Corte di Cassazione, sezione sesta lavoro, Ordinanza 16 aprile 2019, n. 10642.

La massima estrapolata:

In tema di indebito assistenziale, la violazione, ad opera del titolare della prestazione, dell’obbligo di comunicazione all’INPS della situazione reddituale rilevante ai fini del diritto alla percezione della predetta prestazione, esclude la sussistenza di un affidamento idoneo a giustificare l’irripetibilità dell’indebito.

Ordinanza 16 aprile 2019, n. 10642

Data udienza 5 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere

Dott. GHINOY Paola – Consigliere

Dott. SPENA Francesca – Consigliere

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 19938-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE. BECCARLA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 57/2017 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 13/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/12/2018 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 13.2.2017, la Corte d’appello di Caltanissetta, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda di (OMISSIS) volta alla declaratoria d’irripetibilita’ delle somme richiestele dall’INPS e rivenienti da indebita percezione di assegno mensile di assistenza (successivamente trasformato in assegno sociale) nel periodo 1.1.2004 – 30.9.2011, a seguito del riconoscimento della pensione di reversibilita’;
che avverso tale pronuncia (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che e’ stata depositata proposta ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che (OMISSIS) ha tardivamente depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 88 del 1989, articolo 52, cosi’ come interpretato dalla L. n. 412 del 1991, articolo 13, per avere la Corte di merito qualificato come dolosa la sua condotta nonostante che ella avesse confidato in buona fede nel fatto che il centro di assistenza fiscale al quale si era rivolta comunicasse all’INPS l’avvenuta attribuzione della pensione di reversibilita’;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 412 del 1991, articolo 13, comma 2, e articolo 1227 c.c., per avere la Corte territoriale consentito il recupero dell’indebito oltre il limite dell’anno previsto dalla disposizione cit.;
che l’INPS ha resistito argomentando che la sentenza, pur essendo erronea in diritto per aver ritenuto applicabile alla fattispecie la L. n. 88 del 1989, articolo 52, e L. n. 412 del 1991, articolo 13, riferibili all’indebito previdenziale laddove nel caso di specie si controverte in tema di indebito assistenziale, sarebbe nondimeno corretta quanto al dispositivo, non essendo applicabili a tale ultimo indebito i limiti di ripetibilita’ propri dell’indebito previdenziale e operando invece al riguardo il diverso principio secondo cui, allorche’ il diritto ad una prestazione assistenziale sia venuto meno per motivi collegati alla perdita del c.d. requisito reddituale, si fa luogo all’integrale recupero della somma indebitamente percepita successivamente al 30.6.2003, data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 42, comma 5, (conv. con L. n. 326 del 2003), non ravvisandosi alcuna norma speciale di settore che valga a sottrarre l’indebito assistenziale alla disciplina generale dell’articolo 2033 c.c.;
che tale principio, gia’ affermato da Cass. n. 23097 del 2013, e’ stato recentemente precisato nel senso che l’indebito assistenziale, in mancanza di norme specifiche che dispongano diversamente, e’ ripetibile solo successivamente al momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge, a meno che non ricorrano ipotesi che a priori escludano un qualsivoglia affidamento, come nel caso di erogazione di prestazione a chi non sia parte di alcun rapporto assistenziale ne’ ne abbia mai fatto richiesta, nel caso di radicale incompatibilita’ tra beneficio ed esigenze assistenziali o in caso di dolo comprovato dell’accipiens, in quanto coefficiente soggettivo idoneo a far venir meno l’affidamento alla cui tutela sono preposte le norme limitative della ripetibilita’ dell’indebito (Cass. n. 28771 del 2018);
che, nel caso di specie, la Corte di merito ha accertato che l’odierna ricorrente “ha omesso, fin dal 2002, di comunicare all’INPS di essere diventata percettrice di pensione di reversibilita’ INPDAP e di non possedere dunque piu’ i requisiti reddituali” per beneficiare della prestazione assistenziale che aveva in godimento (cosi’ la sentenza impugnata, pag. 9);
che, rispetto all’operato dell’ente debitore, la buona fede del percettore e’ rilevabile in una condotta che sia connotata dall’assenza di qualsiasi violazione dei doveri di correttezza su di lui gravanti (cfr., per fattispecie analoghe, Cass. nn. 17576 del 2002, 537 del 2015), coerentemente con il principio generale secondo cui ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio ha il dovere di tutelare l’utilita’ e gli interessi dell’altra, nei limiti in cui cio’ possa avvenire senza un apprezzabile sacrificio (Cass. n. 17642 del 2012);
che, non potendo nel caso di specie ritenersi la correttezza della condotta dell’odierna ricorrente, in ragione dell’accertata (e non rivedibile in questa sede, in mancanza di uno specifico motivo di gravame ex articolo 360 c.p.c., n. 5) violazione degli obblighi di comunicazione all’INPS delle situazioni rilevanti ai fini del diritto alla percezione della prestazione assistenziale di cui aveva il godimento, deve escludersi la sussistenza di un affidamento idoneo a giustificare la irripetibilita’ dell’indebito;
che, pertanto, corretta negli anzidetti termini la motivazione della sentenza impugnata, il ricorso, assorbito il secondo motivo, va rigettato;
che le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, che si liquidano in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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