Consiglio di Stato, Sentenza|2 agosto 2021| n. 5703.
Abusi edilizi e zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Ai sensi del comma 3, art. 22, D.P.R. n, 380/01, la realizzazione degli interventi di cui al comma 2 stesso articolo (varianti a permessi di costruire sottoposte a semplice denuncia di inizio attività ) che riguardano immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell’ambito delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490
Sentenza|2 agosto 2021| n. 5703. Abusi edilizi e zona sottoposta a vincolo paesaggistico
Data udienza 8 giugno 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Art. 146, lett. c), D.Lgs. n. 490/1999 – Art. 22, comma 3, D.P.R. n. 380/2001 – Rilascio preventivo del parere o dell’autorizzazione richiesti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2933 del 2014, proposto dalla sig.ra Ci. Tr., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Fo., con domicilio eletto presso lo studio Gu. Le. in Roma, via (…);
contro
Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Ba. e An. Di Ma., con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno Sezione Prima n. 01784/2013, resa tra le parti, concernente demolizione di opere edilizie abusive.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 8 giugno 2021 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati indicati in verbale;
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto dalla circolare del Segretario generale della Giustizia amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Abusi edilizi e zona sottoposta a vincolo paesaggistico
FATTO e DIRITTO
A) La sentenza, qui impugnata, ha respinto il ricorso proposto dalla sig.ra Ci. Tr. per l’annullamento:
a) dell’ordinanza n. 48 del 31 luglio 2003 del direttore del Settore urbanistica del Comune di Salerno, di demolizione di opere abusive;
b) del rapporto dell’Ufficio vigilanza del Comune di Salerno, prot. n. 70471 del 25 luglio 2003.
Nella sentenza si osserva:
“Le opere abusive rilevate nel verbale di sopralluogo, effettuato dall’Ufficio vigilanza del Comune il 25 luglio 2003, insistono sulla proprietà della ricorrente, riportata in catasto terreni al foglio (omissis), par.lla (omissis), per le quali era stata rilasciata autorizzazione n. 420/2000.
L’autorizzazione prevedeva tuttavia opere diverse da quelle assentite; in particolare, le difformità hanno riguardato:
– demolizione di pareti e di un ingresso ad arco del fabbricato che, in base alle prescrizioni riportate nell’autorizzazione, avrebbero dovuto essere, rispettivamente, recuperate e mantenute inalterate;
– realizzazione di nuovi balconi, con forme, dimensioni e materiali diversi, laddove l’autorizzazione richiedeva la corrispondenza rispetto all’esistente;
– realizzazione di un nuovo tetto con modalità diverse rispetto alle prescrizioni;
– realizzazione di un nuovo corpo di fabbrica in cemento armato difforme dalle prescrizioni;
– realizzazione di solai intermedi e di un piano secondo e sottotetto realizzati in assenza di autorizzazione;
– scavo di sbancamento e splateamento.
Nell’ordinanza impugnata emerge, peraltro, che l’area oggetto degli abusi edilizi è a rischio frana – R2 (rischio medio) e ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in linea con l’art. 146, lett. c), d.lgs. 490/1999, normativa sui beni culturali all’epoca vigente; ciò comporta che, ai sensi dell’art. 22, comma 3, d.p.r. 380/2001, la realizzazione degli interventi di cui al comma 2 (varianti a permessi di costruire sottoposte a denuncia di inizio attività ) relativi ad immobili per i quali vige una tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative, tra le quali quelle attinenti ai vincoli paesaggistici.
Su queste premesse, le censure della ricorrente appaiono nel complesso infondate secondo il Tar in quanto:
– non vi erano i presupposti per fruire del regime speciale previsto per le varianti in corso d’opera in quanto escluso dall’art. 22, comma 3, d.p.r. 380/2001, per essere l’area interessata soggetta a vincolo paesaggistico;
– l’amministrazione non aveva alcun obbligo di pronunciarsi preventivamente all’irrogazione della sanzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi;
– l’ordinanza di demolizione impugnata appare congruamente motivata relativamente sia all’iter procedimentale seguito sia ai presupposti di fatto e di diritto”.
B) Nel ricorso in appello, tra l’altro, si evidenzia:
“Nel corso dei lavori, a causa di sopravvenute esigenze tecniche (le quali hanno imposto la sostituzione delle preesistenti strutture portanti), sono state realizzate alcune opere (di rilevanza praticamente nulla) in parziale difformità dal suddetto titolo edilizio.
Tali opere non comportano alcuna modifica della superficie né dei volumi.
Abusi edilizi e zona sottoposta a vincolo paesaggistico
Allo stesso modo, non modificano la destinazione d’uso, non alterano la sagoma dell’edificio né, tanto meno, violano alcuna prescrizione contenuta nelle suddette concessioni edilizie.
In altri termini, trattasi di mere varianti in corso d’opera, del tutto “fisiologiche” nell’ambito della realizzazione di qualsiasi intervento edilizio, tipicamente disciplinate dall’art. 15 della L. n. 47/85, prima, e dall’art. 22 – comma 2 del D.P.R. n. 380/01, oggi, per le quali è possibile chiedere apposito titolo edilizio fino alla “dichiarazione di ultimazione dei lavori”.
In presenza dei suddetti presupposti ed in conformità alle predette disposizioni normative, in data 20.08.2001, 27.06.2003 e 08.07.2003, prima della ultimazione dei lavori, l’appellante ha prodotto tre regolari richieste di variante in corso d’opera.
Le suddette istanze risultano tuttora pendenti.
Ciononostante, in pendenza del suddetto procedimento, ignorando del tutto sia l’esatta portata delle opere oggetto della predetta istanza che il regime speciale delle varianti in corso d’opera, il dirigente dell’U.T.C., con ordinanza dell’11.07.03, ha disposto la demolizione delle “riscontrate difformità “”.
C) Parte appellante ha dedotto i seguenti motivi così epigrafati:
I – Error in iudicando – error in iudicando violazione di legge (artt. 13 e 15 l. n. 47/85 previgente e artt. 22 e 36 d.p.r. n. 380/01) – eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di istruttoria – erroneità sviamento – arbitrarietà ).
Innanzitutto, deve rilevarsi che la presenza del rischio frana medio è del tutto inconferente. L’intervento in oggetto, per la sua tipologia e portata, è del tutto compatibile con le norme del piano stralcio rischio idrogeologico e nulla modifica, ai fini di tale rischio, rispetto al progetto già assentito.
In ogni caso, la sussistenza del “rischio frana” non è certamente ostativa ex se a conseguire varianti in corso d’opera né esclude l’applicazione dell’art. 22 del d.P.R. n. 380/2001.
La sentenza appellata è, altresì, erronea nella parte in cui ha ritenuto sussistere il vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 146, lett. c) del d.lgs. n. 490/1999 ovvero, nell’attuale regime normativo, ex art. 142 – comma 1 lett. c) d.lgs. n. 42/2004. L’area in oggetto, infatti, era ricompresa all’interno del centro edificato del Comune di Salerno già alla data del 06.09.1985 e, comunque, nell’ambito della zona B.
Ricorre, pertanto, la fattispecie di cui all’art. 146 – comma 2 del d.lgs. n. 490/1999 – applicabile ratione temporis oggi art. 142 comma d.lgs. n. 42/2004 – in virtù del quale “le disposizioni previste dal comma 1 non si applicano alle aree che alla data del 6 settembre 1985: a) erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone (omissis)” ovvero “c) ricadevano nei centri edificati perimetrali ai sensi dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971 n. 865”.
In tale esatto contesto, in presenza di una espressa causa di esclusione del vincolo, è evidente l’erroneità anche di tale rilievo. In ogni caso, l’eventuale necessità dell’autorizzazione paesaggistica non rappresenta certamente un motivo ostativo, ex sé, al rilascio della richiesta variante trattandosi di vincolo relativo.
II – Error in iudicando – violazione di legge (artt. 13 e 15 l. n. 47/1985 previgente e artt. 22 e 36 d.P.R. n. 380/2001) – eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di istruttoria – erroneità sviamento – arbitrarietà )
Il T.A.R. ha ritenuto, altresì, che “non vi era stata una richiesta di permesso di costruire relativa all’area di cui il ricorrente è proprietario e, pertanto, l’amministrazione non aveva alcun obbligo di pronunciarsi preventivamente all’irrogazione della sanzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi”.
Anche tale assunto, come peraltro già evidenziato nel primo motivo di gravame, è errato in fatto.
In ogni caso, nella specie, come si evince dalla documentazione allegata al ricorso introduttivo, l’appellante ha depositato tre richieste di variante – in data 20.08.2001, 29.06.2003 e 08.07.2003 – ed è pacifico – in atti e tra le parti che la sig.ra Ci. Tr. è proprietaria della relativa aree e sia l’autorizzazione n. 420/00 che le richieste di variante in corso d’opera concernono la medesima proprietà .
Chiarita – in fatto – la pendenza di apposita richiesta di variante da parte del ricorrente, l’assunto del T.A.R. risulta smentito e, soprattutto, risulta fondata la censura relativa all’obbligo da parte del Comune di Salerno di valutare, preventivamente, la richiesta di variante in corso d’opera potendo solo all’esito, nell’ipotesi di eventuale diniego, adottare i provvedimenti sanzionatori.
La P.A. non ha fornito alcuna motivazione in ordine alle ragioni per le quali ha ritenuto di fare ricorso al più grave regime dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in luogo del successivo art. 34.
Così come, non si riesce a comprendere per quali ragioni il Comune di Salerno abbia completamente ignorate le richieste di variante in corso d’opera depositate dall’appellante.
In tale esatto contesto, risulta evidente l’erroneità della sentenza appellata anche nella parte in cui ha ritenuto congruamente motivata l’ordinanza di demolizione impugnata.
D) Parte appellante ha poi riproposto, a fini devolutivi, i motivi dedotti in primo grado:
I – Violazione di legge (artt. 13 e 15 l. n. 47/85 previgente e artt. 22 e 36 d.p.r. n. 380/01) – Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di istruttoria – erroneità sviamento – arbitrarietà )
II – Violazione di legge (artt. 12 e 15 l. n. 47/85; art. 22 d.p.r. n. 380/01 in relazione all’art. 34 dello stesso d.p.r.) – Violazione del giusto procedimento – Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di istruttoria – erroneità – sviamento – perplessità ).
III – Violazione di legge (art. 12 l. n. 47/85 e 34 d.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 3 della l. n. (omissis)/90) – Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di istruttoria – erroneità – sviamento).
IV – Violazione di legge (artt. 22 e 36 d.P.R. n. 380/01) – Eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria – del presupposto – erroneità – travisamento).
V – Violazione di legge (art. 34 d.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 3 l. n. (omissis)/90) – Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di motivazione – arbitrarietà – sviamento).
VI – violazione di legge (art. 34 d.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 3 l.. n. (omissis)/90) – Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto e di motivazione).
VII – Violazione di legge (art. 34 d.P.R. n. 380/01 in relazione agli artt. 7 e ss. l. n. (omissis)/90) – Violazione del giusto procedimento.
Abusi edilizi e zona sottoposta a vincolo paesaggistico
E) Il Comune di Salerno ha dedotto:
“Come evidenziato nella parte motiva dell’ordinanza n. 48 del 30 luglio 2003 e come si evince da certificato del 10 dicembre 2003 che si versa in atti, l’area oggetto degli abusi edilizi non solo risulta essere a rischio frana -R2 (Rischio Medio), ma ricade in zona vincolata paesaggisticamente ai sensi dell’art. 146, lett. c), del d.lgs. 490/99.
Pertanto, ai sensi del comma 3, art. 22 del D.P.R. 380/01, la realizzazione degli interventi di cui al comma 2 stesso articolo (varianti a permessi di costruire sottoposte a semplice denuncia di inizio attività ) che riguardano immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell’ambito delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490.”
Inoltre, ai sensi dell’art. 32, 3 comma del D.P.R. 380/2001, devono considerarsi varianti essenziali quelle poste in essere su zone sottoposte a vincolo paesaggistico e, pertanto, vanno considerate in totale difformità del permesso, ai sensi e per gli effetti dell’art. 31 stesso decreto.
Quindi, in presenza di un vincolo paesaggistico, come nel caso di specie, la sig.ra Tr. Ci. non poteva apportare variazioni (che si ripete essere variazioni essenziali) al progetto approvato se non dopo aver ottenuto il preventivo assenso da parte degli Uffici comunali e dell’Autorità competente preposta alla tutela del vincolo.
Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, l’Amministrazione, in presenza di richieste di varianti in corso d’opera, si è pronunciata con nota dell’Ufficio Sisma prot. 100592 del 04.11.2003, con la quale ha comunicato alla sig.ra Trezza il parere espresso dalla Commissione che, “esaminata la documentazione, ha ritenuto la stessa insufficiente per poter esprimere un definitivo parere tecnico alla luce della richiesta di ricostruzione di una volumetria e di corpi di fabbrica non dichiarati nello stato di fatto all’epoca della presentazione originaria della pratica.” La Commissione ha richiesto, quindi, una integrazione documentale comprovante l’effettivo stato di fatto, la connessione dello stesso con i danni del sisma e compatibilità urbanistica dell’intervento proposto sulla scorta di una dettagliata relazione tecnica riferita alla strumentazione urbanistica vigente”. Con verbale n. 557 del 4.12.2003 (si veda nota prot. 906 del 17.12.2003) la CTC ha rilevato, ancora una volta, che la stessa non fosse chiara sotto l’aspetto tecnico. In particolare “… Non si riscontra dagli atti visionati la causalità del danno sisma per le opere richieste in variante. Non sono visibili planimetrie quotate, profili sezioni, documentazione fotografica all’attualità ed ulteriori prove documentali atte a far capire lo stato dei luoghi preesistenti al sisma”.
È poi da evidenziare che si contesta l’assunto di controparte, con particolare riguardo al primo dei motivi di ricorso, che invoca la disciplina prevista dal comma 2 dell’art. 142 del D. Lgs. 42/2004, in quanto l’area su cui ricade l’immobile della ricorrente, alla data del 6 settembre 1985, non aveva nessuna classificazione dal momento che il Comune di Salerno ha provveduto alla suddivisione del territorio in zone omogenee, con una variante di adeguamento alla disciplina del D.M. 1444/’68, solo nel 1989, con deliberazione consiliare n. 71. Né l’area in questione ricadeva nel centro edificato, perimetrato ai sensi dell’articolo 18 della L. n. 865 del 22.10.1985. Si allega a tal proposito specifica attestazione prot. 107768 del 2 luglio 2014 del Servizio trasformazioni urbanistiche dell’ente comunale qui rappresentato”.
F) Osserva questo Collegio che il ricorso in appello non può trovare accoglimento.
G) Il quesito (dalla cui risposta dipende l’esito della controversia) che il giudice adito deve porsi è alla data del 6 settembre 1985 quale configurazione aveva la “zona” nella quale è ubicato l’immobile sanzionato.
Parte appellante afferma che, a quella data, l’area era ricompresa all’interno del centro edificato del Comune di Salerno e, comunque, nell’ambito della zona (omissis).
Parte appellata, in contrario, deduce: l’area su cui ricade l’immobile della ricorrente, alla data del 6 settembre 1985, non aveva nessuna classificazione dal momento che il Comune di Salerno ha provveduto alla suddivisione del territorio in zone omogenee, con una variante di adeguamento alla disciplina del D.M. 1444/68, solo nel 1989, con deliberazione consiliare n. 71. Né l’area in questione ricadeva nel centro edificato, perimetrato ai sensi dell’articolo 18 della L. n. 865 del 22.10.1985. Si allega a tal proposito specifica attestazione prot. 107768 del 2 luglio 2014 del Servizio trasformazioni urbanistiche dell’ente comunale qui rappresentato.
Applicando la regola dell’onere della prova, il motivo non può essere accolto perché parte appellante non ha fornito alcun documento che corroborasse la sua affermazione.
La zona in cui sono state realizzate le opere era, quindi, vincolata.
Proprio dalla natura dell’eccezione sollevata (l’invocazione dell’art. 146 – comma 2 del d.lgs. n. 490/1999, che disciplina un’esenzione temporale) trova conferma l’esistenza del vincolo.
H) Dall’esistenza del vincolo deriva altresì l’obbligo procedimentale indicato dal Comune di Salerno: le opere dovevano necessariamente essere autorizzate preventivamente.
In ogni caso il Comune di Salerno ha dedotto e provato che le istanze di variante sono state respinte con nota dell’Ufficio Sisma prot. 100592 del 4 novembre 2003.
A fronte di ciò l’appellante nulla ha opposto.
Le richieste di variante non sono mai state accolte, quindi le opere difformi aventi consistenza tale da richiedere un permesso a costruire (opere in ordine alle quali, non sono invocabili le richieste di variante poiché su di esse medio tempore, si è pure avuta la formazione di un silenzio rigetto, mai impugnato) permangono abusive.
I) “Nel caso di provvedimento amministrativo basato su di una motivazione plurima, ovvero su più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, ove ritenga infondata la censura indirizzata verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso idoneo di per sé a sostenerne e comprovarne la legittimità, può respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso gli altri capi del provvedimento, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze” (Cons. Stato sez. II, 22 gennaio 2021, n. 657).
Alla luce del richiamato principio, il giudice adito è esonerato dall’esaminate la rilevanza del rischio frana (indicato nel provvedimento impugnato) perché, quandanche si accertasse la sua insussistenza, rimarrebbe il profilo esaminato sub G).
L) Restano da esaminare (a fini di completezza espositiva) i motivi riprodotti.
L1) In ordine al primo motivo si ribadisce che le istanze di variante sono state esplicitamente respinte, senza che parte appellante abbia formulato osservazioni.
L2) In ordine al secondo motivo la Sezione non può che richiamare il proprio precedente (5 giugno 2017, n. 2681): “L’efficacia paralizzante degli effetti di un’ordinanza di demolizione possono essere attribuiti solo a una domanda di condono (Cons. Stato VI, 26 marzo 2010, n. 1750).
Quei principi non possono trovare applicazione nel caso di specie, in cui il ricorrente ha formulato istanza ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 [e qui di variante], ossia ai sensi di una norma che, prevedendo quella che, sinteticamente, si definisce doppia conformità, limita la valutazione dell’opera sulla base di una disciplina preesistente.
Sostenere che, nell’ipotesi di rigetto, esplicito o implicito, dell’istanza di accertamento di conformità, l’amministrazione debba riadottare l’ordinanza di demolizione, equivale al riconoscimento in capo a un soggetto privato, destinatario di un provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale annullamento, quel medesimo provvedimento.
La ricostruzione dell’intero procedimento nei termini suddetti non può essere effettuata in via meramente interpretativa, ponendosi essa al di fuori di ogni concezione sull’esercizio del potere, e richiede un’esplicita scansione legislativa, allo stato assente, in ordine ai tempi e ai modi della partecipazione dei soggetti del rapporto (Consiglio di Stato, VI, 6 maggio 2014, n. 2307)”.
L3) Anche il terzo motivo è infondato perché in presenza di interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32, c. 3, D.P.R. 380/2001, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totale.
L4) Anche il quarto motivo è infondato perché i principi affermati dall’Adunanza plenaria 19 maggio 1983, n. 12 risultano superati dall’Adunanza plenaria 17 ottobre 2017, n. 9 che ha statuito: “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.
Nel caso di specie, va sottolineato che tra il rilascio dell’autorizzazione edilizia e il provvedimento impugnato sono trascorsi solo 31 mesi.
L5) Anche il quinto motivo risulta infondato alla luce dell’Adunanza plenaria n. 9/2017, richiamata nel paragrafo precedente.
L6) Anche il sesto motivo è infondato perché, nel caso di specie, era sufficiente indicare le difformità realizzate rispetto a quanto autorizzato, in considerazione del vincolo che gravava sulla zona di intervento.
L7) Anche il settimo motivo è infondato. Nel caso di specie poteva omettersi la comunicazione dell’avvio del procedimento perché si è in presenza di attività vincolate e parte appellante era ben consapevole delle difformità realizzate, circostanza dimostrata dalla presentazione delle domande di variante.
M) Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna parte appellante al pagamento in favore del Comune di Salerno della somma di Euro 2.000,00 (euro duemila/00) omnicomprensiva per le spese di questo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Andrea Pannone – Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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