Consiglio di Stato, Sentenza|16 novembre 2021| n. 7646.
Ai fini del conseguimento di un condono penale.
La domanda di compatibilità paesaggistica ex art. 1 commi 37 ss., l. 15 dicembre 2004 n. 308 rileva ai soli fini del conseguimento di un condono penale, con effetti di estinzione del reato ambientale, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative; ciò si desume dalla lettera stessa della legge la quale ha riguardo ai soli effetti penali, senza menzionare in alcun modo quelli amministrativi, sia dalla mancanza di norme di coordinamento con la disciplina in materia di condono edilizio, che è la risultante di un complesso bilanciamento di interessi, con plausibile limitazione dell’operatività del condono, nelle aree vincolate, alle sole opere conformi alle previsioni urbanistiche.
Sentenza|16 novembre 2021| n. 7646. Ai fini del conseguimento di un condono penale
Data udienza 4 novembre 2021
Integrale
Tag- parola chiave: Interventi edilizi – Zona vincolata – Abusi edilizi – Condono edilizio – Domanda di compatibilità paesaggistica ex art. 1 commi 37 ss., l. 15 dicembre 2004 n. 308 – Effetti – Individuazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5252 del 2015, proposto da
Ar. Ma., Co. Bo., rappresentati e difesi dall’avvocato Al. Za. D’A., con domicilio eletto presso lo studio Fr. Ca. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima n. 00961/2014, resa tra le parti, concernente diniego concessione condono edilizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Ge. Qu. in sostituzione dell’avvocato Al. Za. D’A.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Ai fini del conseguimento di un condono penale
FATTO
Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 961 del 2014 del Tar Latina, recante rigetto dell’originario gravame, proposto dalla stessa parte al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza del Comune di (omissis) n. 13 del 4 febbraio 2008, con cui sono state respinte le istanze di sanatoria presentate dallo stesso sig. Ar. Ma. in relazione ad opere abusive, realizzate in via (omissis) km. (omissis) sul terreno distinto in catasto al fg. n. (omissis), part. n. (omissis), assunte al protocollo comunale il 10 dicembre 2004 con nn. 21861, 21862 e 21863.
In particolare le opere oggetto delle istanze avevano ad oggetto: la n. 21861, un’unità residenziale composta dal solo piano terra, avente superficie utile di mq. 74,27, superficie non residenziale di mq. 23,24 e volumetria di mc. 293,76, con struttura portante in muratura e copertura a tetto, più un portico formato da travi in legno e pilastrini con sovrastante copertura in pannelli; la n. 21862, un’unità residenziale composta dal solo piano terra, avente superficie utile di mq. 39,55 e volumetria di mc. 112,15, con la struttura portante in muratura e la copertura a tetto; la n. 21863, una piazzola in cemento armato di mq. 95,00 delimitata da un cordolo di cemento armato di mq. 25X25. Secondo l’ordinanza impugnata, la suindicata piazzola risultava di fatto avere una superficie di mq. 113,97 (più ampia di quella dichiarata), oltre ad una tettoia in pali di ferro ancorati al cordolo di cemento, avente altezza media di circa mt. 2,42 nella parte bassa e circa mt. 3,23 nella parte alta, con copertura in materiale ombreggiante di colore verde.
A fondamento del rigetto delle istanze di condono l’amministrazione evidenziava come le opere abusive fossero state realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed in violazione del P.R.G. vigente, ai sensi del quale l’area su cui risultano ubicate ricade in zona di (omissis); anche in caso di riduzione del predetto (omissis), le opere contrastano con le previsioni dello strumento urbanistico, che classificano l’area in esame come “Zona (omissis)”, sotto i profili della destinazione non ammessa, della carenza del lotto minimo, nonché dell’eccesso di volumetria, cosicché sussiste la causa ostativa al condono ex art. 32, comma 27, lett. d), della l. n. 326/2003 ed ex art. 3, comma 1, lett. b), della l.r. n. 12/2004.
All’esito del giudizio di prime cure il Tar condivideva i motivi di diniego, rigettando le censure dedotte.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello sull’erroneità della sentenza:
– erroneità della sentenza per incompetenza assoluta, per inedificabilità relativa e conseguentemente impossibilità della mera presa d’atto, mancato coinvolgimento della commissione edilizia integrata, omessa evasione dell’istanza ex l. 308 del 2004, irrilevanza del presunto contrasto al PRG, erroneità della presunta carenza del lotto minimo;
– riproposizione delle censure non esaminate, in ordine alla riduzione del (omissis), insussistenza dell’aumento di volumetria non coperto dalle istanze di condono, difetto di motivazione circa le difformità .
L’amministrazione appellata non si costituiva in giudizio.
Alla pubblica udienza del 4 novembre 2021 la causa passava in decisione.
Ai fini del conseguimento di un condono penale
DIRITTO
1. L’appello è destituito di fondamento.
2. Premessa la pacifica consistenza delle opere oggetto delle istanze di condono respinte, i dinieghi si fondano sulla specifica elencazione dei vincoli di natura paesaggistica ai quali è assoggettata l’area su cui sorgono le opere abusive (dd.mm. 17 maggio 1956, 15 dicembre 1959, 2 dicembre 1961, dichiarativi del notevole interesse pubblico della zona; Piano Territoriale Paesistico, approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione con d.m. 18 ottobre 1967, modificato dalla Regione e divenuto il P.T.P. n. 13 sub ambito 4).
2.1 Parimenti elencate risultano le ragioni del contrasto delle opere abusive con le prescrizioni dello strumento urbanistico: le opere ricadono, in base al vigente P.R.G., in zona di (omissis), in cui è esclusa l’edificazione per un’area di mt. 200 attorno al perimetro del cimitero; anche ad ammettere la riduzione del (omissis) a seguito dell’intervento dell’autorità prefettizia, le opere ricadono comunque in un’area classificata dallo strumento urbanistico come Sottozona “(omissis)”, per la quale la normativa tecnica prevede, per quanto qui interessa: 1) la destinazione alla conservazione ed allo sviluppo delle attività agricole; 2) la possibilità dell’intervento diretto su un lotto minimo non inferiore a mq. 20.000, con indice fondiario pari a 0,015 mc./mq.; 3) la deroga al lotto minimo, consentita per i locali di servizio per attività agricola ubicati al piano terra, aventi superficie fondiaria di 0,02 mc./mq., e per i locali annessi separati dal corpo di fabbrica principale. Le opere abusive in esame, quindi, oltre a ricadere in zona soggetta a vincolo paesistico (classificata dal P.T.P. come zona (omissis)), contrastano con le previsioni dello strumento urbanistico sotto i profili a) della destinazione non ammessa, b) della carenza del lotto minimo (mq. 16.703 disponibili, a fronte di mq. 20.000 richiesti, non versandosi nelle ipotesi di deroga), c) e, per conseguenza, dell’eccesso di volumetria.
Ai fini del conseguimento di un condono penale
3. Passando all’analisi dei vizi dedotti, se per un verso le censure si pongono in contrasto con gli orientamenti consolidati di questo Consiglio, per un altro verso l’ostatività della disciplina speciale in tema di condono, non estendibile analogicamente oltre il proprio specifico ambito di applicazione (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. V 3 giugno 2013 n. 3034 e sez. VI 12 ottobre 2018 n. 5892), assume rilievo assorbente.
3.1 Sul primo versante, in primo luogo va ribadito che la domanda di compatibilità paesaggistica ex art. 1 commi 37 ss., l. 15 dicembre 2004 n. 308 rileva ai soli fini del conseguimento di un condono penale, con effetti di estinzione del reato ambientale, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative; ciò si desume dalla lettera stessa della legge (cfr. art. 1, comma 37, cit.), la quale ha riguardo ai soli effetti penali, senza menzionare in alcun modo quelli amministrativi, sia dalla mancanza di norme di coordinamento con la disciplina in materia di condono edilizio, che è la risultante di un complesso bilanciamento di interessi, con plausibile limitazione dell’operatività del condono, nelle aree vincolate, alle sole opere conformi alle previsioni urbanistiche (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 28 giugno 2016, n. 2843).
In secondo luogo, la specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all’ordinaria procedura di rilascio della concessione ad edificare e l’assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il rilascio della concessione in sanatoria “straordinaria” (o condono), il parere della Commissione edilizia non obbligatorio ma, facoltativo, al fine di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi, in assenza dei quali il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato alla semplice verifica dei numerosi presupposti e condizioni espressamente e chiaramente fissati dal legislatore (cfr. Cons. Stato, sez. sez. VI, n. 4063 del 2021).
3.2 Sul secondo versante, come ribadito di recente anche dalla Consulta (sent n. 181 del 2021), assume rilievo dirimente l’ostatività della legislazione statale e regionale, rilevante nel caso di specie a fronte della disciplina di piano applicata dal Comune e delle caratteristiche degli abusi in questione.
3.2.1 Sul versante normativo, per la disciplina statale di cui all’art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. n. 269/2003 (convertito con l. n. 326/2003), i presupposti che debbono sussistere contestualmente, ai fini del rigetto della domanda di sanatoria di un abuso edilizio, sono la sussistenza di un vincolo anteriore all’abuso, l’assenza o difformità dal titolo abilitativo prescritto ed il contrasto con norme urbanistiche e con prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Ai fini del conseguimento di un condono penale
L’art. 3, comma 1, lett. b), della l.r. n. 12/2004, a propria volta, stabilisce che – ferma restando la disciplina degli artt. 32 e 33 della l. n. 47/1985 e dell’art. 32, comma 27, lett. d), cit. – non è in ogni caso possibile la sanatoria delle opere abusive realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza od in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su degli immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali.
In particolare, la legge regionale del Lazio, escludendo dalla sanatoria gli immobili abusivi siti in zone vincolate, pur se costruiti anteriormente all’apposizione del vincolo, rende irrilevante la data di realizzazione dell’abuso, mentre concentra l’esame sull’ulteriore presupposto della non conformità del manufatto alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Il tenore della norma regionale in questione, secondo la Consulta, è chiaro nell’escludere dalla sanatoria le opere abusive realizzate “anche prima della apposizione del vincolo”. Il dato non è irrilevante nella valutazione della ragionevolezza complessiva della soluzione adottata con la disposizione censurata. Esso infatti – anche al di là della generale impossibilità di riconoscere, di per sé, un legittimo affidamento in capo a chi versi, non incolpevolmente, in una situazione antigiuridica, qual è quella della realizzazione di un’opera edilizia abusiva (tra le tante, Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 17 ottobre 2017, n. 9) – esclude la configurabilità di un qualsivoglia affidamento del proprietario che, già nel momento in cui ha presentato la domanda di condono, fosse a conoscenza del quadro normativo regionale e quindi dell’alea connessa all’eventualità di una possibile successiva apposizione di un vincolo sull’area di insistenza dell’opera abusiva.
Introducendo un regime più rigoroso di quello disegnato dalla normativa statale, il legislatore regionale del Lazio, secondo la Corte, non ha oltrepassato il limite costituito dal principio di ragionevolezza. Per un verso, infatti, la possibile sopravvenienza di vincoli ostativi alla concessione del condono risulta espressamente prevista dalla disposizione censurata, ciò che ne esclude la lamentata assoluta imprevedibilità . Per altro verso, il regime più restrittivo introdotto dalla legge regionale ha come obiettivo la tutela di valori che presentano precipuo rilievo costituzionale, quali quelli paesaggistici, ambientali, idrogeologici e archeologici, sicché non è irragionevole che il legislatore regionale, nel bilanciare gli interessi in gioco, abbia scelto di proteggerli maggiormente, restringendo l’ambito applicativo del condono statale, sempre restando nel limite delle sue attribuzioni.
3.2.2 Applicando tali coordinate al caso di specie, trova piena conferma l’insussistenza dei presupposti per l’invocata sanatoria speciale.
Gli interventi realizzati in zona vincolata, nei termini predetti, risultano parimenti contrastanti con la disciplina di piano rettamente intesa, con chiarezza evidenziata nel diniego impugnato in prime cure.
Le opere per il Piano Regolatore Generale adottato con deliberazione Commissariale n. 1 in data 20.11.1984 ed approvato con deliberazione di Giunta Regionale n. 9848 del 20.12.1994-B.U.R. n. 7 del 10.03.1995, ricadono in Zona di (omissis)” Tutela dall’edificazione un’area di m. 200 attorno al perimetro del cimitero con destinazione d’uso (omissis). Nell’ipotesi, poi, di riduzione del (omissis) a suo tempo approvata dal Prefetto di Latina le stesse opere si pongono, in ogni caso, in contrasto con le previsioni della Zona (omissis) per destinazione non ammessa, per carenza di lotto minimo (richiesto m. 20.000 – disponibile mq. 16.703) e conseguentemente eccesso di volumetria.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va pertanto respinto.
Nulla va disposto per le spese, stante la mancata costituzione dell’amministrazione appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti – Presidente FF
Andrea Pannone – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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