Mancata costituzione in giudizio della parte resistente od appellata

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 18 agosto 2020, n. 5085.

La massima estrapolata:

A fronte della mancata costituzione in giudizio della parte resistente od appellata nel termine ultimo del passaggio della causa in decisione, l’omessa produzione dell’avviso di ricevimento del plico contenente l’atto d’appello, avviato alla notificazione per mezzo del servizio postale, comporta l’inammissibilità del gravame, a nulla rilevando, a fronte del divieto esplicito per il Giudice di “esaminare” la domanda, che la disposizione citata non preveda una sanzione specifica nel caso in cui quell’onere non sia adempiuto.

Sentenza 18 agosto 2020, n. 5085

Data udienza 16 giugno 2020

Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Impugnazione – Atto di appello – Notificazione – Parte resistente – Mancata costituzione – Omessa produzione dell’avviso di ricevimento del plico – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6182 del 2010, proposto dalla società Vo. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Li. Lo., col quale elettivamente domicilia presso il Dr. Gi. Ma. Gr. in Roma, Corso (…);
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Quarta del 14 aprile 2010, n. 1076, resa tra le parti sul ricorso R.G. 690/1996, proposto per l’annullamento del provvedimento prot. 16.318 in data 13.12.1995 con il quale è stata intimata la rimozione di alcuni manufatti in conglomerato cementizio prodotti dalla ditta ricorrente e depositati sull’area di pertinenza dell’edificio a destinazione produttiva, nonché di ogni altro atto preordinato e connesso, ivi compreso il verbale di sopralluogo dei tecnici comunali prot. 15.688 del 30.11.1995.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. Francesco Guarracino nell’udienza pubblica del giorno 16 giugno 2020, svoltasi con modalità telematica ai sensi del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27, e del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso di primo grado al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia la società Vo. S.r.l. impugnava l’ordinanza sindacale del 13 dicembre 1995, prot. 16318, con cui il Comune di (omissis) le aveva contestato “una modifica d’uso del suolo mediante posa a cielo libero di prefabbricati cementizi inerenti l’attività della Ditta”, effettuata in area situata in zona E1 agricola e soggetta a vincolo paesaggistico, e le aveva ingiunto la rimozione dei manufatti ivi depositati ed il ripristino dello stato dei luoghi.
Con sentenza del 14 aprile 2010, n. 1076, il T.A.R. adito respingeva il ricorso.
Avverso la decisione di primo grado la società Vo. ha interposto appello.
All’udienza pubblica del 16 giugno 2020, in vista della quale l’appellante ha prodotto memoria, la causa è stata trattenuta in decisione e con ordinanza collegiale del 19 giugno 2020, n. 3933, è stato ad essa dato avviso, ai sensi dell’art. 73, co. 3, c.p.a., dell’esistenza di una possibile causa d’inammissibilità dell’appello in relazione all’assolvimento dell’onere della prova del perfezionamento della notificazione all’Amministrazione appellata, non costituita.
Entro il termine assegnato con l’ordinanza per presentare memorie sulla questione rilevata ex officio, l’appellante ha prodotto uno scritto per insistere per l’accoglimento del gravame e provveduto, contestualmente, al deposito informatico dell’avviso di ricevimento comprovante la notifica al Comune del ricorso in appello.

DIRITTO

L’appello è inammissibile.
In base all’art. 45, comma 3, c.p.a., fornire la prova dell’avvenuto perfezionamento della notificazione del ricorso al destinatario è adempimento indispensabile perché la domanda introdotta con quell’atto possa essere esaminata.
Pertanto, a fronte della mancata costituzione in giudizio della parte resistente od appellata nel termine ultimo del passaggio della causa in decisione, l’omessa produzione dell’avviso di ricevimento del plico contenente l’atto d’appello, avviato alla notificazione per mezzo del servizio postale, comporta l’inammissibilità del gravame, a nulla rilevando, a fronte del divieto esplicito per il Giudice di “esaminare” la domanda, che la disposizione citata non preveda una sanzione specifica nel caso in cui quell’onere non sia adempiuto (ex ceteris, C.d.S., sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4370; sez. VI, 8 settembre 2017, n. 4257).
Al riguardo, questo Consiglio ha già chiarito che l’udienza di spedizione in decisione segna il momento ultimo entro il quale può essere fornita la prova del perfezionamento della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio per il destinatario, o può essere comprovata la non imputabilità dell’omissione, e che, di conseguenza, se la mancata produzione degli avvisi di ricevimento viene rilevata in udienza la parte non può chiedere termine, mentre, se è rilevata con ordinanza ex art. 73 co. 3 ultimo periodo, la decadenza deve considerarsi già verificata (C.d.S., sez. VI, 2 maggio 2016, n. 1678).
Quest’ultima è l’ipotesi avveratasi nel caso in esame, nel quale la dimostrazione del perfezionamento della notifica dell’appello, sebbene l’appellata non si sia costituita, è stata fornita dall’appellante, tardivamente, solo con la memoria prodotta a seguito dell’ordinanza collegiale ex art. 73, comma 3.
Può, comunque, osservarsi che l’appello sarebbe stato da respingere.
Nel rigettare il ricorso di primo grado, il T.A.R. ha osservato che sull’area, la quale risultava permanentemente destinata a deposito e posta in modo stabile a servizio dell’attività produttiva della ditta, quest’ultima aveva effettuato opere del tutto incompatibili con l’uso agricolo, realizzandovi un piazzale sterrato dove transitavano veicoli pesanti e dov’erano depositati manufatti cementizi di notevoli dimensioni.
La circostanza, inverante la sottrazione dell’area alla sua naturale destinazione, trova conferma nella documentazione fotografica allegata al ricorso di primo grado (doc. 2) e giustifica la conclusione del Giudice territoriale secondo cui, trattandosi di un intervento equiparabile ad un’attività di trasformazione urbanistica ed edilizia, nella specie sussistevano i requisiti per sottoporre l’attività al preventivo rilascio del titolo abilitativo.
A fronte di ciò, non è configurabile il travisamento dei fatti imputato al Giudicante nei primi due punti dell’unico complesso motivo di appello, né risulta condivisibile la critica con cui si è tacciato il T.A.R. di non aver considerato che l’atto impugnato era stato adottato nella vigenza del decreto legge n. 468 del 26 luglio 1994 (decaduto per mancata conversione, ma i cui effetti sono fatti salvi dall’art. 2, co. 61, della legge 23 dicembre 1996, n. 662) che all’art. 8, co. 7, comprendeva fra gli interventi subordinati a D.I.A. anche le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali ed esposizioni di merci a cielo libero, dovendosi rilevare, a tacer d’altro, che il Giudice di primo grado ha rigettato la censura per cui l’occupazione del terreno con materiale edile non avrebbe costituito trasformazione urbanistica osservando, in contrario, non solo che il deposito sul suolo di manufatti in cemento di rilevanti dimensioni era sostanzialmente equiparabile alla realizzazione di un’attività muraria, ma anche che sul lotto era stato realizzato un piazzale sterrato (l’ampia area recintata raffigurata nelle fotografie in atti) con accesso di veicoli pesanti.
Recessive sono le ulteriori considerazioni critiche rivolte alla sentenza nei successivi punti, sul difetto di motivazione dell’ordine di demolizione (punto 3, sulla mancata specificazione della qualificazione giuridica dell’intervento abusivo, dedotta nel terzo motivo di primo grado) e sull’omessa indicazione dell’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi, a fronte del consolidato indirizzo di questo Consiglio sulla doverosità dell’adozione delle misure repressive degli abusi edilizi e sul fatto che il relativo provvedimento non richiede una specifica motivazione sulla ricorrenza del concreto interesse pubblico alla loro rimozione (ex multis, C.d.S., sez. IV, 27 maggio 2019, n. 3432; sez. II, 20 maggio 2019, n. 3208).
Nulla dev’essere disposto per le spese del presente grado del giudizio, in difetto di costituzione della parte appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 16 giugno e 21 luglio 2020, svoltesi in videoconferenza con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere, Estensore

 

 

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