Consiglio di Stato
sezion IV
sentenza 1 settembre 2015, n. 4100
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUARTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2442 del 2015, proposto da:
Sa. Srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall’avv. St.Vi., con domicilio eletto presso St.Vi. in Roma, Via (…);
contro
Ministero della Difesa -1° Reparto Infrastrutture Torino, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via (…), è domiciliato per legge;
nei confronti di
El. Srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall’avv. Ro.Pa., con domicilio eletto presso Ro.Pa. in Roma, Via (…);
So. Srl, S. Srl; in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. del PIEMONTE –Sede di TORINO – SEZIONE II n. 00190/2015, resa tra le parti, concernente aggiudicazione definitiva della gara d’appalto per l’affidamento dei lavori di adeguamento e rinnovamento dell’impianto elettrico presso la scuola di applicazione sita nell’immobile “Palazzo ex Arsenale esercito”-risarcimento dei danni –
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa -1° Reparto Infrastrutture Torino e della El. Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 giugno 2015 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’ Avvocato El.Ba. ed altri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte – Sede di Torino– ha accolto il ricorso proposto dalla odierna parte appellata El. S.r.l., volto ad ottenere l’annullamento della Determina n. 13/2014 di data 11 agosto 2014 del Responsabile del Procedimento dott. Ca. con la quale la gara d’appalto bandita dal 1° Reparto Infrastrutture Torino per l’affidamento dei lavori di adeguamento e rinnovamento dell’impianto elettrico di distribuzione secondaria presso la Scuola di Applicazione sita nell’immobile denominato Palazzo ex Arsenale Esercito era stata aggiudicata definitivamente alla odierna appellante Sa., del verbale di aggiudicazione provvisoria della gara alla Sa. di data 29 luglio 2014 e di ogni altro atto presupposto e conseguente.
In seno al mezzo di primo grado era stato altresì richiesta la dichiarazione di inefficacia del contratto d’appalto eventualmente nelle more stipulato dalla Stazione appaltante con la Sa. S.r.l., ovvero in via subordinata, il risarcimento del danno per equivalente.
In punto di fatto, era accaduto che con Bando di gara pubblicato il 9 giugno 2014 il 1° Reparto Infrastrutture di Torino aveva indetto una pubblica gara d’appalto (n. 6/2014), da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, per l’affidamento dei lavori di adeguamento e rinnovamento dell’impianto elettrico di distribuzione secondaria presso l’immobile denominato Palazzo Ex Arsenale Esercito sito in Torino (CIG 5780782437).
Il Disciplinare di gara, al punto 2, in relazione ai requisiti che i concorrenti dovevano dimostrare di possedere per la partecipazione alla gara, aveva prescritto la presentazione delle dichiarazioni sostitutive dell’assenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 Codice Contratti.
Nel Bando di gara al punto III.2 (“Condizioni di partecipazione e cause di esclusione”), nonché in termini identici al punto 14 del Disciplinare di gara (“Cause di esclusione dalla gara”) tra le cause di esclusione erano state previste “quelle indicate dal D.Lgs. 163/2006… ” e, quindi, “il mancato possesso dei requisiti ovvero l’omessa o incompleta dichiarazione del possesso dei requisiti previsti … ai punti 2 e 3 del disciplinare”.
Pervenute alla Stazione appaltante 180 offerte di partecipazione a detta gara, la Commissione, nella seduta del 29 luglio 2014, ne aveva ammesse 162; aperte le offerte, ed effettuato il cd. “taglio delle ali”, aveva determinato la soglia di anomalia nella percentuale del 28,9967%, ed aveva dichiarato aggiudicataria provvisoria la Sa. S.r.l. (che aveva presentato un ribasso del 28,992% sull’importo a base d’asta di Euro 2.164.235,42), in conseguenza della quale il Responsabile del Procedimento con la Determina n 13/2014 dell’11 agosto 2014 aveva disposto l’aggiudicazione definitiva dell’appalto.
Visionati gli atti a seguito di accesso, l’odierna appellata El., constatava che la Sa., pur avendo nell’anno antecedente la pubblicazione del bando di gara preso in affitto un ramo d’azienda della Ne. S.r.l., aveva omesso di allegare alla propria offerta le dichiarazioni ex art. 38 relative ai soggetti tenuti a farlo di tale società, per cui avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
Era pertanto insorta, lamentando l’omessa esclusione dell’aggiudicataria, ed aveva fatto presente che il proprio interesse a gravare l’aggiudicazione era palese, in quanto, per effetto della esclusione dalla gara della Sa., rideterminato il cd. “taglio delle ali” – essa si sarebbe aggiudicata la gara.
Il Tar ha scrutinato il petitum, contestualmente vagliando la consistenza delle obiezioni dell’aggiudicataria odierna appellante (questa aveva sostenuto di essere in proprio in possesso diretto di tutti i requisiti ex art. 38 prescritti dalla lex specialis, di talché non aveva bisogno di utilizzare i requisiti della locatrice Ne.; che l’affitto del ramo d’azienda dalla Ne., in relazione al quale essa aveva mancato di allegare le dichiarazioni ex art. 38 degli amministratori, del Direttore tecnico e del socio, sarebbe stato stipulato “in occasione e con esclusivo riferimento ad un diverso appalto”; che l’efficacia di detto contratto d’affitto sarebbe decorsa dal 1° settembre 2014, ossia successivamente all’aggiudicazione dell’appalto, che era intervenuta l’11 agosto 2014; che la lex specialis non prescriveva la presentazione delle dichiarazioni da parte dei soggetti responsabili dell’azienda affittata, né prevedeva la sanzione dell’esclusione per la mancata presentazione di esse).
Il T.A.R. peraltro, disattese le anzidette difese ha quindi accolto l’ articolata censura del mezzo di primo grado, tesa a denunciare la violazione della prescrizione di cui all’art. 38 lett. e) del Codice,del punto 2 del Disciplinare di gara e del punto III.2 del Bando e del punto 14 del disciplinare per illegittimità del provvedimento della Stazione appaltante di mantenere in gara la concorrente Sa..
Quest’ultima, infatti, pur avendo essa, in epoca antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, preso in affitto il ramo dell’azienda della Ne. S.r.l. – aveva omesso di presentare le dichiarazioni relative all’amministratore unico ed al responsabile tecnico di quest’ultima, nonché, trattandosi di società con meno di quattro soci, del suo socio di maggioranza.
Il primo giudice, richiamata la consolidata giurisprudenza sul punto (Ad. plen. del Consiglio di Stato 10/2012), ha affermato la propria convinta adesione al principio per cui con l’affitto di azienda si realizzava, in sostanza, una situazione assolutamente analoga a quella della cessione di azienda.
In punto di fatto, la odierna appellante Sa., con contratto del 13 marzo 2014 Rep. n. 49996 Racc. n. 23568 per rogito notaio Sa.Pa., aveva preso in affitto un ramo d’azienda dalla società Ne. S.r.l..
Considerato che detto contratto di affitto era stato stipulato in data 13 marzo 2014 (il giorno prima che l’organo amministrativo della stessa Ne. deliberasse di presentare la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo) e, quindi, nell’anno antecedente la pubblicazione del bando di gara, essa avrebbe dovuto ottemperare alla prescrizione – sanzionata con l’esclusione – di allegare alla propria offerta anche le dichiarazioni ex art. 38 degli “amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci” della Ne. S.r.l..
Inoltre –ha osservato il primo giudice- la dichiarazione ex art. 38 del signor Mi.Gi. avrebbe dovuto essere allegata anche nella di lui contestuale veste di amministratore unico della Mi. S.r.l., socia di maggioranza per il 63% della Ne., le cui residue quote era detenute da un unico altro socio.
Era quindi comprovato dal documento “Contratto di affitto di ramo d’azienda” sottoscritto il 13 marzo 2014 davanti al Notaio Sa.Pa. che Sa. in tale data aveva preso in affitto il ramo d’azienda dalla società Ne. S.r.l.. E ciò risultava anche dalla annotazione “Affitto di ramo d’azienda data atto 13.03.2014” riportata alla pagina 7 della visura camerale della Sa..
La contraria tesi di Sa. (secondo cui tale contratto d’affitto avrebbe avuto decorrenza solo dopo la consegna dei lavori da parte della committente ASUR e, quindi, in tesi, in epoca successiva rispetto al termine di presentazione delle offerte nella gara bandita dal Reparto Infrastrutture del Ministero della Difesa) era infondata in fatto:
– nelle premesse del contratto d’affitto era evidenziato che: “la società locatrice ha in corso il seguente contratto d’appalto sottoscritto con la ASUR”;
– all’art. 2 “Oggetto” del contratto d’affitto era menzionato che: “La società locatrice … concede in affitto con effetto dalla data odierna alla società affittuaria, che accetta, il ramo di azienda produttivo come descritto nelle premesse, comprensivo di beni strumentali, materiali ed immateriali ivi compresi il contratto di appalto indicato nelle premesse e negli allegati già iniziati dalla locatrice nei termini di cui infra”;
– dalla visura camerale della Ne. risultava che il giorno successivo a quello della stipula del contratto d’affitto in argomento, il 14 marzo 2014, l’organo amministrativo di Ne. aveva deliberato di presentare proposta di ammissione alla procedura di concordato preventivo, depositata al Tribunale di Macerata ai sensi dell’art. 161 L.F. in data 17 marzo 2014.
La visura camerale di Ne. aggiornata alla data di produzione del documento forniva il seguente riscontro: “Concordato preventivo data iscrizione procedura 11/11/2014 Tribunale di Macerata”: nella stessa data dell’11 novembre 2014 il Tribunale di Macerata aveva nominato Commissario Giudiziale la dott.ssa Sonia Rossi.
Poiché l’affitto d’azienda dalla Ne. alla Sa. era intervenuto solo tre mesi prima della pubblicazione del bando della gara indetta dal Reparto Infrastrutture del Ministero della Difesa, ne consegue che Sa. avrebbe dovuto inserire nella propria offerta le dichiarazioni ex art. 38 relative anche all’amministratore unico della Ne. sig. Gi.Mi. ed al Direttore tecnico sig. Ma.Mi.
Tale obbligo era rimasto inottemperato.
Peraltro, in virtù della circostanza che l’appellante Sa. aveva stipulato il contratto d’affitto d’azienda con la locataria Ne. quando quest’ultima era ancora in bonis (e non già una volta nominato il Commissario giudiziale del concordato preventivo al quale la stessa Ne. aveva chiesto di accedere subito dopo) neppure nella fattispecie si era verificata alcuna cesura tra la gestione precedente e gli organi fallimentari. Essa avrebbe eventualmente escluso ogni collegamento con la gestione della locataria precedente alla procedura di concordato preventivo e avrebbe reso non necessaria la presentazione delle dichiarazioni ex art. 38 che, in tal caso, sarebbero state relative alla figura del Commissario giudiziale nominato dal Tribunale della Ne..
Ma ciò non si era verificato.
La omissione delle sopra dette dichiarazioni ex art. 38, avrebbe dovuto determinare l’esclusione della odierna appellante dalla procedura concorsuale.
Il primo giudice ha poi fatto risaltare la circostanza per cui, trattandosi di gara bandita prima dell’introduzione dell’ultima novella all’art. 38 del Codice, il principio da applicare era quello secondo il quale (trattavasi di procedura di aggiudicazione di tipo meccanico, essendo stato previsto dal bando il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso) l’interesse a ricorrere richiedeva la dimostrazione che l’esito della gara sarebbe stato favorevole all’originario ricorrente.
Ad avviso del Tar, parte odierna appellata aveva fornito anche tale dimostrazione avendo prodotto una tabella riportante la simulazione della rideterminazione della media dei ribassi e della soglia di anomalia a seguito della invocata esclusione della Sa., da cui si traeva che l’appalto doveva aggiudicato ad El., (circostanza, questa, non contestata).
Il mezzo è stato pertanto accolto, e l’aggiudicazione è stata annullata, mentre -non essendo stata provata la stipula del contratto nelle more della definizione del giudizio – ad avviso del Tar erano insussistenti i presupposti per la pronuncia sulla efficacia del contratto, richiesta soltanto in via ipotetica.
La originaria parte resistente, rimasta soccombente, ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico.
Ha in proposito sostenuto la tesi che la statuizione era errata e frutto di una non corretta applicazione della vigente legislazione.
Il Tar infatti, aveva premesso al proprio iter motivazionale il convincimento per cui l’Amministrazione non avesse esercitato il soccorso istruttorio nei confronti dell’appellante (soccorso istruttorio disposto dall’ordinanza cautelare del Tar n. 00439/2014).
Senonchè, a soli tre giorni dalla celebrazione dell’udienza del 14.1.2015 e ben prima della pubblicazione della sentenza era stata inviata al Tar la comunicazione che dava atto della circostanza che l’Amministrazione aveva esercitato il soccorso istruttorio nei confronti dell’appellante ed aveva “confermato” l’aggiudicazione.
Ciò integrava vizio della sentenza, ed errore revocatorio.
Inoltre, il mezzo di primo grado non era stato notificato dall’appellata a quelle che sarebbero state le seconde e terze graduate (e pertanto la sentenza doveva essere annullata con rinvio).
Con le ulteriori censure ha sostenuto che il mezzo di primo grado era inammissibile od infondato, ed aveva errato la sentenza, comunque, ad accoglierlo nel merito: l’affitto di azienda non era equiparabile alla cessione; in materia doveva operare l’art. 46 comma 1 bis del TUCP.
Anche l’affermazione secondo cui “Sa. avrebbe dovuto inserire nella propria offerta le dichiarazioni ex art. 38 relative anche all’amministratore unico della Ne. sig. Gi.Mi. ed al Direttore tecnico sig. Ma.Mi.” era errata.
Comunque una visione sostanzialistica e non meramente formalistica avrebbe legittimato il ricorso al c.d. “soccorso istruttorio”.
Con memoria depositata in vista della odierna pubblica udienza parte appellante ha fatto presente che il Tar, con la sentenza n. 869/2015 aveva respinto il ricorso proposto dall’appellata avverso il provvedimento di “conferma” dell’aggiudicazione a parte appellante Sa. medesima ed ha chiesto un eventuale rinvio della trattazione della causa.
Parte appellata El. S.r.l. ha depositato una memoria chiedendo che il ricorso in appello venga dichiarato inammissibile e comunque respinto ed ha sostenuto che:
a)alla data in cui si tenne l’udienza innanzi al Tar ( 14 gennaio 2015) il soccorso istruttorio non era stato esercitato, e neppure era stato intrapreso il relativo procedimento istruttorio: soltanto il successivo 15.1.2015 l’Avvocatura aveva trasmesso la nota al Ministero;
b)la censura relativa alla supposta violazione del contraddittorio nei confronti della seconda e terza classificata era, nell’ordine:
1) “nuova” e quindi inammissibile ex art. 101 cpa;
2) proposta da soggetto non legittimato;
3) errata, poiché la seconda e terza classificata venivano escluse per mero calcolo matematico;
c)quanto alla terza censura, laddove si sosteneva che il mezzo di primo grado proposto dalla odierna appellata avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile in quanto non era stato impugnato né il verbale di verifica della documentazione Sa., né la prescrizione del bando che non sanzionava con l’esclusione la violazione della prescrizione ex art. 38 TUCP per i soggetti responsabili di aziende affittate essa era:
1) “nuova” e quindi inammissibile ex art. 101 cpa;
2) errata trattandosi, nel primo caso, di atto endoprocedimentale, e nel secondo di conseguenza discendente dalla legge.
Quanto agli ultimi due motivi, “sostanziali”, essi dovevano essere disattesi perché palesemente infondati.
Alla odierna pubblica udienza del 16 giugno 2105 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1. La infondatezza dell’appello impone la conferma dell’appellata decisione, come da dispositivo pubblicato.
1.1. Non sussiste alcuna ragione per rinviare la trattazione della causa come richiesto da parte appellante: essa è matura per la decisione e sufficientemente istruita, mentre (il punto sarà successivamente affrontato più diffusamente) tutto ciò che sarebbe avvenuto successivamente alla data di celebrazione dell’udienza pubblica non può rilevare (salvo ad ipotetici fini di improcedibilità dell’appello, neppure ipotizzati da alcuno nel caso di specie)
1.1. Il Collegio – anche per motivi di comodità espositiva -ritiene utile e conducente procedere nel seguente modo: in primo luogo, verrà vagliato il merito della causa, alla stregua delle censure proposte dall’appellante, e delle repliche prospettate da parte appellata.
Secondariamente, verrà esplorata la tematica relativa alla incidenza (sul decisum di primo grado ma, anche, sulla odierna fase d’appello della controversia) della questione riposante nella circostanza che nelle more della pubblicazione della sentenza di primo grado l’Amministrazione aveva esercitato il soccorso istruttorio nei confronti dell’appellante ed aveva “confermato” l’aggiudicazione e del sopravvenire delle sentenza del Tar n. 869/2015che ha respinto il gravame proposto dalla odierna appellata avverso tale “conferma”.
2. Quanto al primo versante di indagine, esso è in realtà piuttosto semplice: il quesito cui rispondere è il seguente: alla strega delle prescrizioni normative (d.Lgs. n. 163/2006, art. 38 lett. c) e di quelle contenute nella lex specialis, l’aggiudicataria ed odierna appellante avrebbe – o meno- dovuto rendere la dichiarazione ex art. 38 TUCP relativa alla compagine imprenditoriale della quale aveva affittato l’azienda?
Ove la risposta al quesito fosse positiva, occorrerebbe ulteriormente chiedersi se – riscontrata sul punto una omissione di dichiarazione- essa sarebbe stata (o meno) sanabile attraverso il c.d. “soccorso istruttorio” (tematica, quest’ultima, è forse superfluo evidenziarlo, che lambisce quello che dovrà essere il secondo versante di scrutinio demandato al Collegio).
2.1.Quanto al primo profilo, si osserva schematicamente che:
a) l’art. 38 del d. Lgs. n. 163/2006, alla lett. c così prevede: “nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18; l’esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; dei soci o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata; l’esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima;”;
b)il bando di gara era stato pubblicato il 9 giugno 2014 e quindi antecedentemente alla entrata in vigore del d.L. 24-6-2014 n. 90: ne discendeva che per l’espresso dettato di cui al comma 3 dell’art 39 del D.L. 24-6-2014 n. 90.
(“Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano alle procedure di affidamento indette successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.”) la disposizione di cui al comma 1 del predetto art 39 del D.L. 24-6-2014 n. 90, nella parte in cui aveva inserito il comma 2 bis in seno all’art. 38 del d. Lgs. n. 163/2006 (“La mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte.”.”) non poteva trovare applicazione alla presente vicenda contenziosa;
c) la costante e condivisibile giurisprudenza amministrativa -pienamente condivisa dal Collegio – ha, ancora in epoca assai recente, ribadito che
(Cons. Stato Sez. V, 05-11-2014, n. 5470) “ai fini della partecipazione alle gare d’appalto la fattispecie dell’affitto di azienda rientra tra quelle che soggiacciono all’obbligo di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38, comma 1, lett. c, D.Lgs. n. 163/2006 (Codice degli appalti), riguardante anche gli amministratori e direttori tecnici dell’impresa cedente nel caso in cui sia intervenuta un’operazione di cessione d’azienda in favore del concorrente nell’anno anteriore alla pubblicazione del bando“;.Alla stregua delle superiori emergenze processuali, appare palese che, nel merito, l’appellante doveva essere esclusa dalla gara avendo del tutto omesso di allegare alla propria offerta anche le dichiarazioni ex art. 38 degli “amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci” della Ne. S.r.l..
E’ poi evidente, che non doveva essere impugnata (da parte della originaria ricorrente ed odierna appellata) alcuna prescrizione del bando (nella parte in cui non sanzionava con l’esclusione detta violazione) trattandosi di conseguenza discendente dalla legge.
2.3. Quanto all’ulteriore profilo il cui esame si rende necessario a cagione delle critiche esposte nell’atto di appello (id est: suscettibilità di regolarizzazione della predetta omissione totale), non si può che richiamare il consolidato approdo giurisprudenziale, (ribadito assai di recente: Cons. Stato Sez. V, 22-01-2015, n. 278) secondo cui
Nelle gare pubbliche per definire il perimetro del “soccorso istruttorio” è necessario distinguere tra i concetti di “regolarizzazione documentale” ed “integrazione documentale”: la linea di demarcazione discende naturaliter dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del “soccorso istruttorio” è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla legge di gara (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte dalla legge, senza che si possa ammettere alcuna possibilità di esercizio del “potere di soccorso”; conseguentemente, l’integrazione non è consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento; è consentita, invece, la mera regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione e che si traduce, di regola, nella rettifica di errori materiali e refusi .”
Pare, poi, opportuno al Collegio richiamare un passo della sentenza prima richiamata (Cons. Stato Sez. V, 05-11-2014, n. 5470) che appare plasticamente traslabile alla presente vicenda contenziosa. Ivi, è stato osservato che “per quanto riguarda il terzo motivo d’appello formulato ove si lamenta la mancanza di obblighi dichiarativi nella lex specialis, con conseguente preteso obbligo di ricorso al potere/dovere di soccorso istruttorio da parte della Stazione appaltante ex art. 46, D.Lgs. n. 163 del 2006, nonché la mancata applicazione della teoria sostanzialistica (o c.d. del falso innocuo), quest’ultima legata al terzo motivo esso è da ritenersi privo fondamento.
Infatti, la gara in oggetto è stata bandita nell’aprile del 2013, a distanza di quasi un anno dalle citate pronunce dell’Adunanza Plenaria richiamate, n. 10 e n. 21 del 2012, ove è stato chiarito che l’obbligo dichiarativo in questione scaturisce direttamente dalla legge.
Pertanto, in presenza di un obbligo dichiarativo ex lege, non può trovare spazio l’ipotizzata regolarizzazione documentale, altrimenti violandosi la par condicio dei concorrenti, come peraltro chiarito di recente dal Consiglio di Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9, non essendo consentita la produzione tardiva della dichiarazione mancante o la sanatoria della forma omessa.
Tale ultima pronuncia, inoltre, ha posto l’accento sulla necessità degli obblighi dichiarativi, sconfessando, allo stato, la teoria del cd. “falso innocuo” (id est, la teoria sostanzialistica); pertanto, nessuno spazio può esservi per un rinvio pregiudiziale su questo profilo, nonché sugli obblighi dichiarativi in materia di cessione ed affitto d’azienda (cfr., anche, sul punto, la citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 21-2012; cfr., anche, Consiglio di Stato, Sez. III, 6 febbraio 2014, n. 583, ove si è chiarito che il valore della completezza delle dichiarazioni da fornire in sede di offerta, insito nell’art. 38 cit., corollario di principi di matrice comunitaria come quelli di trasparenza, par condicio e proporzionalità, non si pone in contrasto con l’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE).”.
2.4. Nulla ritiene il Collegio vi sia da aggiungere sul punto: sulla questione di merito, la sentenza di primo grado è corretta ed immune da mende.
3. Restano da esplorare alcune ulteriori censure, che per il vero avrebbero rivestito valenza preliminare, ma il cui esame è stato posposto a cagione della loro infondatezza palese.
4. Quanto alla supposta violazione del contraddittorio per omessa evocazione della seconda e terza graduata (che ex art. 105 del cpa, ove riscontrata sussistente imporrebbe l’annullamento con rinvio della sentenza gravata) essa non ricorre.
4.1. Trattasi di questione rilevabile ex officio (per cui la asserita “novità” del motivo e la dedotta carenza di legittimazione a denunciarlo in capo all’appellante non rileva): essa è però infondata, posto che risulta incontestato da parte della odierna appellante che la esclusione della seconda e terza graduata discende direttamente dal dato matematico.
La critica appellatoria è quindi infondata.
4.2. Quanto alla ulteriore censura, il mezzo di primo grado era ammissibile, in quanto (non solo, come già chiarito, l’appellata, non aveva alcun onere di impugnare il bando ma, anche) l’omessa impugnazione dell’atto endoprocedimentale di verifica della documentazione di Sa. non viziava alcunché.
L’appellata ha impugnato l’aggiudicazione, atto conclusivo della procedura, ed ha indicato le ragioni per cui l’appellante avrebbe dovuto essere esclusa: non era onerata ad impugnare atti endoprocedimentali ad effetto preparatorio e preliminare.
4.3. L’intero appello, quindi, nella parte in cui è diretto ad aggredire la sentenza di primo grado nel suo contenuto motivazionale è infondato.
5.Quanto alla censura contenuta nel primo motivo di appello la questione segnalata dall’appellante riposa nella circostanza che a soli cinque giorni dalla celebrazione dell’udienza del 14.1.2015 innanzi al Tar e prima della pubblicazione della sentenza di primo grado era stata inviata al Tar la comunicazione che dava atto della circostanza che l’Amministrazione aveva esercitato il soccorso istruttorio nei confronti dell’appellante ed aveva “confermato” l’aggiudicazione.
Ciò –ad avviso di parte appellante – integrerebbe vizio della sentenza, ed errore revocatorio, posto che la “premessa maggiore” della sentenza del Tar riposava nel convincimento per cui l’amministrazione non aveva esercitato il soccorso istruttorio (così, il Tar, nella parte in fatto della sentenza gravata: “con ordinanza cautelare n. 439 del 2014 è stata accolta la domanda cautelare e sospesa l’efficacia degli atti impugnati, facendo salva, ricorrendo i presupposti, l’esercizio del soccorso istruttorio -che l’Amministrazione resistente non risulta avere esercitato).
5.1. Osserva il Collegio, sul punto, quanto segue.
L’ordinanza cautelare del Tar Piemonte, n. 00439/2014 così aveva disposto: “Ritenuto che allo stato il ricorso appare fondato in quanto (Cons. Stato Sez. V, 17-11-2012, n. 5803), deve ritenersi consentito all’impresa che abbia acquisito un ramo d’azienda di avvalersi, ai fini della qualificazione ad una gara di appalto, dei requisiti posseduti dall’impresa cedente, atteso che l’istituto dell’avvalimento ha portata generale e l’art. 51 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice degli appalti), nel disciplinare le vicende soggettive del candidato, dell’offerente e del candidato, consente espressamente il subentro dei soggetti risultanti da operazioni di cessione, affitto di azienda, ovvero da trasformazione, fusione e scissione di società durante la gara, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale.
Purtuttavia va fatto salvo il potere/dovere dell’Amministrazione di consentire alla parte controinteressata Sa. S.r.l. di integrare la prova dei requisiti mancanti ai sensi dell’art. 46 del D.L.vo n. 163 del 2006 e succ. modif. nei termini di cui sopra attesa la mancata previsione esplicita di comminatoria di esclusione da parte degli atti di indizione della gara, al fine di confermare o disporre una nuova aggiudicazione.”
Parte odierna appellata gravò detta ordinanza e questa Sezione, con ordinanza n. 05740/2014 così statuì: “Rilevato che l’odierno appellante, vittorioso in primo grado, non ha un concreto interesse a gravare la impugnata ordinanza, e che peraltro risulta fissata a brevissima scadenza l’udienza di merito in primo grado;
rilevato per altro verso che sulla questione del “soccorso istruttorio” in favore della controinteressata ( di cui al secondo capoverso dell’ordinanza) proprio in detta sede di merito l’appellante potrà compiutamente prospettare la propria tesi contraria fondata sulla data di pubblicazione del bando di gara (9 giugno 2014) antecedentemente alla entrata in vigore del d.L. 24-6-2014 n. 90;”.
Il Tar non poteva conoscere la circostanza che a soli cinque giorni dalla celebrazione dell’udienza del 14.1.2015 innanzi al Tar l’Amministrazione avesse “confermato” l’aggiudicazione;
posto che tale comunicazione (cronologicamente successiva) era sottratta al contraddittorio processuale: per evidenti ragioni (la nota dell’Amministrazione, si ripete, è successiva all’udienza di celebrazione del giudizio) il Tar non poteva (né avrebbe dovuto) pronunciarsi sulla incidenza della stessa sulla controversia.
Ne consegue che la sentenza di primo grado anche sotto tale profilo è immune da mende, mentre è stato fatto presente dalle parti che il detto provvedimento è stato gravato dalla odierna appellata che il Tar con la sentenza n. 869/2015 ha respinto l’impugnazione proposta dalla parte odierna appellata, per cui soltanto in fase di eventuale successiva impugnazione della detta sentenza questo Consiglio di Stato potrebbe essere investito della relativa problematica. Si consideri peraltro che neppure parte appellante ha ipotizzato che tale successiva attività possa condurre ad una declaratoria di improcedibilità dell’appello.
5.2.Traendo le fila dai dati sinora “allineati”, si evidenzia che:
a) la sentenza è immune da mende in proposito in quanto –correttamente- si pronunciò facendo riferimento unicamente al materiale cognitivo acquisito nel contraddittorio delle parti: il Tar nulla di diverso avrebbe potuto fare;
b) questo giudizio si svolge sul devolutum in ordine all’accertamento contenuto nella sentenza di primo grado, e parimenti la tematica delle successive attività dell’Amministrazione (tanto più se già contestate giudizialmente) vi è estranea.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
6. Conclusivamente, l’appello è del tutto infondato e deve essere respinto, come da dispositivo pubblicato.
7. Alla soccombenza consegue la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali del grado, che appare equo quantificare in Euro cinquemila/00 (Euro 5000/00) oltre oneri accessori, se dovuti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge integralmente, ferma restando la esperibilità da parte dell’appellata società di autonome iniziative impugnatorie avverso provvedimenti amministrativi o giurisdizionali sopravvenuti rispetto alla data del 14 gennaio 2015 di celebrazione della udienza pubblica del processo di primo grado
Alla soccombenza consegue la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali del grado, che appare equo quantificare in Euro cinquemila/00 (Euro 5000/00) oltre oneri accessori, se dovuti Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere, Estensore
Diego Sabatino – Consigliere
Raffaele Potenza – Consigliere
Andrea Migliozzi – Consigliere
Depositata in Segreteria il 1 settembre 2015.
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