Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 20 febbraio 2020, n. 1297.
La massima estrapolata:
Ai fini della revoca della licenza del porto d’armi, l’Autorità di pubblica sicurezza può apprezzare discrezionalmente, quali indici rivelatori della possibilità d’abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale, indipendentemente dalla riconducibilità degli stessi alla responsabilità dell’interessato, purché l’apprezzamento non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo, trattandosi di un provvedimento, privo di intento sanzionatorio o punitivo, avente natura cautelare al fine di prevenire possibili abusi nell’uso delle armi a tutela delle esigenze di incolumità di tutti i consociati.
Sentenza 20 febbraio 2020, n. 1297
Data udienza 13 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 910 del 2017, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Ig. Pa. e Ez. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fr. Ca. in Roma, via (…);
contro
il Ministero dell’Interno e la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Bergamo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…),
la Questura della Provincia di Bergamo, non costituita in giudizio,
per la riforma della sentenza, resa in forma semplificata, del Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. II, -OMISSIS- del 5 dicembre 2016, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso concernente la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione del Ministero dell’Interno e della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Bergamo;
Vista la memoria difensiva del signor -OMISSIS- del 10 gennaio 2020;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Pres. Franco Frattini e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. In data 7 settembre 2016, con provvedimento del Questore della Provincia di Bergamo -OMISSIS-, è stata disposta la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia nei confronti del sig. -OMISSIS-.
Il provvedimento ha tratto fondamento dalla circostanza che il sig. -OMISSIS-, in data 18 ottobre 2015, è stato deferito in stato di libertà, da parte del Comando Stazione Carabinieri di -OMISSIS-, per il reato di lesioni e minacce e che pende, a carico dello stesso, un procedimento penale r.g. n. -OMISSIS- presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Bergamo per i reati ostativi al rilascio/rinnovo/permanenza di autorizzazioni di polizia in materia di armi, di cui agli artt. 110, 582-585 e 612 c.p..
2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, il sig. -OMISSIS- ha avversato, tra l’altro, tale provvedimento deducendo, in particolare, il difetto di istruttoria e di motivazione non ricorrendo, nel caso di specie, i presupposti stabiliti dagli artt. 11 e 43 del TULPS, in presenza dei quali non può essere concesso il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia. Nello specifico, il ricorrente ha evidenziato che il deferimento sarebbe relativo ad un episodio verificatosi in data -OMISSIS- 2015, a seguito di un alterco con il signor -OMISSIS-, allorquando quest’ultimo lo avrebbe apostrofato e inseguito a bordo di un trattore, dato che il sig. -OMISSIS- si sarebbe introdotto nel proprio terreno agricolo. Il sig. -OMISSIS- ha, altresì, dedotto che, per il procedimento penale instaurato nei propri confronti, in data 30 novembre 2015 è stato interrogato, negando ogni addebito. Il provvedimento impugnato avrebbe omesso di considerare che, successivamente a tale interrogatorio, il procedimento penale non avrebbe avuto ulteriori esiti, non essendo intervenuto alcun avviso di garanzia, né alcuna sentenza di condanna, né alcuna applicazione provvisoria di misura di sicurezza.
3. Con sentenza -OMISSIS- del 5 dicembre 2016, il Tar Brescia ha respinto il ricorso. In particolare, il Tar ha ritenuto insussistente l’asserito difetto di motivazione e di istruttoria, sul rilievo che dalle allegazioni documentali sarebbe emerso il comportamento aggressivo del ricorrente – che si sarebbe manifestato anche in precedenti occasioni – tale da far dubitare della permanenza in capo allo stesso del necessario requisito dell’affidabilità e del buon uso delle armi.
4. La citata sentenza -OMISSIS- del 5 dicembre 2016 è stata impugnata con appello notificato il 3 febbraio 2017 e depositato il successivo 14 febbraio, riproducendo sostanzialmente le cesure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.
In particolare, il Tar avrebbe errato:
a) nel travisare i fatti posti a fondamento del provvedimento gravato; nel violare gli artt. 11 e 43 del TULPS; nel fornire una motivazione apodittica, in violazione dell’art. 60 c.p.a..
Al contrario, il presunto comportamento aggressivo dell’appellante non troverebbe riscontro nelle risultanze processuali. E infatti, l’episodio accaduto il 18 ottobre 2015, seppur connotato da una certa intemperanza nell’uso di arma impropria (bastone), sarebbe accaduto durante un’escursione per l’allenamento dei cani e non riguarderebbe l’abuso di armi da fuoco; in base al Certificato del Casellario Giudiziale, datato 7 novembre 2016, risulterebbe a carico dell’appellante unicamente una precedente condanna da parte del Tribunale di Bergamo del -OMISSIS- 1976 – per il reato di omicidio colposo, con condanna alla pena di anni uno di reclusione con sospensione della patente di guida per anni uno – che sarebbe irrilevante ai fini di causa perché non connessa all’uso delle armi; l’episodio – dedotto nel giudizio di prime cure dagli odierni appellati – risalente al 2010, riguardante una denuncia nei confronti del sig. -OMISSIS- da parte della signora -OMISSIS- per il reato di ingiurie e minacce, non avrebbe avuto alcun seguito sul piano penale, essendo intervenuta, in data 17 marzo 2010, remissione di querela;
b) nel violare il principio di presunzione di non colpevolezza, di cui all’art. 27, comma 2, della Costituzione, basando la propria decisione su meri elementi indiziari;
c) nel superare la censura relativa alla violazione delle garanzie procedimentali, in particolare per la mancanza della comunicazione ex art 10-bis, l. n. 241 del 1990.
5. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Bergamo, senza espletare alcuna difesa.
6. La Questura della Provincia di Bergamo non si è costituita in giudizio.
7. Alla pubblica udienza del 13 febbraio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, la presente controversia attiene alla legittimità o meno del provvedimento del Questore della Provincia di Bergamo -OMISSIS-, con il quale è stata decretata la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia nei confronti del sig. -OMISSIS-.
Tale provvedimento è stato assunto sulla base della pendenza di un procedimento penale r.g. n. -OMISSIS- presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Bergamo, a carico dell’appellante, per i reati ostativi al rilascio/rinnovo/permanenza di autorizzazioni di polizia in materia di armi, di cui agli artt. 110, 582-585 e 612 c.p..
2. Con il gravame in esame l’appellante ha dedotto che sarebbero insussistenti i presupposti in fatto e diritto, fondanti il provvedimento avversato.
3. La ormai univoca giurisprudenza, ai fini della revoca della licenza del porto d’armi, ritiene che l’Autorità di pubblica sicurezza può apprezzare discrezionalmente, quali indici rivelatori della possibilità d’abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale, indipendentemente dalla riconducibilità degli stessi alla responsabilità dell’interessato, purché l’apprezzamento non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo (Cons. Stato, sez. VI, n. 107 del 2017; sez. III, n. 2974 del 2018; n. 3502 del 2018), trattandosi di un provvedimento, privo di intento sanzionatorio o punitivo, avente natura cautelare al fine di prevenire possibili abusi nell’uso delle armi a tutela delle esigenze di incolumità di tutti i consociati (Cons. Stato, sez. III, n. 2974 del 2018).
Corollario dei suddetti principi è che la valutazione fatta dall’Amministrazione debba essere sorretta da una motivazione che dia adeguato conto degli elementi concreti che, nel caso di specie, hanno determinato l’autorità prefettizia a sospettare delle garanzie di buona condotta nella detenzione e nell’uso delle armi fornite dall’interessato.
4. Il Collegio ritiene che, ai fini del decidere, sia pertanto necessario acquisire al giudizio il fascicolo penale riguardante il sig. -OMISSIS-, al fine di chiarire la sussistenza o meno dei presupposti, anche fattuali, richiesti dalla normativa, ai fini del diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia.
5. A tale incombente istruttorio le Amministrazioni appellate dovranno provvedere entro trenta giorni dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione della presente ordinanza.
Si fissa sin da ora la nuova udienza di merito alla data del 24 settembre 2020.
Spese al definitivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, non definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, ordina, a carico delle Amministrazioni appellate, incombenti istruttori nei sensi e nei termini di cui in motivazione.
Fissa sin da ora la nuova udienza di merito alla udienza pubblica del 24 settembre 2020.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellante e di tutti i riferimenti che rendono possibile la riconducibilità allo stesso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente, Estensore
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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