In ambito doganale il mancato esperimento del contraddittorio preventivo

Corte di Cassazione, sezione sesta tributaria, Ordinanza 8 gennaio 2019, n. 218.

La massima estrapolata:

In ambito doganale il mancato esperimento da parte dell’Amministrazione del contraddittorio preventivo non rileva in caso di accertamento scaturito da un’informativa Olaf. Questo in quanto, trattandosi di un’attività svolta da un organismo preposto alla repressione delle frodi finalizzate all’evasione dei tributi comunitari, il contribuente non è mai in grado di superare la cosiddetta “prova di resistenza” ovvero di provare il diverso esito che la sua preventiva audizione avrebbe potuto avere durante l’istruttoria accertativa.

Ordinanza 8 gennaio 2019, n. 218

Data udienza 21 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 16626-2016 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 582/10/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 02/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/11/2018 dal Consigliere Dott. MOCCI MAURO.

RILEVATO

che (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che aveva accolto l’appello dell’Agenzia Dogane e Monopoli contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione della societa’ avverso l’avviso di accertamento per dazi ed IVA con riguardo all’anno 2005;
che, mediante la decisione impugnata, la CTR ha sostenuto l’inapplicabilita’ della L. n. 212 del 2000, articolo 12, comma 7 (e del correlativo termine dilatorio di sessanta giorni) agli avvisi di rettifica in materia doganale e che, inoltre, la contribuente non avrebbe fornito alcuna prova circa l’errore colpevole commesso dall’autorita’ doganale.

CONSIDERATO

che il ricorso e’ affidato a due motivi;
che, attraverso il primo, la (OMISSIS) assume la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, articolo 12, comma 7, per mancata concessione al contribuente del termine di sessanta giorni tra la notifica del processo verbale di constatazione e l’atto di rettifica dell’accertamento, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3;
che, col secondo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 220, par. 2, lettera b) Cod. Dog. Com., in rapporto all’articolo 360 c.p.c., n. 3: nella specie, sarebbero coesistite tutte le quattro condizioni necessarie ai fini dell’applicazione dell’esimente prevista dal cit. articolo 220;
che l’Agenzia delle Dogane si e’ costituita con controricorso; che, all’udienza del 6 luglio 2017, il processo e’ stato rinviato a nuovo ruolo, essendo pendente, su un’analoga questione, ordinanza n. 9278/2016 di questa Corte, che aveva disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, al quale ha fatto seguito la sentenza della Corte Ue resa in data 20 dicembre 2017 nella causa C-276/16.
che il primo motivo e’ infondato;
che le Sezioni Unite di questa Corte hanno ritenuto che le garanzie fissate nella L. n. 212 del 2000, articolo 12, comma 7, trovino applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attivita’ imprenditoriale o professionale del contribuente; cio’, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o no comportato constatazione di violazioni (Sez. U., n. 24823 del 9 dicembre 2015);
che i superiori principi si saldano in maniera armonica con quelli espressi dalla Corte di Giustizia proprio in tema di contraddittorio doganale (Corte giust., sez. 5, 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13-, Kamino International Logistics;
che, secondo la Corte europea, il diritto al contraddittorio si applica quando l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, dovendosi consentire ai destinatari incisi dalle determinazioni amministrative rientranti nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione di essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione. Tale diritto sussiste anche quando la normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalita’ (v. sentenze Soprope’, Corte Giustizia n. 349/07 nonche’ n. 383/13);
che, quando il diritto dell’Unione non fissa ne’ le condizioni alle quali deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa ne’ le conseguenze della violazione di tali diritti, tali condizioni e tali conseguenze rientrano nella sfera del diritto nazionale, purche’ i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale ad essi comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettivita’);
che siffatta soluzione e’ applicabile alla materia doganale nella misura in cui l’articolo 245 del codice doganale rinvia espressamente al diritto nazionale, precisando che “le norme di attuazione della procedura di ricorso sono adottate dagli Stati membri”, fermo restando che gli Stati membri possono legittimamente consentire l’esercizio dei diritti della difesa secondo le stesse modalita’ previste per la disciplina delle situazioni interne purche’ esse siano conformi al diritto dell’Unione e, in particolare, non compromettere l’effetto utile del codice doganale (Sez. 6-5, n. 14043 del 01/06/2018);
che, secondo la Corte UE, se il destinatario di avvisi di rettifica dell’accertamento come quelli di cui trattasi ha la possibilita’ di ottenere la sospensione dell’esecuzione di detti atti fino alla loro eventuale riforma e se il giudice nazionale verifica che nell’ambito del procedimento amministrativo, le condizioni di cui all’articolo 244 del codice doganale non sono applicate in modo restrittivo, non puo’ ritenersi pregiudicato il rispetto dei diritti della difesa del destinatario degli avvisi di rettifica dell’accertamento;
che una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere ascoltati, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza della suddetta irregolarita’, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso (Corte giust. 10 settembre 2013, G. e R., C-383/13 PPU, punto 38, nonche’ Corte giust., 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics, C-129/13 e C-130/13, EU:C:2014:2041); che, nella specie, l’attivita’ di revisione dell’accertamento doganale e’ scaturita da un’informativa dell’OLAF, organismo comunitario preposto alla repressione delle frodi finalizzate all’evasione dei tributi comunitari, rispetto alla quale l’Agenzia era del tutto vincolata: conseguentemente l’audizione della societa’ ricorrente non avrebbe potuto comportare un risultato diverso;
che anche il secondo motivo e’ infondato, giacche’ in tema di tributi doganali, come precisato dalla giurisprudenza comunitaria, lo stato soggettivo di buona fede dell’importatore richiesto dal Reg. CEE n. 2913 del 1992 (Codice doganale comunitario), articolo 220, n. 2, lettera b), ai fini dell’esenzione della contabilizzazione “a posteriori” dei dazi, puo’ essere invocato solo se l’errore dell’autorita’ sia di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore di buona fede, il quale deve anche aver rispettato tutte le prescrizioni della normativa in vigore in relazione alla sua dichiarazione in dogana, sicche’ quando l’errore dell’Amministrazione sia consistito nella mera ricezione delle dichiarazioni inesatte dell’esportatore – in particolare sull’origine della merce – tale buona fede non sussiste e il debitore e’ tenuto a sopportare il rischio derivante da un documento commerciale che si riveli falso in occasione di un successivo controllo (Sez. 5, n. 13770 del 06/07/2016; Sez. 5, n. 7702 del 27/03/2013);
che, nel caso di specie, la CTR ha coerentemente applicato i predetti principi;
che il ricorso va dunque respinto;
che le oscillazioni giurisprudenziali sulla questione autorizzano la compensazione integrale delle spese di lite;
che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Compensa interamente le spese di lite.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Avv. Renato D’Isa

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