indotto la maggioranza alla votazione della Delib. di scioglimento anticipato della societa’, essendo insindacabili le esigenze relative all’economia individuale del socio che possano averlo indotto a votare per tale soluzione dissolutiva (Sez. 1, Sentenza n. 27387 del 12/12/2005).
2.2.4 Ne’ e’ impugnabile per conflitto di interessi la Delib. di scioglimento anticipato della societa’ ex articolo 2448 c.c., n. 5 (ora articolo 2484 c.c., n. 6) in quanto la situazione di conflitto rilevante ai fini dell’articolo 2373 c.c. deve essere valutata con riferimento non gia’ a confliggenti interessi dei soci, bensi’ a un eventuale contrasto tra l’interesse del socio e l’interesse sociale inteso come l’insieme degli interessi riconducibili al contratto di societa’ tra i quali non e’ ricompreso l’interesse della societa’ alla prosecuzione della propria attivita’, giacche’ la stessa disciplina legale del fenomeno societario consente che la maggioranza dei soci ponga fine all’impresa comune senza subordinare tale decisione ad alcuna condizione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27387 del 12/12/2005, cit. supra). Detto altrimenti, ai fini dell’annullamento per conflitto di interessi ai sensi dell’articolo 2373 c.c., e’ essenziale che la Delib. sia idonea a ledere l’interesse sociale, inteso come l’insieme di quegli interessi che sono comuni ai soci, in quanto parti del contratto di societa’, e che concernono la produzione del lucro, la massimizzazione del profitto sociale (ovverosia del valore globale delle azioni o delle quote), il controllo della gestione dell’attivita’ sociale, la distribuzione dell’utile, l’alienabilita’ della propria partecipazione sociale e la determinazione della durata del proprio investimento. Pertanto, si ha conflitto di interessi rilevante quale causa di annullabilita’ delle delibere assembleari quando vi e’, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili al contratto di societa’ (Sez. 1, Sentenza n. 27387 del 12/12/2005).
2.2.5 Ne consegue che, in applicazione del principio di buona fede in senso oggettivo al quale deve essere improntata l’esecuzione del contratto di societa’, la cosiddetta regola di maggioranza consente al socio di esercitare liberamente e legittimamente il diritto di voto per il perseguimento di un proprio interesse fino al limite dell’altrui potenziale danno.
Deve pertanto ritenersi che l’abuso della regola di maggioranza (altrimenti detto abuso o eccesso di potere) e’, quindi, causa di annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando la Delib. non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della societa’ – per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale – oppure sia il risultato di una intenzionale attivita’ fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza “uti singuli” (cosi’, sempre Sez. 1, Sentenza n. 27387 del 12/12/2005).
2.3 Cio’ posto, risulta evidente come resti preclusa ogni possibilita’ di controllo in sede giudiziaria sui motivi che abbiano indotto la maggioranza alla votazione della Delib. di scioglimento anticipato della societa’, essendo insindacabili le esigenze relative all’economia individuale del socio che possano averlo indotto a votare per tale soluzione dissolutiva, se si escludono quel esercizio “ingiustificato” ovvero “fraudolento” del potere di voto ad opera dei soci maggioritari, sopra tratteggiato e qui non ricorrente, posto che anche le circostanze del cui omesso esame oggi si duole la ricorrente, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, investono profili del tutto irrilevanti e non decisivi, non potendosi ritenere che la esistenza di una debitoria del socio di maggioranza nei confronti della societa’ partecipata integri l’abuso del voto di maggioranza ovvero la possibilita’ di un conflitto di interessi. Ed invero, lo scioglimento della societa’ partecipata e la sua liquidazione non determinano in alcun modo l’annullamento del credito vantato dalla societa’ sciolta nei confronti del socio di maggioranza che ne ha determinato la dissoluzione, dovendo il liquidatore della predetta societa’ riscuotere il credito e distribuirlo ai creditori sociali.
Ne consegue la inammissibilita’ del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti dei controricorrenti, secondo le regole della soccombenza.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 8.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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