Inosservanza dell’obbligo di fedeltà l’onere

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 6 agosto 2020, n. 16735.

La massima estrapolata:

Grava sulla colui che richiede l’addebito della separazione per inosservanza dell’obbligo di fedeltà l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Spetta invece a chi eccepisce l’inefficacia dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, ovvero la preesistenza della crisi matrimoniale rispetto all’accertata infedeltà.

Ordinanza 6 agosto 2020, n. 16735

Data udienza 30 gennaio 2020

Tag/parola chiave: Separazione – Divorzio – Domanda di mantenimento – Inosservanza dell’obbligo di fedeltà – Riparto dell’onere della prova a carico del ricorrente – Difetto di autosufficienza dei motivi di doglianza – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 27020/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 303/2015 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 12/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2020 dal cons. SOLAINI LUCA.

RILEVATO IN FATTO

che:
La Corte d’appello di Potenza con sentenza n. 3031/15 ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la decisione del tribunale di Potenza che aveva dichiarato, per quanto ancora d’interesse nel presente giudizio, la separazione dei coniugi addebitandola all’odierno ricorrente, cosi’ rigettando la domanda di mantenimento proposta da quest’ultimo nei confronti di (OMISSIS).
A sostegno della decisione di rigetto, la Corte territoriale ha fondato l’addebito sulla deposizione del detective che ha richiamato il proprio rapporto informativo in merito alla frequentazione di una donna da parte del (OMISSIS) con la quale egli aveva intrattenuto un rapporto “confidenziale” reputato dalla (OMISSIS) sintomatico del comportamento “infedele” dell’odierno ricorrente. All’addebito era conseguito il rigetto della domanda di mantenimento. Inoltre, l’assegnazione della casa coniugale alla moglie (OMISSIS) era giustificata dalla convivenza di quest’ultima con la figlia maggiorenne ma non ancora autosufficiente, mentre, il (OMISSIS) era stato reputato idoneo (nonostante le sue condizioni di salute) ad abitare la casa di campagna, pur necessitante di qualche lavoro di ristrutturazione.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) affidato a cinque motivi, mentre, (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:
Con il primo motivo, il ricorrente deduce il vizio di violazione dell’articolo 143, e articolo 151, commi 1 e 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto erroneamente, la Corte territoriale aveva addebitato la separazione in capo al (OMISSIS) sulla base di “uno scarno rapporto informativo” che non puo’ costituire prova neppure se confermato dall’investigatore che l’aveva redatto. Con un secondo motivo, il ricorrente prospetta la violazione dell’articolo 155, e articolo 156, comma 1, e secondo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto erroneamente, la Corte d’appello aveva fatto discendere dall’attribuzione dell’addebito della separazione in capo all’odierno ricorrente l’insussistenza del diritto a suo favore ed a carico di (OMISSIS), della corresponsione di un assegno alimentare (articolo 433 c.c.), e cio’, in quanto il (OMISSIS) essendo inabile al lavoro, poteva usufruire solo di una pensione di invalidita’, non sufficiente per soddisfare i bisogni primari.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 155 e 156 primo e comma 2, in relazione all’articolo 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c., in quanto la casa coniugale era stata assegnata a (OMISSIS) sulla base di un’erronea interpretazione di una perizia di parte secondo cui il collegio aveva ritenuto che il (OMISSIS) poteva, con una semplice manutenzione ordinaria abitare la casa di campagna, senza procedere alla divisione della casa familiare che attesi i difficili rapporti, poteva creare ulteriori tensioni.
Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia il vizio di violazione di legge, in particolare dell’articolo 115 c.p., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perche’ la Corte d’appello aveva omesso qualsivoglia motivazione in ordine al rigetto della richiesta di ammissione di una CTU riguardante la fattibilita’ della divisione dell’immobile di proprieta’ esclusiva dell’attuale ricorrente e delle condizioni di non abitabilita’ della casa rurale.
Con il quinto motivo, il ricorrente deduce il vizio di violazione dell’articolo 91 c.p.c., comma 1, nonche’ del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, del Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, articoli 1, 5 e 6, nonche’ dell’articolo 2233, commi 1 e 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sull’erronea regolamentazione delle spese in entrambi i gradi di giudizio.
Il primo motivo (addebito della separazione) e’ infondato ed in parte inammissibile. Infatti, grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedelta’, l’addebito della separazione all’altro coniuge, l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre e’ onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedelta’ nella determinazione dell’intollerabilita’ della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorita’ della crisi matrimoniale all’accertata infedelta’ Cass. 3923/2018; Cass. 2059/2012).
Nella specie, l’infedelta’ del (OMISSIS) – contrariamente a quanto assume l’istante – e’ stata ritenuta comprovata dalla Corte sulla base della testimonianza dell’investigatore privato, la cui relazione e’ stata confermata in udienza, assurgendo al valore di prova piena (Cass. 24976/2017), e sul rilievo che i fatti ivi esposti non sono contestati dall’appellante (odierno ricorrente). Inoltre, nessuna prova ha fornito quest’ultimo circa la preesistenza di una crisi matrimoniale al tradimento posto in essere. Ne’ il ricorrente indica nel ricorso le prove che sul punto ha fornito nel giudizio di merito, e le contestazioni mosse alla relazione investigativa, per cui il motivo difetta anche di autosufficienza.
Il secondo motivo resta assorbito dal rigetto del primo (accertamento dell’addebito), stante il disposto dell’articolo 156 c.c., comma 1, quanto all’assegno di mantenimento, mentre la questione degli alimenti – domanda che puo’ essere proposta in appello, ma non certo per la prima volta in cassazione – appare proposta per la prima volta in questa sede, avendo il (OMISSIS) chiesto in appello (ed in prime cure) un assegno di mantenimento (sentenza di appello, pp. 3 e 6 e ricorso p. 19, ove si riporta il quinto motivo di appello), e percio’ e’ inammissibile. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilita’, questioni che siano gia’ comprese nel giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimita’ questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 17/01/2018, n. 907; Cass., 09/07/2013, n. 17041).
Il terzo motivo e’ inammissibile.
L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv., con modifiche, dalla L. n. 134 del 2012, introduce, invero, nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non e’ inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive. Non e’ censurabile, pertanto, in cassazione l’omessa, o non corretta, valutazione delle risultanze della consulenza tecnica di parte, atteso che questa, nonostante il suo contenuto tecnico e a differenza della consulenza tecnica d’ufficio, costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valoro probatorio (Cass., 18/10/2018, n. 26305; Cass., 14/06/2017, n. 14802).
Il quarto motivo e’ inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorche’ si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., 27/12/2016, n. 27000; Cass., 17/01/2019, n. 1229). Nella specie nessuna di tali situazioni risulta allegata, dolendosi il ricorrente dell’omessa disposizione di varie c.t.u, la cui ammissione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito (Cass. 15219/2007; Cass. 9461/2010).
Il quinto motivo (sulle spese) e’ infondato, infatti il giudice d’appello ha condannato l’appellante alle spese, ex articolo 91 c.p.c., essendo risultato totalmente soccombente, ed ha motivato sul quantum delle spese, indicato la tariffa ed i valori applicati.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare a (OMISSIS) le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Dispone, ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi delle parti.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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