Il termine per la contestazione delle violazioni amministrative

Consiglio di Stato, Sentenza|25 gennaio 2021| n. 738.

Il termine per la contestazione delle violazioni amministrative ha pacificamente natura perentoria avendo la precisa funzione di garanzia di consentire un tempestivo esercizio del diritto di difesa; precisando che l’ampia portata precettiva della disposizione sia esclusa soltanto dalla presenza di una diversa regolamentazione da parte di fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre deroga alla norma generale e di principio.

Sentenza|25 gennaio 2021| n. 738

Data udienza 10 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Autorità indipendenti – AGCOM – Potere sanzionatorio – Contestazione delle violazioni amministrative – Termine – Natura perentoria

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8317 del 2018, proposto da
TI. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pi. Fa. e An. Li., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Li. in Roma, via (…);
contro
Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Vo. It. s.p.a., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio 22 giugno 2018 n. 7009, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2020 il Cons. Diego Sabatino e rilevato che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 25, co.2, del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 8317 del 2018, TI. s.p.a. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio 22 giugno 2018 n. 7009, resa tra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro Autorità garante della concorrenza e del mercato con l’intervento ad adjuvandum di Vo. It. s.p.a. per l’annullamento
A. quanto al ricorso introduttivo:
– del provvedimento dell’AGCM n. 26134 assunto in data 27 luglio 2016 in esito al procedimento istruttorio PS10246 – Te. rimodulazione piani tariffari a 28 giorni, notificato a Te. il successivo 5 agosto 2016 e pubblicato nel Bollettino dell’AGCM n. 28/2016, con il quale è stato deliberato:
“a) che la pratica commerciale descritta al punto II del […] provvedimento, posta in essere dalla società Te. It. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 24 e 25 del Codice del Consumo, e ne vieta la diffusione o continuazione; b) di irrogare alla società Te. It. S.p.A. una sanzione amministrativa pecuniaria di 410.000 Euro (quattrocentodiecimila euro)”;
– di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso, ancorché non conosciuto, ivi compresa la comunicazione dell’AGCM di avvio del Procedimento, notificata a Te. in data 2 febbraio 2016;
B. quanto ai motivi aggiunti depositati il 25 maggio 2017:
– del provvedimento dell’AGCM n. 26521 del 30 marzo 2017, notificato in data 11 aprile 2017, con il quale l’Autorità ha deliberato l’avvio del procedimento di inottemperanza al provvedimento n. 26134 assunto in data 27 luglio 2016, notificato a Te. il successivo 5 agosto 2016.
Il giudice di primo grado ha così riassunto i fatti di causa:
“1. Sulla base delle segnalazioni di alcuni consumatori e di un’associazione consumatori, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (di seguito, “Agcm” o anche “Autorità “) comunicava l’avvio di un procedimento istruttorio avente ad oggetto una presunta pratica commerciale scorretta posta in essere dalla società Te. It. (in avanti, “Te.”) relativa alla possibile violazione degli artt. 20, 24 e 25 del Codice del Consumo.
2. La pratica contestata aveva ad oggetto l’aver previsto la riduzione del periodo di rinnovo da 30 a 28 giorni delle offerte di telefonia mobile attive al 2 agosto 2015, mediante l’adozione di condotte asseritamente aggressive nei confronti di specifici target di utenti: i sottoscrittori di offerte abbinate alla vendita a rate di prodotti (smartphone, tablet ecc.).
3. Poiché la pratica era stata diffusa attraverso mezzi di telecomunicazione, veniva richiesto il parere all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (in seguito, “Agcom”), ai sensi dell’articolo 27, comma 6, del Codice del Consumo; l’Agcom riteneva, con il proprio parere, che la condotta contestata era stata diffusa con strumenti (segnatamente, SMS ed internet) idonei ad influenzare significativamente la realizzazione della pratica commerciale in esame.
4. In considerazione delle risultanze istruttorie e preso atto del parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Agcm, con il provvedimento impugnato, riteneva la sussistenza di una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 24 e 25 del Codice del Consumo, e ne vietava la diffusione o continuazione. Irrogava, quindi, a Te. una sanzione pari a 410.000 euro.
5. Il provvedimento è stato impugnato da Te., che ne ha sostenuto l’illegittimità per i seguenti motivi:
I – Decadenza dal termine per l’avvio del procedimento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della legge n. 689/81. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche.
Secondo parte ricorrente, Agcm disponeva dall’inizio di settembre 2015 di tutti gli elementi utili per avviare l’istruttoria, che è stata tuttavia iniziata solo a febbraio 2016 e, quindi, oltre il termine decadenziale di 90 giorni previsto dall’art. 14 della legge n. 689/1981.
II – Violazione e falsa applicazione degli articoli 20, 24 e 25 del codice del Consumo e dell’art. 3 della legge n. 241/90. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed, in particolare, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità e contraddittorietà manifesta, falsità dei presupposti.
Te. sostiene che non sussistevano i presupposti per sostenere l’esistenza di una pratica commerciale scorretta e aggressiva; afferma, in particolare, che il provvedimento sanzionatorio non avrebbe tenuto conto delle caratteristiche e peculiarità delle offerte esaminate e del fatto che Te. avrebbe legittimamente esercitato lo ius variandi riconosciuto agli operatori della telefonia dall’art. 70, c. 4, del Codice delle Comunicazioni elettroniche. Inoltre, si sarebbe illegittimamente attribuita rilevanza, ai fini della qualificazione in termini di aggressività della pratica, al “contesto di mercato” in cui la condotta di Te. si è realizzata, dilatando arbitrariamente la nozione di “indebito condizionamento”.
III – Sulla illegittimità della sanzione imposta a Te.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 9, del codice del consumo e degli artt. 3, 4 e 11 della legge n. 689/81, dell’art. 3 della legge n. 241/90. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, ed in particolare, difetto di istruttoria, falsità dei presupposti e travisamento dei fatti, sviamento.
La quantificazione della sanzione sarebbe errata, quanto al parametro della gravità, con particolare riferimento alla valutazione della dimensione economica del professionista e alla effettiva diffusione e penetrazione della pratica. Inoltre, l’Autorità non avrebbe tenuto adeguatamente conto della limitata durata della condotta contestata.
6. Con successivi motivi aggiunti, Te. ha impugnato la delibera con cui Agcm ha dato avvio al procedimento di inottemperanza al provvedimento gravato con il ricorso introduttivo. Tale delibera è ritenuta da Te. illegittima in via derivata per gli stessi vizi prospettati in relazione al provvedimento sanzionatorio nonché, in via autonoma, per difetto di motivazione e per l’assenza dei presupposti per ritenere sussistente un’ipotesi di inottemperanza.
7. L’Agcm si è costituita in giudizio e ha chiesto la reiezione del ricorso introduttivo siccome infondato. Quanto ai motivi aggiunti, ha eccepito la loro inammissibilità ovvero improcedibilità, in ragione della natura endoprocedimentale della delibera di avvio del procedimento di inottemperanza e della mancata impugnazione del successivo provvedimento finale.
8. Si è altresì costituita in giudizio, con atto di intervento ad adiuvandum, la società Vo. It. (“Vodafone”) che, in vista dell’udienza di trattazione del merito della controversia, ha chiesto la sospensione del presente giudizio, in attesa della risposta della Corte di giustizia alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Consiglio di Stato con le ordinanze nn. 167 e 168 del 17 gennaio 2018. Una analoga richiesta di sospensione del giudizio è stata formulata anche negli scritti difensivi di Te.; la difesa erariale si è opposta a tale richiesta.
9. Alla udienza pubblica del 6 giugno 2018, uditi per le parti i difensori presenti come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.”
Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione a tutte le censure sopra ricordate.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure, come meglio descritte in parte motiva.
Nel giudizio di appello, si è costituita Autorità garante della concorrenza e del mercato, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2020, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. – Con il primo motivo di diritto, rubricato “I. Decadenza dal termine per l’avvio del procedimento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della legge n. 689/81. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Travisamento dei fatti. Falsità dei presupposti”, viene reiterato il primo motivo del ricorso in prime cure, dove era stata eccepita l’applicabilità dell’art. 14 della L. n. 689/81 ai procedimenti antitrust e la sua violazione per decorso dei termini previsti per l’esercizio dell’azione amministrativa.
Osserva la parte appellante come l’orientamento giurisprudenziale richiamato dal T.A.R., in tema di inapplicabilità del citato termine ai procedimenti antitrust, sia stato abbandonato a favore di una linea più garantista e che, quindi, la posizione sostenuta dal primo giudice non può ritenersi condivisibile.
La censura è fondata e va accolta, con contestuale assorbimento delle residue.
2.1. – Ricostruendo i passaggi argomentativi che reggono la dedotta censura, deve evidenziarsi come effettivamente in giurisprudenza sia stato dominante un orientamento che riteneva che i termini perentori previsti dall’art. 14 l. n. 689 del 1981 non fossero applicabili ai procedimenti di competenza dell’AGCM in materia di illeciti anticoncorrenziali, avendo tale norma carattere suppletivo in assenza di una disciplina speciale, nel caso di specie costituita dalla disciplina dei procedimenti di competenza dell’Autorità dettata dal d.P.R. n. 217 del 1998 (v., in tal senso, Cons. Stato, VI, 25 giugno 2019, n. 4357; id., 20 giugno 2019, n. 4215; in termini più sfumati, id., VI, 12 febbraio 2020, n. 1046).
Tuttavia, tale orientamento, mai del tutto pacifico (vedi Cons. Stato, VI, 29 maggio 2018, n. 3197), è stato oggetto di profonda e meditata rivisitazione (da ultimo, Cons. Stato, VI, 21 gennaio 2020 n. 512; id., VI, 17 novembre 2020 n. 7153), che ha portato ad affermare come il termine per la contestazione delle violazioni amministrative abbia pacificamente natura perentoria avendo la precisa funzione di garanzia di consentire un tempestivo esercizio del diritto di difesa; precisando che l’ampia portata precettiva della disposizione sia esclusa soltanto dalla presenza di una diversa regolamentazione da parte di fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre deroga alla norma generale e di principio.
A tale ultimo orientamento, di stampo maggiormente garantista, si intende dare continuità in questa sede, in quanto la sproporzionata ed irragionevole durata dell’attività cd. preistruttoria si pone in contrasto con i principi e con le norme rilevanti in materia.
Va ricordato che l’evocato art. 14 della l. 689 del 1981 prevede che, ove non si proceda alla contestazione immediata dell’addebito, “gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento”. Inoltre, le norme di principio, relative ad una immediatezza della contestazione o comunque ad una non irragionevole dilatazione dei suoi tempi, contenute nel Capo I della legge 24 novembre 1981 n. 689, sono dotate di applicazione generale dal momento che, in base all’art. 12, le stesse devono essere osservate con riguardo a tutte le violazioni aventi natura amministrativa per le quali è applicata la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro.
Infatti, l’intento del legislatore è stato quello di assoggettare ad un statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di prerogative e garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative, sia che siano attinenti a reati depenalizzati sia che conseguano ad illeciti qualificati “ab origine” come amministrativi, con la sola eccezione delle violazioni disciplinari e di quelle comportanti sanzioni non pecuniarie. La preventiva comunicazione e descrizione sommaria del fatto contestato con l’indicazione delle circostanze di tempo e di luogo (idonee ad assicurare, già nella fase del procedimento amministrativo anteriore all’emissione dell’ordinanza-ingiunzione, la tempestiva difesa dell’interessato), attiene ai principi del contraddittorio ed è garantito dalla legge 689 del 1981, attraverso la prescrizione di una tempestiva contestazione la cui l’osservanza è assicurata mediante la previsione espressa dell’inapplicabilità della sanzione.
La natura perentoria del termine per la contestazione delle violazioni amministrative è quindi implicita nella stessa funzione di garanzia e la loro portata è generale ed esclusa soltanto dalla presenza di una diversa regolamentazione da parte di fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre deroga alla norma generale e di principio.
Sulla scorta di tali osservazioni, non può quindi affermarsi che il d.P.R. 30 aprile 1998, n. 217, che non reca indicazione di alcun termine per la contestazione degli addebiti, possa configurare una scansione procedimentale “diversamente stabilita” ed è quindi inapplicabile alla fattispecie in esame.
Va peraltro precisato che, sempre secondo la detta impostazione, il decorso dei novanta giorni è collegato dall’art. 14 della legge n. 689 del 1981, non già alla data di commissione della violazione, bensì al tempo di accertamento dell’infrazione. Ossia, è rilevante non la mera notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità, ma l’acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita implicante il riscontro (allo scopo di una corretta formulazione della contestazione) della sussistenza e della consistenza dell’infrazione e dei suoi effetti.
2.2. – Una volta ricostruita la posizione giurisprudenziale valevole, la fattispecie in esame può essere più agevolmente scrutinata.
Va evidenziato come, nel caso in esame, l’Autorità avesse avuto cognizione della vicenda sulla base della documentazione istruttoria trasmessa di AGCOM – Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con nota del 31 luglio 2015. Già tale primo invio consentiva di ottenere informazioni dettagliate e tendenzialmente complete sulle caratteristiche e sulle modalità di comunicazione alla clientela dell’iniziativa posta in essere da Te., nonché sui profili tariffari e gli utenti coinvolti.
Successivamente, l’Autorità provvedeva ad inviare una Richiesta di informazioni preistruttoria all’appellante Te. in data 31 luglio 2015. Il contenuto delle informazioni richieste era di particolare dettaglio, riguardando, tra l’altro: i) elencazione analitica delle condizioni essenziali (prezzo, minuti, sms, internet, modalità di rinnovo ecc.) delle offerte telefoniche vigenti nel periodo gennaio-luglio 2015, con indicazione, per ciascuna di esse, del numero dei clienti sottoscrittori e delle variazioni apportate alle relative condizioni, indicandone le caratteristiche e la decorrenza; ii) esplicitazione delle motivazioni sottese alla scelta di effettuare tali variazioni; iii) indicazione delle offerte ricaricabili interessate dalla variazione del periodo di rinnovo da mensile a quadrisettimanale, chiarendo quali offerte fossero state toccate dalle modifiche; iv) spiegazioni circa le modalità impiegate per comunicare le variazioni alla clientela, producendo copia delle condizioni contrattuali applicate alle offerte sino all’introduzione delle suddette modifiche. Alle dette richieste la Te. ha fornito risposta esaustiva in data 2 settembre 2015 anche facendo riferimento alle comunicazioni fatte alla clientela.
Pertanto, al più tardi, l’Autorità era in possesso di tutti gli elementi per l’avvio del procedimento sanzionatorio in data 2 settembre 2015, mentre in concreto l’effettivo avvio procedimentale aveva luogo con la comunicazione del 2 febbraio 2016, ossia tardivamente rispetto al termine perentorio sopra indicato.
Deve quindi accogliersi il motivo di appello, essendo fondata la censura sul superamento del termine perentorio di 90 giorni, previsto dall’art. 14 della l. 689 del 1981
3. – L’appello va quindi accolto, con assorbimento delle altre ragioni di doglianza. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie l’appello n. 8317 del 2018 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio 22 giugno 2018 n. 7009, resa tra le parti, accoglie il ricorso di primo grado;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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