Nelle gare pubbliche il concetto di essenzialità

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 7 agosto 2020, n. 4977.

La massima estrapolata:

Nelle gare pubbliche il concetto di essenzialità, riferito ai contenuti dell’offerta tecnica dev’essere chiaro ed evidente nelle previsioni di gara, e non può essere ex post ritagliato sulla scorta di una interpretazione sistematica delle stesse, che ne estenda la portata sino alla valutazione della “sufficienza” dei contenuti tecnici.

Sentenza 7 agosto 2020, n. 4977

Data udienza 2 luglio 2020

Tag – parola chiave: Contratti della PA – Affidamento – Gara – Offerta tecnica – Concetto di essenzialità – Presupposti di rilevanza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1797 del 2020, proposto dalla società
Ad. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. An. La., rappresentata e difesa dagli avv.ti Fr. Sc., Fr. Sc. ed El. Le., con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via (…)
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Ro. Ma. Pr. e con domicilio eletto presso l’Avvocatura dell’Ente, in Roma, via (…)
nei confronti
So. S.p.A., in proprio e in qualità di mandataria capogruppo del R.T.I. con Pa. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, dott. Emiliano Nardi Schultze, rappresentata e difesa dall’avv. Li. Ca., con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lu. St., in Roma, via (…)
Pa. S.r.l., non costituita in giudizio
Azienda Regionale Emergenza Sanitaria (A.R.E.S.) 118, non costituita in giudizio
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione Terza Quater, n. 13086/2019 del 14 novembre 2019, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso R.G. n. 6461/2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da Ad. S.p.A. avverso l’aggiudicazione della gara indetta dalla Regione Lazio per l’affidamento del servizio di cd. lavanolo occorrente all’Azienda Regionale Emergenza Sanitaria 118 in favore del R.T.I. formato da So. S.p.A. e Pa. S.r.l., nonché avverso gli atti presupposti e connessi
e per l’accertamento
del diritto della società ricorrente all’aggiudicazione dell’appalto controverso
anche previa declaratoria
di inefficacia del contratto eventualmente medio tempore stipulato tra la stazione appaltante e il R.T.I. aggiudicatario e subentro nell’appalto.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e di So. S.p.A.;
Viste le memorie difensive, le repliche e le note d’udienza delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 120 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.p.a.);
Visto l’art. 84, commi 5 e 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con l. 24 aprile 2020, n. 27;
Visto, altresì, l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv. con l. 25 giugno 2020, n. 70;
Relatore nell’udienza del 2 luglio 2020 il Cons. Pietro De Berardinis, in collegamento da remoto in videoconferenza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

FATTO

Con l’appello in epigrafe Ad. S.p.A. (d’ora in poi anche “Ad.”) impugna la sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-quater, n. 13086/2019 del 14 novembre 2019 che ha respinto il ricorso R.G. n. 6461/2019, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla stessa società contro gli atti della gara indetta dalla Regione Lazio per l’affidamento del servizio di cd. lavanolo occorrente all’Azienda Regionale Emergenza Sanitaria (A.R.E.S.) 118 ed in particolare contro l’aggiudicazione di detta gara al R.T.I. tra So. S.p.A. e Pa. S.r.l. (d’ora in poi “R.T.I. So.”).
In dettaglio, l’appalto, avente una durata di n. 48 mesi, prorogabili per altri n. 12 mesi, ha ad oggetto il servizio di fornitura a noleggio delle divise – costituite dai dispositivi di protezione individuali (D.P.I.) e dagli indumenti tecnici descritti negli allegati B e C del capitolato – del personale addetto al soccorso sanitario in area extraospedaliera con ambulanza, oltre che delle coperte in dotazione delle
ambulanze. Il servizio comprende inoltre il lavaggio, la manutenzione, la riparazione e la sostituzione dei capi forniti a noleggio.
Alla gara hanno preso parte tre concorrenti ed all’esito delle relative operazioni al primo posto della graduatoria si è classificato il R.T.I. So. con un totale di 87,53 punti (57,53 per l’offerta tecnica e 30,00 per quella economica), mentre al secondo posto si è classificata Ad. con un totale di 80,793 (55,51 per l’offerta tecnica e 25,283 per quella economica).
Stilata la graduatoria finale, è stata attivata la procedura di verifica della congruità dell’offerta del R.T.I., che ha avuto esito positivo, cosicché, su proposta del R.U.P., la Regione Lazio ha adottato la determinazione di aggiudicazione dell’appalto al predetto R.T.I..
Avverso siffatta determinazione è insorta, come detto, Ad., ma il T.A.R. ha disatteso nel merito le censure da essa formulate con l’atto introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti, accertandone l’integrale infondatezza e prescindendo, perciò, dalle eccezioni di inammissibilità sollevate dal R.T.I. controinteressato.
Con l’atto di appello la società deduce i seguenti motivi:
1) sull’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto il ricorso introduttivo: error in iudicando, difetto di motivazione, omessa pronuncia, violazione della lex specialis e dei principi generali in tema di gare, violazione della norma UNI EN ISO 20471/2017, violazione degli artt. 94 e 95 del d.lgs. n. 50/2016 nonché delle linee guida A.N.A.C. n. 2 in tema di offerta economicamente più vantaggiosa, eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà e manifesta iniquità, nonché difetto assoluto di motivazione. In sintesi, l’effettuazione di controlli delle caratteristiche degli indumenti secondo le modalità prescritte dalla normativa UNI EN 20471 avrebbe rappresentato un elemento essenziale di conformità dell’offerta alle prescrizioni imposte dal capitolato a pena di esclusione dell’offerta stessa: pertanto, il servizio di autocontrollo degli indumenti ad alta visibilità offerto dall’aggiudicatario, non rispettando le caratteristiche minime richieste dalla lex specialis, avrebbe dovuto condurre la stazione appaltante a disporre l’esclusione del R.T.I. So. dalla gara;
2) sull’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto i motivi aggiunti: error in iudicando, difetto di motivazione, omessa pronuncia, violazione della lex specialis e dei principi generali in tema di gare, violazione degli artt. 95 e 97 del d.lgs. n. 50/2016 ed eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà e manifesta iniquità, difetto assoluto di istruttoria e motivazione. Lamenta Ad. che l’offerta dell’aggiudicatario sarebbe nel suo complesso inattendibile, attesa l’inattendibilità delle voci di costo attinenti al personale (per più versi) ed alle attrezzature.
L’appellante ha poi riproposto la domanda di aggiudicazione dell’appalto, anche previa declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente medio tempore stipulato dalla stazione appaltante con il R.T.I. aggiudicatario e subentro nell’appalto, già formulata in primo grado.
Si è costituita nel giudizio di appello la Regione Lazio, depositando successivamente una memoria e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.
Si è costituita in giudizio, altresì, la So. S.p.A. (d’ora in poi anche “So.”), depositando a sua volta una memoria difensiva e concludendo per l’infondatezza dell’appello e la conferma della sentenza appellata.
In vista dell’udienza di merito, Ad. ha depositato una memoria, quindi l’appellante e So. hanno depositato repliche e brevi note d’udienza.
All’udienza del 2 luglio 2020, tenutasi in collegamento da remoto con le modalità di cui all’art. 84 del d.l. n. 18/2020 (conv. con l. n. 27/2020) ed all’art. 4 del d.l. n. 28/2020 (conv. con l. n. 70/2020), la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Forma oggetto di impugnazione la sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-quater, n. 13086/2019, recante reiezione del ricorso proposto in primo grado da Ad. S.p.A. avverso gli atti della procedura aperta indetta dalla Regione Lazio per l’affidamento del servizio di lavanolo occorrente all’A.R.E.S. 118.
Ad. ha lamentato, in particolare, che:
a) il R.T.I. aggiudicatario avrebbe dichiarato nell’offerta che, per quanto concerne la procedura di cd. autocontrollo delle caratteristiche degli indumenti, esso utilizza uno strumento che, posizionato sul capo di abbigliamento per rilevarne i parametri di luminanza (intensità luminosa) e di retro-riflettenza (capacità di riflettere la luce), coprirebbe una superficie di cmq. 400 (20 x 20). Ma nessuno strumento in commercio – meno che mai quelli elencati dal R.T.I. – sarebbe in grado di assicurare una simile copertura, cosicché l’offerta avrebbe dovuto esclusa dalla gara, per avere il R.T.I. So. indicato una superficie di rilevazione palesemente errata;
b) l’offerta del R.T.I. aggiudicatario sarebbe incongrua ed inaffidabile, avendo lo stesso quantificato in modo erroneo diverse voci di costo del servizio, a partire dal costo del personale, che, considerata la superficie di rilevazione indicata nell’offerta tecnica ed il conseguente numero di rilevazioni da effettuare, ammonterebbe ad Euro 502.652.183,67, a fronte della somma ben minore di Euro 137.186,08 indicata dall’offerente per tale voce di costo;
c) l’aggiudicatario avrebbe calcolato il costo del personale per 40 settimane all’anno, contro le n. 52,2 previste dalla legge di gara, ma quest’ultima non avrebbe previsto la sospensione del lavoro nelle 12,2 settimane di differenza. Inoltre il costo del personale sarebbe stato applicato dal R.T.I. So. al monte orario effettivo annuale, cioè al numero di ore lavorate da ciascun addetto al netto di malattie, festività, ferie ed infortuni;
d) anche il costo delle attrezzature sarebbe sottostimato, avendo il R.T.I. quantificato il valore degli ammortamenti, nei 4 anni di durata dell’appalto, in Euro 135.541,95 cioè in una cifra assai inferiore agli ordinari prezzi di mercato.
Il T.A.R. ha respinto il ricorso osservando, in merito al sistema di autocontrollo, quanto segue:
1) poiché le attività in cui si esplica il sistema di autocontrollo rientrano nella valutazione dell’offerta tecnica, si ha esclusione dalla gara solo qualora il concorrente ometta di fornire qualsiasi indicazione sullo svolgimento di dette attività, mentre le lacune nelle modalità di esecuzione dell’autocontrollo incidono sull’attribuzione dei punteggi (che per tale subcriterio variano da 0 a 3). Inoltre, l’efficacia in concreto del sistema di autocontrollo rileva in fase di esecuzione del contratto, tanto che la stazione appaltante si è riservata di chiederne la modifica ove in tale fase ne riscontri l’inadeguatezza. Quindi, non occorreva che i concorrenti indicassero nell’offerta le superfici di controllo, essendo sufficiente l’attestazione del possesso di un sistema di controllo validato secondo la normativa UNI EN (come ha fatto l’aggiudicatario);
2) peraltro, considerato il distacco di più di sei punti tra le due offerte, l’eventuale divario di tre punti a favore di Ad. – il massimo possibile per il subcriterio in questione – non sarebbe sufficiente a colmare tale distacco;
3) in ogni caso, il R.T.I. So. ha indicato alle pagg. 51 e 52 della propria relazione le superfici di rilevazione tramite autocontrollo, che non sono quelle asserite da Ad., in quanto la relazione, nel descrivere gli strumenti utilizzati, precisa che la superficie di rilevazione per lo spettrofotometro va da 7 a 11 mm., mentre per il retro-riflettometro è di 30 mm.: pertanto la superficie di rilevazione non è quella (cm. 20 X 20) indicata dalla ricorrente;
4) il dato ora visto comporta che è infondata anche la prima censura dedotta con i motivi aggiunti, poiché l’errore nell’indicazione della superficie oggetto di rilevazione fa sì che siano falsati anche i dati sul costo del personale, che assumono a base di partenza tale erronea indicazione.
Per quanto riguarda, poi, le altre censure dedotte con i motivi aggiunti, il T.A.R. le ha respinte perché parimenti infondate. In particolare:
5) il costo del personale è comprensivo – contrariamente alla tesi di Ad. – degli oneri aggiuntivi per le sostituzioni dovute a ferie, permessi e malattie;
6) la legge di gara non prevede poi – afferma la sentenza – che il servizio debba essere svolto 7 giorni su 7 per n. 52 settimane;
7) infine, le critiche ai costi delle attrezzature sono inficiate dal fatto che il richiamo ai “prezzi ordinari di mercato” non è supportato dall’indicazione della fonte da cui è tratta la stima di tali prezzi.
Nell’appello Ad. contesta il percorso argomentativo e le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di prime cure, ripresentando le doglianze già dedotte in primo grado.
Iniziando dal primo motivo, con lo stesso l’appellante ripropone le doglianze nei confronti del sistema di autocontrollo degli indumenti ad alta visibilità descritto dall’aggiudicatario nella propria relazione tecnica. Nello specifico:
– anzitutto, la società ripropone la censura secondo cui il R.T.I. So. avrebbe dichiarato che ogni volta che posiziona lo strumento sul capo di abbigliamento da controllare, onde rilevarne i parametri di luminanza e retro-riflettenza, dovrebbe coprire un’area di 20 cm. X 20 cm. (400 cmq.). Ma nessuno strumento in commercio sarebbe in grado di assicurare una simile copertura e gli strumenti utilizzati dal R.T.I. misurerebbero superfici assai minori: lo spettrofotometro (materiale di fondo) un’area tra 7 e 11 mm., il retro-riflettometro (materiale retro-riflettente) un’area di 25 mm.. Ma, allora, il progetto tecnico dell’aggiudicatario avrebbe erroneamente indicato una superficie di rilevazione di cmq. 400, quando, invece, gli strumenti da esso utilizzati consentirebbero al R.T.I., nell’ipotesi più favorevole, di coprire un’area di cmq. 1,21 (mm. 11 X 11) per il materiale di fondo e di cmq. 6,25 (mm. 25 X 25) per il materiale riflettente;
– in secondo luogo, per rispettare i parametri minimi di cui alla normativa UNI EN ISO 20471/2017, utilizzando gli strumenti indicati dal R.T.I. So., occorrerebbe eseguire un numero di rilevazioni implausibile e comunque di gran lunga superiore a quello indicato dal medesimo R.T.I. (con effetti sul relativo costo del personale: v. infra) e più precisamente: quanto al materiale di fondo, n. 4.132,33 misurazioni per ciascun capo di abbigliamento di II^ classe (gilet, giacca, pantaloni e salopette) e n. 6.611,57 per ciascun capo di III^ classe (completo pantalone estivo, gilet e pantalone invernale, giacca guscio impermeabile); quanto al materiale retro-riflettente, n. 208 misurazioni per ogni capo di II^ classe e n. 320 per ogni capo di III^ classe. Il numero di rilevazioni, enormemente più basso, offerto dall’aggiudicatario non gli consentirebbe, perciò, di misurare la superficie richiesta dalla normativa richiamata dalla legge di gara;
– quanto appena evidenziato non atterrebbe – come affermato dal T.A.R. – alla fase dell’esecuzione del contratto: il sistema di autocontrollo degli indumenti ad alta visibilità offerto dal R.T.I. So., infatti, non rispetterebbe le caratteristiche minime richieste dalla lex specialis di gara e ciò avrebbe dovuto indurre la stazione appaltante ad escludere il concorrente dalla gara. La facoltà attribuita ad A.R.E.S. di chiedere in sede di esecuzione del contratto modifiche del sistema di autocontrollo, non potrebbe essere sfruttata dall’aggiudicatario per modificare in detta fase il proprio sistema, in modo da renderlo conforme alle caratteristiche minime prescritte dalla legge di gara, perché ciò starebbe a significare la possibilità, per il R.T.I. So., di una modifica postuma della sua offerta, al fine di sanare ex post un vizio del progetto tecnico;
– inoltre, la sentenza appellata sarebbe errata lì dove afferma che la disciplina di gara ha richiesto non già la descrizione, nella relazione tecnica, dei sistemi di autocontrollo degli indumenti, ma solo che tali sistemi fossero assicurati nel rispetto della normativa UNI EN ISO 20471/2017. Il disciplinare di gara, per il subcriterio in questione (n. 16), avrebbe infatti richiesto ai concorrenti la descrizione del sistema di autocontrollo, ai fini dell’assegnazione fino a un massimo di tre punti. Pertanto, ove fosse bastata la mera attestazione della conformità del sistema di autocontrollo offerto alla normativa ora citata, tutti i partecipanti avrebbero riportato il punteggio massimo (3), essendo tutti in possesso della certificazione UNI EN ISO 20471: ma in concreto non è andata così, visto che per il subcriterio in esame Ad. ha ottenuto n. 3 punti, mentre il R.T.I. So. non ha ottenuto punti. In altri termini, non trattandosi di criterio “on/off”, alla Commissione sarebbe stato chiesto di valutare la conformità del sistema di autocontrollo offerto in concreto dal concorrente ai requisiti previsti dalla lex specialis, e non il mero possesso della certificazione UNI EN ISO 20471;
Così riportate le censure contenute nel primo motivo di appello, osserva il Collegio che le stesse non si mostrano idonee a scalfire le argomentazioni e le conclusioni della sentenza impugnata, muovendo esse da più equivoci in cui incorre la società appellante.
Si analizzano di seguito detti equivoci, ordinati in lettere dell’alfabeto maiuscole.
A) Un primo equivoco in cui cade Ad. riguarda la necessità, in base alla lex specialis di gara, che i concorrenti, nel descrivere nella propria offerta tecnica il sistema di autocontrollo degli indumenti ad alta visibilità, dovessero, a pena di esclusione dalla gara, indicare specificamente quali sarebbero state le superfici oggetto di misurazione/rilevazione.
In contrario si osserva che l’art. 16 del disciplinare di gara (all. 3 al ricorso primo grado) – avente ad oggetto i contenuti della relazione tecnica che il concorrente avrebbe dovuto presentare – al punto 4 così recita:
“SISTEMA DI AUTOCONTROLLO. Descrivere le modalità di applicazione delle procedure di autocontrollo, in particolare:
– le procedure di autocontrollo implementate;
– i metodi di verifica sull’esatta applicazione delle procedure proposte;
– gli indicatori previsti;
– i metodi di rilevazione delle difformità riscontrate;
– le azioni correttive adottate”.
Se, dunque, è vero che il concorrente nell’indicare, tra gli elementi dell’offerta tecnica, il sistema di autocontrollo, era tenuto – come sostiene Ad. – a fornirne una compiuta descrizione e quindi non poteva limitarsi a dichiararne la conformità alla normativa UNI EN richiamata dalla legge di gara, non è per nulla vero, invece, che fosse tenuto, in tale descrizione, a specificare – a pena di esclusione dalla gara – le superfici oggetto di misurazione.
Nello stesso senso depongono altresì le disposizioni della lex specialis richiamate dal T.A.R. e, cioè, gli artt. 4, punto E), e 9 del capitolato tecnico (all. 4 al ricorso di primo grado).
L’art. 4 del capitolato tecnico, rubricato “descrizione del servizio”, al punto E) (“Controllo, ripristino e riparazione degli indumenti”), così recita:
“Ogni indumento deve essere sottoposto a controllo di idoneità al fine di assicurare il mantenimento dei requisiti iniziali offerti e comunque alle norme di riferimento UNI EN richieste per i DPI e le norme UNI EN per gli indumenti tecnici costituenti la dotazione della divisa e quelle delle coperte e ogni ulteriore normativa indicata nel Sub Allegato C.
(…..)
A seguito degli interventi di manutenzione i capi devono essere sottoposti, mediante sistema validato conforme alla normativa, al controllo strumentale dei requisiti di rispondenza alle norme di riferimento UNI EN richieste per i DPI e le norme UNI EN per gli indumenti tecnici costituenti la dotazione della divisa e quelle delle coperte e ogni ulteriore normativa indicata nel Sub Allegato C con riguardo soprattutto ai parametri di riflettenza e luminanza secondo quanto previsto dalla normativa UNI EN 20471 e degli altri requisiti previsti dalla normativa UNI EN 340 ed UNI EN 343 al fine di assicurare l’idoneità dei DPI (….)”.
A sua volta, l’art. 9 del capitolato, rubricato “Sistema di autocontrollo”, così dispone:
“L’Impresa aggiudicataria dovrà indicare in sede di offerta il sistema di qualità che adotterà per il controllo del servizio ed i sistemi che metterà a disposizione di ARES 118 per la verifica dello stesso. ARES 118 si riserva la facoltà di richiedere, nell’ambito del periodo contrattuale, eventuali modifiche al sistema di autocontrollo adottato dall’Impresa nell’espletamento del servizio oggetto del presente appalto qualora non ritenuto adeguato”.
Anche dalle disposizioni appena riportate emerge, dunque, come i concorrenti non fossero tenuti a specificare nell’offerta tecnica, a pena di esclusione dalla gara, la superficie oggetto delle misurazioni da effettuare in sede di autocontrollo. Nessuna di dette disposizioni, infatti, prescrive l’indicazione da parte del concorrente – a pena di esclusione – della superficie degli indumenti che avrebbe formato oggetto di rilevazione ad opera del sistema di autocontrollo onde verificarne i parametri di luminanza e retro-riflettenza, limitandosi l’art. 4, punto E), cit. a richiedere – quali requisiti minimi – che quello offerto fosse un “sistema validato conforme alla normativa” e che lo stesso consentisse il controllo di rispondenza degli indumenti alle norme di riferimento UNI EN.
Sul punto è opportuno chiarire che il controllo sulla luminanza (o luminescenza) attiene al tessuto ed è volto a verificarne l’intensità luminosa; il controllo sulla retro-riflettenza, invece, riguarda le bande apposte sugli indumenti ed è volto a verificarne la capacità di riflettere la luce.
Vanno, quindi, condivise le riflessioni della sentenza appellata, secondo cui, fermi i requisiti minimi del sistema di autocontrollo, come descritti dall’art. 4, punto E), del capitolato tecnico, le modalità a mezzo delle quali l’attività di autocontrollo viene svolta dal concorrente – e quindi anche la superficie oggetto di misurazione – formano oggetto di valutazione dell’offerta tecnica. Ne discende che solo la totale mancanza, nell’offerta del concorrente, di ogni descrizione del sistema di autocontrollo e dello svolgimento della relativa attività avrebbe portato all’esclusione dalla gara, mentre le modalità di tale attività incidono sull’attribuzione del punteggio in un intervallo che va da un minimo di zero ad un massimo di tre punti.
In altre parole, l’indicazione specifica delle superfici oggetto di rilevazione da parte degli strumenti dell’autocontrollo non era necessaria ai fini della partecipazione alla procedura, essendo sufficiente a tal fine l’attestazione dell’effettuazione dei controlli secondo un sistema validato ai sensi delle diverse normative UNI EN sopra indicate: detta indicazione – osserva correttamente il T.A.R. – è piuttosto finalizzata all’attribuzione del punteggio di cui all’art. 16 del disciplinare di gara.
Pertanto, l’offerta del R.T.I. aggiudicatario, recando l’impegno ad effettuare l’attività di autocontrollo ed il deposito delle certificazioni riguardanti la qualità del sistema proposto, non avrebbe comunque potuto essere esclusa in ragione di quanto in essa contenuto circa le superfici oggetto di controllo. Le eventuali incongruenze della descrizione del sistema – comprese quelle relative alle citate superfici, ove riscontrate esistenti (v. infra) – hanno, semmai, influito sul punteggio attribuito all’offerta: con il ché – viene da aggiungere – trova agevole spiegazione anche quanto osservato dall’appellante sul più alto punteggio da essa ottenuto per il subcriterio in esame rispetto al punteggio conseguito dal R.T.I. So., ed anzi l’operato dell’Amministrazione si rivela logico e coerente, essendo stata premiata la migliore qualità, da questo punto di vista, dell’offerta di Ad..
Si ricorda, infatti, in proposito, che per il subcriterio n. 16, per il quale era previsto – come si è detto – il punteggio massimo di 3, tale punteggio è stato attribuito ad Ad., mentre l’aggiudicatario ha ottenuto 0 e il terzo concorrente (Se. It. S.p.A.) ha ricevuto 1,20 (v. gli allegati ai verbali delle sedute riservate della Commissione di gara in cui si è proceduto alla valutazione delle offerte tecniche, all. 7 al ricorso di primo grado).
Le tesi dell’appellante, quindi, portano ad un’illegittima dilatazione della portata delle clausole della legge di gara (che comminavano l’esclusione dell’offerta per radicali carenze del progetto tecnico), in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione.
Si ricorda, sul punto, che secondo la giurisprudenza, il principio di tassatività delle cause di esclusione dalle gare, introdotto dall’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163/2006 e vigente anche nella disciplina attuale (art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016) è regola volta a favorire la massima partecipazione alle gare, con il divieto di aggravio del procedimento, e che mira, dunque, a correggere le soluzioni, diffuse nella prassi antecedente, le quali sfociavano in esclusioni anche per violazioni puramente formali, fermo restando che “deve essere esclusa dalla gara un’impresa che abbia offerto un prodotto privo dei requisiti minimi di carattere tecnico richiesti per la partecipazione alla gara” (così C.d.S., Sez. III, 1° luglio 2015, n. 3275; v., altresì, tra le più recenti, la decisione della Sezione 11 dicembre 2019, n. 8429, con i precedenti ivi richiamati).
Ed invero, come ribadito di recente dalla Sezione, “”il concetto di essenzialità, riferito ai contenuti dell’offerta tecnica dev’essere chiaro ed evidente nelle previsioni di gara, e non può essere ex post ritagliato sulla scorta di una interpretazione sistematica delle stesse, che ne estenda la portata sino alla valutazione della “sufficienza” dei contenuti tecnici” (ex multis Consiglio di Stato, Sez. III, 22/2/2018 n. 1137)” (C.d.S., Sez. III, 10 luglio 2019, n. 4865).
Nel caso di specie, avendo il progetto tecnico presentato dal R.T.I. So. soddisfatto i requisiti minimi previsti dalla legge di gara, non si pone un problema di inadeguatezza di tale progetto rispetto a quello posto a base di gara, che legittimerebbe l’esclusione del concorrente dalla gara e non la mera penalizzazione dell’offerta nella valutazione del punteggio da assegnare, in ragione della mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo necessario per la stipula del contratto (cfr. C.d.S., Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1809, 17 febbraio 2016, n. 633 e 23 settembre 2015, n. 4460; Sez. III, 21 ottobre 2015, n. 4804, e n. 3275/2015, cit.).
B) L’ulteriore equivoco in cui cade Ad. è quello di sostenere che l’aggiudicatario abbia indicato nella relazione tecnica un’area di cm. 20 X 20 (= cmq. 400) quale superficie oggetto delle misurazioni da effettuarsi con gli strumenti ivi indicati (spettrofotometro e retro-riflettometro).
Invero, la relazione tecnica del R.T.I. So. (all. 9 al ricorso di primo grado) a pag. 51 elenca le caratteristiche tecniche dei due strumenti utilizzati, precisando che per lo spettrofotometro “l’area di misurazione/osservazione” è 7-11 mm., mentre per il retro-riflettometro la “superficie di misura” è di circa 30 mm..
Come ricorda la stessa So., a pag. 53 della relazione tecnica, nel paragrafo finale dedicato al sistema di autocontrollo (intitolato “Gestione strumentazione di controllo”) si legge che “i parametri di misurazione” della strumentazione “sono impostati dal produttore dell’attrezzatura in conformità alla norma UNI EN 20471” e che “gli operatori non possono in nessun caso modificare i parametri delle attrezzature”.
Per conseguenza, il Collegio ritiene fondata l’argomentazione difensiva della società appellata – fatta propria anche dal T.A.R. – secondo cui, poiché il R.T.I. aggiudicatario ha dichiarato che i controlli di luminescenza e di retro-riflettenza verranno effettuati con lo spettrofotometro e il retro-riflettometro indicati in offerta, e visto che tali strumenti operano secondo le superfici di misurazione precisate a pag. 51 della relazione tecnica del medesimo R.T.I., preimpostate dal produttore delle attrezzature e risultanti dai relativi manuali di istruzioni, è giocoforza concludere che l’area di cm. 20 X 20 indicata a pag. 52 della relazione tecnica non costituisca l’area di misurazione né dello spettrofotometro, né del retro-riflettometro mediante i quali vengono svolti i controlli di cui alla norma UNI EN 20471: di qui l’infondatezza della doglianza in esame.
A conferma di quanto finora esposto, si aggiunge che – come già notato dal T.A.R. – non casualmente la relazione tecnica, a pag. 52, definisce l’area di cm. 20 X 20 non quale superficie di misurazione o rilevazione, bensì con il diverso termine di “area di copertura”.
C) Infine, Ad. incorre in un evidente equivoco lì dove reputa enormemente sottostimato dal R.T.I. aggiudicatario il numero di rilevazioni che lo stesso R.T.I. si è impegnato ad effettuare e, dunque, altrettanto fortemente sottostimato dal citato concorrente il costo del personale che dovrà sostenere (già solo per svolgere le rilevazioni nella quantità necessaria).
In realtà, la quantità di misurazioni/rilevazioni calcolata dall’appellante (pari a diverse migliaia per lo spettrofotometro ed a centinaia per il retro-riflettometro) è talmente sproporzionata e il conseguente costo del solo personale incaricato di dette operazioni è talmente astronomico (Euro 502.652.183,67, a fronte di un costo del lavoro, per l’intero periodo dell’appalto, di Euro 137.186,08 dichiarato dal R.T.I. per l'”operatore addetto al lavaggio/stiratura/controllo/spedizioni”), che tali dati si rivelano già ex se del tutto inverosimili.
C.1) A ben vedere, però, l’equivoco nasce anzitutto – come sottolineato dai giudici di prime cure – dall’avere la società utilizzato, quale base di partenza dei suoi conteggi, il dato dell’area di misura dei capi pari a cm. 20 X 20: dato di cui si è già dimostrata l’inesattezza.
C.2) L’equivoco deriva poi dalla tesi dell’appellante, per la quale i sistemi di autocontrollo, per essere conformi alla normativa UNI EN ISO20471, debbono avere ad oggetto le “aree minime” di cui al par. 4.1 della ridetta normativa e cioè : con riguardo ai capi di abbigliamento di III^ classe, mq. 0,80 per il materiale di fondo (luminescenza) e mq. 0,20 per il materiale retro-riflettente (retro-riflettenza); con riguardo ai capi di abbigliamento di II^ classe, rispettivamente mq. 0,50 e mq. 0,13. Ciò farebbe sì che, dati gli strumenti indicati dal R.T.I. So. per le misurazioni, al fine di coprire le aree di cui al par. 4.1 cit., il numero di operazioni da effettuare sarebbe pari alle cifre (migliaia per il materiale di fondo; centinaia per quello retro-riflettente) calcolate da Ad..
Tuttavia, detta tesi è espressamente confutata, almeno per la misurazione del materiale di fondo, dal par. 7.2 della normativa in discorso, dov’è dichiarata la necessità di eseguire quattro misurazioni in quattro direzioni perpendicolari e addirittura la sufficienza di una sola lettura, nel caso di utilizzo di strumento anulare o circonferenziale.
È, invero, evidente che, essendo 4 le rilevazioni da effettuare, se davvero per i capi di classe III^ la superficie da misurare fosse pari a cmq. 8.000 (= mq. 0,80), ciò significherebbe che ogni rilevazione dovrebbe coprire un’area di almeno cm. 2.000: ma è la stessa Ad. – come si è visto – a sostenere nei suoi scritti che non esistono strumenti in grado di misurare una superficie di cmq. 400 (= cm. 20 X 20), ossia un’area di dimensioni molto inferiori (ben cinque volte) a cmq. 2.000 e, dunque, a fortiori non possono esistere strumenti in grado di misurare una superficie di cmq. 2.000.
Inoltre, anche prescindendo dal menzionato par. 7.2 della normativa UNI EN ISO20471, se veramente il sistema di autocontrollo avesse ad oggetto quanto preteso dall’appellante (e cioè, rispettivamente, cmq. 8.000 e cmq. 2.000), visto ciò che dice la medesima appellante circa la capacità di misurazione degli strumenti in commercio, ogni concorrente avrebbe dovuto prevedere un numero di rilevazioni talmente elevato (nel novero, cioè di diverse migliaia per il materiale di fondo e di centinaia per quello retro-riflettente) da far lievitare il costo del personale incaricato delle suddette rilevazioni a livelli astronomici, eccedenti lo stesso importo a base d’asta (v. infra).
Di qui l’infondatezza delle tesi della società appellante, il che induce a ritenere che non solo per il materiale di fondo (da controllare con lo spettrofotometro), ma altresì per quello retro-riflettente il sistema di autocontrollo non debba avere ad oggetto le “aree minime” di cui al suindicato par. 4.1 e, quindi, non debba tradursi per il R.T.I. aggiudicatario, dati gli strumenti da esso utilizzati, nel numero abnorme di rilevazioni calcolato da Ad..
C.3) Infine, i conteggi fatti in materia dall’appellante sono viziati da un errore di quantificazione del numero complessivo dei capi da sottoporre a controllo: errore che nasce dall’aver eseguito i conteggi in questione “mediante la combinazione degli operatori e del numero dei cambi settimanali” estivi e invernali. Tale metodo presuppone, infatti, che tutti gli indumenti siano inviati a lavaggio, in misura del 100%, da tutti gli operatori, presenti sul lavoro, anch’essi, in misura del 100%: ma è di palmare evidenza il carattere puramente teorico di una simile ipotesi.
A conferma dell’inverosimiglianza delle stime dell’appellante, del resto, basta osservare che il costo del personale calcolato da Ad. per – si ripete – le sole operazioni di misurazione di luminescenza e retro-riflettenza che il R.T.I. So. dovrebbe eseguire nella quantità del pari stimata da Ad., eccede di cento volte l’importo a base d’asta dell’appalto (Euro 5.000.000,00 al netto di I.V.A.: v. pag. 6 del disciplinare di gara).
Ne discende, in conclusione, la complessiva infondatezza del primo motivo di appello.
Passando ora al secondo motivo, è anzitutto infondata, per le ragioni diffusamente esposte poc’anzi al punto C) – e in particolare al punto C.3) – la doglianza ivi dedotta attinente alla pretesa sottostima da parte dell’aggiudicatario del costo del personale necessario per le operazioni da compiersi in sede di autocontrollo.
Sempre con il secondo motivo, l’appellante lamenta poi l’erroneità del calcolo del costo del personale effettuato dal R.T.I. So. (e, quindi, l’inattendibilità dell’offerta di quest’ultimo) sotto un diverso profilo.
In particolare, sostiene Ad. che tanto la mandataria del raggruppamento So. S.p.A., quanto la mandante Pa. S.r.l., avrebbero calcolato il costo del personale per complessive 40 settimane all’anno contro le 52,2 previste dalla lex specialis; entrambe le società avrebbero applicato, infatti, il costo orario del personale al “monte ore effettivo annuale” cioè al numero di ore lavorate annualmente da ciascun addetto al netto di malattie, festività, ferie e infortuni. Tuttavia, la lex specialis non avrebbe previsto la sospensione del servizio per le 12,2 settimane non considerate dal R.T.I. aggiudicatario ed anzi, il costo del personale avrebbe dovuto essere calcolato su tutte le 52,2 settimane previste dalla legge di gara, dovendo le assenze dovute a ferie, permessi, malattie ed infortuni essere sempre coperte con altro personale in sostituzione.
Ma, allora, a fronte del costo del lavoro dichiarato dal R.T.I. So. per il quadriennio, pari ad Euro 595.731,84 (di cui Euro 394.896,84 a carico della mandataria ed Euro 200.835,00 a carico della mandante), conteggiato su 40 settimane annue di servizio, il costo del lavoro calcolato, in ossequio alla legge di gara, su 52,2 settimane annue, ammonterebbe in realtà ad Euro 773.548,82 (di cui Euro 512.775,99 a carico della mandataria ed Euro 260.772,83 a carico della mandante). Vi sarebbe, insomma, da parte del R.T.I. aggiudicatario una sottostima del costo del lavoro per Euro 177.816,98 (= 773.548,82 – 595.731,84) e non varrebbero sul punto le argomentazioni del T.A.R., secondo cui la legge di gara non prevede che le attività debbano essere svolte 7 giorni su 7 per 52 settimane.
In contrario, tuttavia, è agevole osservare che l’offerta economica del R.T.I. So. ha previsto un utile di impresa di complessivi Euro 291.094,65, di cui Euro 220.826,58 per la mandataria ed Euro 70.268,07 per la mandante (v. le giustificazioni presentate dal raggruppamento aggiudicatario in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, all. 10 al ricorso di primo grado). Si tratta di una somma ben più alta del maggiore costo del personale stimato da Ad. (Euro 177.816,98) e che quindi – come osservato dalla Regione nelle sue difese – è in grado di assorbire detto maggiore costo. Né, per quanto si dirà subito infra, a tale più elevato costo può sommarsi il presunto maggiore importo degli ammortamenti delle attrezzature, con l’esito di azzerare il margine di utile.
Ne segue che per questo verso l’appellante non soddisfa la cd. prova di resistenza, poiché anche ove fosse accolta la sua censura, non ne deriverebbe per essa alcun risultato favorevole, né alcuna effettiva utilità : la censura, quindi, si rivela, ancor prima che infondata, inammissibile per carenza di interesse (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, 9 marzo 2020, n. 1710, 7 agosto 2019, n. 5606, 17 dicembre 2015, n. 5717 e 8 settembre 2015, n. 4209; Sez. V, 26 aprile 2018, n. 2534 e 14 aprile 2016, n. 1495; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 1° dicembre 2006, n. 10353; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 21 dicembre 1999, n. 505).
Da ultimo, l’appellante lamenta che il raggruppamento aggiudicatario avrebbe sottostimato, altresì, il costo delle attrezzature.
Nello specifico, Ad. sostiene che il R.T.I. aggiudicatario avrebbe stimato in Euro 135.541,95 il valore dell’ammortamento contabile nei n. 4 anni di servizio delle attrezzature (armadi, contenitori, carrelli, ecc.) e che, però, tale somma sarebbe largamente inferiore agli ordinari prezzi di mercato, in quanto il raggruppamento avrebbe stimato l’ammortamento contabile delle attrezzature in n. 8 anni (a fronte dei n. 4 anni di servizio previsti dalla lex specialis), trascurando che la vita utile delle attrezzature è assai inferiore ai n. 8 anni di ammortamento previsti.
In realtà, in base ai prezzi unitari di mercato il valore dell’investimento delle attrezzature sarebbe da stimare in Euro 325.386,00 circa, con una conseguente sottostima, ad opera del R.T.I. So., per Euro 189.844,05 (= 325.386,00 – 135.541,95) e ciò proverebbe ulteriormente l’inattendibilità dell’offerta dell’aggiudicatario.
Sul punto, però, si deve sottolineare che, come già nel giudizio di primo grado, Ad. non fornisce alcuna indicazione della fonte da cui ha tratto gli “ordinari prezzi di mercato” su cui ha basato i propri calcoli.
Certamente al riguardo non può bastare quanto sostiene l’appellante e cioè che le sue stime del costo delle attrezzature non sarebbero state nemmeno contestate dalle controparti, il che darebbe conferma della loro correttezza: ciò, anzitutto, perché si tratta di argomentazione infondata in fatto, visto che, nella memoria di costituzione e difensiva del giudizio dinanzi al T.A.R., So. ha contestato (v. pag. 16) i prezzi unitari di mercato indicati da Ad. a pag. 12 dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado (riprodotti nell’atto di appello). In secondo luogo – e in correlazione a quanto appena si è detto – Ad. non ha fornito neppure un principio di prova a supporto delle proprie affermazioni circa l’incongruità dei valori indicati dall’aggiudicatario.
Ne discende, in ultima analisi, l’infondatezza anche del secondo motivo di appello – nonché la sua inammissibilità, lì dove non soddisfa la cd. prova di resistenza – con il corollario che detto motivo, al pari del primo, deve essere nel suo complesso respinto.
In conclusione, l’appello è infondato e da respingere, meritando la sentenza di primo grado di essere integralmente confermata anche con riguardo alla reiezione delle domande ulteriori rispetto a quella di annullamento.
Le spese del presente giudizio di appello seguono la soccombenza e vengono liquidate a carico della società appellante ed in favore della Regione Lazio e della So. S.p.A., nella misura ridotta di cui al dispositivo, tenendo conto della complessità di parte delle questioni esaminate (quelle attinenti al primo motivo di appello).
Non si fa luogo a pronuncia sulle spese nei confronti della Pa. S.r.l. e dell’A.R.E.S. 118, evocate in giudizio, ma non costituitesi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza (III^), così definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento in favore della Regione Lazio e di So. S.p.A. delle spese del giudizio di appello, che liquida in via forfettaria in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per ciascuna di dette controparti, per complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00) più accessori di legge, non facendo luogo a spese nei confronti delle altre parti evocate in giudizio, ma non costituitesi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Pietro De Berardinis – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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