Ordinanza demolizione costruzione abusiva e indicazione dell’area di sedime che verrà acquisita  al patrimonio del Comune

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 20 novembre 2018, n. 6566.

La massima estrapolata:

Il provvedimento con cui si ingiunge al responsabile della costruzione abusiva di provvedere alla sua distruzione nel termine fissato, non deve necessariamente contenere l’esatta indicazione dell’area di sedime che verrà acquisita gratuitamente al patrimonio del Comune in caso di inerzia, atteso che il provvedimento di ingiunzione di demolizione è distinto dal successivo ed eventuale provvedimento di acquisizione, nel quale, con piena garanzia per il destinatario, è invece necessario che sia puntualmente specificata la portata delle sanzioni irrogate.

Sentenza 20 novembre 2018, n. 6566

Data udienza 15 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7495 del 2012, proposto da:
SA. CO., rappresentato e difeso dagli avvocati Mi. Co., Em. D’A., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ge. Te. in Roma, piazza (…);
contro
COMUNE DI (OMISSIS), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Campania, sede di Napoli n. 837 del 2012;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 novembre 2018 il Cons. Dario Simeoli e udito per le parti l’avvocato Em. D’A.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.? Con il ricorso introduttivo del primo grado, il signor Sa. Co. ? proprietario di un terreno sito nel Comune di (omissis) alla via (omissis), catastalmente censito al foglio n. (omissis), particella n. (omissis) ? realizzava un immobile rustico composto da: un seminterrato, un piano rialzato ed un primo piano, per complessivi mq 340 e con un volume di circa 2400 mc. Con l’ordinanza n. 123 del 2005, il Comune di (omissis) ne ordinava la demolizione in quanto realizzato senza il prescritto titolo abilitativo.
1.1.? Avverso l’anzidetto ordine demolitorio, l’istante ricorreva innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale, contestando:
– la violazione dell’art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, a cagione dell’omessa indicazione dell’area che, nell’ipotesi di inottemperanza all’ordinanza di demolizione, avrebbe eventualmente costituito oggetto di acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune;
– la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, in quanto il provvedimento demolitorio non era stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento;
– il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione e sviamento, non essendo state esplicitate le ragioni di interesse pubblico poste a base della determinazione assunta.
2.? Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con sentenza n. 837 del 2012, respingeva il ricorso.
3.? Il signor Sa. Co. ha quindi proposto appello avverso la sentenza del T.a.r., chiedendo, in riforma della stessa, l’accoglimento del ricorso di primo grado. L’appellante ripropone in sostanza le medesime censure sollevate in primo grado sia pure adattate all’impianto motivazionale della sentenza di primo grado.
4.? Il Comune di (omissis) non si è costituito in giudizio.
5.? All’esito dell’udienza pubblica del giorno 15 novembre 2018, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.? L’appello va respinto.
2.? È opportuno prendere le mosse dal terzo motivo di appello, con il quale viene riproposta la tesi secondo cui l’ordinanza di demolizione sarebbe da considerarsi priva di adeguata motivazione. Non basterebbe ? secondo l’appellante ? l’accertamento dell’abusività di un’opera edilizia, dovendo invece l’Amministrazione preliminarmente appurare se la demolizione corrisponde ad un interesse pubblico (prevalente rispetto all’interesse privato dell’autore dell’abuso), e se il manufatto è comunque (sostanzialmente) conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici.
La censura è infondata.
2.1.? Va rimarcato che l’ordinanza impugnata si fonda sulla realizzazione abusiva ? in assenza cioè del prescritto titolo abilitativo edilizio ? di un immobile di considerevoli dimensioni. Ebbene, come è noto, l’ordinamento ricollega la sanzione reale anche al solo illecito “formale”, fermo restando la facoltà dell’interessato di ottenere un permesso in sanatoria (nell’ambito del procedimento dettato all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001) qualora “l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.
Nel caso in esame, non solo l’istante non ha dedotto di aver presentato alcuna istanza di accertamento di conformità, ma neppure ha svolto considerazioni specifiche in merito alla asserita sussistenza della conformità urbanistica delle opere contestate.
2.2.? Quanto all’invocato onere di motivare la sussistenza dell’interesse pubblico concreto alla repressione dell’abuso, è dirimente osservare che non si può applicare a un fatto illecito (l’abuso edilizio) il complesso di acquisizioni che, in tema di valutazione dell’interesse pubblico, è stato enucleato per la diversa ipotesi dell’autotutela decisoria. Non è in alcun modo concepibile l’idea stessa di connettere al decorso del tempo e all’inerzia dell’amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare l’abusivismo edilizio, ovvero di legittimare in qualche misura l’edificazione avvenuta senza titolo, non emergendo oltretutto alcuna possibile giustificazione normativa a una siffatta – e inammissibile – forma di sanatoria automatica. Se pertanto il decorso del tempo non può incidere sull’ineludibile doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito attraverso l’adozione della relativa sanzione, deve conseguentemente essere escluso che l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata. In tal caso, è del tutto congruo che l’ordine di demolizione sia adeguatamente motivato mercé il richiamo al comprovato carattere abusivo dell’intervento, senza che si impongano sul punto ulteriori oneri motivazionali, applicabili nel diverso ambito dell’autotutela decisoria.
3.? Per ragioni analoghe, è infondato il secondo motivo di appello, con cui viene lamentata l’erroneità della sentenza appellata per avere respinto la censura incentrata sulla violazione delle norme in materia di partecipazione procedimentale.
3.1.? È dirimente richiamare il consolidato orientamento della Sezione secondo cui, nei procedimenti preordinati all’emanazione di ordinanze di demolizione di opere edilizie abusive la violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio dell’iter procedimentale non produce ? ai sensi dell’art. 21-octies, della legge n. 241 del 1990 ? l’annullamento del provvedimento quando, come accade nella vicenda in esame, emerga che il contenuto dell’ordinanza conclusiva del procedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello che è stato in concreto adottato (cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. VI, 12 agosto 2016, n. 3620; Consiglio Stato, VI, 23 ottobre 2015, n. 4880; IV, 17 febbraio 2014, n. 734; IV, 4 febbraio 2013, n. 666). I contenuti partecipativi che l’appellante lamenta (peraltro del tutto genericamente) di non aver potuto rappresentare non avrebbe potuto distogliere l’Amministrazione dal rispristino della legalità sul territorio.
4.? Anche la prima censura di appello ? relativa alla violazione dell’art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, per non avere l’ordinanza di demolizione impugnata indicato l’area che viene acquisita di diritto al patrimonio comunale ? è destituita di fondamento
4.1.? Va ribadito (cfr. ex plurimis Consiglio di Stato, sez. VI, 06/02/2018, n. 755; sez. V, 7 luglio 2014, n. 3438; sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2568) che il provvedimento con cui si ingiunge al responsabile della costruzione abusiva di provvedere alla sua distruzione nel termine fissato, non deve necessariamente contenere l’esatta indicazione dell’area di sedime che verrà acquisita gratuitamente al patrimonio del Comune in caso di inerzia, atteso che il provvedimento di ingiunzione di demolizione è distinto dal successivo ed eventuale provvedimento di acquisizione, nel quale, con piena garanzia per il destinatario, è invece necessario che sia puntualmente specificata la portata delle sanzioni irrogate.
5.? Non occorre procedere alla liquidazione delle spese di lite del presente gravame, dal momento che l’Amministrazione appellata non si è costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 7495 del 2012, come in epigrafe proposto, lo respinge. Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Bernhard Lageder – Presidente FF
Marco Buricelli – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere

Avv. Renato D’Isa

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