L’art. 1853 c.c. prevede un’ipotesi di compensazione tecnica e legale

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 4 luglio 2019, n. 17914.

La massima estrapolata:

L’art. 1853 c.c. prevede un’ipotesi di compensazione tecnica e legale che non può essere rilevata d’ufficio, essendo il relativo effetto estintivo soggetto ad un onere di dichiarazione, peraltro non necessitante di formule sacramentali, della parte che decida di avvalersene.

Sentenza 4 luglio 2019, n. 17914

Data udienza 12 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 7802/2017 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del Responsabile del Settore Dipartimentale dell’Area Recupero Crediti di (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 929/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 06/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/04/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del motivo 4 di ricorso rigetto per il resto;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) s.r.l. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1031/2008 emesso dal Tribunale di Mantova, ad istanza di (OMISSIS) s.p.a. (che aveva agito in nome e per conto della (OMISSIS) s.p.a.), con cui era stato ingiunto all’opponente, in qualita’ di fideiussore del (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, il pagamento della somma di 855.588,38 Euro, oltre accessori (derivante dal saldo passivo di due conti correnti, di due conti anticipi e di un mutuo chirografario, nonche’ dal credito conseguente all’escussione di una fideiussione prestata da (OMISSIS) a favore di (OMISSIS) s.p.a. nell’interesse del (OMISSIS)).
Il Tribunale di Mantova rigetto’ l’opposizione, confermando il decreto, ma dispose la restrizione delle ipoteche iscritte dalla Banca.
Provvedendo sul gravame proposto dalla (OMISSIS) s.r.l., la Corte di Appello di Brescia ha revocato il decreto ingiuntivo, condannando tuttavia l’opponente al pagamento della somma capitale di 855.588,38, oltre agli interessi al tasso previsto dalla L. n. 154 del 1992, articolo 5 e dal Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 117, dalla data del 9.6.2008 al saldo.
Ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.r.l., affidandosi a quattro motivi illustrati da memoria; ad esso ha resistito, con controricorso, la (OMISSIS) s.p.a..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la sentenza nella parte in cui, rigettando il secondo motivo di appello, ha affermato che:
quanto verbalizzato dalla (OMISSIS) in sede di prima udienza di comparizione, in merito al fatto che gli estratti conto non erano stati trasmessi al correntista (OMISSIS) s.p.a. “costituisce una mera constatazione (“gli estratti conto non risultano trasmessi”) e non e’ idonea ad integrare un’eccezione in senso stretto che, in quanto tale, doveva in ogni caso essere prontamente sollevata dall’opponente convenuto sostanziale – gia’ nell’atto introduttivo del giudizio di opposizione”;
la contestazione attinente alle appostazioni relative alle voci “rimborso spese”, “spese” e “spese gestione fido”, contenuta nella memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 3, non era, al pari di quella contenuta nella memoria conclusionale, “ne’ specifica ne’ circostanziata”, risultando pertanto “inidonea a superare l’efficacia probatoria della produzione in giudizio degli estratti conto”;
in ogni caso, non era stata formulata “alcuna istanza istruttoria in relazione alla quantificazione di dette voci”.
1.1. La ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 115, 167, 183 e 189 c.p.c. e degli articoli 1832 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4.
Rileva che, alla prima udienza di comparizione, a seguito dell’affermazione (contenuta nella comparsa di costituzione della Banca) che gli estratti conto erano stati regolarmente inviati alla debitrice principale, aveva contestato la circostanza negando che gli estratti fossero stati trasmessi e sostenendo che, quindi, non poteva ritenersi intervenuta la decadenza prevista dall’articolo 1832 c.c.; successivamente – con memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 3, costituente la prima difesa successiva al deposito degli estratti conto da parte della Banca – aveva contestato l’addebito degli importi relativi alle spese, evidenziando che dette spese non erano “specificamente individuate, con indicazione di ogni singola spesa, in modo da consentirne il riscontro, e, comunque, non (avevano) fondamento contrattuale”.
Tanto premesso, la ricorrente assume che “la deduzione del mancato invio degli estratti conto da parte del correntista non configura (…) un’eccezione in senso stretto, ma una mera difesa, che non soggiace alle preclusioni di cui all’articolo 167 c.p.c., comma 2” e, quanto agli addebiti per spese, che “la contestazione sollevata da (OMISSIS) non riguardava la conformita’ dei singoli addebiti per “spese”, “rimborso spese” e “spese di gestione fido” al rapporto obbligatorio sottostante, bensi’ l’esistenza stessa di tale rapporto (la previsione contrattuale che avrebbe legittimato gli addebiti)”, con la conseguenza che non era affatto necessaria l’analitica indicazione di tutti gli addebiti.
1.2. Il motivo e’ inammissibile, per genericita’ e difetto di adeguata illustrazione della correlazione fra i motivi di censura e le norme di diritto indicate in rubrica, in relazione alle deduzioni circa la debenza delle spese; da cio’ consegue che risulta priva di interesse anche la censura relativa alla tempestivita’ della contestazione degli estratti (ancorche’ concernente una affermazione non condivisibile della Corte circa la necessita’ che la contestazione sull’invio degli estratti conto dovesse essere effettuata gia’ con l’atto introduttivo del giudizio e prima che tali estratti fossero stati depositati dalla Banca).
2. Il secondo motivo censura la sentenza nella parte in cui ha rigettato il quarto motivo di appello, col quale la (OMISSIS) aveva lamentato che, accertato – tramite c.t.u. – che il saldo del conto corrente (OMISSIS) non era piu’ passivo, il Tribunale non aveva determinato l’esatto ammontare dell’attivo per il fatto che l’opponente non aveva eccepito la compensazione fra detto credito e i debiti derivanti dagli altri rapporti.
La Corte ha rilevato che la (OMISSIS) non aveva eccepito la compensazione -“come pure avrebbe dovuto fare ex articolo 1302 c.c., comma 1 e articolo 1945 c.c.” – ma si era limitata a chiedere la revoca del decreto ingiuntivo, ossia il mero rigetto della domanda monitoria, di talche’ non era stata “introdotta nel giudizio di primo grado la domanda di accertamento del saldo, se attivo, del conto corrente (OMISSIS)”; ha aggiunto che non giovava invocare la compensazione ex articolo 1853 c.c., che doveva essere oggetto di eccezione in senso stretto disciplinata dall’articolo 1302 c.c., comma 1 e, pertanto, non puo’ essere rilevata d’ufficio”.
2.1. Al riguardo, la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1853 c.c., rilevando che “la compensazione prevista dall’articolo 1853 c.c., opera automaticamente, tra saldi attivi e passivi di piu’ conti e rapporti parimenti esigibili, come risulta evidente dal testo della norma, che omette il richiamo alla non rilevabilita’ d’ufficio (disposta invece dall’articolo 1242 c.c.), e prevede che solo il patto contrario possa impedirla”; assume pertanto che “l’accertamento del saldo attivo del conto corrente n. (OMISSIS) fatto dal c.t.u. in corso di causa andava automaticamente a compensare, fino a reciproca concorrenza, i saldi passivi degli altri conti o rapporti esistenti”.
2.2. Il motivo e’ infondato alla luce delle condivisibili considerazioni svolte da Cass. n. 7142/2018 (con richiamo anche a Cass. n. 12953/2016, a Cass. n. 10335/2014 e a Cass. n. 22324/2014), che ha evidenziato come l’articolo 1853 c.c., preveda un’ipotesi di compensazione cd. tecnica e legale che, tuttavia, non puo’ essere rilevata d’ufficio (secondo il principio generale di cui all’articolo 1242 c.c., comma 1), “soggiacendo il suo effetto estintivo ad uno specifico onere di dichiarazione di colui che voglia giovarsene”, ancorche’ senza necessita’ di uso di formule sacramentali.
3. Col terzo motivo (“violazione o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e degli articoli 345 e 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4”), la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il quinto motivo di appello (col quale la (OMISSIS) si era doluta che la somma ingiunta non fosse stata ridotta in relazione al saldo attivo del conto corrente n. (OMISSIS)) sull’assunto che lo stesso introducesse “un’eccezione nuova, mai sollevata in primo grado, e pertanto inammissibile ex articolo 345 c.p.c.” e sul rilievo che, in ogni caso, non risultava superato il limite fino al quale era stata prestata la fideiussione.
3.1. La ricorrente premette che, anche a voler ritenere inapplicabile la compensazione di cui all’articolo 1853 c.c., l’accertamento del saldo attivo del conto n. (OMISSIS) avrebbe dovuto comportare la riduzione della pretesa creditoria della Banca per un importo di 84.910,50 Euro (ossia della somma che, in sede monitoria, era stata imputata a saldo passivo del predetto conto) e aggiunge che “la “capienza” residua della garanzia fideiussoria omnibus non poteva essere traslata ad altri crediti, diversi da quelli per i quali era stata originariamente escussa”; tanto rilevato, assume che la deduzione circa l’azzeramento del saldo passivo del conto n. (OMISSIS), a seguito della riliquidazione effettuata dal c.t.u., non configurava “un’eccezione bensi’ una constatazione di fatto”, ossia “una mera difesa consistente nella semplice contestazione dei fatti costitutivi su cui si fonda la pretesa avversaria”, evidenziando che tale erronea qualificazione aveva comportato anche la falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c.”; assume, infine, che la Corte, “confermando la condanna della (OMISSIS) al pagamento della intera somma capitale ingiunta (Euro 855.588,38, comprensiva del saldo asseritamente passivo del conto corrente (OMISSIS)) ha pronunciato ultra petita, in violazione dell’articolo 112 c.p.c., non potendosi autonomamente estendere la garanzia fideiussoria, anche omnibus, per obbligazioni diverse da quelle per le quali era stata specificamente escussa”, senza una specifica domanda da parte della Banca.
3.2. Il motivo e’ infondato, atteso che – per quanto indicato nel ricorso monitorio – il credito riferibile ai saldi dei conti correnti e dei conti anticipazioni era superiore al limite (di 500.000,00 Euro) della fideiussione e la circostanza che la domanda sia stata contenuta entro tale limite non osta alla possibilita’ di escutere l’intera garanzia fintantoche’ il credito non risulti di importo inferiore ad essa; deve pertanto escludersi che la Corte sia incorsa in vizio di ultrapetizione atteso che la condanna non ha comunque superato – in relazione ai saldi dei conti – l’importo massimo della fideiussione fin dall’inizio escussa.
4. Il quarto motivo – che denuncia la violazione dell’articolo 96 c.p.c., comma 1 e articolo 642 c.p.c., comma 2 e dell’articolo 2740 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione fra le parti- censura l’avvenuto rigetto dell’ottavo motivo di appello (con cui la (OMISSIS) si era doluta del mancato accoglimento della domanda di risarcimento danni ex articolo 96 c.p.c., comma 1, a fronte dell’iscrizione di ipoteche giudiziali per un valore eccedente il credito ingiunto), motivato – dalla Corte – col rilievo che non vi era stata “alcuna “soccombenza” della banca, condicio sine qua non per la sussistenza della responsabilita’ prevista dal comma 1 dell’articolo 96 c.p.c.”.
4.1. La ricorrente rileva che la soccombenza “si configura anche con riferimento a specifiche istanze formulate dalle parti del giudizio e non soltanto con riferimento all’esito complessivo dello stesso” e che la Banca era risultata soccombente rispetto alla domanda di restrizione delle iscrizioni ipotecarie; sotto altro profilo, evidenzia che la Corte aveva completamente omesso l’esame di due circostanze decisive, costituite dall’aver richiesto la provvisoria esecuzione del decreto in totale carenza di periculum in mora e dall’aver ecceduto nell’esercizio della garanzia.
4.2. Il motivo e’ inammissibile:
quanto alla violazione delle norme di diritto, giacche’ la condanna ex articolo 96 c.p.c., comma 1, presuppone, oltre alla soccombenza, l’accertamento della malafede o della colpa grave e implica pertanto un apprezzamento di merito su tale secondo profilo che la Corte non ha effettuato e che non puo’ essere compiuto in sede di legittimita’;
quanto al dedotto omesso esame, in quanto inibito dall’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, giacche’ (diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente) ricorre un’ipotesi di “doppia conforme” anche nel caso in cui la pronuncia di secondo grado non richiami integralmente gli argomenti utilizzati dal primo giudice.
5. L’eccezione di nullita’ della fideiussione – sollevata dalla ricorrente con la memoria ex articolo 378 c.p.c., anche al fine di sollecitare un rilievo officioso – e’ priva di pregio a fronte di un evidente difetto di pertinenza fra l’oggetto di giudizio e le clausole di cui si assume la nullita’ (attinenti al recesso e alla deroga della previsione dell’articolo 1957 c.c.).
6. Le spese di lite seguono la soccombenza.
7. Sussistono le condizioni per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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