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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 12 febbraio 2014, n. 9689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto – Presidente –
Dott. TARDIO Angela – Consigliere –
Dott. BONITO F. Maria S. – Consigliere –
Dott. CASA Filippo – Consigliere –
Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
V.V. N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 81/2013 TRIBUNALE di TRAPANI, del 14/05/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCHI GIACOMO;
lette le conclusioni del PG Dott. GIALANELLA Antonio che ha chiesto
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Trapani, con ordinanza del 14/3/2013, rigettava il reclamo proposto da V.V. avverso il provvedimento del presidente della Corte di Assise di Trapani che aveva disposto il trattenimento di una missiva indirizzata al figlio V.P..

V.V. è sottoposto al regime detentivo speciale di cui alla L. n. 354 del 1975, art. 41 bis ed è imputato davanti alla Corte di Assise di Trapani.

Il Tribunale concordava con il provvedimento reclamato in ordine alla presenza di messaggi cifrati e di indicazioni numeriche sospette nella missiva; osservava che V. è un rappresentante di spicco di Cosa Nostra nel territorio trapanese e che l’utilizzo di linguaggi criptici e di codici di comunicazione era stato ampiamente dimostrato.

Sospetto era il riferimento ad una specifica persona, senza riferimento ad una precedente conversazione, così come sospetta era la specificazione della misura delle scarpe, del tutto inutile, poichè lo scrivente aveva specificato che la misura era la stessa del figlio; inoltre l’indicazione delle misure era erronea e ciò suscitava ulteriori sospetti.

Il fatto che, in precedenza, la persona nominata avesse effettivamente acquistato delle scarpe sportive al V., che le aveva restituite alla moglie, era circostanza – che la difesa aveva chiesto di provare – che il Tribunale riteneva irrilevante, atteso che essa poteva costituire la giustificazione formale delle frasi indicate, senza escludere il contenuto cifrato della missiva.

2. Ricorre per cassazione V.V., osservando che il semplice sospetto che una missiva possa essere strumento per veicolare all’esterno messaggi dal contenuto illecito non è elemento idoneo a comprimere un diritto di rango costituzionale.

Il provvedimento deve essere ancorato a fatti oggettivi, debitamente accertati, ma il Tribunale non aveva ritenuto utile procedere ad accertare i fatti esposti dalla difesa. Il Tribunale si era, così, basato su una presunzione di illiceità estranea alla ratio della norma, così violando l’art. 8 della CEDU, artt. 27 e 111 Cost..

In un secondo motivo, il ricorrente deduce vizio della motivazione:

la dichiarazione della terza persona che aveva proceduto all’acquisto delle scarpe era stata utilizzata come elemento a carico, così come sarebbe stata utilizzata una dichiarazione di contenuto opposto. Si trattava, quindi, di una lettura preconcetta che non permette alcuna possibilità di difesa.

Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato.

La norma della L. n. 354 del 1975, art. 18 ter contempla le esigenze attinenti alle indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero ragioni di sicurezza o di ordine all’istituto.

Se è vero che non è sufficiente un mero sospetto della sussistenza dei presupposti previsti dalla norma, è anche vero che gli elementi concreti che devono essere evidenziati possono portare ad argomentazioni presuntive non espresse in termini di certezza: in altre parole, non deve essere dimostrato che la missiva inviata dal detenuto inciti o ordini la commissione di reati (ad esempio: che il capo mafioso detenuto con un messaggio criptico ordini un omicidio) ovvero contenga messaggi rivolti ad altri partecipi all’associazione mafiosa, così eludendo la ratio del regime di cui all’art. 41 bis ord. pen.; è sufficiente che gli elementi concreti facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura e temere che il detenuto abbia voluto trasmettere un messaggio che abbia a che fare con le “esigenze” indicate dall’art. 18 ter cit..

La motivazione dell’ordinanza impugnata corrisponde a quanto appena enunciato: il Tribunale di Trapani non si limita ad affermazioni generiche, che lascino trasparire il semplice sospetto sulle reali intenzioni del detenuto, ma evidenzia ed analizza le anomalie della missiva (ad esempio: l’insistenza sui numeri) e la sua sostanziale inutilità per giungere all’espressione di un timore ragionevole di un contenuto e un destinatario effettivi diversi da quelli apparenti.

Tale valutazione è correttamente correlata alla pericolosità del V., ritenuto esponente di spicco di Cosa Nostra nel territorio trapanese.

La violazione di legge e il vizio di motivazione denunciati in ricorso, pertanto, non sussistono.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2014

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