In caso di impugnazione di un accordo di programma

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 16 marzo 2020, n. 1886.

La massima estrapolata:

In caso di impugnazione di un accordo di programma, compresi i Patti Territoriali, avente a oggetto la realizzazione di un’opera pubblica, il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, a tutte le amministrazioni firmatarie dell’accordo, dovendo considerarsi amministrazioni emananti tutte quelle che all’accordo stesso hanno partecipato.

Sentenza 16 marzo 2020, n. 1886

Data udienza 23 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3906 del 2015, proposto dai signori Pa. Pi., in proprio e quale titolare dell’omonima ditta individuale, Vi. Pi., Ro. Pi., questi ultimi in proprio e quali collaboratori dell’impresa, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Da. Te., e presso il suo studio elettivamente domiciliati in Roma, al viale (…), per mandato in calce al ricorso per revocazione;
contro
La Regione Lazio, in persona del Presidente in carica della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dall’avv. El. Ca., e con la stessa elettivamente in Roma, alla via (…), presso gli uffici dell’Avvocatura regionale, per mandato in calce all’originale del ricorso in appello, in atti;
nei confronti
Il Ministero per i beni le attività culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, alla via (…);
la Provincia di Roma, cui è succeduta la Città metropolitana di Roma Capitale, in persona del Sindaco metropolitano in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Gi. Al., e con la stessa elettivamente domiciliata in Roma, alla via (…), presso gli uffici dell’Avvocatura della Città metropolitana;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5957 del 2 dicembre 2014, resa tra le parti, con cui, in accoglimento dell’appello n. r. 9002/2014, e in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. 1^ bis, n. 6898 del 1° luglio 2014, è stato dichiarato inammissibile il ricorso in primo grado n. r. 8239/2011, proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale regionale n. A4852 del 12 maggio 2011 -che a conclusione della conferenza di servizi ha dichiarato improcedibile il progetto di intervento degli interessati- e degli atti presupposti (verbale provvisorio e definitivo comunicati dalla Regione Lazio – Dipartimento Istituzionale e Territorio e dei pareri ivi contenuti, rispettivamente in data 8 marzo 2011 e 15 aprile 2011; pareri espressi in data 7 febbraio 2011 dal rappresentante della Provincia di Roma e dal rappresentante della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici).
Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio ed altri;
Viste le memorie depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2020 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Va. Mo., per delega dell’avv. Da. Te., per i signori Pa. Pi., Vi. Pi. e Ro. Pi., l’avv. El. Ca. per la Regione Lazio e l’avvocato dello Stato Gi. Ba. per il Ministero per i beni e le attività culturali;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.) Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale raccomandato il 10 aprile 2015 e depositato l’8 maggio 2015, i signori Pa. Pi., in proprio e quale titolare dell’omonima ditta individuale, Vi. Pi., Ro. Pi., questi ultimi in proprio e quali collaboratori dell’impresa hanno chiesto la revocazione della sentenza di questa Sezione n. 5957 del 2 dicembre 2014, resa tra le parti.
1.1) Con la predetta sentenza, in accoglimento dell’appello n. r. 9002/2014, e in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma. Sez. 1^ bis, n. 6898 del 1° luglio 2014, è stato dichiarato inammissibile il ricorso in primo grado n. r. 8239/2011, proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale regionale n. A4852 del 12 maggio 2011 -che a conclusione della conferenza di servizi ha dichiarato improcedibile il progetto di intervento degli interessati- e degli atti presupposti (verbale provvisorio e definitivo comunicati dalla Regione Lazio – Dipartimento Istituzionale e Territorio (e dei pareri ivi contenuti), rispettivamente in data 8 marzo 2011 e 15 aprile 2011; pareri espressi in data 7 febbraio 2011 dal rappresentante della Provincia di Roma e dal rappresentante della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici).
1.2) La declaratoria d’inammissibilità del ricorso in primo grado si ricollega alla sua mancata notificazione al Comune di (omissis), in accoglimento dell’eccezione pregiudiziale spiegata dalla Regione Lazio, disattesa dal T.A.R. e riproposta con il primo motivo d’appello, in ragione delle seguenti testuali argomentazioni, di cui ai capi 7.) 8.), 9.), 10.) della sentenza:
“7. Infatti, l’appello è manifestamente fondato sotto l’assorbente profilo di cui al primo motivo di gravame.
8. Al riguardo, non merita condivisione l’eccezione di inammissibilità sollevata da parte appellata sul rilievo della asserita novità dell’eccezione, in violazione del divieto di cui all’art. 104 cod. proc. amm.
Innanzi tutto, dalla piana lettura della sentenza impugnata risulta che il primo giudice è stato ritualmente investito dell’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, per omessa notificazione al Comune di (omissis), e la ha disattesa.
In secondo luogo, trattandosi di questione afferente alla regolare costituzione del rapporto processuale e quindi rilevabile anche d’ufficio, in ogni caso la stessa avrebbe potuto essere proposta anche per la prima volta in grado d’appello (cfr. Cons. Stato, Ad. Pl., 24 giugno 1998, nr. 4; id., sez. V, 13 dicembre 2006, nr. 7377).
9. Tanto premesso, in punto di fatto risulta incontroverso che il ricorso di primo grado non è stato notificato al Comune di (omissis), così come incontroverso è che detto Comune abbia partecipato alla Conferenza dei servizi conclusasi con gli atti qui censurati.
Pertanto, la Sezione ritiene di dover richiamare il proprio pregresso indirizzo secondo cui, in caso di impugnazione di un accordo di programma avente a oggetto la realizzazione di un’opera pubblica, il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, a tutte le amministrazioni firmatarie dell’accordo, dovendo considerarsi amministrazioni emananti tutte quelle che all’accordo stesso hanno partecipato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2010, nr. 1774; id., 22 maggio 2008, nr. 2469).
Tale principio risulta pacificamente estensibile anche ai Patti Territoriali, come quello per cui qui è causa, i quali a norma dell’art. 2, comma 203, lettera d), della legge 23 dicembre 1996, nr. 662, costituiscono una species del più ampio genus degli accordi di programmazione negoziata, nel quale rientrano anche gli accordi di programma, la cui disciplina procedimentale peraltro condividono sulla scorta della delibera del C.I.P.E. del 10 maggio 1995 (con riferimento, in particolare, all’impiego del modulo della Conferenza dei servizi di cui all’art. 14 della legge nr. 241 del 1990).
Sul piano sostanziale, poi, è quanto meno discutibile l’assunto del primo giudice sulla non necessità di evocazione in giudizio del Comune di (omissis), sul rilievo che questo non avrebbe assunto “alcuna determinazione lesiva o sfavorevole nei confronti della ditta Pietroforte”: infatti, è stata proprio l’Amministrazione comunale a rappresentare – sia in Conferenza che per iscritto, con la nota prot. nr. 112787 del 14 marzo 2011 – la circostanza che l’area interessata dal progetto de quo aveva mantenuto la propria originaria destinazione agricola anche dopo il permesso di costruire nr. 817 del 2010, circostanza centrale ai fini delle successive determinazioni negative adottate dalla Conferenza.
10. La fondatezza dell’eccezione testé esaminata, determinando un’inammissibilità originaria e insanabile dell’impugnativa di primo grado (stante la mancata notificazione del ricorso a una delle Amministrazioni emananti gli atti censurati), esonera il Collegio dall’esame non solo degli ulteriori motivi di appello, ma anche delle censure di primo grado qui riproposte dagli originari ricorrenti”.
2.) A sostegno del ricorso per revocazione, senza rubricazione di motivi, è stato dedotto che la sentenza impugnata con il mezzo straordinario sarebbe frutto di “un errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, comma 4, c.p.c., risultante dagli atti e documenti di causa, e conseguente ad un’errata percezione del contenuto materiale degli atti di giudizio, ed in particolare di quelli oggetto dell’impugnazione stessa”.
2.1) In particolare, tenuto conto del richiamo alla giurisprudenza relativa all’impugnazione degli accordi di programma, l’errore sarebbe consistito nel fatto de “l’aver ritenuto l’atto impugnato quale Accordo di programma, e/o (al pari di quest’ultimo) conferenza di servizi decisoria, oltre che aver ritenuto che oggetto del progetto fosse un’opera pubblica”, laddove:
– “la realizzazione dell’opera oggetto di Conferenza di servizi in esame non concerne un’opera pubblica (né un’opera privata di interesse pubblico), ma un intervento di un privato…”;
– “…gli atti impugnati dai ricorrenti innanzi al T.A.R. del Lazio non concernono un Accordo di Programma, ma una determinazione amministrativa inerente una conferenza di servizi istruttoria nonché gli atti ed i pareri presupposti espressi in quella sede dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Provincia di Roma”;
– “…la determinazione amministrativa impugnata è stata emanata esclusivamente dalla Regione Lazio all’esito della convocazione della Conferenza di Servizi istruttoria. Tale conferenza rappresenta soltanto una fase propedeutica all’eventuale conclusione di un c.d. accordo di programma”;
– “Il Comune di (omissis) non può infatti essere qualificato come ente emanante i provvedimenti impugnati: ciò sia perché il Comune si è dichiarato contrario alla prospettata dichiarazione di improcedibilità del progetto, sia perché quella Conferenza non può essere rappresentativa del consenso unanime delle amministrazioni partecipanti”;
– “Non può dubitarsi, infatti, che la determinazione impugnata dalla ditta Pietroforte è stata emanata esclusivamente dalla Regione Lazio (d’altra parte nessun’altra amministrazione ha firmato il provvedimento)”;
– “La decisione a cui è giunta la Regione Lazio, dichiarando improcedibile il progetto presentato dalla ditta Pietroforte, è stata assunta in contrasto con la posizione espressa dal Comune di (omissis), laddove ha contestato in sede di conferenza proprio l’ipotesi di “improcedibilità dell’intervento” decisione in quella sede anticipata dalla Regione stessa”;
– “Il Comune di (omissis) era chiaramente favorevole alla realizzazione dell’intervento e quindi a raggiungere il c.d. accordo di programma”.
2.2) In sede rescissoria sono stati poi richiamati i motivi già svolti in ordine all’illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado, con la richiesta, previo annullamento della sentenza revocanda, della declaratoria di infondatezza dell’appello n. r. 9002/2014 e della conferma della sentenza del T.A.R. per il Lazio.
3.) Nel giudizio si sono costituiti il Ministero per i beni e le attività culturali e la Città metropolitana di Roma Capitale, nonché la Regione Lazio, che con memoria depositata il 16 dicembre 2019 ha dedotto a sua volta l’inammissibilità del ricorso per revocazione, rilevando che esso “…non è volto a far rilevare, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche, un errore di fatto ma in realtà implica un’attività valutativa del giudice che configura un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione. Infatti, il presente giudizio è volto a rilevare un erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, attraverso un esame critico della documentazione acquisita in atti”.
3.1) I ricorrenti per revocazione, con memoria depositata il 2 gennaio 2020, hanno replicato all’avverso assunto difensivo e hanno depositato il 20 gennaio 2020 un atto denominato “perizia giurata”, con cui l’arch. Fr. Gr. “…per incarico ricevuto dal Sig. Pi. Pa., titolare dell’omonima ditta individuale Pi. Pa., al fine di precisare e riferire del parere espresso dal dirigente tecnico del Comune di (omissis) in sede di Conferenza di servizi in data 07.02.2011… dichiara e assevera
– che in qualità di dirigente del Servizio Urbanistica del Comune di (omissis), funzione svolta dal 2006 al 2012, ha curato l’istruttoria tecnica della proposta progettuale DO3 dei fratelli Pietroforte nell’ambito del “Patto Territoriale degli Etruschi”;
– che il Comune di (omissis) con nota del 12.03.2010 ha richiesto alla Regione. Lazio la convocazione della Conferenza di Servizi;
– che il sottoscritto ha provveduto alla trasmissione della documentazione relativa alla proposta progettuale D03 che la Regione Lazio aveva chiesto, prima dell’indizione della Conferenza di Servizi, valutandone la regolarità urbanistica;
– che in sede di Conferenza dei Servizi, il sottoscritto, quale figura apicale dell’Uff. Urbanistica e responsabile tecnico del Comune di (omissis) ha espresso parere favorevole per l’intervento identificato D03′ dei fratelli Pietroforte, con successiva trasmissione di puntuali osservazioni rispetto al verbale redatto dalla Regione Lazio ritenendo il progetto oggetto della intervenuta procedura ex art. 34 del TUEL pienamente conforme a quello presentato in sede di adesione ai c.d. “Patti Territoriali degli Etruschi””.
3.2) Nella camera di consiglio del 23 gennaio 2020, il ricorso per revocazione è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) Il ricorso per revocazione in epigrafe è inammissibile, non potendosi ravvisare alcun errore di fatto nella sentenza di questa Sezione n. 5957 del 2 dicembre 2014.
4.1) In primo luogo, tale sentenza non afferma affatto che, nel caso di specie, la conferenza di servizi si sia svolta in vista della definizione di un accordo di programma relativo alla realizzazione di un’opera pubblica o di opera privata d’interesse pubblico.
4.2) Nemmeno si afferma in motivazione che nel caso di specie sia pervenuta a positiva conclusione la procedura con definizione e sottoscrizione di un accordo di programma.
4.3) Il fulcro del decisum verte sull’esigenza di notificare il ricorso in primo grado anche al Comune di (omissis), in quanto incontestabilmente intervenuto in seno alla conferenza di servizi -come peraltro conferma la c.d. “perizia giurata”, al di là dell’ammissibilità di tale “mezzo di prova” e di ogni valutazione sulla sua efficacia probatoria rispetto ad atti formali e ufficiali, unici rilevanti in quanto consacrati nei verbali di riunione della conferenza di servizi- e che aveva una posizione rilevante di interesse e legittimazione istituzionale sia in funzione della localizzazione dell’intervento nel suo territorio sia in relazione all’esigenza di perfezionare ai fini della realizzazione la procedura di variante urbanistica.
4.4) In effetti, quindi, come esattamente dedotto dal difensore della Regione Lazio, ciò che lamentano i ricorrenti non è un errore di fatto, ossia un’erronea rappresentazione della realtà di fatto, sebbene e al limite un errore nella valutazione del fatto, ossia nella interpretazione delle conseguenze giuridiche, processuali e sostanziali, da desumere in relazione ai dati di fatto, e quindi un vero e proprio errore di giudizio, cui non può porre in nessun modo rimedio il mezzo straordinario di impugnazione, e che si risolve, in definitiva, nella richiesta di un ulteriore giudizio sul merito.
5.) In conclusione, il ricorso per revocazione e inammissibile e tale deve essere dichiarato.
6.) Il regolamento delle spese, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione n. r. 3906 del 2015, come in epigrafe proposto, così provvede:
1) dichiara inammissibile il ricorso per revocazione;
2) condanna i signori Pa. Pi., Vi. Pi. e Ro. Pi., in solido, al pagamento, in favore della Regione Lazio, in persona del Presidente in carica della Giunta Regionale, della Città Metropolitana di Roma Capitale, in persona del Sindaco metropolitano, e del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica, delle spese del giudizio, liquidate in misura pari a Euro 5.000,00 (cinquemila/00) per ciascuna delle anzidette parti, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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