In materia di contrattualistica pubblica

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 6 febbraio 2020, n. 942.

La massima estrapolata:

In materia di contrattualistica pubblica a fronte di clausole pattizie che escludono la revisione del compenso, nella logica peraltro di un contratto di durata annuale, appare cogente la disciplina normativa inferibile dall’art. 6, comma 4, della legge n. 537 del 1993, alla cui stregua “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo” la quale costituisce norma imperativa, che non può essere derogata in via pattizia e che, peraltro, secondo il meccanismo dell’inserzione automatica, è integratrice della volontà negoziale difforme.

Sentenza 6 febbraio 2020, n. 942

Data udienza 14 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso avente numero di registro generale 117 del 2011, proposto dalla Me. No. S.r.l. (poi incorporata con altre società dalla Ente autonomo Vo. S.r.l., la quale è quindi succeduta alla Me. No. S.r.l. nel presente giudizio), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato En. So. e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
la Provincia di Benevento in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lu. Co. e con domicilio eletto, da ultimo, presso la Segreteria di questo Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, n. 7219/2009, resa tra le parti e concernente diniego di compensi revisionali.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Benevento;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2020 il Cons. Giancarlo Luttazi e udito l’avvocato Fa. Vi. in dichiarata delega dell’avvocato En. So.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con atto d’appello notificato alla Provincia di Benevento in data 27 dicembre 2010 e depositato in data 7 gennaio 2011 la Me. No. S.r.l. (già Fe. Al. e Na.-Be. S.r.l. – affidataria del servizio pubblico di linea per il trasporto persone su gomma) ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, n. 7219/2009, pubblicata il 10 novembre 2009, la quale ha respinto, con condanna alle spese, il ricorso n. 4913 del 2006, proposto dalla medesima Me. No. S.r.l. per l’annullamento della nota prot. n. 25257SME del 4 maggio 2006, a firma del Dirigente del Settore mobilità, energia, servizio autotrasporto persone della Provincia di Benevento e recante diniego del richiesto riconoscimento di compensi revisionali (riconoscimento del diritto alla revisione del corrispettivo contrattuale ai sensi dell’art. 6 – “Contratti pubblici” – della legge 24 dicembre 1993, n. 537 – “Interventi correttivi di finanza pubblica” – e successive modifiche e integrazioni).
Il diniego di revisione era basato sulle seguenti considerazioni:
– la Provincia si limitava ad amministrare, per rimessa, “risorse trasferite, quantificate a priori ante conferimento delle relative funzioni” e l’esercizio della funzione, per dettato del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, non doveva comportare alcun onere a carico delle finanze provinciali;
– già precedenti pronunce del Consiglio di Stato avevano ritenuto legittima la mancata previsione, nel contratto, della clausola di revisione prezzi in relazione alla natura transitoria ed eccezionale della proroga.
La sentenza appellata – respinte preliminarmente le eccezioni della Provincia di difetto di giurisdizione e di carente propria legittimazione passiva – ha respinto il ricorso nel merito rilevando, come da precedenti giurisprudenziali, che il contratto regolante i rapporti tra le parti non violava l’art. 6, comma 4, primo periodo, della citata legge n. 537/1993 (“Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo.[…]”).
L’appello denuncia, in tre successivi ordini di censure con identica rubricazione, “Error in iudicando in relazione all’art. 6 della legge n. 537/93 ed all’art. 1399 del codice civile. Motivazione erronea”.
E denuncia altresì, per scrupolo difensivo – e precisando che il tema non ha formato oggetto della decisione impugnata – l’infondatezza dell’ulteriore rilievo della Provincia secondo cui il medesimo Ente ”per rimessa, provvede ad amministrare risorse trasferite”.
La Provincia di Benevento ha depositato controricorso in data 4 giugno 2015, eccependo la tardività dell’appello perché notificato oltre sei mesi dalla pubblicazione della sentenza appellata, e comunque la sua infondatezza nel merito.
In esito ad avviso di perenzione consegnato in data 19 gennaio 2016 l’Ente autonomo Vo. S.r.l., in qualità di società incorporante, tra le altre (per atto di fusione del 27 dicembre 2012), l’originaria appellante Me. No. S.r.l., ha contestualmente depositato, in data 4 marzo 2016, domanda di fissazione di udienza e atto di costituzione.
L’Ente autonomo ha insistito per l’accoglimento dell’appello.
La Provincia di Benevento ha depositato atto di costituzione di nuovo difensore in data 19 ottobre 2017 (in formato cartaceo) e un data 13 agosto 2018 (in formato digitale); e memoria in data 10 dicembre 2019, nella quale ha ribadito e integrato i precedenti assunti, riproponendo altresì l’eccezione di difetto di giurisdizione già formulata in primo grado.
L’Ente autonomo Vo. S.r.l. ha replicato con memoria depositata il 12 dicembre 2019.
La Provincia di Benevento ha a sua volta replicato con memoria di replica depositata il 16 dicembre 2019.
L’Ente autonomo Vo. S.r.l. ha a sua volta depositato memoria di replica in data 20 dicembre 2019.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 14 gennaio 2020.

DIRITTO

1.1 – Le eccezioni (di tardività dell’appello e di difetto di giurisdizione) formulate dalla Provincia di Benevento non sono fondate.
La Provincia sostiene, richiamando giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, la tardività dell’appello sul rilievo che al momento della pubblicazione della sentenza impugnata (10 novembre 2009) era già stato modificato l’art. 327 del codice di procedura civile per effetto dell’art. 46, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (applicabile alla giustizia amministrativa prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo), il quale aveva ridotto da un anno a sei mesi il “termine lungo” per l’appello; sicché questo termine sarebbe scaduto da data anteriore a quella di notifica dell’appello (27 settembre 2010).
Il rilievo però non considera che ai sensi dell’art. 58, comma 1, della medesima legge n. 69/2009 le relative disposizioni di modifica al codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data d’entrata in vigore della legge medesima (4 luglio 2009), e che quindi al presente processo, instaurato con il ricorso dinanzi al Tar n. 4913 del 2006, era ancora applicabile il “termine lungo” vigente prima della data di entrata in vigore della citata legge numero 69/2009, posto che lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo termine (per le sentenze depositate prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo) va identificato nella data di introduzione del giudizio di primo grado (confr. Cons. Stato, Sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7097).
Quanto all’eccezione di difetto di giurisdizione, riproposta dalla Provincia di Benevento in questo grado d’appello con memoria del 10 dicembre 2019, essa viene formulata “sulla premessa della non applicabilità ratione temporis dell’art. 9 c.p.a e, quindi, della sua rilevabilità di ufficio”.
La Provincia quindi non ignora che il citato art. 9 del codice del processo amministrativo consente in appello l’eccezione di difetto di giurisdizione solo se dedotta “con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione”. Ma ritiene che essa sia rilevabile d’ufficio ratione temporis, e quindi presumibilmente (in assenza di ulteriori precisazioni) per la circostanza che l’appello è stato proposto prima della entrata in vigore del codice del processo amministrativo, il cui art. 9 preclude appunto la riproposizione con memoria dell’eccezione di giurisdizione sulla quale già si è pronunciato il primo giudice.
In proposito – anche a prescindere dal rilievo che l’eccezione è stata riproposta (con memoria e non con specifica impugnazione) nel vigore del nuovo codice – si osserva che anche prima della entrata in vigore del codice del processo amministrativo l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato aveva affermato che il giudice d’appello può procedere d’ufficio (idest, senza specifica impugnazione della relativa pronuncia di primo grado) alla valutazione sulla giurisdizione solo in presenza di una statuizione implicita del primo giudice, mentre le statuizioni esplicite sulla giurisdizione (quale quella formulata nel presente contenzioso dal giudice di primo grado) richiederebbero, invece, apposita impugnativa (Cons. Stato, Adunanza plenaria n. 4/2005).
La presente eccezione di difetto di giurisdizione formulata in memoria è dunque inammissibile.
1.2 – Nel merito l’appello va accolto, così come di seguito precisato.
Con recente sentenza (Cons. Stato, Sez. V, 20 novembre 2019, n. 7924) questo Consiglio di Stato ha avuto modo di pronunciarsi su una vicenda assai simile, in cui il medesimo attuale succeduto appellante Ente autonomo Vo. S.r.l. (in quel contenzioso nella veste di incorporante la Ci. S.r.l.), impugnava la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania 19 gennaio 2010, n. 203, la quale, analogamente al contenzioso in esame, vedeva denegato all’incorporata Ci. S.r.l. il diritto al riconoscimento del compenso revisionale richiesto alla Provincia di Napoli, come nella vicenda oggetto del presente appello, dal 1° luglio 2003, e vedeva richiamata la disciplina di cui al citato art. 6 della legge n. 537 del 1993.
La recente sentenza, la quale ha anche richiamato la conforme sentenza di questo Consiglio di Stato, Sez. V, 26 agosto 2010, n. 5954, pure richiamata dall’appellante, ha statuito, per la parte che qui interessa:
“A fronte di clausole pattizie che escludono la revisione, nella logica peraltro di un contratto di durata annuale, appare cogente la disciplina normativa inferibile dall’art. 6, comma 4, della legge n. 537 del 1993, alla cui stregua “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”. Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato in più occasioni che, con riguardo agli appalti di servizi o forniture, l’art. 6, comma 4, costituisce norma imperativa, la quale non può essere derogata in via pattizia e che, peraltro, secondo il meccanismo dell’inserzione automatica, è integratrice della volontà negoziale difforme (Cons. Stato, III, 20 agosto 2018, n. 4985; V, 28 marzo 2018, n. 1940).
Anche ad ammettere la non diretta applicabilità di detta norma alle concessioni, occorre segnalare come, in materia di trasporto pubblico locale, l’art. 19 del d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 preveda che i contratti di servizio definiscono l’importo dovuto all’azienda di trasporto, che può essere soggetto a revisione annuale con modalità determinate nel contratto stesso allo scopo di incentivare miglioramenti di efficienza; con disposizione di portata ancora più ampia, l’art. 30 della l.r. Campania 28 marzo 2002, n. 3 stabilisce che i contratti di servizio specificano i casi di revisione dell’importo ed i limiti percentuali entro cui può essere prevista la revisione.
Tali dati legislativi concorrono all’inquadramento del contesto in cui si inserisce un contratto di servizi di durata annuale (dall’1 gennaio 2003 al 31 dicembre 2003), ma oggetto di continue proroghe, che ne perpetuano ancora l’efficacia.
Ma soprattutto evidenziano la peculiarità di questa figura concessoria, per la quale il richiamo, da parte dell’appellante, dell’art. 30, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006 può, da un canto, indurre all’assimilazione con la figura degli accordi (di cui all’art. 15 della legge n. 241 del 1990), allorchè, d’altro canto, il testo del contratto di servizio ponte enuclea delle sue specificità di più marcata connotazione contrattuale.
Proprio in considerazione di questa sua natura ibrida, anche in relazione alle fonti che ne recano la disciplina, la Sezione ha affermato, in una similare fattispecie, con statuizione dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per recedere, l’obbligo di inserzione della clausola di revisione periodica del prezzo, prevista per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa (in termini Cons. Stato, V, 26 agosto 2010, n. 5954).”
La Sezione non ravvisa motivi per discostarsi da quella pronuncia (né ha rilievo in proposito la pronuncia di questo Consiglio di Stato, Sez. V, 27 gennaio 2014, n. 396 richiamata dalla Provincia nel controricorso, essendo quella pronuncia espressamente circoscritta alla giurisdizione e non al merito), sicché i primi tre motivi d’appello, che prospettano la tematica testé riferita ed esaminata dalla suddetta sentenza n. 7924/2019, vanno accolti.
Quanto al quarto motivo, il quale contesta per scrupolo di difesa – e precisando che il tema non ha formato oggetto della decisione impugnata – l’infondatezza dell’ulteriore rilievo della Provincia secondo il quale essa sarebbe sostanzialmente carente di legittimazione (idest carente di titolarità della funzione), perché l’Ente ”per rimessa, provvede ad amministrare risorse trasferite”, si osserva:
– che il rilievo non è esatto, poiché il Tar si è espressamente pronunciato, con un rigetto, su quella declinatoria della Provincia, affermando espressamente in proposito “[…] va respinta l’eccezione di carenza di legittimazione articolata della Provincia di Benevento sul rilievo che essa sarebbe titolare di mere funzioni delegate” […];
– che il medesimo rilievo d’appello è inammissibile perché non supportato da interesse, poiché quella legittimazione/titolarità di funzione della Provincia è stata definitivamente statuita nel presente giudizio, essendo la relativa pronuncia, non impugnata né comunque contestata in questa sede dalla Provincia medesima, passata in giudicato.
2. – L’appello va dunque accolto nei termini indicati nel capo 1.2 che precede.
Per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, va accolto il ricorso di primo grado.
Le spese dei due gradi possono essere compensate in considerazione delle peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Fulvio Rocco – Consigliere
Giancarlo Luttazi – Consigliere, Estensore
Antonella Manzione – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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