La decisione del comune sull’istanza di concessione edilizia

Consiglio di Stato, Sentenza|24 maggio 2021| n. 4007.

La decisione del comune sull’istanza di concessione edilizia costituisce esercizio di un potere vincolato, nel senso che l’amministrazione comunale non ha il potere discrezionale di rilasciare o no il titolo edilizio, ma deve limitarsi ad accertare se sussistono in concreto le condizioni stabilite dalla legge, dai regolamenti e dagli strumenti di pianificazione per l’esercizio dello ius aedificandi.

Sentenza|24 maggio 2021| n. 4007. La decisione del comune sull’istanza di concessione edilizia

Data udienza 15 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Alloggi convenzionati – Concessione in variante – Diniego – Mancato convenzionamento – Illegittima subordinazione – Esercizio di un potere vincolato dell’amministrazione comunale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6924 del 2014, proposto dall’impresa La. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Ma., Fe. Ma. e Lo. De., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);
contro
Comune di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Pl. e Bi. Ma. Gi., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del TRGA – SEZIONE AUTONOMA DI BOLZANO, n. 87/2014, resa tra le parti e concernente: diniego concessione edilizia in variante;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2020, il consigliere Bernhard Lageder. L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 25 del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020 e 4, comma 1, Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

La decisione del comune sull’istanza di concessione edilizia

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il TRGA – Sezione autonoma di Bolzano respingeva il ricorso n. 264 del 2012, proposto dall’impresa La. S.p.A. nei confronti del Comune di Bolzano avverso il provvedimento dell’amministrazione comunale del 3 agosto 2012, nella parte in cui aveva addotto a fondamento del diniego di concessione in variante presentata dalla ricorrente il 2 settembre 2010, tra altri motivi ostativi, quello relativo al mancato convenzionamento ai sensi dell’art. 27 l. prov. n. 13/1997 (l. urb. prov.) della cubatura residenziale approvata con l’originaria concessione edilizia n. 379/2004, ancorché a quest’ultima non fosse stata apposta alcuna condizione di convenzionamento.
Il TRGA adì to rilevava che irrilevante era il mancato espresso condizionamento del rilascio dell’originaria concessione edilizia al vincolo del convenzionamento, in quanto, per un verso, “il vincolo obbligatorio del convenzionamento scaturiva ipso iure per effetto della espressa ed inequivocabile previsione di cui all’art. 27 della L.P. n. 13 del 1997 (e dell’art. 16 D.P.G.P. n. 5 del 23.2.1998 “Regolamento di esecuzione della Legge urbanistica provinciale”) già in vigore all’atto del rilascio della concessione edilizia n. 379/2004″ e, per altro verso, “il Comune non era all’epoca obbligato a rilasciare la concessione edilizia “soltanto a condizione” della sottoscrizione, da parte del concessionario, di un atto unilaterale d’obbligo o di una convenzione che autorizzasse il Comune a far annotare, a spese dell’interessato, il vincolo in questione”, essendo detta ultima previsione stata introdotta solo successivamente al rilascio della concessione edilizia n. 379/2004, con la legge provinciale 2 luglio 2007, n. 3.
Il TRGA riteneva altresì inconferente la censura di violazione dell’art. 21-nonies l. n. 241/1990, respingendo di conseguenza le proposte domande, compresa quella risarcitoria.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originaria ricorrente, deducendo i motivi come di seguito rubricati:
a) “Motivazione della pronuncia inconferente ed elusiva con violazione e falsa applicazione dell’art. 27, co. 3, lett. c), della l. prov. n. 13/1997 nel testo vigente anche al momento del rilascio della concessione edilizia n. 379/2004, e del principio di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e dell’obbligo legale di congrua motivazione del provvedimento di secondo grado che a distanza di tempo dispone d’ufficio il parziale annullamento(implicito) ovvero la deteriore modifica del provvedimento concessorio”;
b) “Violazione dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e dell’omo referente normativo locale ovvero dei principi in tema di annullamento d’ufficio, anche in relazione all’art. 27 l.p. n. 13/1997”;
c) “Violazione dell’obbligo legale di congrua motivazione del provvedimento di secondo grado ovvero del provvedimento che dispone d’ufficio l’annullamento implicito di provvedimento concessorio a distanza di anni, anche in relazione all’art. 27 l.p. n. 13/1997”.

La decisione del comune sull’istanza di concessione edilizia

L’appellante chiedeva pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado.
3. Si costituiva in giudizio il Comune di Bolzano, chiedendo la riunione con la causa d’appello inter partes iscritta sub r.g. n. 681 del 2017, avente ad oggetto la pretesa del Comune al pagamento dei contributi per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e costo di costruzione in relazione alla concessione edilizia n. 379/2004 e alle successive varianti, nonché riproponendo l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione del parere della commissione edilizia, non esaminata dal TRGA. Nel merito, contestava la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.
4. All’udienza pubblica del 15 dicembre 2020, tenutasi come da verbale, la causa passava in decisione.
5. Premesso che non si ravvisano i presupposti per disporre la riunione con la causa d’appello sub r.g. n. 681 del 2017, pure chiamata all’odierna pubblica udienza e sulla quale si provvederà con separato provvedimento, si osserva che infondata è la riproposta eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado (non esaminata dal TRGA in applicazione del cd. criterio della ragione più liquida), trattandosi di atto endoprocedimentale non vincolante e privo di autonoma lesività, ed esplicitando il gravato atto sindacale di diniego, in via autonoma, la motivazione in ordine alla contestata ragione di diniego.
Occorre, altresì, precisare che il Comune non ha interposto appello incidentale avverso la statuizione dell’impugnata sentenza, con cui è stata respinta l’eccezione di inammissibilità della domanda di accertamento vò lta a dichiarare l’illegittimità della ragione di diniego in contestazione, con la conseguente formazione del giudicato interno sul punto.
6. Nel merito, i motivi d’appello, tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, sono fondati ai sensi e nei limiti di cui appresso.
La questione centrale dedotta in giudizio e devoluta in appello consiste nel quesito se sia, o meno, legittima la ragione posta a fondamento (accanto ad altri motivi ostativi) del provvedimento del 3 agosto 2012, recante diniego di rilascio della concessione in variante presentata dalla ricorrente il 2 settembre 2010, con la seguente, testuale motivazione: “1) sull’obbligo di convenzionamento di cui all’art. 27 L.P.: trattasi di illecito permanente […], rispetto al quale il potere repressivo dell’amministrazione rappresenta un atto dovuto che può e deve essere esercitato in ogni tempo […]. Né può essere ex adverso addotto un asserito affidamento, sul presupposto che la concessione originaria nulla prevedeva a tal proposito. Ciò anche poiché l’art. 27 L.P. 13/97 era esistente già al momento del rilascio della concessione edilizia di cui è questione, quindi la concessione doveva intendersi integrata con le disposizioni di legge per essere conforme. In ogni caso, nella fattispecie il convenzionamento è tra l’altro ancora fattibile, considerato che, allo stato, il 60% della cubatura risulta non ancora venduta. E questo, si badi bene, va ad incidere sul rilascio dell’abitabilità sui restanti tre corpi di fabbrica a tutt’oggi invenduti, come già rilevato nella nota del Comune di Bolzano del 09/05/2012 Prot. 35666 del 10/05/2012”.

La decisione del comune sull’istanza di concessione edilizia

6.1 Ai fini della decisione della presente controversia vengono in rilievo le seguenti disposizioni legislative e regolamentari.
L’art. 27, comma 1, l. urb. prov. (nella versione in vigore sia al momento del rilascio della concessione originaria n. 379/2004 sia al momento dell’adozione del gravato atto di diniego), sotto la rubrica “Obblighi di convenzionamento”, per quanto qui interessa prevede che: “(1) Nelle zone con funzione residenziale […] la nuova cubatura deve essere destinata nella misura del 60 per cento alla costruzione di alloggi non aventi le caratteristiche di lusso. La metà di tali alloggi deve avere una superficie utile non inferiore a 65 mq”.
Il comma 2 richiama il vincolo di convenzionamento di cui all’art. 79 l. urb. prov. (secondo cui le abitazioni convenzionate devono essere destinate al soddisfacimento del bisogno abitativo primario di persone residenti in un comune della provincia, alle condizioni ivi specificate), mentre il comma 3 contiene una serie di eccezioni alla riserva del 60 per cento, tra cui, alla lettera c), l’ipotesi che “la nuova cubatura realizzabile sul singolo lotto continuo o comparto edificatorio risulti inferiore al 30 per cento della cubatura esistente”.
L’art. 16, comma 1, del d.P.G.P. 23 febbraio 1998, n. 5 (Regolamento di esecuzione alla legge urbanistica provinciale), inserito nel Capo V (Convenzionamento) dello stesso regolamento, sotto la rubrica “Definizione della nuova cubatura” – sempre nel periodo di vigenza sopra specificato – statuisce: “(1) Per nuova cubatura ai sensi dell’articolo 27 della legge urbanistica provinciale si intende la cubatura realizzabile complessivamente nel singolo lotto continuo o comparto edificatorio secondo la densità stabilita nel piano urbanistico comunale, ottenuta mediante nuova costruzione o trasformazione di cubatura esistente non destinata a scopo residenziale; restano salve le eccezioni previste dallo stesso articolo 27”.
All’epoca del rilascio dell’originaria concessione edilizia n. 379/2004, l’allora art. 79, comma 4, l. urb. prov. prevedeva l’annotazione nel libro fondiario, in base a convenzione o ad atto unilaterale d’obbligo, del vincolo ventennale di locare o alienare l’abitazione soltanto a persone in possesso dei requisiti di legge (con l’aggiunta, che “l’annotazione viene richiesta dal sindaco a spese del concessionario”), senza disporre alcunché in ordine al momento della stipula dell’atto di convenzionamento e/o della relativa annotazione tavolare (se, cioè, anteriore o successivo al rilascio del titolo edilizio). Solo con la modifica apportata al citato art. 79, comma 2, dalla l. prov. n. 3 del 2007 è stato precisato che, “[n]ei casi di convenzionamento, la concessione edilizia può essere rilasciata soltanto a condizione che il concessionario, con un atto unilaterale d’obbligo o con una convenzione, autorizzi il comune a far annotare il vincolo di cui al presente articolo nel libro fondiario”, in tal modo espressamente condizionando il rilascio del titolo edilizio alla previa presentazione dell’atto di convenzionamento.

La decisione del comune sull’istanza di concessione edilizia

6.2 In linea di fatto, si rileva che:
– con la concessione edilizia originaria n. 379 del 23 dicembre 2004 era stato assentito un progetto che prevedeva un intervento di demo-ricostruzione in zona di completamento (omissis) assoggettato a piano di recupero (approvato con la deliberazione del consiglio comunale n. 61 del 18 maggio 1999), segnatamente l’edificazione di quattro nuovi corpi edificiali ad uso residenziale (palazzine A, B, C e D) con due piani interrati comuni destinati a garage e cantina, da realizzare sui sedimi – in tutto, o in parte, appare controverso tra le parti – di fabbricati preesistenti da demolire integralmente, già aventi destinazione d’uso terziario, dunque con cambio di destinazione d’uso da terziario (ai sensi dell’art. 75, comma 2, lettera b), l. urb. prov.) a residenziale;
– la concessione edilizia n. 379/2004 non conteneva alcuna clausola/condizione di convenzionamento ex art. 27 l. urb. prov.;
– l’istanza presentata il 2 settembre 2010, relativa alla seconda concessione in variante oggetto del gravato atto di diniego (una prima istanza di concessione in variante era stata presentata nel 2009), concerneva prevalentemente lo sfruttamento del bonus energetico di cubatura collegato allo standard ‘CasaClima A’ (ai sensi della deliberazione della giunta provinciale n. 2299 del 30 giugno 2008) negli edifici B, C e D, un modesto spostamento di cubatura dal corpo B al corpo D, alcune modifiche sia interne che degli aggetti esterni, nonché alcune sistemazioni esterne;
– con il motivo di diniego oggetto della presente controversia, il rilascio della concessione in variante è stato condizionato al convenzionamento (con atto unilaterale d’obbligo da annotare nel libro fondiario), ai sensi e nei limiti degli artt. 27 e 79 l. urb. prov., dei volumi assentiti con la concessione originaria n. 379/2004.
6.3 Ebbene, devono ritenersi fondate le censure di illegittima subordinazione del rilascio della concessione in variante al previo convenzionamento dei volumi assentiti con la concessione originaria (rilasciata ben otto anni prima del gravato atto di diniego).
È, bensì, vero che già nel 2004 vigeva il vincolo del convenzionamento ai sensi dei sopra citati artt. 27 e 79 l. urb. prov., senza che, all’epoca, la legge disponesse espressamente il condizionamento del rilascio della concessione edilizia alla previa presentazione dell’atto unilaterale d’obbligo unitamente all’assenso alla correlativa annotazione tavolare (disposizione, espressamente introdotta solo con la novella apportata alla l. urb. prov. dalla legge provinciale n. 3/2007). Tuttavia, la previsione, sul piano sostanziale, del vincolo del convenzionamento – che conformava, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, lo ius aedificandi – comportava, già nella situazione ante-2007, il potere/dovere dell’amministrazione comunale di specificare, nella concessione edilizia, la volumetria assoggettata in concreto a tale vincolo e di condizionarne il rilascio alla presentazione di correlativo atto d’impegno annotabile tavolarmente.
Infatti, la decisione del comune sull’istanza di concessione edilizia costituisce esercizio di un potere vincolato, nel senso che l’amministrazione comunale non ha il potere discrezionale di rilasciare o no il titolo edilizio, ma deve limitarsi ad accertare se sussistono in concreto le condizioni stabilite dalla legge, dai regolamenti e dagli strumenti di pianificazione per l’esercizio dello ius aedificandi. Nel caso di specie, si trattava anche di accertare l’an e il quantum della cubatura da riservare alla costruzione di alloggi convenzionati non aventi le caratteristiche di lusso, di cui la metà con una superficie utile non inferiore a 65 mq, ossia di compiere una valutazione che non poteva che essere effettuata in concomitanza all’esame del progetto presentato ai fini del rilascio della concessione edilizia.
In adesione ai precedenti specifici di questa Sezione relativi all’ordinamento urbanistico provinciale di Bolzano (v. sentenze n. 4331, 4332, 4333, 4334 e 4335 del 27 agosto 2014), deve ritenersi che:
– le previsioni della legislazione urbanistica, le quali, in determinate ipotesi, impongono l’applicazione del regime dell’edilizia convenzionata alla realizzazione di nuova cubatura residenziale, sono strettamente inerenti al regime urbanistico del fondo interessato dalla nuova costruzione, nel senso che, in siffatte ipotesi, la realizzazione della volumetria nella misura consentita è ammessa soltanto, se ed in quanto si applichi il regime dell’edilizia convenzionata, venendo, in difetto, meno il presupposto per il rilascio del correlativo titolo edilizio nei termini richiesti dal privato in ipotesi in contrasto con tali previsioni;
– in altri termini, la misura quantitativa e la natura qualitativa dell’edificabilità del fondo vengono a dipendere dal regime di convenzionamento, il quale costituisce, pertanto, elemento coessenziale della concessione edilizia;
– la stretta connessione tra regime di convenzionamento e concessione edilizia si manifesta, altresì, nella disciplina del contributo di costruzione, essendo detto contributo, quanto agli interventi di edilizia convenzionata, ridotto alla quota commisurata agli oneri di urbanizzazione (v. art. 79, comma 1, l. urb. prov.; cfr., nell’ordinamento statale, la disciplina corrispondente di cui all’art. 17 d.P.R. n. 380/2001);
– alla luce delle considerazioni che precedono, già nella disciplina anteriore alla novella legislativa introdotta dalla l. prov. n. 3/2007, una corretta ricostruzione sistematica della disciplina dello ius aedificandi assoggettato a vincolo di convenzionamento doveva condurre alla conclusione della sussistenza del potere/dovere dell’amministrazione comunale di condizionare il titolo edilizio all’assunzione dell’obbligo di convenzionamento, assurgente a coelemento del provvedimento autorizzatorio (cfr., analogamente, la disciplina statale ex art. 18 d.P.R. n. 380/2001);
– la novella di cui alla legge provinciale n. 3/2007 non ha fatto altro che esplicitare un principio normativo immanente nel settore ordinamentale che qui viene in rilievo.
Da quanto sopra deriva che, contrariamente alla tesi sostenuta dal Comune, non appare applicabile in via analogica l’istituto di cui all’art. 1339 cod. civ., con la conseguente inconfigurabilità di una eterointegrazione del contenuto della concessione edilizia con gli effetti derivanti da norme di legge imperative, trattandosi nella specie di effetti che, per le ragioni sopra esposte, vanno intermediati dalla valutazione tecnica dell’amministrazione in ordine all’an e al quantum di cubatura assoggettabile in concreto al vincolo di convenzionamento.
Ciò vale tanto più in una situazione quale quella all’esame, in cui sono controverse tra le parti le questioni dell’applicabilità, o meno, dell’ipotesi esimente di cui all’art. 27, comma 3, lettera c), l. urb. prov., e della qualificabilità, o meno, della cubatura assentita come cubatura nuova per gli effetti del vincolo.
Ne consegue che, a fronte della mancanza di qualsiasi specificazione, nella concessione edilizia n. 379/2004, di an e quantum della volumetria assoggettata al vincolo di convenzionamento, e dell’assenza di qualsiasi condizionamento del rilascio della concessione alla presentazione di correlativo atto unilaterale d’obbligo, i volumi assentiti con la concessione n. 379/2004 dovevano ritenersi ‘liberà e non convenzionati.
Il Comune, accortosi dell’errore e dell’illegittimità in parte qua della concessione originaria per contrasto con la disciplina del convenzionamento, avrebbe dovuto procedere al suo annullamento d’ufficio, con tutte le garanzie procedimentali ed oneri motivazionali e nel rispetto dei relativi presupposti di legge, mentre deve ritenersi illegittima la modificazione postuma della concessione originaria in occasione di una domanda di concessione in variante.
L’enunciazione, quale motivo ostativo al rilascio della concessione in variante di cui all’istanza presentata il 2 settembre 2010, della violazione dell’obbligo di convenzionamento dei volumi assentiti con la concessione originario n. 379/2004 deve pertanto ritenersi illegittima sotto il duplice profilo dedotto dall’odierna appellante, di violazione della disciplina che presiede all’istituto dell’annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies l. n. 241/1990 e di sviamento in sede di decisione sulla concessione di variante.
6.4 Per le considerazioni tutte sopra esposte, in accoglimento dell’appello e in riforma dell’impugnata sentenza, il gravato atto di diniego del 3 agosto 2012 deve essere annullato limitatamente alla ragione di diniego enunciata sub punto 1) dell’atto medesimo.
6.5 Non può, invece, trovare accoglimento la domanda risarcitoria, per carenza di allegazione e di prova dei relativi fatti costitutivi e di an e quantum dei danni risarcibili.
7. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 6924 del 2014), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado ai sensi e nei limiti di cui in motivazione; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2020, con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore
Andrea Pannone – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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