Nel procedimento di impugnazione del lodo arbitrale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 gennaio 2021| n. 1463.

Nel procedimento di impugnazione del lodo arbitrale, la mera delibazione dei motivi di nullità del lodo arbitrale non dà luogo al passaggio dalla fase rescindente a quella rescissoria, né può ritenersi elemento idoneo ad attribuire natura decisoria, e conclusiva della prima fase del giudizio, a tale valutazione del giudice, la circostanza che quest’ultimo, a seguito della detta delibazione, abbia provveduto all’istruttoria della causa.

Ordinanza|25 gennaio 2021| n. 1463

Data udienza 27 ottobre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Lodo arbitrale – Socie d’opera – Delibazione dei motivi di nullità del lodo – Procedimento di impugnazione – Non dà luogo al passaggio dalla fase rescindente a quella rescissoria

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 7569/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1784/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, del 03/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/10/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE RENZIS Luisa: visto l’articolo 380 bis 1 c.p.c., chiede che la corte di cassazione voglia respingere il ricorso.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 1784/2014 del 23.10.2014, ha rigettato l’impugnazione proposta da (OMISSIS) avverso il lodo arbitrale reso in data 30.10.2009 con cui il collegio arbitrale, statuendo sulla controversia introdotta nei confronti di quest’ultima da (OMISSIS), ed avente ad oggetto la definizione dei rapporti tra le due parti, nella qualita’ di socie d’opera della (OMISSIS) s.n.c. (societa’ posta in liquidazione in data 9 gennaio 2006) ha condannato (OMISSIS) a pagare in favore della predetta societa’ la somma di Euro 157.711,22, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
La controversia in esame era stata originata da dissapori sorti tra le due socie a seguito di numerosi prelevamenti effettuati da entrambe dal conto corrente intestato alla societa’ per stipendi, e/o acconto utili societari e spese personali, all’esito dei quali le stesse, venuto meno definitivamente il loro rapporto anche personale, decidevano di liquidare la societa’, ripromettendosi di trovare un accordo (in realta’ mai raggiunto) per conteggiare i prelevamenti a titolo di spese personali effettuati da ciascuna, onde permettere le necessarie restituzioni a favore della societa’.
La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione proposta dalla (OMISSIS) dopo aver precedentemente emesso un’ordinanza (29 giugno 2011) del seguente tenore:
“La Corte letti gli atti;
ritenuto che il preventivo contatto con il commercialista della societa’ da parte dei due arbitri nominati dalle parti e’ da considerarsi indifferente ai fini del giudizio arbitrale, non avendo in alcun modo inciso sulla decisione finale, esclusivamente basata sulle risultanze della ctu;
ritenuto, peraltro di dovere convocare a chiarimenti la ctu (OMISSIS) per conoscere quali furono le modalita’ di acquisizione degli assegni bancari ed, in particolare, se taluni assegni favorevoli alla (OMISSIS) furono prodotti dal ctp (OMISSIS) all’insaputa del ctp (OMISSIS), venendo poi utilizzati ai fini della redazione della consulenza contabile;
ritenuto, inoltre, di dovere estendere l’accertamento contabile fino al dicembre 2005, ricomprendendo l’incarico affidato dal Collegio Arbitrale le movimentazioni del conto corrente bancario intestato alla societa’ fino alla cessazione della stessa, posta in liquidazione nel gennaio successivo;
P.Q.M.;
Dispone convocarsi la ctu perche’, in contraddittorio con i ctp, renda chiarimenti sulle modalita’ di acquisizione della documentazione e perche’ riceva il nuovo incarico”.
In particolare, in ordine tale decisione, il giudice di merito ha osservato che, ancorche’ fosse stato disposto un supplemento di c.t.u., non risultava emessa una pronuncia in sede rescindente.
Se e’ pur vero che con l’ordinanza sopra citata la Corte di Appello aveva incidentalmente delibato il motivo di nullita’ correlato al preventivo contatto di due arbitri con il commercialista della societa’, aveva disposto la chiamata a chiarimenti del c.t.u. nominato nel giudizio arbitrale e disposto supplemento di c.t.u., in ogni caso, non vi era stata una declaratoria, neppure implicita, di nullita’ del lodo.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidandolo ad un unico articolato motivo.
(OMISSIS) si e’ costituita in giudizio con controricorso.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha depositato requisitoria scritta.
La ricorrente ha depositato la memoria ex articolo 380 bis. 1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ stato dedotto dalla ricorrente la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte di Appello di Firenze violato il giudicato interno sulla fase rescindente del giudizio di impugnazione del lodo arbitrale, come definito dall’ordinanza con natura decisoria del 29 giugno 2011.
Lamenta la ricorrente che con l’ordinanza sopra citata la Corte d’Appello si era indubbiamente pronunciata sulla fondatezza dei suoi motivi di impugnazione e sulla nullita’ del lodo arbitrale.
In particolare, trattenendo la causa in decisione per la fase rescindente, aveva:
– respinto il primo motivo di appello, avente ad oggetto la violazione del principio del contraddittorio, in relazione ai contatti avvenuti tra due arbitri nominati, prima della costituzione del costituzione del collegio, con l’ex commercialista della societa’;
– aveva posto una riserva in attesa di chiarimenti del CTU sul secondo motivo d’appello, avente sempre ad oggetto la violazione del principio del contraddittorio, per avere il CTU posto a fondamento della propria relazione alcuni titoli bancari consegnatigli dal consulente della (OMISSIS) in assenza di contraddittorio ed oltre il termine fissato dal Collegio;
– aveva accolto il quarto motivo d’appello con cui era stato lamentato l’omesso esame peritale e l’omessa pronuncia del collegio arbitrale sui prelevamenti e spese a titolo personale delle socie effettuati nell’anno 2005.
Ne’ la natura decisoria del provvedimento era smentita dalla sua qualificazione in termini di ordinanza, come sempre sostenuto dalla parte ricorrente, che aveva nella sua immediatezza formulato riserva di impugnazione per la parte in cui rigettava uno dei motivi di nullita’.
Nonostante fosse quindi gia’ stata aperta la fase rescissoria del giudizio di impugnazione, e fosse stata poi svolta l’istruttoria, la Corte d’Appello aveva inopinatamente confermato il lodo arbitrale, cosi’ violando il giudicato interno che si era gia’ formato.
La ricorrente rileva, inoltre, che una volta cassata la decisione impugnata, questa Corte e’ in grado di decidere nel merito la controversia a norma dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, essendosi innanzi alla Corte d’Appello celebrata l’istruttoria necessaria e sufficiente alla soluzione della lite, atteso che con il supplemento di CTU disposto in appello, l’analisi e’ stata estesa ai prelevamenti a titolo personale effettuati dalle socie in tutto il 2005 sino al marzo 2006, cosi’ accertandosi che la (OMISSIS) era tenuta alla restituzione a favore della (OMISSIS) della somma di Euro 61.484,60 al 31 dicembre 2005 e di Euro 92.618,88 all’8 marzo 2006.
In via subordinata, la ricorrente ha chiesto che questa Corte pronunci una sentenza di condanna generica, rimettendo al giudice del rinvio la determinazione del quantum debeatur.
2. Il ricorso e’ infondato e va pertanto rigettato.
Va osservato che l’ordinanza della Corte d’Appello del 29 giugno 2011, pur avendo indubbiamente delibato sulla fondatezza di alcuni motivi di impugnazione proposti dalla odierna ricorrente (OMISSIS), non ha natura decisoria, bensi’ meramente istruttoria.
In proposito, e’ pur vero che secondo l’orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 2880/2010; e, piu’ recentemente, in senso conforme: Cass. n. 12199/2012 e Cass. n. 9387/2018) “il giudizio di impugnazione arbitrale si compone di due fasi, la prima rescindente, finalizzata all’accertamento di eventuali nullita’ del lodo e che si conclude con l’annullamento del medesimo, la seconda rescissoria, che fa seguito all’annullamento e nel corso della quale il giudice ordinario procede alla ricostruzione del fatto sulla base delle prove dedotte; nella prima fase non e’ consentito alla Corte d’Appello procedere ad accertamenti di fatto, dovendo limitarsi all’accertamento delle eventuali nullita’ in cui siano incorsi gli arbitri, pronunciabili soltanto per determinati errori “in procedendo”, nonche’ per inosservanza delle regole di diritto nei limiti previsti dal medesimo articolo 829 c.p.c.; solo in sede rescissoria al giudice dell’impugnazione e’ attribuita la facolta’ di riesame del merito delle domande, comunque nei limiti del “petitum” e delle “causae petendi” dedotte dinanzi agli arbitri, con la conseguenza che non sono consentite ne’ domande nuove rispetto a quelle proposte agli arbitri, ne’ censure diverse da quelle tipiche individuate dall’articolo 829 c.p.c.”.
Tuttavia, ove la Corte d’Appello, durante la fase rescindente, dopo aver delibato sulla fondatezza di uno o piu’ motivi di impugnazione del lodo arbitrale, provveda – come nel caso di specie – all’istruttoria della causa, non puo’ comunque ritenersi che un provvedimento di inequivocabile natura istruttoria (come sopra integralmente riportato nella parte narrativa della presente ordinanza), sia percio’ solo idoneo ad assumere valenza decisoria – e conseguentemente a concludere la fase rescindente – essendo quel provvedimento comunque revocabile e modificabile a norma dell’articolo 177 c.p.c..
In conclusione, solo l’eventuale accoglimento anche di un solo motivo di nullita’ del lodo da’ luogo, in virtu’ del principio di indivisibilita’ del lodo arbitrale (che comporta che la nullita’ di uno dei capi del lodo si estenda anche agli altri: vedi Cass. n. 12731/1992), al necessario passaggio alla fase rescissoria, non determinandosi tale conseguenza ove la valutazione del giudice si limiti ad una mera delibazione dei medesimi motivi di nullita’.
Deve, pertanto, formularsi il seguente principio di diritto:
“Nel procedimento di impugnazione del lodo arbitrale, la mera delibazione dei motivi di nullita’ del lodo arbitrale non da’ luogo al passaggio dalla fase rescindente a quella rescissoria, ne’ puo’ ritenersi elemento idoneo ad attribuire natura decisoria, e conclusiva della prima fase del giudizio, a tale valutazione del giudice, la circostanza che quest’ultimo, a seguito della detta delibazione, abbia provveduto all’istruttoria della causa”.
Va, d’altra parte, osservato che neppure la ricorrente ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello di estendere l’accertamento contabile fino al dicembre 2005 (epoca di cessazione della societa’) avesse natura decisoria: come risulta dallo stesso ricorso (pag. 14), i procuratori della stessa parte, all’udienza dell’11 ottobre 2011, hanno formulato e verbalizzato la riserva di impugnazione avverso “quel (solo) capo dell’ordinanza 29 giugno/7 luglio 2011 con cui e’ stato, sostanzialmente, respinto il motivo n. 1 dell’atto di impugnazione del lodo”.
Orbene, come sopra evidenziato, il primo motivo di impugnazione del lodo aveva ad oggetto la violazione del principio del contraddittorio, in relazione ai contatti avvenuti, prima della costituzione del costituzione del collegio arbitrale, tra due arbitri nominati e l’ex commercialista della societa’, e non l’omesso accertamento da parte del CTU e del collegio arbitrale dei prelievi effettuati dalle due socie nel 2005, che riguardava, invece, il motivo n. 4. Ne consegue che, anche qualificando in astratto come sentenza non definitiva l’ordinanza del 29 giugno, la ricorrente non ha comunque proposto riserva facoltativa nei termini previsti a pena di decadenza dall’articolo 361 c.p.c., comma 1, relativamente a quella parte di ordinanza riguardante il richiamato motivo di impugnazione del lodo (come detto il n. 4), che ha dimostrato di coltivare anche con il ricorso per cassazione.
Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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