Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza n. 6721 del 4 maggio 2012
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati:
Osserva:
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Palermo n.133/30/08, depositata il 24.11.2008, con la quale – in controversia concernente impugnazione da parte della “F.lli Panzica snc” di avviso di accertamento per ILOR 1995- è stato rigettato l’appello proposto dall’Agenzia avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto integralmente il ricorso della parte contribuente, sul presupposto che il predetto atto di accertamento non fosse stato notificato alla società contribuente.
La sentenza impugnata ha ritenuto che la procedura di notifica dell’avviso di accertamento fosse stata fatta in violazione delle prescrizioni dell’art. 145 c.p.c. (non essendosi verificata l’impossibilità di eseguire la consegna nè per irreperibilità, nè per incapacità, nè per rifiuto) ed in ogni caso per omessa indicazione nella relata di notifica degli elementi imposti dagli artt. 145, 138 e 139 c.p.c..
La stessa Commissione ha anche evidenziato che la inidoneità della procedura di notifica non avrebbe potuto essere avanzata in occasione della notifica della cartella esattoriale “in quanto i vizidi notifica dell’atto presupposto ne avrebbero comunque inficiato la validità”.
L’Agenzia ricorrente ha affidato il ricorso a quattro motivi di impugnazione.
La contribuente non si è costituita.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Il secondo motivo di ricorso (rubricato come “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 54m, art. 19, comma 3 e art. 21, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”, assistito da idoneo quesito) appare più liquido rispetto agli altri, fondato e da accogliersi.
Ed invero, l’Agenzia lamenta correttamente che il giudice di appello (che pure era stato richiesto di pronunciarsi sul punto, come si desume da quanto dianzi riferito a proposito della motivazione della sentenza impugnata) ha omesso di rilevare che – pur dandosi per presupposto come inidonea la procedura di notifica dell’avviso di accertamento – quest’ultimo avrebbe dovuto essere comunque impugnato unitamente alla consequenziale cartella di pagamento, in applicazione della disciplina di legge degli artt. 19 e 21 sopra richiamati.
Sul punto basterà menzionare il costante indirizzo di questa Corte, sia pure dettato in materia di avviso di mora ma estensibile ad ogni fattispecie di correlazione tra atto presupposto ed atto consequenziale: “In tema di riscossione delle imposte, l’avviso di mora assolve due funzioni: la prima, equivalente a quella del precetto ed avente carattere necessario, consiste nell’accertare il mancato pagamento del debito tributario e nell’intimare al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata. La seconda funzione è eventuale, ha natura sostanziale, e consiste nel portare a conoscenza del contribuente per la prima volta la pretesa erariale, ove l’avviso di mora non sia stato preceduto dalla regolare notifica dell’avviso di accertamento o di liquidazione o della cartella esattoriale. Pertanto il contribuente il quale lamenti che la notificazione dell’avviso di mora non sia stata preceduta dalla regolare notificazione degli atti di imposizione, ha l’onere di impugnare congiuntamente sia l’avviso di mora, sia gli atti da questo presupposti e non notificatigli. In difetto, egli decade non solo dal potere di impugnare i suddetti provvedimenti, ma decade altresì dal potere di impugnare i successivi avvisi di mora di identico contenuto emessi dall’amministrazione al fine di sanare la sopravvenuta efficacia del primo, per mancato inizio dell’espropriazione nel termine di legge” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13483 del 08/06/2007).
Non vi è dubbio perciò che sia oggetto di erronea applicazione della disciplina qui valorizzata il contrario convincimento del giudice di appello, il quale avrebbe quindi dovuto rilevare la definitività del provvedimento impositivo impugnato e disattendere il ricorso.
A tanto può ora provvedere questa Corte, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di merito.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite posso essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 3.500,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
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