Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 28 luglio 2015, n. 3695

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1623 del 2006, proposto dal s.r.l. Pr., rappresentato e difeso dagli avvocati Lu.Ma. e Br.Ba., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lu.Ma. in Roma;

contro

Il Comune di Premariacco, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato St.Pl., con domicilio eletto presso il signor Lu.Di. in Roma;

la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Friuli-Venezia-Giulia, n. 823/2004, resa tra le parti, concernente la richiesta di restituzione del contributo di concessione edilizia.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2015 il Cons. Sabato Guadagno e uditi per le parti l’avvocato Lu.Ma. e l’avvocato Lu.Di., su delega dell’avvocato St.Pl.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – La s.r.l. PR. espone che il Sindaco del Comune di Premariacco rilasciava a suo favore in data 18 settembre 1997 la concessione edilizia n. 8898 per la realizzazione di una discarica di II categoria tipo B), per lo smaltimento di rifiuti speciali del tipo non tossici e nocivi, con la quantificazione degli oneri concessori.

La società ha corrisposto con riserva i relativi importi e ha poi impugnato il suddetto provvedimento avanti al TAR Friuli-Venezia Giulia, chiedendo la restituzione dell’importo, considerandolo indebito e sostenendo che una discarica non può essere qualificata come uno stabile intervento edilizio.

2. – Il T.A.R del Friuli-Venezia Giulia, con sentenza n. 823/2004, respingeva il ricorso con una declaratoria di inammissibilità, per la mancata tempestiva impugnazione della deliberazione comunale n. 3 del 31 gennaio 1997, con cui il Comune di Premariacco aveva stabilito i criteri di calcolo degli oneri concessori per il rilascio di una concessione edilizia relativa alla realizzazione di una discarica.

3. – La società ha proposto appello, deducendo varie censure e contestando articolatamente la statuizione di inammissibilità del ricorso, rilevata dal giudice di primo grado.

4. – Si è costituito in giudizio il Comune di Premariacco, chiedendo il rigetto dell’appello.

5. – All’udienza pubblica del 25 giugno 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. – Ritiene la Sezione che l’appello infondato.

6.1 – Con il primo motivo, parte appellante deduce l’erroneità della sentenza di primo grado, che ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, ed assume la non debenza del contributo concessorio richiesto e corrisposto con riserva al Comune di Premariacco, asserendo il suo diritto alla ripetizione dell’indebito, trattandosi, ai sensi dell’art. 16 della L. n. 10/1977, di giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, concernente diritti soggettivi e come tali non soggetti ai termini di decadenza del giudizio impugnatorio ed azionabili nel rispetto dei termini ordinari di prescrizione ed indipendentemente dall’impugnazione degli atti amministrativi presupposti, disapplicabili dal Giudice amministrativo, tenuto conto che vi è stata alcuna acquiescenza, avendo la ricorrente proceduto al pagamento con contestuale riserva di azione giudiziale.

Tale prospettazione non può trovare accoglimento.

Al riguardo il Collegio rileva nella fattispecie in esame l’intimato Comune di Premariacco, in mancanza di una tabella di riferimento per le discariche ai fini del calcolo dei contributi di cui all’art. 3 della L. 10/77, ha provveduto ai sensi dell’art. 5 del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 281/1982, secondo il quale i Comuni possono individuare autonomamente categorie di interventi particolari, diversi da quelli previsti dalle tabelle regionali, determinando i valori base degli oneri concessori.

A tal fine il consiglio comunale – con la deliberazione 31 gennaio 1997 n. 3, integrativa della precedente deliberazione consiliare 23 settembre 1982, n. 103, concernente gli oneri concessori – ha inserito la specifica voce, riferita alla particolare destinazione “Discarica di II categoria tipo B) – quale attività insalubre di cui D.M. 5 settembre 1994”, indicandone puntualmente i parametri sia per la determinazione del contributo che i casi di esenzione ed assoggettandola a concessione onerosa, in quanto né l’art. 94 della L.R. 19 novembre 1991, n. 52, né l’art. 9 della L. n. 10/77 prevedevano, per tali interventi, la concessione gratuita.

La medesima delibera comunale, non impugnata tempestivamente e neanche tardivamente con il ricorso di primo grado, ha un carattere discrezionale, in quanto adottata nell’esercizio di un potere previsto da disposizioni regionali per l’individuazione di ulteriori interventi non specificamente previsti nelle vigenti tabelle parametriche per assoggettarli a concessione onerosa nell’ambito del territorio comunale e contemporaneamente ha anche carattere autoritativo, in quanto amplia la categoria degli interventi soggetti ad oneri concessori.

In questo contesto normativo, risulta inconfigurabile l’esercizio di un’azione di accertamento negativo, dato che la debenza e la quantificazione degli oneri concessori è stata effettuata in applicazione della suddetta deliberazione n. 3/1997, ormai inoppugnabile, che ha classificato determinati interventi realizzabili solo in base a un titolo edilizio a titolo oneroso e non può avere alcun rilievo giuridico l’asserita mancata acquiescenza con la manifestata riserva di eventuale impugnazione a suo tempo formulata dalla società ricorrente.

La prospettazione di parte appellante avrebbe potuto trovare applicazione soltanto in presenza di un vizio specifico del provvedimento di determinazione del contributo, provocato da un computo errato, comportante la lesione di un diritto nell’ambito di giurisdizione esclusiva con un’azione di mero accertamento negativo dell’entità di una obbligazione di carattere pecuniario, senza necessità di impugnazione di pregressi provvedimenti amministrativi regolamentari.

Nella vicenda in esame trattasi di una situazione ben diversa, in quanto non si è in presenza di un vizio proprio dell’atto impugnato, ma la censura è invece riconducibile ad un provvedimento autoritativo generale, presupposto di quello impugnato, in relazione al quale la posizione dell’interessato é qualificabile di interesse legittimo e quindi la relativa azione andava necessariamente proposta nel rispetto del termine decadenziale.

La giurisprudenza amministrativa (Cons. St. – Sez. V n. 2463/2006 e n. 3122/2012), in fattispecie in cui era contestata la determinazione degli oneri concessori, effettuata in applicazione di deliberazioni comunali, ritenute illegittime, che ne stabilivano i criteri di definizione, ha puntualmente chiarito che “Le controversie inerenti la contestazione degli oneri di urbanizzazione, solo qualora non vengano dedotte censure derivanti da atti generali autoritativi di determinazione degli oneri presupposti di quello impugnato, attengono a posizioni di diritto soggettivo azionabili innanzi al G.A. in sede di giurisdizione esclusiva nel termine di prescrizione. Pertanto, quando si intenda contestare l’applicazione del contributo per vizi derivanti da atti autoritativi generali, presupposti di quello impugnato, in relazione ai quali la posizione dell’interessato è qualificabile di interesse legittimo, perché il motivo dedotto è l’illegittimità dell’assoggettamento, anche nel quantum, all’onere di urbanizzazione di una concessione edilizia, il ricorso deve essere proposto entro il termine di decadenza. Nella specie l’impugnativa, laddove è stata proposta in relazione al fatto che la determinazione degli oneri concessori avrebbe fatto seguito alla illegittimità della deliberazione comunale, recante i criteri di definizione degli oneri stessi, avrebbe dovuto essere proposta nel prescritto termine decadenziale (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 maggio 2006, n. 2463)”. D’altra parte, l’eventuale disapplicazione dell’atto presupposto “avrebbe comportato una violazione di principi di rango costituzionale, in quanto avrebbe minato la certezza dell’azione ‘amministrativa, esponendola per un lasso di tempo decennale alla impugnazione di atti autoritativi e creando disparità di trattamento in situazioni identiche” (Cons. St. – Sez. V n. 3122/2012).

Sotto tale profilo, osserva la Sezione che in molteplici casi – anche nel settore dell’impiego pubblico ancora sottoposto al regime pubblicistico – atti di natura organizzativa dell’Amministrazione, previsti dalla normativa di settore, determinano o meno la nascita di diritti soggettivi: in mancanza della formale impugnazione di tali atti, ad esempio di inquadramento o di determinazione dei criteri da applicare per l’inquadramento stesso, non si può ritenere ammissibile una azione di accertamento di una posizione giuridica inesistente, perché conformata dall’atto autoritativo rimasto inoppugnato.

Allo stesso modo, il medesimo principio rileva quando si tratti della determinazione dei criteri e dei parametri per la determinazione degli oneri previsti dalla legge n. 10 del 1977: l’azione di accertamento della non spettanza di somme (ovvero di restituzione di quanto corrisposto) può riguardare per la sua causa petendi la legittimità in sé dell’atto di quantificazione dell’importo, ma non anche quella di atti autoritativi non impugnati.

Il rigetto di tale censura, per il suo carattere pregiudiziale ed assorbente, esime il Collegio dalla disamina delle ulteriori censure prospettate da parte appellante.

7. – L’appello va pertanto respinto.

Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 1623 del 2006, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.

Condanna l’appellante s.r.l. Pr. a rifondere le spese del presente grado di giudizio, liquidate in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento,00), oltre accessori di legge, al Comune di Premariacco.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Vito Poli – Consigliere

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Nicola Gaviano – Consigliere

Sabato Guadagno – Consigliere – Estensore

Depositata in Segreteria il 28 luglio 2015.

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