Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 6 aprile 2018, n. 3.
Il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale (in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione) e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto – persona fisica o giuridica – è precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159.
L’art. 67, co. 1, lett. g) del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, nella parte in cui prevede il divieto di ottenere, da parte del soggetto colpito dall’interdittiva antimafia, “contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”, ricomprende anche l’impossibilità di percepire somme dovute a titolo di risarcimento del danno patito in connessione all’attività di impresa.
Sentenza 6 aprile 2018, n. 3
Data udienza 13 dicembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Adunanza Plenaria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12 di A.P. del 2017, proposto da:
Na. Co. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Em. D’Al., con domicilio eletto presso lo studio Le. Di. Bo. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. La., Si. Co., con domicilio eletto presso lo studio Le. Fi. in Roma, piazza (…);
nei confronti
In. Srl, Co. Srl non costituiti in giudizio;
per l’ottemperanza
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. V n. 00644/2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso per l’ottemperanza e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati D’A., La., e Co.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.1. La V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 28 agosto 2017 n. 4078, ha rimesso a questa Adunanza Plenaria la questione concernente la possibilità di erogare da parte di una pubblica amministrazione somme di danaro, spettanti a titolo di risarcimento del danno, in favore di un soggetto che sia stato attinto – prima della definizione del giudizio risarcitorio – da un’informativa interdittiva antimafia, conosciuta solo sucessivamente alla formazione del giudicato e taciuta dal soggetto stesso, ovvero se il giudicato favorevole, comunque formatosi, obblighi in ogni caso l’amministrazione a darvi corso e a corrispondere, quindi, la somma accertata come spettante
Nel caso di specie, la società Na., attuale ricorrente in sede di ottemperanza, aveva partecipato ad una gara di appalto indetta dal Comune di (omissis) ed aveva ottenuto, all’esito di un complesso contenzioso, una favorevole pronuncia risarcitoria.
La società ricorre, quindi, perché venga disposta l’ottemperanza alla sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. V, 11 febbraio 2014 n. 644, con la quale è stata pronunciata la condanna del Comune di (omissis) a corrispondere alla predetta società la somma di euro 123.005,03, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento danni per l’illegittima mancata aggiudicazione dell’appalto relativo all’esecuzione di lavori di bonifica di un costone roccioso.
1.2. E’ da aggiungere – ai fini della completa cognizione della res iudicanda – che in data 19 luglio 2013 la Na. era destinataria di una informativa interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 84, co. 3 e 91, co. 6, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 (cd. Codice delle leggi antimafia) e tale circostanza era resa nota dalla Prefettura di Caserta solo con nota 2 febbraio 2015, dopo che il Comune di (omissis) si era attivato al fine di provvedere al pagamento reso necessario dalla pubblicazione della citata sentenza n. 644/2014.
L’esistenza dell’informativa interdittiva era stata posta dal Comune di (omissis) a fondamento del ricorso per revocazione, proposto avverso la sentenza n. 644/2014, poi respinto da questo Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza 16 marzo 2016 n. 1078.
Secondo tale sentenza:
“il provvedimento interdittivo antimafia a carico della Na. Co., il quale nel caso di specie riveste il ruolo di documento sconosciuto al Comune perché non esibito dall’interessata e dunque costituirebbe la ragione della revocazione, è stato emesso il 19 luglio 2013, quindi in data sì antecedente alle sentenze 26 settembre 2013 n. 1956 e 11 febbraio 2014 n. 644, che però sono pronunce di esecuzione, o più sostanzialmente di attuazione di un giudicato risalente al 2011, che dunque deve restare intangibile rispetto ad un provvedimento particolarmente grave e tra l’altro confermato nella sua legittimità dal giudice amministrativo in primo e secondo grado, ma sempre successivo a ciò che in uno Stato di diritto non può essere più messo in discussione, fatte salve le ragioni di revocazione che nel caso di specie non sussistono per evidenti ragioni temporali oppure non sono state evocate nel giudizio.
Né può avere rilievo il fatto che le indagini che hanno portato al provvedimento prefettizio interdittivo del 19 luglio 2013 sono iniziate nel 2007, poiché nel periodo intercorrente tra il 2007 ed il luglio 2013 non è scaturita alcuna realtà giuridica impeditiva della partecipazione alla gara della Na. oppure del riconoscimento delle sue ragioni che, si ripete, vanno rinvenute nelle sentenze 26 settembre 2013 n. 1956 e 16 agosto 2011 n. 4787.
Quanto alla possibilità di accordi transattivi tra il Comune di (omissis) e la Na. Co. non se ne intravede spazio, vista la regola di cui all’art. 67 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 che impedisce alle pubbliche amministrazioni di trattare con soggetti colpiti da interdittiva; il fatto di corrispondere una cifra inferiore a quella al tempo determinata da questo Consiglio di Stato rientra nella discrezionalità amministrativa del Comune ed eventualmente può essere autorizzata dal tribunale ordinario competente ai sensi del comma 3 dell’art. 67 predetto, ove il tribunale stesso ravvisi ragioni di gravità delle quali questo Collegio giudicante non può entrare (…)”.
1.3. A seguito di quanto esposto, l’ordinanza di rimessione rileva come il Comune di (omissis) sollevi il problema della effettiva eseguibilità della sentenza, pur munita di forza di giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c., essendo emerso a carico dell’impresa vittoriosa in giudizio (ed attuale ricorrente) una informativa interdittiva sfavorevole ed in presenza della preclusione di cui all’art. 67, co. 1, lett. g) del Codice delle leggi antimafia (in base al quale “le persone alle quali viene applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal Libro I, titolo I, capo II non possono ottenere:…. g) contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”.
2.1. La Sezione rimettente, precisato che “non vi è alcuna controversia in ordine all’an della pretesa risarcitoria in quanto tale”, ritiene che la questione vada sottoposta all’Adunanza Plenaria “trattandosi di questione della massima importanza e che può dar luogo anche a contrasti di giurisprudenza”.
L’ordinanza precisa, in particolare:
– non assume alcun rilievo preclusivo la sentenza n. 1078/2016, di rigetto del ricorso per revocazione, poiché “pur avendo quella sentenza affermato il principio della sostanziale intangibilità del giudicato risarcitorio rispetto all’interdittiva antimafia del luglio 2013, la sua valenza non può che restare ragionevolmente limitata all’accertamento o meno del dedotto vizio revocatorio (nel caso in esame il ricorso era stato proposto ai sensi dell’art. 395 cpc, n. 1 – dolo processuale di una parte nei confronti dell’altra – e n. 3 – rinvenimento di documenti decisivi che non era stato possibile produrre in giudizio per causa di forza maggiore)”;
– non rileva, ai fini della presente controversia, la risalenza nel tempo dell’informativa antimafia, posto che – in disparte il fatto che “nel corso dell’udienza di discussione le parti hanno confermato l’attuale vigenza di quella misura interdittiva” – “il decorso del termine annuale non priva di validità (o di efficaci) l’interdittiva, in quanto l’amministrazione è tenuta ad emettere una informativa liberatoria nei confronti dell’impresa solo laddove sopraggiungano elementi nuovi, capaci di smentire o, comunque, di superare gli elementi che hanno giustificato l’emissione del provvedimento interdittivo” (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4121/2016).
2.2. Tanto precisato, la Sezione rimettente espone che la questione controversa involge almeno due questioni interpretative:
“i) se la previsione di cui al comma 1, lettera g), dell’articolo 67 del Codice delle leggi antimafia possa essere intesa anche nel senso di precludere il versamento in favore dell’impresa di somme dovute a titolo risarcitorio in relazione a una vicenda sorta dall’affidamento (o dal mancato affidamento) di un appalto;
ii) se osti a tale prospettazione il generale principio dell’intangibilità della cosa giudicata”.
2.2.1. Quanto alla prima questione, si afferma che
“la problematica risiede nel fatto che la previsione normativa espressamente richiama “altre erogazioni dello stesso tipo”, concetto generale ed al tempo stesso generico che non consente di stabilire con ragionevole certezza se vi rientri anche un credito di natura risarcitorio, definitivamente accertato in sede giurisdizionale (nel caso di specie conseguenza dell’illegittima mancata aggiudicazione di un appalto).
Mentre un’interpretazione di carattere letterale (compatibile con il carattere evidentemente afflittivo della disposizione in esame) condurrebbe ad escludere che il risarcimento del danno presenti una eadem ratio rispetto “[ai] contributi, finanziamenti o mutui agevolati” di cui è menzione nell’ambito della stessa lettera g), dall’altra parte un’interpretazione logico – sistematica (capace di valorizzare la funzione dalla norma e l’obiettivo con essa perseguito di contrasto a fenomeni di criminalità su base associativa) dovrebbe condurre a ritenere che il’catalogò delle ipotesi di cui alla lettera g) sia aperto e che la locuzione “altre erogazioni dello stesso tipo”, lungi dal chiudere l’elencazione, presenti piuttosto una valenza – per così dire – pan-tipizzante, volta ad impedire nella sostanza l’erogazione di qualunque utilità di fonte pubblica in favore dell’impresa in odore di condizionamento malavitoso, a prescindere dalla fonte e dal tipo di tale utilità”.
A tal fine, viene richiamato quanto già affermato da questa Adunanza Plenaria, con la propria decisione 5 giugno 2012 n. 9, la quale, analizzando l’art. 4 d.lgs. n. 490/1994 (coincidente con il vigente art. 67 del Codice delle leggi antimafia), ha affermato – in riferimento alla esclusione di “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate” – che “l’ampia clausola di salvaguardia contenuta nella citata prescrizione è idonea a ricomprendervi quelle… in cui la matrice indennitaria sia più immediatamente percepibile rispetto a quella compensativa sottesa ad ogni altra tipologia di erogazione”. D’altra parte, “non si vede perché nella suddetta ratio dovrebbero rientrare unicamente le erogazioni dirette ad arricchirlo (l’imprenditore colpito da interdittiva, ndr) e non anche quelle dirette a parzialmente compensarlo di una perdita subita sussistendo per entrambe il pericolo che l’esborso di matrice pubblicistica giovi ad un’impresa soggetta ad infiltrazioni criminali”.
Giova osservare che la Sezione rimettente ritiene che “gli argomenti indicati dall’Adunanza Plenaria al fine di estendere la portata preclusiva dell’art. 67 alle erogazioni aventi matrice indennitaria, ben possono essere utilizzati… al fine di precludere altresì le erogazioni pubbliche, ancorchè aventi carattere risarcitorio”.
2.2.2. Quanto alla seconda questione, secondo l’ordinanza “occorre stabilire se il giudicato formale, in qualsiasi modo formatosi, impedisca in ogni caso all’amministrazione di sottrarsi agli obblighi da esso nascente di corrispondere una somma di denaro a titolo risarcitorio ad un soggetto attinto da un’informativa interdittiva antimafia mai entrata nella dialettica processuale, anche se precedente alla formazione del giudicato, oppure se le finalità e la ratio dell’informativa interdittiva antimafia diano vita ad una situazione di incapacità legale ex lege (tendenzialmente temporanea e capace di venir meno con un successivo provvedimento dell’autorità prefettizia) che produca corrispondente sospensione temporanea dell’obbligo per l’amministrazione di eseguire quel giudicato”.
3. La ricorrente società Na. Co. ed il Comune di (omissis) hanno depositato memorie, anche al fine della decisione da assumersi da parte di questa Adunanza Plenaria.
All’udienza di discussione in Camera di consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione.
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