Accertamento di conformità ed il silenzio

Consiglio di Stato, Sentenza|12 luglio 2021| n. 5251.

Il silenzio serbato dal Comune sull’istanza di accertamento di conformità urbanistica (articolo 36 Dpr n. 380/2001) non ha valore di silenzio-inadempimento, ma di silenzio-rigetto, con la conseguenza che, una volta decorso il relativo termine, non sussiste un obbligo di provvedere; ciò comporta altresì il permanere della facoltà di provvedere espressamente. Il successivo, eventuale atto espresso di diniego, impugnabile con motivi aggiunti, non è inutiliter datum, in quanto il relativo corredo motivazionale individua le ragioni della decisione amministrativa e consente di meglio calibrare le difese dell’istante che ritenga frustrato il proprio interesse alla regolarizzazione ex post di quanto ex ante realizzato sine titulo, ma comunque nel rispetto della disciplina urbanistica.

Sentenza|12 luglio 2021| n. 5251. Accertamento di conformità ed il silenzio

Data udienza 24 giugno 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Abusi – Accertamento di conformità – Silenzio – Natura di rigetto – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5537 del 2016, proposto da
Vi. Ro. Ba., rappresentato e difeso dall’avvocato An. Fi., domiciliato presso la Segreteria Sezionale di questo Consiglio in Roma, piazza (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Gi. Ga., domiciliato presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
nei confronti
Fr. An. e Ma. Ce., rappresentati e difesi dagli avvocati Lu. Ma., Ar. Po. e Ma. Oc., con domicilio eletto presso lo studio Ar. Po. in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte Sezione Seconda n. 00470/2016, resa tra le parti, concernente annullamento del permesso di costruire in sanatoria – risarcimento danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e dei signori Fr. An. e Ma. Ce.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 giugno 2021 il Cons. Davide Ponte;
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Accertamento di conformità ed il silenzio

FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza del Tar Piemonte n. 470 del 2016, di rigetto dell’originario gravame; quest’ultimo era stato proposto dalla medesima parte istante al fine di ottenere l’annullamento del permesso di costruire in sanatoria n. 91/12S rilasciato in data 21 novembre 2013 dal Dirigente della Direzione risorse umane e servizi ai cittadini ed imprese del Comune di (omissis), a seguito di domanda presentata in data 12 ottobre 2012 dagli odierni appellati signori An. e Ma., in ordine alle opere esterne ed interne in fabbricato di civile abitazione sito in via (omissis) in (omissis), Foglio di mappa n. (omissis) – part. (omissis) sub (omissis) in (omissis).
In particolare, parte odierna appellante agiva in qualità di comproprietario di un edificio di civile abitazione sito in (omissis), via (omissis), accatastato al foglio n. (omissis), part. (omissis), adiacente a quello di proprietà dei controinteressati, oggetto della contestata sanatoria.
In termini ricostruttivi, con ordinanza n. 455 del 2012 il Comune ordinava ai controinteressati la demolizione con ripristino dello stato dei luoghi per le seguenti opere abusive inerenti l’immobile: ampliamento del piano seminterrato; ampliamento del piano terreno e primo piano in corrispondenza dei locali destinati a servizio igienico, con prolungamento dell’avancorpo di circa 30 cm; ampliamento del basso fabbricato ad uso magazzino; lievi modifiche interne e di facciata. A fronte di tale contestazione, gli originari controinteressati – odierni appellati – presentavano domanda di sanatoria specificando, quanto all’ampliamento dei locali destinati ad uso servizio igienico, trattarsi di porzione di immobile che, per quanto non sanabile, non era suscettibile di demolizione senza grave pregiudizio per l’intera struttura, invocandone la fiscalizzazione. Parallelamente, l’originario ricorrente – odierno appellante – presentava istanza di ampliamento e ristrutturazione del proprio immobile, assentita con permesso n. 94/2010, impugnato dai controinteressati, in particolare per violazione del D.M. n. 1444/1968 in tema di distanze tra pareti finestrate; il relativo giudizio si concludeva con l’annullamento del titolo, con sentenza di questo Consiglio n. 702 del 2018.

 

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Il giudizio avviato dall’odierno appellante avverso la sanatoria predetta veniva respinto dal Tar, con la sentenza impugnata, rispetto a tutti i motivi dedotti.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava, avverso la sentenza di rigetto, i seguenti motivi di appello, tesi a riproporre le censure di primo grado con la critica delle argomentazioni della sentenza impugnata:
– error in iudicando in relazione alla inammissibilità delle contestazioni in merito alla radicale natura abusiva del volume, al presunto consolidamento autorizzativo del volume, alla presunta carenza di interesse alla demolizione della porzione di ampliamento, travisamento dei fatti, illogicità, silenzio rigetto sulla domanda di sanatoria, difetto di motivazione;
– error in iudicando rispetto al quarto motivo di ricorso, in ordine all’inapplicabilità dell’art. 34 tu edilizia;
– error in iudicando rispetto al quinto ed al sesto motivo di gravame di prime cure.
Le parti appellate pubblica e privata si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Con ordinanza n. 7362 del 2020 veniva disposta verificazione in ordine ai seguenti quesiti: “accerti il verificatore, previo esame della documentazione acquisita agli atti di causa, dello stato dei luoghi, e di ogni altro elemento rilevante ivi inclusa la documentazione sussistente agli atti del Comune e delle pubbliche amministrazioni interessate, lo stato dei luoghi – sia di fatto che di diritto – anteriore al rilascio della sanatoria impugnata in prime cure, lo stato dei luoghi successivo al predetto rilascio nonché quello derivante dal rilascio del sopravvenuto permesso di costruire datato 8 ottobre 2020”.
All’esito della verificazione, alla pubblica udienza del 24 giugno 2021 la causa passava in decisione.

 

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DIRITTO

1. Preliminarmente, la soluzione delle questioni dedotte nella presente sede di appello deve prendere le mosse dal richiamo agli esiti della verificazione, condivisi dal Collegio a fronte della completezza degli elementi acquisiti e della coerenza delle valutazioni svolte.
1.1 In ordine al primo elemento oggetto di verificazione (lo stato dei luoghi – sia di fatto che di diritto – anteriore al rilascio della sanatoria impugnata in prime cure), è emerso che solo in data 4 febbraio 1981, con il rilascio della concessione edilizia n. 312/80, si poteva apprezzare il reale stato di fatto dell’immobile degli appellati (definito a) – interessato dalla sanatoria impugnata in prime cure – a mezzo degli elaborati grafici e delle riprese fotografiche depositate agli atti dell’ufficio tecnico comunale dai richiedenti. Nella rappresentazione dello stato di fatto era subito evidente la non conformità dell’immobile stesso con i pregressi nulla osta n. 107/52 e n. 58/35. Tra le differenze è apprezzabile la volumetria, del servizio igienico, in aggiunta al corpo di fabbrica principale con affaccio su via (omissis); tuttavia, nell’atto di compravendita del 1974 si faceva chiara menzione di un vano igienico sui piani terra e primo. Sempre nello stato di fatto del 1980, la volumetria del servizio igienico aveva un distacco dalla linea di confine con l’immobile dell’appellante (definito b) di 5,56 ml (cfr. all. 3 alla verificazione).
In base a tali evidenze, secondo la verificazione, anche se si considerava corretta la rappresentazione grafica nei nulla osta del 1952 e 1935, non si poteva escludere che tra l’ultima data certa del nulla osta 107/52 e il 1 settembre 1967 (Legge Ponte 765/67 del 06/08/1967) si fossero apportate modifiche sull’immobile c.d. a, portandolo alla conformazione (simile o uguale) dello stato di fatto dichiarato nella concessione 312/80; nell’atto di compravendita del 1974, infatti, si descrivevano i servizi igienici che sino ad allora non erano presenti. Per tale possibilità lo stato di fatto avrebbe potuto avere piena conformità con quello di diritto, in considerazione del fatto che le opere sarebbero potute essere state eseguite antecedentemente all’entrata in vigore della Legge Ponte 765/67. Ovviamente in mancanza di prove certe, resta plausibile anche la considerazione che le opere siano state apportate successivamente all’entrata in vigore della suddetta Legge Ponte 765/67; quindi non conformi.

 

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Cosa diversa, invece, è stato l’atto di rilascio della concessione 312/80 che, per le norme urbanistiche ed edilizie, non avrebbe potuto concedere l’ampliamento del vano servizi igienici ad una distanza dal confine dell’immobile b nei termini dei 3,35 ml; la concessione 312/80 era viziata nella sua legittimità in quanto rilasciata in evidente violazione alle norme del PRGC del Comune di (omissis), che disponeva distanza non inferiore ai 5,00 ml. Dopo circa 26 anni, a fine esecuzione delle opere autorizzate, in data 13/08/2007 su segnalazione del sig. Ba., il Comune di (omissis) accertava una parziale difformità dello stato di fatto dell’immobile a nei confronti delle opere realmente concessionate. Tra le opere in difformità si rilevava un maggior ampliamento del vano servizi igienici di circa 30,00 cm, configurando un distacco dalla linea di confine di circa 3,05 ml e non 3,35 ml come autorizzato dalla concessione 312/80. La proprietà dell’immobile a, conseguentemente a ordine di demolizione 445/12, avanzava al Comune di (omissis) richiesta di permesso di costruire in sanatoria per regolarizzare le difformità accertate, con applicazione degli artt. 34-36 dPR 380 cit., per impossibilità di demolizione perché pregiudicante il restante immobile regolare. In data 21/11/2013, dopo verifica delle documentazioni e pagamento delle sanzioni, veniva rilasciato il permesso in sanatoria n. 91/12S che definiva la regolarizzazione degli abusi contestati con ordinanza n. 445/12.
Secondo l’esito della verificazione, lo stato di diritto e di fatto dei luoghi veniva reso congruo, dando per consolidata la precedente concessione n. 312/80 su cui gravava un vizio di legittimità, non tempestivamente impugnata; per cui, nell’ottica giuridica di un non ragionevole lasso temporale e l’assenza di un interesse pubblico, si consolidava la posizione giuridica soggettiva del destinatario, ingenerando nello stesso un ragionevole affidamento sulla sua conformità alle norme giuridiche.

 

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1.2 In ordine al secondo elemento oggetto di verificazione (lo stato dei luoghi successivo al predetto rilascio del titolo in sanatoria impugnato), è emerso che, alla luce delle premesse e delle risultanze del sopralluogo, lo stato dei luoghi, per l’immobile a, viene definito conforme al permesso in sanatoria n. 91/12S rilasciato dal Comune di (omissis) il 21/11/2013. A supporto della verifica fatta sui luoghi, in una fase successiva, sono stati visionati anche gli elaborati peritali di cui alla sentenza n. 300/2020 del tribunale civile che, in contraddittorio con le rilevazioni del verificatore, per quest’ultimo trovano piena congruenza. Ad avvalorare tale coincidenza è la misurazione, anche se trascurabile per la sua modesta entità, della distanza del vano servizio igienico immobile a dal confine con l’immobile b; la distanza rilevata risulta di 3,02 ml, coincidente con le misurazioni dell’allegato “a” nell’elaborato peritale della sentenza civile n. 300/2020, pubblicata il 22/01/2020, anziché di 3,05 ml come da permesso in sanatoria n. 91/12S.
1.3 In ordine al terzo elemento oggetto di istruttoria (lo stato dei luoghi derivante dal rilascio del sopravvenuto permesso di costruire datato 8 ottobre 2020), all’esito della verificazione lo stato dei luoghi, per l’immobile b (di parte appellante), risulta come definito nella parte iniziale della relazione: “fabbricato non agibile e apparentemente in corso di ristrutturazione, con due piani fuori terra sul livello stradale”. “L’intera area dell’immobile_b risulta come un cantiere ormai in stato di abbandono, nella parte centrale del lotto è presente un fabbricato costituito da n. 2 piani fuori terra (quota di riferimento via (omissis)) risalente probabilmente alla prima edificazione del 1952, sul lato destro è presente un solaio al livello del primo piano di più recente costruzione che si pone in aderenza all’immobile_b e il suddetto fabbricato centrale. Sulla parte retrostante, ed opposta a via (omissis), connesso all’edificio centrale di innalza un secondo solaio di larghezza similare. Allo stato attuale l’immobile_a e l’immobile_b non risultano in aderenza, se non per parte del solaio presente sul lato destro del fabbricato centrale. In ogni caso sono facilmente identificabili i monconi delle tamponature sul muro di confine facendo intuire la pregressa aderenza dell’immobile_b con l’immobile_a. Tale preesistenza era probabilmente presente fino all’inizio dei lavori del Permesso a Costruire n. 94/10, in cui la proprietà dell’immobile_b demoliva parte del fabbricato per dare inizio alla realizzazione dello stato di progetto; lavori interrotti per l’annullamento del Permesso a Costruire n. 94/10 a mezzo di sentenza di Consiglio di Stato n. 702 del 2018. Lo stato dei luoghi derivante dal rilascio del sopravvenuto permesso di costruire datato 08 ottobre 2020 è quello sopradescritto, si presume con fondata certezza che non sono mai iniziate opere o quantomeno lavorazioni sui luoghi dopo tale data. Si rende opportuno, dato gli accertamenti, avanzare delle precisazioni che sono emerse nella verifica di comparazione tra lo stato dei luoghi e la documentazione costituente il Permesso di Costruire n. 69/18 rilasciato”.

 

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1.4 A fini integrativi la relazione di verificazione ha evidenziato le ulteriori circostanze.
1.4.1 In primo luogo, l’errata rappresentazione dei confini sulle tavole di progetto e dello “Stato Originario”. I confini vengono rappresentati come nel PdC 90/2010 e non come definiti dalla sentenza 300/2020, che ne fissa lo stato di diritto; in proposito, peraltro, rileva la data di presentazione del PdC al 24/10/2018, cioè precedente alla suddetta pronuncia.
1.4.2 In secondo luogo, l’errata rappresentazione dello stato dei luoghi o eventuale mancata dichiarazione dello stato di diritto, nella rappresentazione degli elaborati grafici al permesso di costruire n. 69/18 (all 13), laddove si prospetta, alla “TAV.02” e “TAV.05” uno “Stato Originario” che non definisce né lo stato di fatto in cui si trova l’immobile b, tantomeno ne dichiara lo stato di diritto risalente al nulla osta 103/52 del 04/06/1952. Per tale circostanza le sovrapposizioni con lo stato di progetto non rilevano le reali lavorazioni da effettuare in fase di esecuzione, dichiarando demolizioni evidentemente non eseguibili perché le porzioni di fabbricato dello “stato originario”, o quantomeno dello stato di fatto, ad oggi non sono più presenti sul luogo.
2. La completa ricostruzione emergente dai riportati esiti della disposta verificazione consente di contestualizzare e compiutamente valutare lo specifico oggetto controverso, concernente la legittimità del permesso di costruire in sanatoria e la fiscalizzazione ex art. 34, comma 2, d.P.R. 380 del 2001.
3. La complessità dello stato dei luoghi, frutto di una sovrapposizione nel tempo di diverse modifiche, se per un verso ha aggravato le difficoltà procedimentali, per un atro verso non può che essere oggetto di qualificazione sulla scorta dei principi e delle norme dedotte.
3.1 In relazione al primo ordine di motivi di appello, di sostanziale riproposizione dei primi tre motivi di ricorso originario, dagli esiti della verificazione emerge sia la sussistenza di un titolo pregresso (concessione edilizia del 1980), sia la consistenza delle difformità oggetto della rilasciata sanatoria.

 

Accertamento di conformità ed il silenzio

 

In proposito, se in termini di fatto la rappresentazione fatta propria dal titolo in contestazione appare coerente – nella sostanza – allo stato dei luoghi, in termini di diritto la valenza di “sanatoria” del titolo, in relazione al manufatto a, esclude la sussistenza delle dedotte illegittimità, basate in prevalenza su una eventuale illegittimità originaria (peraltro parzialmente carente di prova, in merito all’epoca ante 1967 o meno della realizzazione del bagno) comunque oggetto di sanatoria con il titolo in contestazione; quest’ultimo, proprio per la sua natura, non può che avere l’effetto sanante insito nella stessa ratio dell’istituto. Né nel caso di specie parte appellante ha evidenziato la carenza di elementi e presupposti della sanatoria.
Per quanto poi riguarda il preliminare verificarsi del silenzio rigetto, assume rilievo dirimente il principio (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 6 giugno 2018, n. 3417) per cui il silenzio serbato dal Comune sull’istanza di accertamento di conformità urbanistica non ha valore di silenzio-inadempimento, ma di silenzio-rigetto, con la conseguenza che, una volta decorso il relativo termine, non sussiste un obbligo di provvedere; ciò comporta altresì il permanere della facoltà di provvedere espressamente, nella specie esercitata ragionevolmente, anche a fronte del supplemento istruttorio svolto dall’amministrazione (cfr. istanza di integrazione del 12 febbraio 2013).
3.2 In relazione al secondo ordine di motivi di appello, con cui parte appellante ripropone altri vizi del ricorso di prime cure in merito all’inapplicabilità dell’art. 34 cit., se da un lato vanno richiamate le risultanze della verificazione e le considerazioni svolte in ordine al primo motivo, circa la consistenza del manufatto oggetto di sanatoria, da un altro lato assume rilievo dirimente la giurisprudenza di questo Consiglio, secondo cui spetta all’Amministrazione accertare la totale o parziale difformità delle opere realizzate rispetto a quelle legittimamene assentite, sicché non può affermarsi che la demolizione debba essere sempre ordinata per le opere eccedenti rispetto a quanto legittimamente assentito: ciò, infatti, risulterebbe in contrasto con quanto disposto dagli artt. 31 e 34 del d.P.R. n. 380/2001 (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 10 febbraio 2020, n. 1029).
Nel caso di specie l’amministrazione ha fatto corretta applicazione di tali norme, secondo una valutazione che non appare censurabile né in termini di travisamento di fatto né di manifesta illogicità degli esiti. Inoltre, sull’unico elemento residuale rilevante, il rispetto delle distanze, è intervenuta la pronuncia civile, richiamata anche in sede di verificazione, in cui la stessa parte odierna appellante è risultata soccombente. Analogamente, anche la parallela controversia pendente dinanzi alla sezione quarta di questo Consiglio, concernente l’illegittimità del titolo relativo al manufatto b, si è conclusa negativamente per la odierna parte appellante (cfr. sentenza n. 702 del 2018).

 

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3.3 Le considerazioni sin qui svolte non possono che estendersi alle restanti censure di appello, concernenti la sostanziale riproposizione dei motivi di prime cure in merito all’insanabilità delle opere ed alla carenza dei relativi presupposti, anche documentali. Al riguardo assumono rilievo dirimente i richiamati esiti della verificazione e dei paralleli giudizi civile ed amministrativo, aventi piena esecutività fra le parti. Inoltre, il rilascio della sanatoria fiscalizzata risulta accompagnata dai relativi presupposti, a partire dalla verifica tecnica di indemolibilità (cfr. allegato 4 della verificazione).
In dettaglio, con riferimento al quinto vizio di prime cure, riproposto in appello, in tema di discrepanze nelle rappresentazioni grafiche, gli esiti della verificazione, cui occorre fare pieno rinvio (anche per la assenza di contestazione delle parti), confermano la irrilevanza dei profili dedotti, nei termini ripresi al punto 1.4.2 della motivazione della presente sentenza.
Analogamente, con riferimento al sesto vizio di prime cure, in tema di carenza dell’indagine geotecnica, le risultanze della verificazione confermano la presenza degli elementi richiesti per la sanatoria, in termini di legittimità, nonché il carattere di opera di modesto rilievo (sia in sé sia in rapporto all’intero manufatto) con la conseguente previsione semplificatoria. In definitiva, è la stessa censura a risultare carente, sul punto, in merito alla specifica indicazione dei presupposti applicativi invocati.
4. L’appello va pertanto respinto.
Sussistono giusti motivi, stante la complessità in fatto della controversia, per compensare le spese del presente grado di giudizio. Le spese di verificazione, liquidate in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori dovuti per legge, cui vanno detratte le somme versate a titolo di acconto, vanno invece poste a carico della parte appellante soccombente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del giudizio compensate, mentre le spese di verificazione, liquidate come in motivazione, sono poste a carico della parte appellante.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2021 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe – Presidente
Hadrian Simonetti – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

 

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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