La possibilità per i comuni di sottoporre le iniziative pubblicitarie che incidono sull’arredo urbano e sull’ambiente

Consiglio di Stato, Sentenza|26 marzo 2021| n. 2548.

L’art. 62, D.Lgs. n. 446/1997 ha previsto la possibilità per i comuni di sottoporre le iniziative pubblicitarie che incidono sull’arredo urbano e sull’ambiente ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa fissa ed ha stabilito, altresì, che “la determinazione della tariffa” dovesse avvenire “con criteri di ragionevolezza e gradualità tenendo conto della popolazione residente, della rilevanza dei flussi turistici presenti nel Comune e delle caratteristiche urbanistiche delle diverse zone del territorio comunale e dell’impatto ambientale”, in modo tale che tuttavia la tariffa, determinata secondo gli indicati criteri, comprensiva dell’eventuale uso di aree comunali, non potesse eccedere di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite, ai sensi del d.lgs. n. 507-1993, per l’imposta comunale sulla pubblicità, deliberate dall’Amministrazione comunale nell’anno solare antecedente l’adozione della delibera di sostituzione dell’imposta comunale sulla pubblicità con il canone. Pertanto, l’incremento del canone di cui all’art. 62 citato va calcolato non sulle tariffe base nazionali, bensì sulle tariffe dell’imposta comunale sulla pubblicità già incrementate in sede comunale sulla base della normativa in materia.

Sentenza|26 marzo 2021| n. 2548

Data udienza 9 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Determinazione del canone a tariffa delle iniziative pubblicitarie – Regolamento in materia di esposizione pubblicitaria e di pubbliche affissioni – d.lgs. n. 507-1993 – Impianti pubblicitari – Voci impositive – TOSAP – Canone pubblicitario – Imposta di pubblicità – Art. 62, D.Lgs. n. 446/1997 – Unica imposizione – CIMP – Calcolo dell’incremento sulle tariffe dell’imposta comunale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6421 del 2013, proposto da
A.A.. – As. Az. Pu. It., Cl. Ch. Af. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Fu. Lo., Lu. Ma., Lu. Pa., con domicilio eletto presso lo studio Lu. Ma. in Roma, via (…);
Cl. Ch. Af. S.r.l., Cl. Ch. Af. S.r.l., Cl. Ch. Af. S.r.l. non costituiti in giudizio
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Ba., Do. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Do. Ro. in Roma, via (…)
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 1567/2013
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2021 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti;
Rilevato che l’udienza si svolge ai sensi degli artt. 25 del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 e 4 comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sez. II, 13 febbraio 2013, n. 1567 ha in parte dichiarato inammissibile e, per la parte che residua, respinto il ricorso, proposto dall’attuale parte appellante, per l’annullamento della deliberazione C.C. del Comune di Roma (ora Roma Capitale) n. 15 dell’1.2.2007, avente ad oggetto “Determinazione del canone a tariffa delle iniziative pubblicitarie per l’anno 2007”, nonché della deliberazione C.C. n. 100 del 12.4.2006, con la quale è stato approvato il “Regolamento in materia di esposizione pubblicitaria e di pubbliche affissioni.
Secondo il TAR, sinteticamente:
– soltanto la giurisdizione sugli atti con cui l’Amministrazione richiede, in concreto, il pagamento del canone per le iniziative pubblicitarie appartiene al giudice tributario, avendo la Corte Costituzionale sin dal 2009 riconosciuto la natura tributaria del canone in questione;
– diversamente, la giurisdizione sulle delibere di fissazione delle tariffe, in quanto espressione di potestà pubblicistiche sono attratte alla giurisdizione del Giudice Amministrativo;
– per quanto attiene alla pubblicità effettuata con strutture luminose emerge che la luminosità degli impianti, a partire dalla disciplina dell’imposta di cui al d.lgs. n. 507-1993, non è mai stata considerata come una ragione per disporre la maggiorazione da calcolarsi in termini percentuali sulla tariffa di base, come invece avviene con riferimento alla maggiorazione calcolata sulla base dell’entità della superficie dell’impianto, la quale, peraltro è testualmente definitiva nei detti termini, ma bensì una specifica tipologia di tariffa da considerarsi a parte rispetto alla pubblicità ordinaria, così come avviene con riferimento alla pubblicità sui veicoli;
– in sostanza sono tre distinte tipologie di impianti che vengono considerate in modo autonomo ai fini dell’individuazione delle relative tariffe;
– nel caso di specie la violazione dell’obbligo della motivazione è stata dedotta sotto l’esclusivo e limitato aspetto riferito alla modalità di calcolo dell’importo della tariffa del canone di pubblicità relativamente alla tipologia della pubblicità effettuata con strutture ed impianti luminosi, ma l’Amministrazione non ha in concreto effettuato, con l’impugnata deliberazione del 2007, l’operazione che viene invece contestata in ricorso, con il conseguente necessario venire meno di un obbligo motivazionale sul punto;
– l’art. 13 della legge n. 241-1990 esclude expressis verbis l’applicazione delle disposizioni contenute nel capo III della legge medesima, intitolato “partecipazione al procedimento amministrativo” all’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti amministrativi generali, quale è pacificamente l’impugnata deliberazione;
– è inammissibile il terzo e ultimo motivo di ricorso con il quale è stato dedotto che il contenuto della lett. C) dell’impugnata deliberazione n. 15-2007 sarebbe del tutto incomprensibile e illogico, nella parte in cui dispone il rimborso di quanto eventualmente pagato in eccedenza rispetto alla norma regolamentare contestualmente a titolo di imposta e di canone, visto che con l’approvazione del regolamento nel 2006 l’imposta era stata definitivamente sostituita dal canone, e atteso che non viene prospettato quale sia, in concreto, l’interesse delle ricorrenti in ordine al suo eventuale annullamento.
L’appellante contestava la sentenza del TAR, eccependo l’erroneità con riferimento ai seguenti motivi di appello:
– Assoluta carenza nonché erroneità della motivazione della sentenza gravata e grave incongruità della stessa rispetto al motivo di inammissibilità denunciato che in questa sede si ripercorre: Violazione e falsa applicazione dell’art. 62, comma 2, lett. d), del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, come novellato dall’art. 10, comma 5, lett. b), della Legge 28 dicembre 2001, n. 448 – Violazione del Regolamento comunale in materia di esposizione della pubblicità e di pubbliche affissioni approvato con deliberazione consiliare 12 aprile 2006, n. 100 – Violazione dell’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241 – Eccesso di potere per sviamento – Violazione dell’art. 97 della Costituzione;
– Assoluta carenza nonché erroneità della motivazione della sentenza gravata e grave incongruità della stessa rispetto al motivo di inammissibilità denunciato che in questa sede si ripercorre: Violazione degli art. 7 e seguenti della legge 10 agosto 1990, n. 241 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria;
– Assoluta carenza nonché erroneità della motivazione della sentenza gravata e grave incongruità della stessa rispetto al motivo di inammissibilità denunciato che in questa sede si ripercorre: Eccesso di potere per illogicità manifesta.
Inoltre, l’appellante formula domanda di condanna dell’Amministrazione al risarcimento di tutti i conseguenti danni subiti e subendi, in relazione al pregiudizio sia derivato dalla maggiore onerosità delle tariffe sulle pubblicità, sia dalla contrazione causata al mercato da tale decisione.
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si costituiva il Comune appellato, chiedendo la reiezione dell’appello.
All’udienza pubblica del 9 febbraio 2021 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente devono essere respinte le eccezioni di inammissibilità dell’appello formulate dal Comune resistente.
In primo luogo, è ictu oculi evidente che i motivi di gravame (in particolare il primo) non si risolvono nella mera ripetizione delle censure di primo grado, atteso che sono indicati e criticati i punti della sentenza che ha disatteso le censure formulate nel ricorso di primo grado.
Deve anche essere esclusa la carenza di interesse alla decisione, atteso che le tariffe CIMP, deliberate per l’anno 2007, impugnate perché eccedenti il limite di legge, sono state prorogate e applicate nelle tre annualità successive per essere, indi, ulteriormente aumentate per l’anno 2011 e per l’anno 2012.
In ogni caso, dall’accoglimento dell’appello conseguirebbe il diritto di tutte le Società che aderiscono alla Associazione di categoria, odierna appellante, alla restituzione delle somme indebitamente versate a titolo di CIMP per sei anni d’imposta, che le contribuenti potrebbero azionare avanti al Giudice tributario competente.
2. Nel merito, si deve rilevare che la parte appellante contesta la tariffa prevista dalla deliberazione C.C. del Comune di Roma n. 15 dell’1.2.2007, al punto A1. “Pubblicità Ordinaria” (art. 25 del Regolamento CIMP), riferita agli impianti “luminosi”, che stabilisce una tariffa fino al metro quadro: euro 58,88 (CN), euro 103,04 (CS); oltre il metro quadro: euro 73,60 (CN), euro 128,80 (CS); tale tariffa è distinta da quella prevista per gli impianti “pittorici”, “sulle quali dovranno essere applicate le maggiorazioni in ragione della superficie”.
Con la tariffa prevista dalla medesima deliberazione C.C. del Comune di Roma n. 15 dell’1.2.2007, al successivo punto A3, si stabilisce per la “Pubblicità effettuata con pannelli luminosi e proiezioni” una tariffa di euro 99,16 fino a un metro quadro; euro 123,95 per le superfici superiori al metro quadro e per ogni metro quadro; su tale tariffa non è prevista alcuna maggiorazione in ragione della superficie (art. 27 del regola-mento CIMP).
L’appellante contesta, quindi, la prima previsione tariffaria (A1), ovvero la previsione di una tariffa a se stante per gli impianti luminosi pari al doppio della tariffa base per gli impianti non luminosi (cd. “pittorici”), su cui parametrare le maggiorazioni in ragione della superficie (cfr. art. 25, comma 3, del Regolamento CIMP, che prevede la maggiorazione del 50 per cento per superfici ricomprese tra 5,5 e 8,5 metri quadrati e maggiorazione del 10 0per cento per superficie superiore a 8,5 metri quadrati).
Tale tariffa comporterebbe, nella prospettiva della parte appellante, per gli impianti di superficie superiore ai 5,5 mq, il superamento del limite di legge del 25 per cento in più delle ultime tariffe dell’imposta deliberate con DCC n. 144-2001.
3. Il Collegio rileva che, in base al quadro normativo descritto dal d.lgs. n. 507-1993, gli impianti pubblicitari erano sottoposti al pagamento di tre distinte voci impositive: la TOSAP (ovvero, la tassa dovuta per l’occupazione del suolo pubblico a seguito della collocazione dell’impianto, calcolata secondo il criterio della proiezione al suolo dell’impianto); il canone pubblicitario (dovuto a seguito dell’autorizzazione pubblicitaria e calcolato, almeno sino alle soglie dell’anno 2000, sulla base della superficie espositiva dell’impianto); infine, l’imposta di pubblicità (dovuta a seguito di denunzia di pubblicità, e calcolata sulla base della superficie dell’impianto).
Il sistema è stato semplificato dal Legislatore nel corso degli anni, passando, in una prima fase, attraverso l’unificazione della tassa con il canone di pubblicità, e successivamente con la previsione di un’unica imposizione, il canone per l’installazione di impianti pubblicitari (CIMP), ex art. 62 d.lgs. n. 446-1997, avente prevalenti caratteristiche tributarie.
L’applicazione, per la prima volta, del canone per l’installazione di impianti pubblicitari da parte dell’Amministrazione comunale con la Deliberazione n. 100-2006 (art. 1, comma 2) ha comportato la contemporanea abrogazione, oltre che dell’imposta, anche del canone per la pubblicità .
A fronte dell’unificazione di due imposizioni (canone ed imposta), l’art. 62 d.lgs. n. 446-1997 ha previsto una percentuale di aumento dell’unica tariffa prevista, nella misura massima del 25 per cento (limite successivamente portato al 50 per cento, con L. 122-2010) rispetto alle tariffe precedentemente stabilite per l’imposta ai sensi del d.lgs. n. 507-1993.
Infatti, l’art. 62 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 ha previsto la possibilità per i comuni di sostituire l’imposta sulla pubblicità, “sottoponendo le iniziative pubblicitarie che incidono sull’arredo urbano e sull’ambiente ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa fissa”; la norma stabiliva, altresì, che “la determinazione della tariffa” dovesse avvenire “con criteri di ragionevolezza e gradualità tenendo conto della popolazione residente, della rilevanza dei flussi turistici presenti nel Comune e delle caratteristiche urbanistiche delle diverse zone del territorio comunale e dell’impatto ambientale”.
Successivamente, con l’art. 10, comma 5, L. 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), è stata apportata un’importante modifica, nel senso che la tariffa, determinata secondo gli indicati criteri, comprensiva dell’eventuale uso di aree comunali, comunque, non potesse eccedere di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite, ai sensi del d.lgs. n. 507-1993, per l’imposta comunale sulla pubblicità in relazione all’esposizione di cui alla lett. a) e deliberate dall’amministrazione comunale nell’anno solare antecedente l’adozione della delibera di sostituzione dell’imposta comunale sulla pubblicità con il canone.
Con l’art. 7-octies L. 31 marzo 2005, n. 43, di conversione del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, è stato stabilito, con effetto dall’anno 2005, l’obbligo per i comuni di rideterminare la misura del canone sulla pubblicità “secondo le disposizioni di cui all’art. 62 del decreto legislativo 15.12.1997, n. 446, e successive modificazioni, secondo la base di calcolo e le modalità stabilite dalla lettera d), del comma 2 dell’art. 62 medesimo. A decorrere dall’esercizio di bilancio 2006 la determinazione terrà solo conto della rivalutazione annuale sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie dell’ISTAT”.
4. Nel caso di specie, come ha correttamente osservato il TAR, il contestato limite del 25 per cento è stato rispettato dall’Amministrazione comunale con l’adozione della Deliberazione C.C. n. 15-2007 qui impugnata.
Il Comune di Roma con la deliberazione consiliare n. 144 del 20-21 dicembre 2001, in applicazione dell’art. 11, comma 10, L. Finanziaria n. 449-1997 (come modificato dall’art. 30, comma 17, L. Finanziaria n. 488-1998) e del D.P.C.M. 16 febbraio 2001, ha determinato le tariffe dell’imposta comunale sulla pubblicità, incrementandole nelle misura massima di legge a decorrere dal 1° gennaio 2002.
Dall’allegato A alla deliberazione emerge la distinzione per tipologia di pubblicità con l’individuazione della relativa tariffa; in particolare si distingue tra pubblicità ordinaria, pubblicità effettuata con veicoli e pubblicità “effettuata con pannelli luminosi e proiezioni”.
Per la pubblicità ordinaria, al punto n. 1, era prevista, alla lett. d), la maggiorazione relativa alla superficie, con prescrizione che ripeteva pedissequamente il testo del comma 4 dell’articolo 12 del d.lgs. n. 507 del 1993 mentre per la pubblicità “effettuata con pannelli luminosi…” era individuata la tariffa di base per l’imposta per anno solare, distinguendo gli importi a seconda della superficie della struttura.
In particolare la tariffa di base per la detta tipologia è calcolata in un certo ammontare fino ad un mq. e in un diverso maggiore ammontare se superiore al mq. e “per ogni metro quadro”.
Il Comune di Roma ha statuito di sostituire l’imposta sulla pubblicità con il canone sulle iniziative pubblicitarie a partire dall’anno 2007 con l’adozione della deliberazione del Consiglio Comunale n. 100 del 12 aprile 2006, con cui ha approvato il “Regolamento comunale in materia di esposizione della pubblicità e di pubbliche affissioni”, stabilendo, all’art. 24 che “le tariffe base del canone di pubblicità sono stabilite annualmente con deliberazione del Consiglio Comunale” e che “le tariffe suddette sono stabilite in conformità ai criteri previsti dall’art. 62”; “esse sono maggiorate o ridette secondo i criteri previsti dall’art. 25 e seguenti”; il precedente art. 23, concernente le modalità di applicazione del canone, stabiliva, al comma 7 che “le maggiorazioni del canone a qualunque titolo previste sono cumulabili”.
Gli articoli 25 e seguenti distinguono le diverse tipologie di pubblicità, riproducendo la distinzione di cui al d.lgs. del 1993 tra pubblicità ordinaria, pubblicità effettuata con veicoli e pubblicità “effettuata con pannelli luminosi e proiezioni”.
Con riferimento alla pubblicità ordinaria l’art. 25, comma 3, individua due diverse tipologie di maggiorazioni, ossia la maggiorazione per superficie e quella per l’esposizione su teli.
L’art. 26, comma 1, dedicato alla pubblicità su veicoli, richiama testualmente la maggiorazione di cui al comma 3 dell’articolo 25; l’art. 27 ha, invece, ad oggetto la pubblicità “effettuata con pannelli luminosi e proiezioni” e individua la misura del canone sulla base del “metro quadro di superficie” della struttura.
In attuazione del predetto regolamento del 2006, 1’Amministrazione, con la deliberazione consiliare 1° febbraio 2007, n. 15, ha provveduto alla “determinazione del canone a tariffa delle iniziative pubblicitarie”.
Con detto atto il consiglio comunale ha deliberato “in sede di prima attuazione e nelle more della redazione del Piano Generate degli impianti… di approvare per l’anno 2007 le seguenti tariffe, sulle quali dovranno essere applicate le maggiorazioni in ragione della superficie”, distinguendo, come in precedenza, tra pubblicità ordinaria, pubblicità sui veicoli e pubblicità effettuata con strutture luminose, e suddividendo, quanto alla pubblicità ordinaria, le aree pubbliche in due macro categorie, “categoria stradale normale” e “categoria stradale speciale”; all’interno di queste ultime, si distinguono altre due ulteriori categorie, “pittorico” e “luminoso”, contenenti ciascuna tariffe specifiche, per le pubblicità “fino a mq” e “oltre il mq”.
Per quanto attiene, invece, la pubblicità effettuata con strutture luminose, individuata al n. 3, previo richiamo testuale all’art. 27, comma 1, del regolamento comunale in materia, la tariffa di base è stata calcolata in un certo ammontare fino ad un mq e in un diverso maggiore ammontare “per le superfici superiori al metro quadro e per ogni metro quadro”.
5. Alla luce di tali premesse, è dunque evidente che il TAR abbia esattamente individuato la sostanza della censura proposta in questo giudizio dall’attuale appellante che deve essere respinto in quanto infondato, come ben motivato dalla sentenza di prime cure.
Infatti, come detto, l’art. 62 d.lgs. n. 446-1997 ha previsto la possibilità per i comuni di sottoporre le iniziative pubblicitarie che incidono sull’arredo urbano e sull’ambiente ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa fissa ed ha stabilito, altresì, che “la determinazione della tariffa” dovesse avvenire “con criteri di ragionevolezza e gradualità tenendo conto della popolazione residente, della rilevanza dei flussi turistici presenti nel Comune e delle caratteristiche urbanistiche delle diverse zone del territorio comunale e dell’impatto ambientale”, in modo tale che tuttavia la tariffa, determinata secondo gli indicati criteri, comprensiva dell’eventuale uso di aree comunali, non potesse eccedere di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite, ai sensi del d.lgs. n. 507-1993, per l’imposta comunale sulla pubblicità, deliberate dall’Amministrazione comunale nell’anno solare antecedente l’adozione della delibera di sostituzione dell’imposta comunale sulla pubblicità con il canone.
Pertanto, l’incremento del canone di cui all’art. 62 citato va calcolato non sulle tariffe base nazionali, bensì sulle tariffe dell’imposta comunale sulla pubblicità già incrementate in sede comunale sulla base della normativa in materia.
Nel caso di specie, è documentato in atti che nell’anno solare antecedente la delibera di sostituzione dell’imposta con il canone, ossia l’anno 2005, non è stata adottata alcuna deliberazione di determinazione delle tariffe e che l’ultima determinazione delle tariffe è intervenuta, da parte dell’amministrazione comunale, con la deliberazione consiliare n. 144 del 20-21 dicembre 2001; ne consegue che è agli importi ivi indicati che è necessario fare riferimento ai fini della verifica del rispetto del limite del 25 per cento per l’aumento delle stesse.
L’allegato A della deliberazione consiliare n. 144-2001 distingue per tipologia di pubblicità tra pubblicità ordinaria, pubblicità effettuata con veicoli e pubblicità “effettuata con pannelli luminosi e proiezioni”.
Per la pubblicità ordinaria, al punto n. 1, prevede, alla lett. d), la maggiorazione relativa alla superficie (con prescrizione che ripete pedissequamente il testo del comma 4 dell’articolo 12 del d.lgs. n. 507-1993), per la pubblicità “effettuata con pannelli luminosi” individua la tariffa di base per l’imposta per anno solare, distinguendo gli importi a seconda della superficie della struttura e, in particolare, la tariffa di base è calcolata in un certo ammontare fino ad un mq (euro 79,33) e in un diverso maggiore ammontare (euro 99,16) se superiore al mq e “per ogni metro quadro”;
Con la deliberazione consiliare n. 15 del 2007 di “determinazione del canone a tariffa delle iniziative pubblicitarie”, la tariffa di base relativa all’ultima tipologia è stata calcolata in un certo ammontare fino ad un mq e in un diverso maggiore ammontare “per le superfici superiori al metro quadro e per ogni metro quadro”.
L’applicazione delle maggiorazioni di cui alla premessa si riferisce esclusivamente alle due tipologie individuate ai nn. 1 e 2, ossia la pubblicità ordinaria e quella sui veicoli, atteso che nell’elencazione puntuale che ne segue l’individuazione della tariffa è effettuata, con riferimento alla entità della superficie, soltanto sulla base della distinzione “fino al metro quadro” e “oltre il metro quadro”.
La stessa deliberazione n. 144-2001, adottata sulla base del regolamento del 1994, individua la tariffa di base per la pubblicità “effettuata con pannelli luminosi”, distinguendo gli importi a seconda della superficie della struttura e, in particolare, individuando un importo fino ad un mq e un diverso maggiore importo se superiore al mq e “per ogni metro quadro”.
Pertanto, ai fini della verifica del rispetto del limite percentuale di aumento di cui all’art. 62, già citato, il raffronto deve essere effettuato tra gli importi relativi alle diverse tariffe di base rapportate singolarmente a ciascuna diversa tipologia di pubblicità, dall’esame degli importi indicati nelle deliberazioni del 2001 e del 2007.
Ne consegue che la deliberazione consiliare del 2007 è scevra dalla censura articolata con il primo motivo di appello.
6. Anche gli altri motivi di appello sono infondati.
Infatti:
– l’obbligo di motivazione non è sussistente per gli atti regolamentari (art. 3 L. n. 241-1990); tale censura, come osserva condivisibilmente il TAR è stata, inoltre, dedotta sotto l’esclusivo e limitato aspetto riferito alla modalità di calcolo dell’importo della tariffa del canone di pubblicità relativamente alla tipologia della pubblicità effettuata con strutture ed impianti luminosi, ma l’Amministrazione non ha in concreto effettuato, come detto poco sopra, con l’impugnata deliberazione del 2007, l’operazione che gli viene invece contestata;
– l’art. 13 della legge n. 241-1990 esclude expressis verbis l’applicazione delle disposizioni contenute nel capo III della legge medesima, intitolato “partecipazione al procedimento amministrativo” all’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti amministrativi generali, quale è pacificamente l’impugnata deliberazione.
7. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda,
Definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere, Estensore
Italo Volpe – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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