Resta invariata la presunzione legale posta dallo stesso articolo 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicche’ questi e’ onerato di provare in modo analitico l’estraneita’ di tali movimenti ai fatti imponibili

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 5 ottobre 2018, n. 44562.

La massima estrapolata:

In tema di accertamento, anche dopo l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 225 del 2016, che ha eliminato, dal disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1923, articolo 32, comma 1, n. 2), il riferimento ai compensi, resta invariata la presunzione legale posta dallo stesso articolo 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicche’ questi e’ onerato di provare in modo analitico l’estraneita’ di tali movimenti ai fatti imponibili. La base legale della presunzione per i versamenti e’ rappresentata, infatti, dal secondo periodo dell’articolo 32, comma 1), n. 2), richiamato, che non opera alcuna distinzione fra le varie categorie di contribuenti e non e’ stato toccato ne’ sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014 ne’ dal Decreto Legge n. 193 del 2016

Sentenza 5 ottobre 2018, n. 44562

Data udienza 22 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAVALLO Aldo – Presidente

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro – rel. Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA;
nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avversa l’ordinanza del 21/11/2017 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA;
udita la relazione stolta dal Consigliere ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
lette/sentite le conclusioni del PG PAOLA FILIPPI;
Il Proc. Gen conclude per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito il difensore (Avv. (OMISSIS)), il difensore presente insiste nel rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. – Con ordinanza del 21 novembre 2017. il Tribunale di Reggio Calabria ha parzialmente confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Locri il 23 ottobre 2017, per l’importo di Euro 1.777.722,67, in relazione a sei reati fiscali.
Il Tribunale del riesame ha mantenuto il sequestro solo quanto al capo 1) dell’imputazione provvisoria (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2), annullando il decreto quanto ai capi da 2) a 6) (diverse condotte di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4) e rideterminando l’ammontare del sequestro in Euro 30.650,00.
2. – Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Locri, deducendo, con unico motivo di doglianza, l’erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32, comma 1, n. 2), e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 51, comma 2, n. 2). Si richiama il principio posto a base del decreto applicativo del sequestro, secondo cui le presunzioni legali previste dalle norme tributarie hanno un valore indiziario sufficiente, in mancanza di elementi di segno contrario, a giustificare l’applicazione della misura cautelare reale. E si lamenta che il Tribunale ha ritenuto non operante la presunzione relativa fissata dalla prima delle disposizioni richiamate, secondo cui i prelevamenti e gli importi riscossi dai conti bancari sono considerati come ricavi anche per i professionisti. Tale ricostruzione interpretativa si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza costituzionale e di legittimita’.
3. – In prossimita’ dell’udienza camerale davanti a questa Corte, l’indagato ha depositato memoria, con la quale sostiene la correttezza dell’interpretazione data dal Tribunale, secondo cui e’ impossibile dare corso alla presunzione di cui all’articolo 32 richiamato, rispetto agli accrediti sui conti correnti bancari dei professionisti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. – Il ricorso e’ fondato.
4.1. – Il Tribunale basa la sua statuizione di annullamento parziale sulla non operativita’ della presunzione legale relativa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32, comma 1, n. 2), e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 51, comma 2, n. 2), affermando, di non condividere, sul punto, l’impostazione accusatoria, secondo cui devono essere presuntivamente considerati come compensi percepiti dal professionista, per i rispettivi anni dr imposta, tutti gli accrediti rinvenuti, attraverso indagini bancarie sui conti correnti personali e su quelli intestati allo studio professionale dei quali l’indagato non sia stato in grado di giustificare la provenienza. Il Tribunale, richiama la formulazione dell’articolo 32, comma 1, n. 2), anteriore all’intervento legislativo del 2016, che prevedeva la possibilita’ Per l’amministrazione finanziaria di porre come ricavi o compensi a fondamento degli avvisi di accertamento i prelevamenti o gli importi riscossi dal contribuente. Tale previsione fu estesa ai compensi dei lavoratori autonomi dalla giurisprudenza di legittimita’ e poi dalla legge finanziaria n. 311 del 2004, articolo 1, commi 402 – 406. Si richiama, poi, la sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della disposizione in esame nella parte in cui estendeva ai lavoratori autonomi la citata presunzione relativa, seppure limitatamente ai prelevamenti, restando dunque ferma l’equiparazione tra impresa e professionista con riguardo ai versamenti. Da tale pronuncia sarebbe sorto, nella giurisprudenza di legittimita’, un contrasto interpretativo circa l’operativita’ della presunzione con riferimento ai versamenti effettuati. Si ricorda, infine, che, nell’ambito di tale contrasto interpretativo, e’ intervenuto il legislatore, con il Decreto Legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 225 del 2016, che, all’articolo 1 quater, ha eliminato, dal disposto del richiamato Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32, comma 1, n. 2), il riferimento ai compensi. Secondo l’interpretazione data dal Tribunale, l’espunzione dei compensi dalla disposizione manifesterebbe l’intenzione del legislatore di abolire del tutto l’operativita’ della presunzione rispetto agli accertamenti bancari sui conti correnti dei professionisti e lavoratori autonomi, limitandosene l’applicazione al reddito di impresa. Si tratterebbe di un’interpretazione che non si pone in contrasto con le pronunce della giurisprudenza di legittimita’ che avevano affermato l’operativita’ della presunzione rispetto ai professionisti, perche’ tali pronunce non si erano espressamente confrontate con la nuova normativa, ma solo con il quadro delineato dalla sentenza della Corte costituzionale del 2014.
4.2. – L’interpretazione del quadro normativo fornita dal Tribunale non e’ condivisibile.
4.2.1. – Il Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 402, lettera a), n. 1), (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), dispone che i dati ed elementi trasmessi su richiesta (Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 32, comma 1, n. 7), rilevati direttamente (Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 33, commi 1 e 2) ovvero nei controlli relativi alle imposte sulla produzione o consumo (Decreto Legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, ex articolo 18, comma 3, lettera b)) sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dal medesimo Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, 39, 40 e 41, salvo che il contribuente dimostri che ne ha tenuto conto nella determinazione dei redditi o che essi non hanno rilevanza a tal fine. Prevede, poi, che i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito delle predette operazioni sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti (e sono quindi assoggettabili a tassazione), se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e sempreche’ non risultino dalle scritture contabili. La presunzione disciplinata da tale ultima parte della norma nella sua originaria formulazione (limitata a “ricavi”) interessava unicamente gli imprenditori, la L. n. 311 del 2004, articolo 1, (Inserendo anche i “compensi”) ne ha poi esteso l’ambito operativo ai lavoratori autonomi.
4.2.2. Su questa formulazione della disposizione e intervenuta la Corte costituzionale, con la sentenza n. 228 del 2014, dichiarandone l’illegittimita’ costituzionale limitatamente alle parole “o compensi”. All’esito di tale pronuncia, dopo alcune iniziali oscillazioni (Cass. civ., Sez. 5, n. 23091 del 11/11/2015, Rv. 637174 01; Sez. 5 n. 12781 del 21/06/2016, Rv. 690199 – 01), la Corte di cassazione civile ha piu’ volte chiarito che, in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32. con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavorato – e autonomo, sicche’ questi e’ onerato di provare in modo analitico l’estraneita’ di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2019, l’equiparazione logica tra attivita’ imprenditoriale e professionale limitatamente al prelevamenti sui conti correnti (ex plurimis, Cass. civ., Sez. 5, n. 16697 del 09/08/2016, Rv. 640983 – 01; Sez. 6 – 5, n. 3628 del 10/02/2017, Rv. 643207 – 01; Sez. 5, n. 19806 del 09/08/2016; Sez. 6 – 5, n. 7951 del 30/03/2018, Rv. 647721 – 01). E tale interpretazione deve essere ritenuta coerente con il dictum della Corte costituzionale, pur nell’apparente contraddittorieta’ intrinseca della richiamata sentenza n. 228 del 2014, nella quale sembrerebbe essere rinvenibile una discrasia tra motivazione e dispositivo: nella prima avendo fatto chiaramente riferimento ai soli prelevamenti dai conti bancari e nel secondo, invece, avendo sancito in maniera perentoria l’illegittimita’ costituzionale della disposizione censurata limitatamente alle parole “o compensi”, che ne l’architettura del citato articolo 32, e’ posta con riferimento ai prelevamenti, ma anche agli “importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni”, che potrebbero far pensare ai versamenti. La maggior coerenza di tale orientamento con la sentenza della Corte costituzionale – rispetto all’opposto indirizzo secondo cui la stessa avrebbe escluso l’equiparazione anche per i versamenti – discende dalla considerazione che la sopra rilevata discrasia tra motivazione e dispositivo della stessa non si traduce in un vero e proprio contrasto tra le due parti della pronuncia; can la conseguenza che la sua portata precettiva deve essere individuata integrando il dispositivo con la motivazione. Ed in questa e’ chiaramente desumibile, anche alla stregua della questione di costituzionalita’ sollevata dal giudice remittente, che la Corte costituzionale ha inteso escludere l’operativita’ della presunzione legale basata sugli accertamenti bancari, nei confronti dei lavoratori autonomi, solo ed esclusivamente ai prelevamenti. E lo si ricava dalle argomentazioni svolte dal Giudice delle leggi nel corpo motivazionale della pronuncia (punti 4, 4.1 e 4.2) e dalla conclusione tratta al punto 5, ove si afferma che “Pertanto nel caso dr specie la presunzione e lesiva del principio di ragionevolezza nonche’ della capacita’ contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attivita’ professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”. Nessun riferimento viene invece fatto ah versamenti in conto.
4.2.3. – Il quadro non e’ sostanzialmente mutato a seguito dell’intervento dei legislatore, con il Decreto Legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 2016 che, all’articolo 7 quater, ha eliminato, dal disposta del richiamato Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32, comma 1, n. 2), il riferimento ai compensi. L’espunzione dei compensi dalla disposizione non esprime, infatti, l’intenzione del legislatore di abolire de, tutto l’operativita’ della presunzione rispetto agli accertamenti bancari sui conti correnti dei professionisti e lavoratori autonomi, ma rappresenta semplicemente il recepimento in sede legislativa degli effetti che la sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, che aveva dichiarato l’incostituzionalita’ dell’articolo 32 proprio in relazione ai compensi. Infatti, se il legislatore avesse voluto eliminare del tutto la presunzione per i professionisti e i lavoratori autonomi avrebbe dovuto modificare il precedente periodo del n. 2) del comma 1 dell’articolo 32, che e’ la fonte di tale presunzione e non opera alcuna distinzione fra le varie categorie di contribuenti.
Deve dunque affermarsi il seguente principio di diritto: “In tema di accertamento, anche dopo l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 225 del 2016, che ha eliminato, dal disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1923, articolo 32, comma 1, n. 2), il riferimento ai compensi, resta invariata la presunzione legale posta dallo stesso articolo 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicche’ questi e’ onerato di provare in modo analitico l’estraneita’ di tali movimenti ai fatti imponibili. La base legale della presunzione per i versamenti e’ rappresentata, infatti, dal secondo periodo dell’articolo 32, comma 1), n. 2), richiamato, che non opera alcuna distinzione fra le varie categorie di contribuenti e non e’ stato toccato ne’ sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014 ne’ dal Decreto Legge n. 193 del 2016”.
5. – In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, limitatamente ai reati di cui ai capi da 2) a 6), con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, perche’ proceda a nuovo giudizio, facendo applicazione del principio di diritto sopra enunciato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza Impugnata, limitatamente ai reati di cui ai capi da 2) a 6) dell’imputazione provvisoria, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria.

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