La distinzione tra azione di rivendicazione e azione di regolamento di confini

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza 16 ottobre 2020, n. 22590.

La distinzione tra azione di rivendicazione e azione di regolamento di confini va desunta non dall’esito della lite, bensì dalla natura della domanda proposta; si ha, pertanto, rivendicazione quando la contestazione ha per oggetto i rispettivi titoli di proprietà, mentre l’azione va qualificata come regolamento di confini o qualora manchi una demarcazione visibile (incertezza oggettiva), oppure perché questa, pur esistendo, è inidonea a separare i fondi in modo certo e definitivo (incertezza soggettiva), anche se non vi è in atto il possesso promiscuo della zona intermedia.

Ordinanza 16 ottobre 2020, n. 22590

Data udienza 24 luglio 2020

Tag/parola chiave: Azione di regolamento di confini – Proprietà – Fabbricato e annesso giardino – Cancello – Violazione distanze – Individuazione esatta linea di confine – Requisito adiacenza dei fondi – Insussistenza – Distinzione tra azione di regolamento di confini e azione di rivendicazione – Va desunta dalla natura della domanda proposta – Si ha rivendicazione quando siano in contestazione i titoli di proprietà – Si ha regolamento dei confini quando manchi una demarcazione visibile (incertezza oggettiva) o sia inidonea a separare i fondi in modo certo e definitivo (incertezza soggettiva) – Ripartizione onere probatorio nelle due distinte fattispecie di azioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 2078-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 2806/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 29/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/07/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.
Lette le memorie depositate dalle parti.

RAGIONI IN FATTO

(OMISSIS), proprietaria di un’abitazione sita in (OMISSIS) con annesso giardino sul retro e cortile sul lato antistante l’ingresso principale, conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Pavia, i signori (OMISSIS) e (OMISSIS), proprietari dell’immobile confinante, lamentando il fatto che i convenuti avessero modificato il cancello installato, ponendolo per circa due metri all’interno della proprieta’ dell’attrice, modificando conseguentemente anche l’accesso carraio, impedendole cosi’ di parcheggiare l’autovettura sul lato est del cortile, facolta’ riconosciutale nell’atto di acquisto, con il quale era stata contestualmente costituita servitu’ di passo a favore del fondo di proprieta’ dei convenuti per l’accesso alla (OMISSIS). L’attrice chiedeva la determinazione della corretta posizione del confine e la condanna dei convenuti all’eliminazione dell’opera illegittimamente realizzata all’interno della sua proprieta’, nonche’ la determinazione delle modalita’ di esercizio della servitu’ di passo, in modo meno gravoso possibile per il fondo servente, imponendo il passaggio carraio sul lato piu’ a ovest del cortile o comunque piu’ centrale rispetto alla posizione attuale.
L’attrice a sostegno della domanda rilevava, sulla base degli estratti di mappa del Catasto Terreni antecedente alla variazione del 2001, che l’immobile di sua proprieta’ (attuale mappale (OMISSIS)) fosse il risultato della fusione dei mappali (OMISSIS) (fabbricato e annessa porzione del cortile) e (OMISSIS) (porzione di fabbricato e annessa porzione di cortile) e che il cortile graffato a quest’ultima non terminasse in corrispondenza della parete piu’ a sud dell’abitazione dell’attrice, ma proseguisse anche davanti all’abitazione identificata con il mappale (OMISSIS), di proprieta’ dei convenuti.
Si costituivano i convenuti chiedendo il rigetto delle domande, evidenziando errori nelle mappe catastali ed il fatto che il cancello fosse stato collocato nel sito in cui si trovava, fin dal 1997, il cancello preesistente, sul confine della loro proprieta’; in via riconvenzionale chiedevano la determinazione della linea di confine tra il mappale (OMISSIS) e il mappale (OMISSIS) di loro proprieta’, secondo il tracciato rappresentato dal cancello, confermando il loro diritto a mantenere il cancello nella posizione attuale, nonche’ di vietare all’attrice di parcheggiare, se non per operazioni di carico e scarico, previa determinazione delle modalita’ di esercizio della servitu’.
Nel corso del giudizio di primo grado interveniva (OMISSIS), acquirente degli immobili dell’attrice, che faceva proprie le domande e difese della dante causa.
All’esito dell’istruttoria e dell’espletamento di due CTU, il Tribunale di Pavia, con la sentenza n. 7/2013 del 05/01/2013, accertava che il confine tra il mappale (OMISSIS) e il mappale (OMISSIS) dovesse essere individuato dalla continuazione ideale verso est del muro divisorio tra il fabbricato di cui al mappale (OMISSIS) e il fabbricato di cui al mappale (OMISSIS), quindi che l’area a nord del suddetto confine fosse di proprieta’ di (OMISSIS). Per l’effetto condannava i convenuti, previa disapplicazione della concessione in sanatoria n. (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS) e della DIA del (OMISSIS), a demolire il cancello, poiche’ insistente sul mappale di proprieta’ della (OMISSIS), nonche’ al risarcimento del danno, equitativamente determinato nella somma di Euro 3.200,00 (oltre a Euro 811,54 per spese per il compenso del geometra) a favore di (OMISSIS); nella somma di Euro 5.600,00 a favore di (OMISSIS), oltre al pagamento delle spese di lite.
Rigettava le ulteriori domande, posto che l’attrice non aveva fornito la prova che prima dello spostamento del cancello vi fosse la possibilita’ di parcheggiare; quanto alla determinazione delle modalita’ di esercizio della servitu’, non disponeva nulla, dal momento che solo a seguito del mutamento dello stato dei luoghi si sarebbe potuto verificare se un’auto parcheggiata sul mappale (OMISSIS) ostruisse o rendesse meno agevole l’accesso.
Proponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS), nella resistenza di (OMISSIS).
Gli appellanti chiedevano una nuova valutazione dei frazionamenti e delle mappe catastali, al fine di evidenziare l’erronea rappresentazione nelle mappe della lunghezza dei soli fabbricati e non dei cortili; rilevavano altresi’ che la proprieta’ del mappale (OMISSIS) non era mai appartenuta ad (OMISSIS), in quanto non era stato oggetto della donazione (OMISSIS)-(OMISSIS) (dante causa della (OMISSIS)), essendo menzionata nell’atto ai soli fini dell’individuazione del confine. Non poteva, pertanto, essere stata venduta alla (OMISSIS) la porzione di cortile contrassegnato con il mappale (OMISSIS), antistante il mappale (OMISSIS) (ex (OMISSIS)), poiche’ lo stesso non era di proprieta’ del suo dante causa.
Si costituiva l’appellata, replicando che l’area del mappale (OMISSIS) era ricavata dalla somma delle superfici dei sedimi precedentemente indicati come (OMISSIS) e (OMISSIS) (ex (OMISSIS)). Contestava l’ammissibilita’ della questione proposta dagli appellanti in quanto nuova, essendo stata posta per la prima volta in appello. Rilevava, inoltre, che gli stessi appellanti avevano fornito elementi incontestabili che escludevano la proprieta’ in capo agli stessi del predetto mappale. Dopo aver presentato una DIA per le opere di spostamento del cancello in cui affermavano la proprieta’ del mappale (OMISSIS), avevano successivamente rettificato tale dichiarazione, indicando che le opere sarebbero state eseguite sul mappale (OMISSIS). L’appellata, quindi, argomentava che in primo grado non era stato proposto un giudizio petitorio in ordine alla proprieta’ dei mappali citati e che non era mai stato messo in discussione che la proprieta’ degli appellanti fosse individuata con i mappali (OMISSIS) e (OMISSIS) (ora (OMISSIS)) e quella della (OMISSIS) con i mappali (OMISSIS) e (OMISSIS) (ora (OMISSIS)).
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 2806/2015 del 29/06/2015, in parziale accoglimento dell’appello, rigettava tutte le domande proposte da (OMISSIS) e (OMISSIS), confermando nel resto la sentenza, con compensazione delle spese di lite dei due gradi di giudizio.
La Corte osservava che nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, l’attrice, a riprova del diritto di proprieta’, aveva prodotto esclusivamente l’atto con il quale aveva acquistato l’immobile da tal (OMISSIS), che includeva nell’oggetto della vendita anche l’immobile individuato nel frazionamento del 2001 comprensivo del mappale (OMISSIS). A seguito del frazionamento del 2001, il mappale (OMISSIS) era stato suddiviso nei mappali (OMISSIS) e (OMISSIS), poi inclusi rispettivamente nei nuovi mappali (OMISSIS) (fabbricato) e (OMISSIS) (cortile). Ancorche’ la parte convenuta non avesse eccepito nulla di specifico in merito alla titolarita’ in capo alla (OMISSIS) del diritto di proprieta’ sul mappale (OMISSIS), trattandosi tuttavia di elemento costitutivo della domanda fatta valere, a parere della Corte, il difetto della titolarita’ del bene a tutela del quale si agiva era una questione rilevabile d’ufficio, essendo quindi inconferente la difesa dell’appellata in ordine al mancato esercizio dell’azione petitoria.
Esaminando la documentazione prodotta dal CTP di parte convenuta in occasione della seconda CTU disposta nel giudizio di primo grado, la Corte concludeva per la non titolarita’ in capo alla (OMISSIS) della proprieta’ del cortile contrassegnato con il mappale (OMISSIS), con la conseguente infondatezza delle domande di rimozione del cancello e di risarcimento dei danni, oltre che di quella finalizzata all’individuazione della linea di confine all’interno di quella porzione. Il mappale (OMISSIS) era stato escluso dall’oggetto della donazione del 21 maggio 1993 per notar (OMISSIS), con la quale (OMISSIS) aveva acquisito la proprieta’ dei beni poi venduti alla (OMISSIS), e veniva menzionato solo tra le coerenze dei beni oggetto del contratto. Attesa tale esclusione, la Corte d’Appello, sulla base della visura catastale del 17/11/1999, anteriore al frazionamento, accertava che il confine sud della proprieta’ (OMISSIS) era per tutta la sua estensione, compreso il cortile, posto in corrispondenza dell’estremita’ nord del mappale (OMISSIS), con prolungamento della linea ideale posta tra il mappale (OMISSIS) e il mappale (OMISSIS).
Allo stesso tempo, la Corte escludeva che gli appellanti avessero dimostrato che il loro diritto di proprieta’ si estendesse anche al mappale (OMISSIS), ovvero al cortile antistante il fabbricato di cui al mappale (OMISSIS) (ex (OMISSIS), ex (OMISSIS)). Il mappale (OMISSIS), infatti, era la risultante del frazionamento con cui si distinse il mappale (OMISSIS)bb (porzione di casa e tutto il cortile del mappale (OMISSIS)) dal mappale (OMISSIS), in vista della vendita a due acquirenti diversi (i danti causa degli appellanti avevano acquistato il (OMISSIS)). Ne’ poteva giungersi a diversa conclusione per effetto dell’ulteriore titolo di provenienza con cui gli appellanti avevano acquistato l’abitazione confinante con quella posta sul mappale (OMISSIS) e l’antistante cortile.
La Corte, pertanto, rigettava la domanda volta a individuare la linea di confine sul mappale (OMISSIS) in corrispondenza del cancello, concludendo per la stessa assenza del requisito dell’adiacenza dei fondi, indispensabile ai fini dell’esperimento dell’azione di regolazione dei confini avanzata da entrambe le parti.
Infine, dichiarava inammissibile la domanda di determinazione dei modi di esercizio della servitu’, non essendo state avanzate censure specifiche nell’appello, idonee a confutare la sentenza di primo grado.
(OMISSIS) propone ricorso per la cassazione della suddetta sentenza della Corte d’Appello di Milano, affidato a cinque motivi.
Si sono difesi con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS).
Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimita’ dell’udienza.

RAGIONI IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 950, 948, 2909 c.c., articoli 112, 163, 324, 329 c.p.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Il fatto che la Corte abbia considerato il diritto di proprieta’ elemento costitutivo della domanda implicherebbe, a parere della ricorrente, che in tal modo ha operato una diversa qualificazione della domanda in termini di azione di rivendicazione ai sensi dell’articolo 948 c.c., e non di azione di regolamento dei confini. Cio’ darebbe luogo alla violazione degli articoli 112, 324 c.p.c. e articolo 329 c.p.c., comma 2, non avendo mai gli appellanti contestato la qualificazione giuridica dell’azione effettuata dal Tribunale, la quale sarebbe cosi’ passata in giudicato.
L’azione di rivendicazione ai sensi dell’articolo 948 c.c. si distingue da quella di regolamento dei confini ex articolo 950 c.c. in quanto presuppone un conflitto di titoli, determinato dal convenuto, che nega la proprieta’ dell’attore contrapponendo un titolo di acquisto diverso e incompatibile con quello dell’attore. Nell’azione di regolamento dei confini, al contrario, i titoli di proprieta’ non sono in contestazione, l’unica incertezza attiene alla delimitazione delle rispettive proprieta’, a causa dell’incertezza oggettiva o soggettiva del confine.
La Corte d’Appello si sarebbe erroneamente concentrata solo sul mappale (OMISSIS), senza considerare che l’attrice chiedeva la determinazione del confine tra il mappale (OMISSIS), di sua proprieta’, e il mappale (OMISSIS), di proprieta’ dei convenuti. Cosi’ la Corte sarebbe incorsa nel vizio di extrapetizione, avendo alterato la causa petendi dell’azione di regolamento del confine, individuandola nella titolarita’ della proprieta’ e non nella situazione di incertezza dei confini.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 1, articolo 163 c.p.c., articoli 950 e 948 c.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Anche a ritenere che la Corte non sia incorsa in una indebita diversa qualificazione della domanda originaria, ma abbia statuito su di una domanda di rivendicazione introdotta da parte degli appellanti, quest’ultima, che richiede la rigorosa prova della proprieta’, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile in quanto proposta in appello per la prima volta. Non essendo mai stata avanzata nel giudizio di primo grado un’azione di rivendicazione, ma un’azione di regolamento dei confini, nella quale la prova della proprieta’ non e’ elemento costitutivo, la Corte avrebbe errato nel ritenere rilevabile d’ufficio l’assenza del presupposto di una domanda diversa da quella avanzata dalle parti.
Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 163, 115 e 116 c.p.c., articoli 950 e 2697 c.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
La Corte, pur correttamente qualificando l’azione come di regolamento di confini, avrebbe errato nell’individuazione dei presupposti di tale azione, che per costante giurisprudenza non presuppone la rigorosa prova della proprieta’ da parte dell’attore, in forza di un titolo di acquisto risalente a un periodo di tempo idoneo all’usucapione, ma la mera prova dell’incertezza del confine tra i fondi. Tale azione si trasforma in azione di rivendicazione, che presuppone la rigorosa prova della proprieta’, solo laddove il convenuto contesti la proprieta’ dell’attore, sollevi o prospetti tempestivamente un conflitto tra titoli di proprieta’ (circostanza non verificatasi nel caso di specie).
La Corte avrebbe, quindi, violato i principi dettati in relazione all’onere della prova dall’articolo 2697 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c. Ben potendo la prova della proprieta’ essere data con ogni mezzo nell’azione di regolamento dei confini, la Corte avrebbe dovuto valorizzare l’intervenuto frazionamento, l’atto di acquisto del mappale (OMISSIS) da parte della (OMISSIS), le difese dei convenuti in primo grado, dalle quali emergeva, non solo che non avevano mai messo in discussione la proprieta’ della (OMISSIS) sul mappale (OMISSIS), ma anche (in particolare dalla DIA del (OMISSIS) e dalla concessione in sanatoria del (OMISSIS)) che controparte aveva espressamente riconosciuto di non essere proprietaria del mappale (OMISSIS).
La sentenza sarebbe erronea per aver escluso la proprieta’ del mappale, valorizzando esclusivamente l’atto di donazione, nel cui oggetto non era ricompreso il mappale (OMISSIS), nonostante che il solo esame di un atto pubblico di acquisto, stipulato tra parti diverse da quelle in causa, non sia sufficiente a escludere che la signora (OMISSIS) fosse proprietaria del mappale.
I tre motivi, che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
La Corte d’Appello non e’ pervenuta a una diversa qualificazione della domanda, in termini di rivendicazione, ma ha esaminato le censure avanzate dagli appellanti rimanendo nell’ambito dell’azione di regolamento dei confini, avanzata dalle parti in primo grado.
Inconferente e’, quindi, il rilievo della ricorrente in merito alla asserita introduzione di una domanda di rivendicazione per la prima volta in appello, atteso che la decisione della controversia ha riguardato sempre ed esclusivamente l’originaria domanda di regolamento dei confini.
Questa conclusione emerge con chiarezza dalla lettura della sentenza impugnata, nella quale la Corte, nell’esaminare la domanda, fa riferimento al “diritto a ottenere oltre all’individuazione della corretta linea di confine anche la rimozione del cancello illegittimamente posto sul cortile” (cfr. sentenza p. 5), e perviene al rigetto per la stessa assenza del requisito dell’adiacenza dei fondi, “indispensabile ai fini dell’esperimento dell’azione di regolamento dei confini che entrambe le parti hanno inteso proporre, secondo la qualificazione operata dal Tribunale e in alcun modo censurata” (cfr. sentenza p. 7).
Essendo indubbio che non sia stata operata una diversa qualificazione (il che permette di affermare l’insussistenza della dedotta violazione sia del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sia del giudicato interno), deve parimenti escludersi qualunque violazione nell’accertamento dei presupposti della domanda di regolamento dei confini effettuato dalla Corte d’Appello.
La giurisprudenza, sul punto, e’ consolidata nel ritenere che la distinzione tra azione di rivendicazione ed azione di regolamento di confini va desunta non dall’esito della lite, bensi’ dalla natura della domanda proposta; si ha, pertanto, rivendicazione quando la contestazione ha per oggetto i rispettivi titoli di proprieta’, mentre l’azione va qualificata come regolamento di confini o qualora manchi una demarcazione visibile (incertezza oggettiva), oppure perche’ questa, pur esistendo, e’ inidonea a separare i fondi in modo certo e definitivo (incertezza soggettiva), anche se non vi e’ in atto il possesso promiscuo della zona intermedia (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2857 del 11/03/1995; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 28349 del 22/12/2011).
Ne consegue che, solo in caso di azione di rivendicazione, sull’attore incombe l’onere di fornire la prova del suo diritto di proprieta’ in forza di un titolo di acquisto originario o derivativo risalente ad un periodo di tempo atto all’usucapione.
Nell’azione di regolamento di confini, invece, non venendo in discussione i titoli di acquisto ma solo la determinazione quantitativa dell’oggetto della proprieta’ dei fondi confinanti, mentre l’attore e’ sollevato dall’onere di fornire la dimostrazione del suo diritto di proprieta’ in virtu’ di un titolo di acquisto originario o derivativo risalente ad un periodo di tempo atto all’usucapione, su entrambe le parti ricade l’onere probatorio, con la conseguenza che ogni mezzo di prova, anche tecnico o presuntivo, puo’ essere utilizzato per la formazione del convincimento del giudice (cfr. Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 10066 del 24/04/2018; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 15013 del 21/11/2000).
La differenza tra azione di rivendicazione e azione di regolamento dei confini attiene esclusivamente alla ripartizione dell’onere della prova di un elemento costitutivo. Infatti, nell’azione di rivendicazione la prova della proprieta’ deve essere data necessariamente dall’attore, altrimenti dovra’ essere applicato il disposto dell’articolo 2697 c.c., secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
L’azione di regolamento di confini, invece, si configura come una vindicatio incertae parti e l’onere della prova della situazione di incertezza sul confine e’ ripartito ugualmente tra attore e convenuto, non operando il principio per cui actore non probante reus absolvitur (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14993 del 07/09/2012; Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 3559 del 2016).
Alla luce di questi principi, ai quali il Collegio intende dare continuita’, tuttavia, avuto riguardo alla fattispecie in esame, l’attrice non poteva limitarsi a fondare la prova del suo diritto di proprieta’ invocando le risultanze di un atto di acquisto a titolo derivativo, nel momento in cui emergeva dagli atti di causa l’esistenza di un diverso documento che, come poi accertato dalla Corte, con una valutazione di fatto alla medesima riservata, era idoneo a comprovare l’insussistenza di tale diritto, trattandosi peraltro di atto che era rappresentativo di cio’ che era stato acquistato dal dante causa dell’attrice, e quindi comprovava cio’ che era effettivamente pervenuto a quest’ultima.
In questo senso, gia’ Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 66 del 19/01/1963 ha evidenziato che la prova della proprieta’ della singola quota e’ necessaria quando la contestazione abbia per oggetto una zona di confine, riguardo alla quale puo’ sorgere questione, in relazione alla interpretazione del titolo di acquisto, sul se la stessa sia o meno compresa nell’ambito del titolo, con affermazione di principio che conforta la conclusione secondo cui anche nell’azione di cui all’articolo 950 c.c., sebbene con modalita’ agevolate, e’ pur sempre necessario che sia fornita la dimostrazione della titolarita’ dei beni asseritamente posti a confine, di tal che la domanda non puo’ trovare accoglimento, nel caso in cui, dal materiale probatorio versato in atti, il giudice tragga il convincimento in fatto che la porzione immobiliare per la quale sia stata esercitata la domanda non appartenga alle parti in causa, mancando quindi un confine da regolare.
Nel caso in esame, pertanto, la Corte d’Appello ha correttamente rigettato la domanda di regolamento dei confini, non essendo stata fornita la prova della proprieta’ del mappale (OMISSIS), ne’ da parte degli appellanti ne’ da parte dell’appellata, trattandosi di elemento necessario, in relazione alla interpretazione del titolo di acquisto, sul se la stessa fosse o meno compresa nell’ambito del titolo, rilevante altresi’ per la stessa sussistenza del requisito dell’adiacenza tra i fondi confinanti, in assenza della quale non ricorre nemmeno il presupposto dell’azione di regolamento dei confini.
Ne’ appare censurabile la valutazione del materiale istruttorio effettuata dalla Corte, trattandosi di valutazioni discrezionali non sindacabili in sede di legittimita’ ove congruamente motivate.
La giurisprudenza ha chiarito che nell’individuazione del confine tra fondi limitrofi, il giudice di merito non puo’ prescindere dall’esame e dalla valutazione dei titoli d’acquisto delle rispettive proprieta’, atteso che questi costituiscono la base primaria per risolvere una situazione di fatto. (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3040 del 25/05/1979; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12742 del 23/12/1993; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5809 dell’11/06/1998; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8814 del 30/05/2003). La peculiarita’ dell’azione di regolamento dei confini risiede sicuramente nel fatto che la prova della proprieta’ sulla zona contestata possa essere data con ogni mezzo di prova, cosi’ che a tal fine, oltre gli atti traslativi della proprieta’ contenenti indicazioni sull’estensione dei fondi, e’ utilizzabile ogni mezzo istruttorio, ed anche la prova testimoniale, ammettendosi in ultima ipotesi il ricorso alle risultanze catastali, che hanno mero valore sussidiario (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8212 del 11/08/1990), ma cio’ non elide la necessita’ che la prova della proprieta’ comunque debba essere fornita, sicche’ ove la stessa sia stata reputata carente, in quanto sconfessata dagli stessi titoli di provenienza sui quali l’attrice fonda il proprio diritto, risulta conseguenziale il rigetto della domanda avanzata, risolvendosi le dedotte violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c. nel tentativo surrettizio di pervenire ad una diversa ricostruzione in fatto della vicenda, difforme da quella fornita dal giudice di merito, peraltro con motivazione logica e coerente.
Alcuna violazione quindi della regola di giudizio di cui all’articolo 2697 c.c. deve ritenersi perpetrata dal giudice di appello ne’ appare meritevole di accoglimento la deduzione secondo cui nel decidere la causa prendendo a riferimento il mappale (OMISSIS), la sentenza gravata avrebbe ecceduto dai limiti della domanda, volta invece a determinare il confine in relazione al diverso mappale n. (OMISSIS), non tenendo conto la censura della pacifica circostanza che tale ultimo mappale scaturisce proprio dalla fusione in esso del preesistente mappale (OMISSIS), essendo quindi la ricostruzione delle vicende proprietarie del medesimo funzionale alla decisione della controversia.
2. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione o falsa applicazione degli articoli 950, 2697 c.c., articolo 101 c.p.c., comma 2, articoli 115 e 116 c.p.c.
La Corte avrebbe erroneamente concluso per l’assenza del requisito dell’adiacenza dei fondi. Sostenendo la carenza della proprieta’ di una porzione del fondo in capo all’attrice, avrebbe negato un fatto storico non contestato in giudizio, ovvero il fatto che i fondi asseriti di proprieta’ dell’attrice e dei convenuti fossero adiacenti, non separati da alcunche’.
La sentenza, quindi, denoterebbe un travisamento di un fatto storico, la contiguita’ dei fondi, provato in atti e risultante dalla sentenza di primo grado.
Il motivo e’ destituito di fondamento.
Posto che il semplice difetto di contestazione non impone un vincolo di meccanica conformazione della decisione, in quanto il giudice puo’ sempre rilevare l’inesistenza della circostanza allegata da una parte anche se non contestata dall’altra, ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto, la carenza di titolarita’, attiva o passiva, del rapporto controverso e’ rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa (cfr. Cass., sez. un., 3 giugno 2015, n. 11377; Cass., Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016). Inoltre, l’onere di contestazione concerne le sole allegazioni in punto di fatto della controparte e non anche i documenti da essa prodotti, rispetto ai quali vi e’ soltanto l’onere di eventuale disconoscimento, nei casi e modi di cui all’articolo 214 c.p.c. o di proporre – ove occorra – querela di falso, restando in ogni momento la loro significativita’ o valenza probatoria oggetto di discussione tra le parti e suscettibile di autonoma valutazione da parte del giudice (cfr. Cass., Sez. 6 L, Ordinanza n. 6606 del 06/04/2016; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12748 del 21/06/2016).
Nel caso di specie, l’accertamento della titolarita’ della proprieta’ del mappale (OMISSIS) era necessario per accertare la sussistenza del requisito dell’adiacenza dei fondi e quindi della stessa legittimazione ad agire e resistere nell’azione di regolamento dei confini che, alla luce del disposto dell’articolo 950 c.c., presuppone che le parti in causa siano i proprietari di fondi confinanti (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 6333 del 06/12/1979; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8003 del 18/07/1991). In questo senso, in un precedente relativo a un caso di comproprieta’, questa Suprema Corte ha affermato che, poiche’ l’azione di regolamento di confini spetta unicamente ai proprietari confinanti, la mancata prova del diritto di comproprieta’ esclude la legittimazione attiva all’esercizio di tale azione (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 21245 del 10/10/2007).
Ne’ vale invocare la circostanza che in fatto, e verosimilmente per effetto dell’occupazione materiale del mappale (OMISSIS) da parte dell’attrice, vi sia apparente contiguita’ tra i due fondi in causa, atteso che in punto di diritto, e sulla scorta della puntuale disamina dei titoli di provenienza effettuata dal giudice di merito, e’ stata accertata la carenza di proprieta’ in capo alla ricorrente, superando in tal modo anche l’effetto della non contestazione intervenuta tra le parti.
Va, infatti, ribadito che il mero difetto di contestazione specifica, ove rilevante, non impone in ogni caso al giudice un vincolo assoluto (per cosi’ dire, di piena conformazione), obbligandolo a considerare definitivamente come provata (e quindi come positivamente accertata in giudizio) la legittimazione rappresentativa non contestata, in quanto il giudice puo’ sempre rilevare l’inesistenza del fatto allegato da una parte anche se non contestato dall’altra, ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto (cfr. Sez. lav., 6 dicembre 2004, n. 22829; Sez. lav., 8 agosto 2006, n. 17947; Sez. lav., 10 luglio 2009, n. 16201; Sez. lav., 4 aprile 2012, n. 5363), sicche’ correttamente la sentenza gravata, in presenza di titoli comprovanti le vicende traslative poste dalla stessa attrice a sostegno del proprio diritto, ha ritenuto di dover prescindere dalla precedente non contestazione, dando preminenza quindi a quanto provato, e non gia’ al solo effetto della non contestazione che e’ l’esclusione del fatto non contestato dal thema probandum (e cio’ anche a tacere del fatto che il motivo di ricorso non appare specificamente rivolto a contrastare l’affermazione del giudice di appello di cui all’ultimo capoverso di pag. 6, secondo cui la posizione dei convenuti, che asserivano di avere legittimamente operato sulla loro proprieta’, valeva come contestazione di quella di controparte).
3. Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 e articolo 111 Cost., comma 6.
La sentenza nel suo complesso sarebbe priva di motivazione validamente resa per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile.
Il motivo e’ infondato.
Alla luce dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, nel testo introdotto dalla L. n. 134 del 2012, il vizio denunciabile e’ limitato all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che e’ stato oggetto di discussione fra le parti, essendo stata cosi’ sostituita la precedente formulazione (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio). La riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata (a prescindere dal confronto con le risultanze processuali). Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. S.U. 8053/2014). Pertanto, non possono essere sollevate doglianze per censurare, ai sensi dell’articolo 360, n. 5 citato, la correttezza logica del percorso argomentativo della sentenza, a meno che non sia denunciato come incomprensibile il ragionamento ovvero che la contraddittorieta’ delle argomentazioni si risolva nella assenza o apparenza della motivazione (in tal caso, il vizio e’ deducibile quale violazione della legge processuale ex articolo 132 c.p.c.).
Le Sezioni Unite (Cass. 8054/2014) hanno altresi’ sottolineato che “l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per se’ vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie”.
La correttezza della decisione impugnata, emersa dall’esame degli altri motivi di ricorso, esclude che possa sussistere alcun vizio di motivazione censurabile in sede di legittimita’, ben potendo essere compreso dalla lettura della decisione gravata il percorso motivazionale che ha portato la Corte a rigettare le domande della ricorrente, rinvenendolo nel difetto della titolarita’ della legittimazione ad agire a seguito della mancata prova del diritto di proprieta’ del mappale (OMISSIS).
4. Al rigetto del ricorso consegue altresi’ la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio.
5. Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese di legittimita’, che liquida in complessivi Euro 4.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi ed accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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