Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 18 settembre 2020, n. 19604.
In tema di arbitrato in caso di inesistenza del lodo arbitrale, per mancanza del compromesso o della clausola compromissoria, ovvero perché la materia affidata alla decisione degli arbitri è estranea a quelle suscettibili di formare oggetto di compromesso, alla corte d’appello è precluso il passaggio alla fase rescissoria, mancando in radice la “potestas decidendi” degli arbitri, mentre le eventuali difformità dai requisiti e dalle forme del giudizio arbitrale possono provocare la dichiarazione di nullità del lodo, con la conseguenza che il giudice dell’impugnazione è tenuto a pronunciare nel merito, senza possibilità di distinguere tra le varie ipotesi che abbiano dato luogo alla rilevata censura.
Ordinanza 18 settembre 2020, n. 19604
Data udienza 14 luglio 2020
Tag/parola chiave: Arbitrato – Appalto di servizio – Regione Calabria – Elisoccorso – Differenze tariffarie – Pagamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giusepp – rel. Consigliere
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 375/2017 proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., poi s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), in forza di procura speciale a margine del ricorso e successiva nuova elezione di domicilio in forza di atto 9/4/2019 a rogito Notaio (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), e rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), dell’Avvocatura Regionale, in forza di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6150/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/07/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
FATTI DI CAUSA
1. Con domanda di arbitrato notificata il 12/7/2010 la societa’ (OMISSIS) s.p.a., avvalendosi della clausola compromissoria contenuta nell’articolo 86 del contratto di appalto del 26/11/1999 intercorso con la Regione Calabria, ha promosso il giudizio arbitrale per ottenere dalla Regione Calabria il pagamento di differenze tariffarie relative a servizi secondari aggiuntivi rispetto alle prestazioni principali di elisoccorso eseguite in forza del contratto di appalto, invece regolarmente pagate.
In data 26/11/1999 (OMISSIS) e la Regione Calabria avevano stipulato un contratto per l’affidamento del servizio regionale di elisoccorso per anni cinque dall’attivazione, avvenuta il 1/3/2000 con l’apertura della base di Lamezia Terme presso l’Ospedale (OMISSIS); il servizio primario di trasporto di una equipe medica sul luogo dell’emergenza era retribuito con un corrispettivo misto, composto da una base fissa mensile e una somma variabile correlata alle ore di volo effettuate; l’articolo 82 del contratto prevedeva inoltre la possibilita’ di chiamate estemporanee, configuranti ipotesi di servizio aggiuntivo per cui era stabilito un compenso per ogni ora di volo, basato su di un sistema complesso di ricalcolo; il 4/6/2011, in applicazione dell’articolo 13 in tema di estensioni del contratto era stato stipulato un atto aggiuntivo con cui era stato affidato a (OMISSIS) l’attivazione di una ulteriore base a Locri presso il locale presidio ospedaliero, dapprima per sei mesi in via sperimentale e poi proseguito al pari del rapporto principale; alla scadenza del contratto (28/2/2005) il rapporto era proseguito in virtu’ di reiterate proroghe semestrali disposte con leggi regionali sino al 31/12/2007, a partire dalla Legge Regionale 16 febbraio 2005, n. 2 sino alla Legge Regionale 20 giugno 2007, n. 12; successivamente, all’esito di procedure negoziate senza pubblicazione di bando per le basi di Lamezia Terme e Locri e per la base di Montalto Offugo di nuova istituzione il servizio di elisoccorso era stato affidato a (OMISSIS) dal 1/1/2008 al 30/6/2008; la Regione aveva poi chiesto a (OMISSIS) di continuare il servizio anche dopo la scadenza, nelle more della procedura negoziata, all’esito della quale interveniva Delib. 29 luglio 2008 del Commissario delegato per l’affidamento del servizio protratto sino al 30/6/2009 e quindi prorogato al 31/7/2009.
Con la richiesta di arbitrato (OMISSIS) aveva chiesto la condanna della Regione al pagamento di Euro 20.199.394,11 oltre accessori, quale corrispettivo dei trasferimenti secondari effettuati per trasferire pazienti da un ospedale ad un altro, secondo la tariffazione prevista dall’articolo 82 del contratto (domanda sub A); la condanna della Regione al pagamento di Euro 174.352,08 oltre accessori, quale ristoro per il trasferimento della base dall’Ospedale (OMISSIS) all’aeroporto di Lamezia Terme (domanda sub B); la condanna della Regione al pagamento di Euro 43.881,38 oltre accessori, quale partita debitoria non pagata per imposta sul valore aggiunto su prestazioni effettuate (domanda sub C); in subordine, la condanna della Regione a pagare i predetti importi a titolo di arricchimento senza causa (domanda sub D).
La Regione Calabria ha resistito alla pretesa.
Con lodo del 12/7/2011, depositato il 18/7/2011, in parziale accoglimento delle domande di (OMISSIS), gli arbitri hanno condannato la Regione Calabria a pagare a favore di (OMISSIS) s.p.a. le somme di Euro 14.880.438,68, a titolo di corrispettivo di trasferimenti secondari, oltre interessi e rivalutazione monetaria (domanda sub A), e di Euro 43.200,00 oltre interessi e rivalutazione a titolo di rimborso spese anticipate (domanda sub B); gli arbitri invece si sono dichiarati incompetenti quanto alla domanda sub C) e hanno dichiarata assorbita la domanda sub D), a spese compensate.
2. La Regione Calabria ha proposto impugnazione avverso il lodo ex articolo 828 c.p.c., a cui ha resistito la societa’ (OMISSIS).
Con sentenza del 18/10/2016 la Corte di appello di Roma ha dichiarato la nullita’ del lodo, rigettando tutte le domande di (OMISSIS), a spese integralmente compensate.
La Corte di appello, rigettate le eccezioni preliminari sollevate da (OMISSIS) (vizio di notificazione, omessa esposizione dei fatti di causa, difetto di jus postulandi dei difensori della Regione), ha accolto il secondo motivo di impugnazione della Regione Calabria, ritenendo che la clausola compromissoria non potesse ricomprendere i servizi oggetto di causa, autonomi ed estranei al contratto di appalto iniziale poi prorogato; pertanto e’ stato dichiarato nullo il lodo per difetto di potestas judicandi del collegio arbitrale in difetto di clausola compromissoria applicabile alla controversia.
La Corte territoriale ha poi ritenuto fondati gli altri motivi di ricorso della Regione, osservando che la domanda di (OMISSIS) era contraria a norme imperative comunitarie ed era disciplinata da norme regionali dichiarate incostituzionali per ragioni di riserva statale, e rilevando altresi’ la contrarieta’ a norme comunitarie per assenza di procedura ad evidenza pubblica; secondo la Corte di appello non meritavano accoglimento neppure le domande di arricchimento senza causa e di risarcimento dei danni ulteriormente proposte da (OMISSIS).
3. Avverso la predetta sentenza del 18/12/2016 e notificata in pari data, con atto notificato il 19/12/2016 ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) s.p.a. svolgendo cinque motivi.
Con atto notificato il 16/1/2017 ha proposto controricorso la Regione Calabria, chiedendo la dichiarazione di inammissibilita’ o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La Regione Calabria ha proposto un’eccezione preliminare di inammissibilita’ del ricorso.
1.1. La controricorrente premette che il ricorso introduttivo le era stato notificato a mezzo PEC come copia informatica di atto originariamente firmato su supporto analogico, ottenuta mediante scansione, in violazione delle regole del Codice dell’amministrazione digitale (Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82) poiche’ l’articolo 22 del C.a.d. ammette tale possibilita’ solo per atti formati o provenienti da terzi e non per i documenti formati direttamente dall’avvocato, come il ricorso per cassazione, che rientrano nell’ambito dell’articolo 21 e necessitano di firma digitale.
1.2. L’eccezione non puo’ essere condivisa.
In primo luogo, la notificazione del ricorso ha conseguito il suo scopo in conseguenza della notificazione del controricorso e dalla costituzione della parte intimata, che si e’ difesa nel merito, in virtu’ del generale principio di sanatoria dei vizi degli atti processuali del raggiungimento dello scopo ex articolo 156 c.p.c., comma 3, (Sez. 5, n. 18402 del 12/07/2018, Rv. 649616 – 01; Sez. 6 – 5, n. 14042 del 01/06/2018, Rv. 648750 – 01; Sez. L, n. 7703 del 28/03/2018, Rv. 648261 – 02; Sez. U, n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640604 – 01).
Ne’, d’altro canto, appare convincente il tentativo della Regione controricorrente di spostare i termini del discorso dalla notificazione “a cio’ che e’ stato oggetto della notifica” (controricorso, pag. 3, § 1, primo paragrafo): il vizio proclamato dalla controricorrente non attiene all’atto (ricorso) notificato, ma alla forma della sua notificazione.
1.3. In ogni caso la L. 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 3 bis (inserito dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16-quater, comma 1, lettera d), come introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 19, punto 2), con la decorrenza di cui al esimo articolo 16-quater, comma 3) al comma 1 dispone che la notificazione con modalita’ telematica ad opera del difensore si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e puo’ essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.
Il comma 2 dello stesso articolo (modificato dal Decreto Legge 27 giugno 2015, n. 83, articolo 19, comma 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132) prevede che quando l’atto da notificarsi non consiste in un documento informatico (come in questo caso, ove si tratta di un atto difensivo redatto su supporto cartaceo o, piu’ modernamente, analogico) l’avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell’atto formato su supporto analogico, attestandone la conformita’ con le modalita’ previste dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16-undecies convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e che la notifica si esegue mediante allegazione dell’atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata.
E’ quindi evidente che la doglianza della Regione e’ ingiustificata, poiche’ il ricorrente ha seguito scrupolosamente le indicazioni normative.
Ed in effetti il Decreto Ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44, articolo 18, comma 4, (recante il Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del Decreto Legge 29 dicembre 2009, n. 193, articolo 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24) prevede che l’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’articolo 22, comma 2 codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformita’ all’originale nella relazione di notificazione, a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 3-bis, comma 5.
1.3. La Regione Calabria si duole altresi’, come dato “di estrema importanza”, che non le sia stata notificata la procura speciale allegata al ricorso scansionata e firmata digitalmente ai sensi del Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 18 e dell’articolo 83 c.p.c., comma 3.
1.4. Anche a prescindere dalla sanatoria ex articolo 156 c.p.c. le norme indicate come violate sono inconferenti rispetto al caso di specie.
Secondo l’articolo 83 c.p.c., comma 3, la procura speciale puo’ essere anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso del controricorso, della comparsa di risposta o d’intervento, del precetto o della domanda d’intervento nell’esecuzione, ovvero della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato; in tali casi l’autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore; la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia pero’ congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti e’ stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica.
Nella fattispecie la procura non e’ stata conferita a parte su foglio separato (articolo 83 c.p.c., comma 3, terzo periodo), ma tradizionalmente a margine del primo foglio del ricorso con sottoscrizione e firma di autentica su supporto analogico.
E’ evidente pertanto che il requisito di forma dell’atto da notificare e’ assolto con l’osservanza delle forme e delle regole previste dalla legge per l’atto (il ricorso) sul quale la procura e’ apposta a margine, e quindi con l’estrazione di copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico e conseguente asseverazione.
Il Regolamento di cui al Decreto Ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44, articolo 18, comma 5, citato, che prevede, nella sua prima parte, che la procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando e’ rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto e’ notificato e, nella sua seconda parte, che tale disposizione si applica anche quando la procura alle liti e’ rilasciata su foglio separato del quale e’ estratta copia informatica, anche per immagine.
Le due ipotesi si riferiscono alla procura alle liti rilasciata su foglio separato congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia, di cui al ridetto articolo 83, comma 3, terzo periodo; ossia alla procura considerata per fictio legis apposta in calce all’atto.
Entrambe tali ipotesi non hanno nulla a che vedere con la fattispecie, laddove (OMISSIS) ha provveduto a notificare ricorso per cassazione con procura estesa a margine del suo primo foglio.
2. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., nn. 4 e 3, la ricorrente deduce nullita’ della sentenza e del procedimento e violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., articoli 808, 808 quater c.p.c., articolo 829 c.p.c., comma 1, n. 4.
2.1. Con il secondo motivo di impugnazione del lodo la Regione Calabria aveva contestato il collegamento del contratto del 26/11/1999, albergante la clausola compromissoria, con le successive prestazioni effettuate in ampliamento del contratto, criticando il lodo laddove era stata ritenuta sussistente una valida clausola compromissoria.
Secondo la ricorrente, la decisione di accoglimento della Corte romana era viziata sotto due profili: da un lato, per la violazione delle norme sopra citate, consumata con il travisamento del contratto, della clausola compromissoria e del comportamento delle parti, dall’altro per l’error in procedendo compiuto nell’interpretare il contratto e la clausola.
La Corte di appello non ha richiamato, ne’ interpretato la clausola, senza indicare le ragioni per cui essa non potesse riferirsi ai servizi secondari, prescindendo dalla volonta’ espressa dalle parti per desumere la loro comune intenzione per escludere in astratto e in via puramente teorica che le successive prestazioni effettuate in ampliamento del contratto originario potessero esservi collegate. La motivazione era quindi letteralmente inesistente.
Al contrario la clausola compromissoria di cui all’articolo 86 del contratto 26/11/1999, con la sua ampia formulazione, inclusiva di ogni controversia su questioni inerenti al presente appalto e non di competenza esclusiva dell’autorita’ giudiziaria ordinaria, copriva sia i servizi principali riferiti all’elisoccorso in partenza dalla base di Lamezia, sia quelli secondari o aggiuntivi di cui agli articoli 13 e 82 dello stesso contratto.
Nel capitolato speciale richiamato quale parte integrante della normativa di gara (articoli 1 e 17) era previsto che l’amministrazione potesse procedere alla modifica e/o aumento dei servizi prestati in relazione alle possibili evoluzioni del sistema di elisoccorso regionale, sia pur previo apposito provvedimento e atto aggiuntivo in estensione.
L’articolo 1 del contratto in tema di affidamento del servizio richiamava gli articoli 7.1. 7.2. e 7.3. del capitolato speciale.
Tale previsione circa le possibilita’ di estensione era ripresa anche dall’articolo 13 del contratto che richiamava il citato articolo 17 del capitolato speciale.
(OMISSIS) aveva agito per ottenere il pagamento della differenza di tariffazione prevista per i servizi svolti in partenza dalle basi di Lamezia Terme e di Locri (in virtu’ dell’estensione di contratto ex articolo 13 formalizzato con atto aggiuntivo) dal 2000 sino al 2005 e poi, in virtu’ di varie proroghe contrattuali sino alla fine del 2007, mentre gli stessi arbitri avevano dichiarato la loro incompetenza per i servizi forniti nel 2008 e nel 2009, perche’ la remunerazione era stata calcolata applicando la tariffa ordinaria b) per ogni ora di volo ex articolo 71, senza applicazione della tariffa maggiorata prevista dall’articolo 82; si discuteva pertanto di una mera maggiorazione tariffaria di remunerazione di servizi svolti e gia’ evidentemente ritenuti rientranti nella convenzione dalla stessa amministrazione regionale. Si trattava, cioe’, di servizi previsti e disciplinati dal contratto anche sotto il profilo della tariffazione; la loro effettiva esecuzione era pacifica e si discuteva solamente del corretto compenso per essi previsti nel contratto intercorso fra le parti.
Per l’assegnazione dell’appalto si era proceduto con gara pubblica come previsto per gli appalti sopra soglia e l’articolo 82 del contratto, al pari dell’articolo 90 del capitolato speciale, descriveva gli specifici interventi e di elisoccorso per cui era prevista la tariffazione speciale; la rilevanza quantitativa di tali servizi doveva essere valuta a monte e non a valle della gara e cio’ non poteva comunque incidere sul fatto incontestabile della loro previsione nella normativa di gara e nel contratto di appalto.
2.2. La Regione Calabria sostiene che il motivo sopra esposto sarebbe inammissibile in ragione della sua formulazione mista, per la commistione di mezzi di ricorso eterogenei e si duole della riunione all’interno dello stesso motivo della doglianza di violazione o falsa applicazione di norme di diritto a quella di nullita’ del sentenza per difetto di motivazione, previste rispettivamente dall’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4.
Un ampio indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, in tema di motivi promiscui, non ritiene consentito proporre cumulativamente due mezzi di impugnazione eterogenei (violazione di legge e vizio motivazionale), in contrasto con la tassativita’ dei motivi di ricorso e riversando impropriamente con tale tecnica espositiva sul giudice di legittimita’ il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Sez.3, 23/6/2017 n. 15651; Sez.6, 4/12/2014 n. 25722; Sez. 2, 31/1/2013 n. 2299; Sez.3, 29/5/2012 n. 8551; Sez.1, 23/9/2011 n. 19443; Sez.5, 29/2/2008 n. 5471). Appare infatti inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360 c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorieta’ della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimita’ il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’articolo 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, cosi’ attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimita’ il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Sez. 1, n. 19443 del 23/09/2011, Rv. 619790 – 01).
Tuttavia nella giurisprudenza di questa Corte si e’ anche ritenuto che l’inammissibilita’ in linea di principio della mescolanza e della sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, possa essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Sez.6, 09/08/2017 n. 19893; Sez.un. 6/5/2015, n. 9100).
In particolare, le Sezioni Unite con la sentenza n. 17931 del 24/7/2013 hanno ritenuto che, ove tale scindibilita’ sia possibile, debba ritenersi ammissibile la formulazione di unico articolato motivo, nell’ambito del quale le censure siano tenute distinte, alla luce dei principi fondamentali dell’ordinamento processuale, segnatamente a quello, tradizionale e millenario, iura novit curia, ed a quello, di derivazione sovranazionale, della c.d. “effettivita’” della tutela giurisdizionale, da ritenersi insito nel diritto al “giusto processo” di cui all’articolo 111 Cost., elaborato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ed inteso quale esigenza che alla domanda di giustizia dei consociati debba, per quanto possibile e segnatamente nell’attivita’ di interpretazione delle norme processuali, corrispondere una effettiva ed esauriente risposta da parte degli organi statuali preposti all’esercizio della funzione giurisdizionale, senza eccessivi formalismi.
Nella fattispecie, tale operazione di scissione puo’ essere compiuta senza troppe difficolta’ nell’ambito delle deduzioni della societa’ ricorrente, isolando le censure volte a denunciare la nullita’ della sentenza per assenza di motivazione, evidentemente prioritarie sotto il profilo logico, da quelle relative alla violazione di legge.
2.3. Secondo il Collegio, la ricorrente coglie puntualmente il segno laddove denuncia error in procedendo ex articolo 360 c.p.c., n. 4 e lamenta la nullita’ della sentenza accompagnata da una motivazione, se non graficamente inesistente, meramente apparente circa le ragioni di accoglimento del secondo motivo di impugnazione del lodo proposto dalla Regione in punto riconducibilita’ della controversia alla clausola compromissoria contenuta nell’articolo 86 del contratto di appalto del 26/11/1999 inter partes.
Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte la motivazione e’ solo apparente, e la sentenza e’ nulla perche’ affetta da error in procedendo, in violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e articolo 111 Cost., comma 6, quando, pur esistendo solo “graficamente”, non renda percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le piu’ varie, ipotetiche congetture (Sez. U, n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01; Sez. L, n. 3819 del 14/02/2020, Rv. 656925 – 02; Sez. 6 – 5, n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145 – 01; Sez. L, n. 27112 del 25/10/2018, Rv. 651205 01; Sez. 1, n. 16057 del 18/06/2018, Rv. 649281 – 01; Sez. 3, n. 7402 del 23/03/2017, Rv. 643692 – 02; Sez. 5, n. 20648 del 14/10/2015, Rv. 636648 – 01; Sez. L, n. 161 del 08/01/2009, Rv. 606377 – 01).
2.4. La Corte di appello per stabilire se la clausola compromissoria contenuta nel contratto di appalto del 26/11/1999 potesse riferirsi alla controversia promossa da (OMISSIS) e giudicata dagli arbitri avrebbe dovuto esaminare il contenuto della clausola stessa in rapporto alla domanda o alle domande azionate dall’attrice, scrutinate nei loro profili identificativi (personae, petitum e causa petendi: parti, bene della vita richiesto e titolo giuridico della pretesa) e verificare, all’esito dell’interpretazione del contratto condotta secondo le regole del codice di cui agli articoli 1362 c.c. e ss., in primis, indagando la comune intenzione delle parti, senza limitarsi al senso letterale delle parole e valutando il loro comportamento complessivo, anche posteriore alla conclusione del contratto, se la prima (la clausola) potesse includere le seconde (le controversie proposte).
Di siffatta fondamentale operazione logica nella motivazione della sentenza impugnata non v’e’ neppure l’embrione.
Il contenuto testuale della clausola contenuta nell’articolo 86 non solo non e’ stato esaminato ma neppure e’ stato riferito; tantomeno la Corte capitolina si e’ data cura di determinare con esattezza la causa petendi delle domande azionate da (OMISSIS) per porle in relazione alla clausola.
Cio’ ha condotto la Corte di appello a ignorare completamente il fatto che i servizi secondari e aggiuntivi per cui (OMISSIS) richiedeva il pagamento di un supplemento tariffario erano pur sempre servizi che costituivano oggetto del capitolato speciale annesso ai bando di gara e del contratto di appalto e che almeno quelli in partenza dalla base sita presso l’Ospedale Civile (OMISSIS) erano ab origine previsti dallo stesso contratto del 26/11/1999 e in particolare dall’articolo 82, corrispondente all’articolo 90 del c.s.a., quali interventi di elisoccorso per “trasporto per forniture urgenti di sangue, plasma e loro derivati, antidoti e farmaci rari, i trasporti per attivita’ di trapianto, i trasferimenti su tratte extra-regionali, la predisposizione di servizi di assistenza sanitaria a manifestazioni sportive, religiose o culturali di massa o altre attivita’ simili”.
Del pari e’ stato completamente ignorato il fatto che per i servizi in partenza dalla base di Locri, aggiunta successivamente, il contratto (arti. e 13) richiamava il capitolato speciale (articolo 17) e prevedeva appunto la possibilita’ di estensioni aggiuntive successivamente formalizzate con atti appositi.
Tanto meno la Corte di appello ha considerato che la controversia verteva sulla misura della remunerazione dei servizi aggiuntivi che la Regione aveva ritenuto di compensare alla stregua dei servizi ordinari con la tariffa per ora di volo di cui all’articolo 71 del contratto, mentre (OMISSIS) richiedeva la speciale remunerazione prevista, appunto contrattualmente, ex articolo 82, con applicazione di una speciale maggiorazione tariffaria per “chiamata estemporanea (ricalcolo nella misura di 1/360 della somma delle tariffe A e B, aumentate del 20%).
La Corte di appello si e’ limitata ad affermare che i servizi secondari de quibus non potevano definirsi accessori ma concernevano prestazioni autonome e differenti, senza minimamente valutare se essi erano o meno previsti nel contratto, come sosteneva (OMISSIS) e come implicitamente aveva riconosciuto la stessa Regione, avendoli pagati, sia pur applicando una diversa tariffa contrattuale; ha quindi svolto una considerazione del tutto estranea al tema della determinazione della volonta’ contrattuale delle parti espressa nella clausola, legata alla incidenza economica verificata a posteriori delle prestazioni in questione e comunque del tutto oscura nella sua rilevanza interpretativa del negozio giuridico.
Infine la Corte di appello di Roma ha sostenuto che il fatto che si trattasse di veri e propri servizi aggiuntivi con attivazione di un altro elicottero determinava l’impossibilita’ di considerare tali servizi come accessori, senza in alcun modo delucidare come tale circostanza potesse espungere le controversie inerenti a tali servizi, se previsti dal contratto, dal novero di quelle devolute al collegio arbitrale.
2.5. Non resta che concludere, in via dirimente, che la sentenza impugnata e’ sorretta da una mera apparenza di motivazione in ordine all’accoglimento del secondo motivo di impugnazione proposto dalla Regione calabrese, del tutto inidonea a dar conto del percorso logico giuridico seguito dal giudice e tantomeno a giustificare l’operazione interpretativa che gli era demandata: se cioe’ la convenzione di arbitrato pattuita con la clausola compromissoria dell’articolo 86 del contratto 26/11/1999 si riferisse anche alle controversie relative al pagamento dei servizi aggiuntivi previsti dall’articolo 82 del medesimo contratto, anche in relazione alle estensioni successive formalizzate ex articolo 13 (con riferimento ai servizi con partenza dalla base di Locri).
3. La ricorrente ha proposto quattro ulteriori motivi di ricorso.
3.1. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente denuncia nullita’ della sentenza e del procedimento e violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c.
La ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello, dopo aver dichiarato la nullita’ del lodo per difetto di potestas judicandi del collegio arbitrale in assenza di clausola compromissoria applicabile alla controversia, abbia esaminato e respinto la sua domanda di indennizzo per indebito arricchimento, che era stata proposta solo in via subordinata nel caso di accoglimento della domanda subordinata della Regione, relativa alla nullita’ delle proroghe:
Secondo la ricorrente, la domanda della Regione era “evidentemente” rimasta assorbita per effetto della statuizione sulla nullita’ del lodo e quindi la Corte non avrebbe dovuto esaminare la sua domanda subordinata: facendolo, era incorsa in ultrapetizione.
3.2. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’articolo 136 Cost., in riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 320 del 2008.
Secondo la ricorrente, la retroattivita’ della dichiarazione di illegittimita’ costituzionale delle leggi regionali di proroga non poteva pregiudicare il suo diritto al compenso per le prestazioni eseguite in forza del contratto prorogato; nell’ambito del rapporto di durata si configurava un suo diritto di credito quesito alla remunerazione delle prestazioni effettuate.
In ogni caso, l’illegittimita’ costituzionale della legge regionale di proroga non poteva proiettare alcun effetto sulle prestazioni eseguite per il periodo anteriore al 2007, dal momento che (OMISSIS) aveva svolto e chiedeva il pagamento di servizi aggiuntivi per tutto l’arco di tempo dal 2000 al 2007.
3.3. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 537 del 1993, articolo 6, comma 1, della L. 62 del 2005, articolo 23 del Decreto Legislativo n. 157 del 1995, del Decreto Legislativo n. 163 del 2006, nonche’ comunque degli articoli 808, 829, 830 c.p.c.
Secondo la ricorrente la disciplina vigente al momento di scadenza del contratto di appalto ammetteva la proroga del contratto in corso.
3.5. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2041 c.c. e ss., del Decreto Legge 2 marzo 1989, n. 66, articolo 23, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articolo 191 non essendovi stato nella fattispecie alcun affidamento del servizio da parte di un singolo amministratore locale ma proroghe disposte con leggi regionali.
4. Occorre preliminarmente riflettere su un profilo specifico della decisione impugnata, non messo correttamente a fuoco dalle parti.
4.1. La Corte di appello romana, dopo aver accolto il secondo motivo di ricorso della Regione e dopo aver dichiarato la nullita’ del lodo per difetto di potestas judicandi del collegio arbitrale in assenza di clausola compromissoria applicabile alla controversia, cosi’ esaurendo la fase rescindente del giudizio, ha ritenuto di dover esaminare i restanti motivi di impugnazione della Regione e ha esaminato altresi’ nel merito la domanda di (OMISSIS), rigettandola perche’ ritenuta “contraria a norme imperative comunitarie e disciplinata da norme regionali dichiarate incostituzionali per ragioni di riserva statale, rilevando altresi’ la contrarieta’ a norme comunitarie per assenza di procedura ad evidenza pubblica”; secondo la Corte di appello, non meritavano accoglimento neppure le domande di arricchimento senza causa e di risarcimento dei danni ulteriormente proposte da (OMISSIS).
4.2. In tal modo la Corte di appello, dando ingresso alla fase rescissoria del giudizio, e’ incorsa in palese violazione della legge processuale.
L’articolo 830 c.p.c., sostituito dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 24 a far data dal 2/3/2006, applicabile ai sensi dell’articolo 27, comma 4 stesso decreto ai procedimenti arbitrali nei quali la domanda di arbitrato e’ stata proposta successivamente alla sua entrata in vigore (e quindi anche all’arbitrato de quo, radicato nel 2010) prevede che la Corte d’appello decida sull’impugnazione per nullita’ e, se l’accoglie, dichiari con sentenza la nullita’ del lodo; solo nel caso in cui il lodo e’ annullato per i motivi di cui all’articolo 829, comma 1, nn. 5), 6), 7), 8), 9), 11) o 12), commi 3, 4, 5, la Corte d’appello decide la controversia nel merito salvo che le parti non abbiano stabilito diversamente nella convenzione di arbitrato o con accordo successivo.
Poiche’ il lodo era stato annullato per uno dei motivi indicati nei primi quattro punti dell’articolo 829, comma 1 e in particolare per il motivo di cui al punto 4, e cioe’ perche’ gli arbitri avevano pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato, la Corte di appello avrebbe dovuto limitarsi alla fase rescindente, senza dar ingresso alla fase rescissoria e senza esaminare il merito delle pretese di (OMISSIS).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, in tema di arbitrato, soltanto nelle ipotesi di inesistenza del lodo arbitrale (per inesistenza del compromesso o della clausola compromissoria o perche’ la materia affidata alla decisione degli arbitri e’ estranea a quelle suscettibili di formare oggetto di compromesso), alla Corte d’appello e’ precluso il passaggio alla fase rescissoria, mancando in radice la potestas decidendi, e configurandosi quindi l’eventuale pronuncia arbitrale come una vera e propria usurpazione di potere.
Al contrario, le eventuali difformita’ dai requisiti e dalle forme del giudizio arbitrale possono provocare solo la nullita’ del lodo, con la conseguenza che la corte d’appello e’ tenuta sempre a pronunciare nel merito, senza possibilita’ di distinguere tra le varie ipotesi che abbiano dato luogo alla rilevata censura (Sez. 1, n. 22083 del 16/10/2009, Rv. 610314 – 01; Sez. 1, n. 15445 del 14/09/2012, Rv. 623814 – 01; Sez. 1, n. 20128 del 03/09/2013, Rv. 627741 – 01; Sez. 1, n. 19025 del 12/12/2003, Rv. 568821 – 01).
La ratio della regola e’ chiara: nei primi quattro punti dell’articolo 829 c.p.c., comma 1 il vizio attiene radicalmente alla instaurazione del giudizio arbitrale, sicche’ una pronuncia rescissoria da parte della Corte di appello determinerebbe la perdita di un grado di giurisdizione di merito.
4.3. Nessuna delle parti ha censurato il predetto error in procedendo.
Non lo ha fatto certamente la Regione controricorrente, non avendo evidentemente interesse a dolersi di una pronuncia che le dava ragione nel merito, respingendo le domande avversarie; la Regione, per vero, ha esattamente colto la portata della decisione, ben piu’ ampia di quanto opinato dalla ricorrente, nel § 4, pagg.7-8 del controricorso.
Non lo ha fatto la ricorrente, che non sembra aver correttamente diagnosticato il contenuto del decisum, visto che nel suo secondo motivo mostra di circoscrivere la portata della pronuncia rescissoria della Corte romana alla sola domanda subordinata di indebito arricchimento ex articolo 2041 c.c., ritenuta inefficace in assenza di uno scrutinio nel merito delle domande della Regione circa la nullita’ delle proroghe.
Tale lettura e’ implicitamente smentita dagli altri motivi, per esempio laddove (OMISSIS) argomenta circa il carattere quesito del suo diritto al compenso, resistente alla declaratoria di illegittimita’ costituzionale della legge regionale di proroga, oppure laddove invoca parziale diversificazione temporale della valutazione, quanto ai servizi aggiuntivi espletati prima del 2007, o ancora allorche’ proclama la legittimita’ pro tempore degli atti di proroga.
Al contrario di quanto opinato da (OMISSIS), la sentenza della Corte di appello e’ del tutto inequivoca e ha esaminato e respinto anche la pretesa ex contractu proposta dalla ricorrente.
4.4. La giurisprudenza di questa Corte si e’ sovente confrontata con pronunce strutturate secondo una particolare architettura, caratterizzata dall’accoglimento di eccezioni preliminari o pregiudiziali litis impedientes, seguito dall’esame anche delle questioni attinenti al merito della controversia.
La figura dell’assorbimento in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo piu’ pieno, mentre e’ in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessita’ o la possibilita’ di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realta’, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione e’ proprio quella dell’assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa (Sez. 1, 12/11/2018, n. 28995).
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilita’ (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si e’ spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere ne’ l’interesse ad impugnare; conseguentemente e’ ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed e’ viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata (Sez. U, n. 3840 del 20/02/2007, Rv. 595555 – 01).
Inoltre le affermazioni contenute nella motivazione della sentenza di appello impugnata con ricorso per cassazione, relative al merito della domanda azionata, devono ritenersi – qualora effettuate nella riconosciuta carenza di potere giurisdizionale estranee all’unica ratio decidendi della sentenza, e, percio’, svolte ad abundantiam, con argomentazioni meramente ipotetiche e virtuali, che la parte soccombente non ha l’onere ne’ l’interesse ad impugnare in sede di legittimita’, con la conseguenza che gli eventuali motivi proposti al riguardo devono essere dichiarati inammissibili (Sez. U, n. 8087 del 02/04/2007, Rv. 595928 – 01).
Diverso e’ il caso in cui la sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea; tale pronuncia non incorre nel vizio di contraddittorieta’ della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi, ne’ contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per se’ sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilita’ del ricorso (Sez. 3, n. 10815 del 18/04/2019, Rv. 653585 – 01; conforme Sez. 3, n. 21490 del 07/11/2005, Rv. 586047 – 01).
L’orientamento delineato dai citati arresti del 2007 delle Sezioni Unite e’ stato condiviso da numerose pronunce successive delle sezioni semplici, che hanno affermato che la sentenza con cui il giudice di primo grado, dopo avere riconosciuto, nella motivazione, di essere privo del potere di pronunciarsi abbia poi erroneamente, anziche’ spogliarsi della causa, deciso il merito della stessa, respingendo in dispositivo la domanda, e’, nondimeno, impugnabile esclusivamente in relazione alla statuizione preliminare posto che essendo la motivazione sul fondo della controversia resa ad abundantiam da un giudice che ha esaurito la propria potestas iudicandi con l’emissione di una pronuncia in rito completamente definitiva della causa dinanzi a se’ anche la statuizione di rigetto, contenuta nel dispositivo, e’ meramente apparente e, come tale, non solo insuscettibile di passare in cosa giudicata, ma anche in concreto inidonea a incidere sulla individuazione del rimedio impugnatorio esperibile (Sez. 2, n. 19754 del 27/09/2011, Rv. 619326 – 01).
In altri termini, qualora il giudice, oltre a dichiarare l’inammissibilita’ della domanda o del gravame, con cio’ spogliandosi della potestas iudicandi sul merito della controversia, la abbia anche rigettata, la parte soccombente non ha l’onere ne’ l’interesse ad impugnare; di conseguenza e’ ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed e’, viceversa, inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata (Sez. 2, n. 19754 del 27/09/2011, Rv. 619326 – 01; Sez. 1, n. 3927 del 12/03/2012, Rv. 621978 – 01; Sez. 2, n. 2736 del 05/02/2013, Rv. 625070 – 01; Sez. 5, n. 27049 del 19/12/2014, Rv. 633881 – 01, Sez. L, n. 22380 del 22/10/2014, Rv. 633495 – 01, Sez. 5, n. 7838 del 17/04/2015, Rv. 635230 – 01; Sez. 2, n. 101 del 04/01/2017, Rv. 642185 – 01; Sez. 6 – 5, n. 30393 del 19/12/2017, Rv. 646988 – 01).
Il principio e’ stato ulteriormente confermato anche dalle Sezioni unite sia con la sentenza n. 24469 del 30/10/2013, Rv. 627991 – 01, sia con l’ordinanza n. 31024 del 27/11/2019, Rv. 656074 – 01) ribadendo che se il giudice si spoglia della potestas iudicandi con una pronuncia in rito completamente definitoria della causa dinanzi a se’, l’ulteriore statuizione resa anche sul merito della medesima controversia si appalesa meramente apparente e, come tale, e’ insuscettibile di passare in cosa giudicata.
4.5. La descritta situazione processuale non ricorre tuttavia nella presente fattispecie, laddove la Corte di appello non ha esaminato il merito della controversia dopo essersi spogliata della controversia, decidendo una questione preliminare o pregiudiziale, ma ha invece ritenuto, implicitamente ma inequivocabilmente, di dover affrontare anche il merito, dopo aver dichiarato la nullita’ del lodo, all’esito di una, erronea, valutazione delle norme di rito che disciplinavano il suo operare.
4.4. La pronuncia resa dalla Corte di appello nel merito, tuttavia, cade automaticamente per effetto dell’accoglimento del primo motivo di ricorso e della cassazione della pronuncia di annullamento del lodo, che costituiva l’imprescindibile presupposto logico e giuridico sulla base del quale la Corte di appello di Roma ha ritenuto- sia pur erroneamente – di dover esaminare anche il merito delle domande proposte agli arbitri da (OMISSIS).
La norma processuale che regola tali situazioni va individuata nell’articolo 336 c.p.c., in tema di effetto espansivo interno dell’accoglimento delle impugnazioni, ritenuto valido anche in riferimento alle pronunce arbitrali (Sez. 1, n. 8919 del 04/06/2012, Rv. 622768 – 01), secondo il quale la riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata: la pronuncia sul merito della domanda di (OMISSIS) dipende, nella struttura della sentenza impugnata, dal previo annullamento del lodo.
Solo se all’esito del giudizio di rinvio la Corte di appello dovesse rigettare l’impugnazione del lodo per inapplicabilita’ della clausola compromissoria, si porrebbe il problema di procedere all’esame dei successivi motivi di impugnazione proposti dalla Regione, altrimenti assorbiti.
5. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
LA CORTE
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply