Quando dopo avere dichiarato inammissibile una domanda si procede comunque al merito della domanda

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 16 giugno 2020, n. 11675.

La massima estrapolata:

Ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della “potestas iudicandi”, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione.

Ordinanza 16 giugno 2020, n. 11675

Data udienza 22 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Immigrazione – Protezione internazionale – Dichiarazioni non credibili del ricorrente – Ricorso per cassazione – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1350/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3913/18, depositata il 3 agosto 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 gennaio 2020 dal Consigliere Mercolino Guido.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 3 agosto 2018, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato il gravame interposto da (OMISSIS), cittadino del Senegal, avverso l’ordinanza emessa il 15 maggio 2017, con cui il Tribunale di Napoli aveva rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, della protezione sussidiaria o dei permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta dall’appellante.
Premesso che quest’ultimo si era limitato ad un’enumerazione di norme e massime giurisprudenziali prive di effettivo riferimento alla vicenda allegata, senza muovere critiche specifiche alla decisione di primo grado, la Corte ha rilevato comunque la genericita’ delle dichiarazioni rese, ritenendole non suscettibili di approfondimenti istruttori anche officiosi, in quanto aventi ad oggetto una vicenda connessa a vendette familiari, non riconducibile alle fattispecie di legge. Ha ritenuto altresi’ insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, osservando che l’appellante non aveva svolto alcuna specifica deduzione con riguardo ai rigorosi criteri stabiliti dal Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 5, comma 6, e articolo 19, comma 2, come interpretati dalla giurisprudenza di legittimita’.
2. Avverso la predetta sentenza il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi. Il Ministero dell’interno non ha svolto attivita’ difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del Decreto Legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, articolo 35-bis, comma 10 ed 11, come modificato dal Decreto Legge 17 febbraio 2017, n. 13, osservando che nel corso del giudizio non si e’ proceduto alla audizione di esso ricorrente, pur in mancanza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale competente. Precisa che tale adempimento, da lui espressamente sollecitato, trovava giustificazione nella specificazione dei fatti di causa risultante dal ricorso introduttivo, e nella migliore contestualizzazione e qualificazione degli stessi da lui compiuta.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n. 251, articoli 3, 5, 6, 7, 8 e 14, sostenendo che, nel rigettare la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, la sentenza impugnata ha omesso di valutare la situazione di pericolo emergente dalla vicenda da lui allegata, avendo conferito rilievo ad alcune imprecisioni della narrazione, riguardanti aspetti secondari, senza tener conto del rischio di trattamenti inumani e degradanti cui egli andrebbe incontro in caso di rimpatrio, a causa delle vessazioni e dei maltrattamenti cui era sottoposto ad opera di suo zio e della violazione dei diritti umani da parte del sistema giudiziario del Senegal, nonche’ della situazione di violenza generalizzata, insicurezza ed instabilita’ in atto nel suo Paese di origine.
3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 5, comma 6, affermando che, nel rigettare la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, la sentenza impugnata non ha tenuto conto da un lato del rischio di coinvolgimento nelle violenze in atto in Senegal, cui egli sarebbe esposto in caso di rimpatrio, in ragione della condizione di vulnerabilita’ connessa alla sua giovane eta’ ed alle tensioni di natura sociale e politica esistenti nel predetto Paese, dall’altro del grado di integrazione da lui raggiunto nel tessuto sociale ed economico Europeo.
4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari si pone in contrasto con le risultanze del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale e delle informazioni disponibili in ordine alla situazione del Paese di origine, da cui emergevano una vicenda personale meritevole di specifica tutela ed una situazione socio-politica caratterizzata da tensioni, instabilita’ e violenza diffusa.
5. Il ricorso e’ inammissibile.
In quanto riflettenti rispettivamente l’ingiustificato rigetto dell’istanza di audizione e l’inadeguata valutazione della vicenda personale allegata a sostegno della domanda, nonche’ la sussistenza delle condizioni necessarie per l’applicazione della protezione sussidiaria o di quella umanitaria, le censure proposte dal ricorrente non attingono infatti la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, nel rigettare l’appello, ha esaminato soltanto ad abundantiam il merito dei motivi proposti dal ricorrente, avendone preliminarmente rilevato l’inammissibilita’, per difetto di specificita’ e pertinenza, ed avendo espressamente precisato che tale rilievo doveva ritenersi sufficiente a giustificare la reiezione del gravame.
E’ noto che quando, come nella specie, il giudice, dopo aver dichiarato inammissibile una domanda o un capo di essa o un motivo di impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas judicandi al riguardo, abbia ugualmente proceduto all’esame degli stessi nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione, e quindi prive di effetti giuridici, con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere ne’ l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare la dichiarazione d’inammissibilita’, la quale costituisce l’unica vera ragione della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 30/10/2013, n. 24469; Cass., Sez. VI, 19/12/2017, n. 30393; Cass., Sez. III, 20/08/2015, n. 17004), la cui mancata impugnazione ha comportato nella specie il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
6. La mancata costituzione dell’intimato esclude la necessita’ di provvedere al regolamento delle spese processuali.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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