Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree prive di pianificazione urbanistica

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 aprile 2023| n. 10289.

Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree prive di pianificazione urbanistica

Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree prive di pianificazione urbanistica, la stima non può risolversi in un mero esercizio qualificatorio dell’astratta natura dell’area, ma deve corrispondere all’effettivo valore di mercato di questa secondo le sue caratteristiche concrete espresse in termini monetari, desunte da taluni fatti-indice obiettivi quali, tra gli altri, la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati, sicché, in detta situazione, trova applicazione il criterio – suppletivo in carenza di strumenti urbanistici e complementare agli effetti della determinazione del concreto valore dell’area dell’edificabilità di fatto, dovendo darsi rilievo all’attività edilizia legittimamente realizzabile in assenza di pianificazione urbanistica, a quella libera ed a quella consentita previo rilascio del permesso di costruire

Ordinanza|18 aprile 2023| n. 10289. Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree prive di pianificazione urbanistica

Data udienza 28 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’ O PUBBLICO INTERESSE – INDENNITA’

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 17705/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
e contro
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio del Dott. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) S.r.l., in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso al ricorso;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 898/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI, pubblicata il 16/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/09/2022 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree prive di pianificazione urbanistica

RILEVATO

che:
1.- Con Delib. Consiliare 2 maggio 2005, n. 2005/54, il Comune di Bari approvo’ un intervento urbanistico nel quartiere (OMISSIS), anche al fine dell’apposizione di vincoli preordinati all’esproprio.
All’esito di successiva gara, il 19/2/2007 venne stipulato tra il Comune e la societa’ (OMISSIS) SPA (di seguito, (OMISSIS)) il contratto di concessione contenente piena delega per l’esercizio dei poteri espropriativi.
In data 26/4/2007 la societa’ emise il decreto di esproprio in favore del Comune di Bari, beneficiario dell’espropriazione, ed in danno della proprietaria (OMISSIS) SRL (di seguito, (OMISSIS)) espropriata, fissando l’indennita’ provvisoria e disponendo l’occupazione del bene, poi iniziata il 7/5/2007.
Il 12/6/2008 la (OMISSIS) ordino’ alla societa’ (OMISSIS) SRL (di seguito, (OMISSIS)), beneficiaria in sua vece del contratto di concessione, di depositare presso la Cassa DD.PP. (come poi avvenuto) la somma di Euro 455.070,02, fissata quale indennita’ provvisoria, in favore dell’espropriata (OMISSIS).
La stima dell’indennita’ definitiva di esproprio nella misura di Euro 4.549.487,00, conseguita all’accertamento collegiale Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ex articolo 21, comunicato il 21/1/2009 ad (OMISSIS), autorita’ espropriante subentrata a (OMISSIS), venne da questa ritenuta eccessiva e fatta oggetto di opposizione dinanzi alla Corte di appello di Bari.
Nel giudizio di opposizione alla stima si costituirono:
– la proprietaria espropriata (OMISSIS), che eccepi’ la tardivita’ dell’opposizione e la carenza di legittimazione attiva di (OMISSIS), nel merito sostenendo l’esattezza della stima collegiale e chiedendo, in via riconvenzionale, il pagamento di una somma maggiore, quantificata nella misura di Euro 7.486.768,72;
– la concessionaria (OMISSIS) che aderi’ alle contestazioni di (OMISSIS), negando di essere tenuta al pagamento di somme poiche’ l’unica titolare passiva del debito era appunto (OMISSIS).
Espletata una prima CTU estimativa, la Corte di appello respinse, con sentenza non definitiva n. 202/13, le eccezioni relative alla ritualita’ della domanda principale e di quella riconvenzionale, nonche’ alla carenza di legittimazione attiva di (OMISSIS) e dispose la prosecuzione del giudizio.
Quindi, con la sentenza definitiva n. 898/2015, la Corte distrettuale decise l’opposizione alla stima, dopo avere disposto la rinnovazione della CTU e l’estromissione dal giudizio di (OMISSIS) ed avere preso atto che, nelle more, era stato respinto in via definitiva il ricorso proposto dinanzi al TAR avverso la legittimita’ della procedura ablatoria.
Segnatamente, la Corte di appello rilevo’ che “nella relazione depositata il 5 dicembre 2014 il CTU ing. (OMISSIS) aveva determinato la giusta indennita’ di esproprio in complessivi Euro 8.205.568,36, oppure in Euro 11.986.056,75, a seconda dell’indice territoriale da considerarsi, escludendo la spettanza dell’indennita’ di occupazione o la possibilita’ di riduzione di un quarto previsto in caso di “riforma economico-sociale”” (fol. 3 della sent. imp.). Quindi, condivisi gli esiti della seconda CTU, respinse la domanda principale di (OMISSIS) e quantifico’ l’importo dell’indennita’ nella misura di Euro 7.486.768,72, oltre interessi – considerato che questo era il limite massimo della riconvenzionale proposta da (OMISSIS) e che risultava inferiore agli importi, comunque, quantificati dal CTU, per cui non si rendeva necessario stabilire quale dei due indici indicati dal CTU fosse da ritenere congruo – ed ordino’ ad (OMISSIS) di provvedere al relativo deposito presso Cassa DD.PP.; disattese, inoltre, la richiesta di maggiorazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ex articolo 37, perche’ proposta da (OMISSIS) tardivamente, con la comparsa conclusionale.
(OMISSIS) SRL in liquidazione ha proposto ricorso principale con un mezzo, seguito da memoria, per la cassazione della sentenza n. 898/2015 della Corte barese. (OMISSIS) SRL ha replicato con controricorso e ricorso incidentale con tre mezzi corroborati da memoria, sempre per la cassazione della sentenza n. 898/2015.
Il ricorso, gia’ fissato per l’adunanza camerale del 23 marzo 2022, perviene alla data odierna a seguito di rinvio a nuovo ruolo per trattazione congiunta con i ricorsi nn. 20271/2016, 22188/2019 e 22579/2019.

Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree prive di pianificazione urbanistica

CONSIDERATO

che:
2.- Il ricorso principale e’ articolato in un unico motivo.
2.1.- Con questo motivo (OMISSIS) in liquidazione deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 167 del 1962, in relazione alla L. n. 1150 del 1942, articolo 17, comma 1; della Legge Regionale Puglia n. 56 del 1980, articolo 37, comma 5, nonche’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 32 e articolo 37, comma 3.
La ricorrente si duole dei criteri applicati dal CTU per determinare la indennita’ di esproprio, come recepiti dalla Corte di appello.
Segnatamente il CTU, ravvisata la decadenza del vincolo urbanistico discendente dall’inserimento del suolo nel piano di edilizia economica e popolare (PEEP), aveva ritenuto di assumere gli indici e i parametri urbanistico-edilizi che caratterizzavano il progetto dell’opera pubblica allegato alla Delib. del consiglio comunale, che aveva introdotto la variante tematica e puntuale alla strumentazione urbanistica vigente.
Invece, a parere della ricorrente, ferma ed indiscussa la natura edificatoria dei suoli, la stima degli stessi avrebbe dovuto essere effettuata in virtu’ della conformazione derivante dall’inserimento nel piano di zona che sanciva una suscettibilita’ edificatoria di 1,36 mc/mq, anche se scaduto; dovendo ritenersi irrilevante, invece, la disciplina impressa all’area dalla variante espropriativa e, pertanto, inutilizzabili i piu’ elevati indici da questa previsti.
La ricorrente deduce la contrarieta’ della scelta del CTU ai principi di diritto vigenti perche’ la variante urbanistica preordinata all’esecuzione dell’opera pubblica, come definita dallo stesso CTU era “puntuale e tematica”, per cui il vincolo in esso contenuto doveva essere considerato come preordinato all’esproprio e da esso doveva prescindersi nella qualificazione dell’area.
2.2.- Il motivo e’ fondato.
2.3.- La Corte d’appello parte dall’erroneo presupposto secondo cui, non avendo (OMISSIS) formulato specifiche doglianze in ordine al criterio di determinazione dell’indennita’ di espropriazione adottato dal CTU, alle cui conclusioni la Corte d’appello si e’ pedissequamente riportata, tale criterio dovesse essere approvato tout court.
Per converso, da un lato, il giudice, nel liquidare l’indennita’ non e’ vincolato alla prospettazione di parte attrice, ma deve applicare i criteri previsti dalla legge anche in assenza di contestazioni al riguardo; dall’altro, la contestazione relativa alla validita’ del criterio di liquidazione posto a base della domanda attrice non integra una eccezione in senso tecnico ma una mera difesa, non comportando l’allegazione di alcun fatto impeditivo, modificativo o estintivo della pretesa dedotta in giudizio, ma solo la contestazione della fondatezza in diritto della richiesta di controparte (Cass. Sez. U. n. 35/2001; Cass. n. 3191/2017; Cass. n. 4228/2021).
2.4.- Nel caso di specie, la valutazione del CTU e’ errata in diritto.
Va fatta applicazione del principio secondo cui l’accertamento delle possibilita’ legali ed effettive di edificazione di un’area ai fini della determinazione dell’indennita’ di esproprio va effettuato senza tenere conto delle varianti apportate allo strumento urbanistico generale allo specifico scopo di realizzare l’opera che viene contestualmente approvata, giacche’ tali varianti costituiscono fonte di vincolo preordinato all’esproprio e pertanto non puo’, ad esse, essere riconosciuta alcuna incidenza in sede di accertamento della vocazione edificatoria dell’area (Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 32). Deve, invece, ai predetti fini, attribuirsi rilevanza alle varianti successive all’apposizione del vincolo espropriativo, e presenti al verificarsi della vicenda ablativa, le quali abbiano carattere conformativo, imponendo un vincolo di destinazione riguardante una generalita’ di beni e di soggetti (Cass. n. 5803/2021; Cass. n. 6635/2002). In tema di espropriazione per pubblica utilita’, per individuare la qualita’ edificatoria dell’area, da effettuarsi in base agli strumenti urbanistici vigenti al momento dell’espropriazione, occorre distinguere tra vincoli conformativi ed espropriativi, sicche’ ove con l’atto di pianificazione si provveda alla zonizzazione dell’intero territorio comunale, o di una sua parte, si’ da incidere su di una generalita’ di beni, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui essi ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo assume carattere conformativo ed influisce sulla determinazione del valore dell’area espropriata, mentre, ove si imponga un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, il vincolo e’ da ritenersi preordinato all’espropriazione e da esso deve prescindersi nella stima dell’area (Cass. n. 207/2020).
2.5.- Nel caso concreto, lo stesso CTU ha accertato che la variante al PRG ed al piano di zona 167, conseguente all’approvazione del progetto per la realizzazione di un centro assistenza anziani, si era tradotta nella rinnovata apposizione di vincoli preordinati all’esproprio, traducendosi in una “variante tematica e puntuale”, della quale il CTU non poteva tenere conto ai fini della individuazione dell’indice di edificabilita’ dell’area, determinato in 1,68 o in 2,46 mc al mq., in luogo di quello di 1,36 al mq., previsto dal suddetto piano di zona decaduto per la scadenza del periodo di efficacia.
2.6.- Ne consegue che – come correttamente evidenziato dalla ricorrente espropriante (OMISSIS) – il criterio adottato dal CTU, e recepito in toto dalla Corte, e’ erroneo. Orbene, l’avvenuta decadenza del vincolo preordinato all’esproprio rende l’area (e non la zona) priva di regolamentazione urbanistica, sicche’, in tale ipotesi, non e’ consentito farne rivivere la condizione preesistente, ma opera la disciplina prevista per le cd. aree bianche di cui alla L. n. 10 del 1977, articolo 4, u.c., la quale, peraltro, non comporta un automatico riconoscimento della natura edificabile dell’area occupata, dovendo essere apprezzata la ricorrenza di tale carattere in base al criterio dell’edificabilita’ di fatto, che impone un metodo di valutazione incentrato sulla verifica della funzionalita’ dell’area in termini di naturale ed armonico completamento di quelle, ad essa contigue, che siano destinate all’edificazione in base alle scelte legislative ed a quelle pianificatorie dei Comuni (Cass. n. 12268/2016). Ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione delle aree prive di pianificazione urbanistica, la stima non puo’ risolversi in un mero esercizio qualificatorio dell’astratta natura dell’area, ma deve corrispondere all’effettivo valore di mercato di questa secondo le sue caratteristiche concrete espresse in termini monetari, desunte da taluni fatti-indice obiettivi quali, tra gli altri, la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani gia’ organizzati, sicche’, in detta situazione, trova applicazione il criterio – suppletivo in carenza di strumenti urbanistici e complementare agli effetti della determinazione del concreto valore dell’area – dell’edificabilita’ di fatto, dovendo darsi rilievo all’attivita’ edilizia legittimamente realizzabile in assenza di pianificazione urbanistica, a quella libera ed a quella consentita previo rilascio del permesso di costruire (Cass. n. 10502/2019; Cass. n. 11360/2022).
Tali criteri dovranno essere adottati dal giudice di rinvio.
3.- Il ricorso incidentale e’ sviluppato da (OMISSIS) in tre motivi.
3.1.1. – Con il primo motivo si deduce la nullita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. – ultrapetizione – per avere pronunciato in assenza di domanda della (OMISSIS) concernente la richiesta di pagamento dell’indennita’ di espropriazione e di ordine di deposito presso Cassa DD.PP. delle somme. L’impugnazione concerne i capi della sentenza in cui e’ stato dichiarato che l’indennita’ di espropriazione era dovuta dalla societa’ (OMISSIS) in liquidazione ed era stato ordinato alla stessa di versarla presso Cassa DD.PP..
Sostiene la ricorrente incidentale che queste pronunce sarebbero state emesse in assenza di domanda da parte di (OMISSIS), perche’ in sede di precisazione delle conclusioni non era stata proposta alcuna domanda di accertamento del soggetto obbligato al pagamento, ne’ di condanna o di ordine di deposito a carico di (OMISSIS), ma era stato solo richiesto di riconoscimento del diritto in proprio favore dell’indennita’ di esproprio e l’accertamento del quantum.
3.1.2.- Il primo motivo e’ infondato.
3.1.3.- Va rammentato che l’opposizione alla stima e’ stata proposta da (OMISSIS), la quale ha agito per conseguire la determinazione della giusta indennita’, sulla premessa che su di essa gravava l’onere di versare il corrispondente importo al proprietario espropriato in ragione dell’ordine impartitole da (OMISSIS).
Con la sentenza non definitiva n. 202/2013, la Corte di appello respinse l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dell’attrice (OMISSIS) – svolta da Sigma, sostenendo che questa era “autorita’ espropriante” e pertanto legittimata all’impugnazione ex articolo 54 cit. – ed affermo’ che “la categoria dell’autorita’ espropriante” e’ una species del “promotore dell’espropriazione”: mentre quest’ultimo si limita a chiedere l’espropriazione, avendone il potere, l'”autorita’ espropriante” deve avere, unitamente alla titolarita’ del potere, anche la cura del procedimento. Il riferimento dell’articolo 54 al “promotore”, quindi, si estende all’autorita’ espropriante, la quale e’ un promotore che ha anche la cura del procedimento ablatorio”, soggiungendo che “l’indubbia soggezione dell’autorita’ espropriante al giudizio per la giusta indennita’, corrisponde il diritto all’azione del medesimo soggetto verso le controparti, onde far valere il diritto soggettivo a non versare piu’ di quanto dovuto in base alla legge” (fol. 6/7 della sent. n.d.).
Questa statuizione, contenuta nella sentenza non definitiva n. 202/2013, non e’ stata impugnata.
Ricostruito l’iter processuale, risulta evidente che la pronuncia di condanna seguito dall’ordine di deposito e’ conseguita alla domanda svolta dalla stessa (OMISSIS) – che si e’ dichiarata obbligata in ragione dell’ordine ricevuto da (OMISSIS) e la cui legittimazione e’ stata accertata con statuizione resa nella sentenza non definitiva, non impugnata con il ricorso per cassazione da Sigma, di guisa che non si ravvisa alcuna ultrapetizione essendo stata accolta, sul punto, la domanda di (OMISSIS), la cui legittimazione attiva- in qualita’ di obbligata – era stata affermata nella sentenza non definitiva, senza riserva di impugnazione.
Tale conclusione non e’ revocata in dubbio dalla circostanza che, invece, la quantificazione dell’indennita’, oggetto della condanna, ha, visto prevalere la domanda riconvenzionale di (OMISSIS).
3.2.1. – Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 54 e articolo 37, comma 2, in relazione alla statuizione con cui e’ stato negato il riconoscimento dell’aumento dell’indennita’ di espropriazione previsto dalle anzidette disposizioni per tardivita’ della domanda, proposta nella memoria conclusionale.
Secondo la ricorrente, in presenza del presupposto normativo (indennita’ provvisoria che, attualizzata, era risultata inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva) il Giudice avrebbe dovuto applicare l’aumento d’ufficio, senza necessita’ di domanda di proprietaria espropriata.
3.2.2.- Il secondo motivo e’ infondato perche’ “In materia di espropriazione per pubblica utilita’, l’azione volta ad ottenere la maggiorazione del dieci per cento dell’indennita’ di esproprio, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37, comma 2, deve essere promossa nel termine perentorio di trenta giorni, previsto per la domanda di determinazione giudiziale dell’indennita’ dall’articolo 54, comma 2, Decreto del Presidente della Repubblica citato – nel testo previgente al Decreto Legislativo n. 150 del 2011 -, poiche’ tale maggiorazione costituisce una componente della ridetta indennita’.” (Cass. n. 7369/2021): ne consegue che il riconoscimento della maggiorazione segue il principio della domanda e che, nel caso come il presente, in cui il proprietario espropriato aveva svolto domanda riconvenzionale, la domanda andava proposta con la riconvenzionale e la maggiorazione non poteva essere riconosciuta d’ufficio.
3.3.1.- Con il terzo motivo di sollecita la rideterminazione delle spese di causa ex articoli 91 c.p.c. e segg., e Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, all’esito dell’accoglimento delle doglianze proposte.
3.3.2.- Il terzo motivo e’ assorbito dalla cassazione della sentenza n. 898/2015 impugnata, cui consegue il rinvio.
4.- In conclusione, il ricorso principale proposto da (OMISSIS) in liquidazione va accolto, assorbito il terzo motivo del ricorso incidentale proposto da (OMISSIS), che va rigettato nel resto; la decisione impugnata va cassata nei limiti dell’accoglimento con rinvio alla Corte di appello di Bari in diversa composizione che decidera’ attenendosi ai principi enunciati, provvedendo anche sulle spese.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso principale, assorbito il terzo motivo del ricorso incidentale, e rigetta nel resto il ricorso incidentale; cassa la decisione impugnata nei limiti dell’accoglimento con rinvio alla Corte di appello di Bari in diversa composizione, anche per le spese.

 

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