La validità della sentenza la cui motivazione sia redatta “per relationem” ad un provvedimento giudiziario

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23465.

La validità della sentenza la cui motivazione sia redatta “per relationem” ad un provvedimento giudiziario

La validità della sentenza la cui motivazione sia redatta “per relationem” ad un provvedimento giudiziario reso in un altro processo, presuppone che essa resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica, mentre deve ritenersi nulla, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la sentenza che si limiti alla mera indicazione dell’esistenza del provvedimento richiamato, senza esporne il contenuto e senza compiere alcun apprezzamento delle argomentazioni assunte nell’altro giudizio e della loro pertinenza e decisività rispetto ai temi dibattuti dalle parti, così rendendo impossibile l’individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Nel caso di specie, relativo ad un’ingiunzione di pagamento per prestazioni riabilitative rese extra Regione in favore di invalidi e portatori handicap, nell’assicurare continuità agli enunciati principi, la Suprema Corte, riscontrato il denunziato difetto di autosufficienza della motivazione nonché l’assenza di qualsivoglia, sia pur sintetica, esposizione delle ragioni di adesione al precedente ivi richiamato dal giudice distrettuale, ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, sentenza 6 luglio 2022, n. 21443; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 10 gennaio 2022, n. 459; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 3 febbraio 2021, n. 2397).

Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23465. La validità della sentenza la cui motivazione sia redatta “per relationem” ad un provvedimento giudiziario

Data udienza 13 giugno 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Sentenza – Contenuto – Motivazione – Redazione “per relationem” ad altro provvedimento giudiziario reso in altro processo – Validità – Presupposti – Fattispecie relativa ad ingiunzione di pagamento per prestazioni sanitarie. (Cost., articolo 111; Cpc, articoli 132 e 360; Disp. att. c.p.c., articolo 118)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G – Consigliere

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. RUSSO Rita Elvira Anna – Consigliere-Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15852/2020 R.G. proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE ROMA 3, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA VIA (…), presso l’ufficio dell’avvocato FERRARA FABIO (Omissis) che lo rappresenta e difende

-ricorrente-

Contro

PROVINCIA ITALIANA DELLA CONGREGAZIONE DEI SERVI E DELLA CARITA’ OPERA DON GUANELLA, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA (…), presso lo studio dell’avvocato CR.RO. (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MA.RO. (Omissis)

-controricorrente-

avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6082/2019 depositata il 11/10/2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2024 dal Consigliere RITA ELVIRA ANNA RUSSO.

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FATTI DI CAUSA

La Congregazione, quale gestore del Centro riabilitativo Casa Serena, di accoglienza adulti con deficit cognitivi, ha chiesto e ottenuto decreto ingiuntivo di pagamento per prestazioni riabilitative (in favore di invalidi e portatori handicap) extra regione, con applicazione della tariffa giornaliera di Euro 138,00 stabilita dalla delibera di Giunta regionale (DGR) della Regione Umbria n. 182/ 2009. Ha proposto opposizione la Asl deducendo che le prestazioni, autorizzate, devono essere pagate secondo la tariffa giornaliera di Euro 118,79 di cui alla DGR della Regione Lazio 380/2010, e su questa base le ha effettivamente liquidate nel corso del giudizio di opposizione. Il Tribunale ha accolto la opposizione condannando la Asl al pagamento di minor somma in base alle tariffe della Regione Lazio. La Corte d’Appello, in accoglimento dell’appello della Congregazione ha ritenuto applicabile la DGR Umbria facendo riferimento integralmente ad un’altra sentenza della stessa Corte d’Appello (la n. 8029 del 2018), ma ha negato la spettanza degli interessi commerciali.

Ha proposto ricorso per cassazione la ASL affidandosi a due motivi. Si è difesa con controricorso la Congregazione. La controricorrente ha depositato memoria.

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RITENUTO CHE

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. la nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione. La parte ricorrente si duole del fatto che nella sentenza non siano per nulla esplicate le ragioni della motivazione, ma semplicemente indicato il precedente e deduce che, pur se è ammissibile la motivazione per relazione, è comunque necessario che ci sia un autonomo procedimento valutativo.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3. c.p.c. la violazione dell’art. 26 della legge 833/1978 e dell’art. 8 quinquies del D.Lgs. 502/1992

La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui, richiamandosi ad altra sentenza in caso analogo, ha ritenuto che in assenza di specifico accordo si debba applicare la tariffa stabilita dalla Regione Umbria poiché la prestazione è resa sul territorio umbro. Secondo la ricorrente questa asserzione non è corretta in quanto l’ente ha il dovere di fissare un tetto massimo di spesa sanitaria per fare fronte alle esigenze di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica, ed è quindi erroneo ritenere che, nel momento in cui la Asl romana ha autorizza i propri pazienti a fruire di prestazioni fuori Regione, la medesima abbia accettato anche le condizioni dell’accordo stipulato tra l’ente privato erogatore della prestazione e la regione che le ha rilasciato l’accreditamento.

2.- Il primo motivo è fondato.

Nel caso di specie la Corte si è avvalsa della facoltà di rendere una motivazione per relationem non in termini endoprocessuali, cioè con riferimento alle argomentazioni spese dal giudice di primo grado, ma con riferimento a precedenti di merito dello stesso ufficio in questione, dichiaratamente identiche. La Corte infatti, premesso che il primo motivo di appello riguarda la mancata applicazione del DGR Umbria n. 182 del 2009 così si esprime: “La doglianza è fondata. Rilievo assorbente ha il fatto che identica questione in relazione alla medesima problematica è stata decisa da questa Corte con sentenza 8029 del 2018. Questo

Collegio condivide e fa propria la motivazione della suddetta sentenza considerando l’identità contenutistica della situazione di fatto e di diritto tra il caso deciso dal precedente e quello in esame. Come precisato dalla Corte di Cassazione infatti la motivazione per relationem è pacificamente ammessa purché il rinvio sia specifico”.

Questa formuletta, consistente nel mero richiamo ad un precedente, sia pure specifico, ma senza indicare per quale ragione esso sarebbe idoneo a contrastare il motivo di appello -se non in base a una genericamente affermata identità della questione- e senza specificare le argomentazioni condivise e la loro decisività rispetto alle questioni dibattute nel presente giudizio, anche al fine di consentire il necessario riscontro sulla effettiva coincidenza delle questioni dibattute, non è sufficiente ad assolvere gli oneri motivazionali, ex artt. 111 Cost. e 132 c.p.c.

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E pur vero che la sentenza di merito – come più volte affermato da questa Corte – può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso ufficio, in quanto il riferimento ai precedenti conformi contenuto nell’art. 118 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile (Cass. n.1157/2022; Cass. n. 2861/2019; Cass. n. 29017/2021 e Cass. n. 3340/2013, richiamata dalla parte).

Tuttavia, deve considerarsi che l’art. 118 disp. att. c.p.c. -richiamato nelle succitate pronunce – nel prevedere che la sentenza consiste nella “succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni della decisione anche con riferimento a precedenti conformi” non circoscrive affatto l’onere motivazionale alla mera indicazione del numero e della data del precedente conforme, senza altra argomentazione e, in ogni caso non dispensa dall’onere di esporre i fatti rilevanti di causa, in relazione ai quali porre le ragioni di diritto. L’art. 118 disp. att. c.p.c. del resto, è pur sempre una norma complementare e servente all’art. 132 c.p.c. il quale nel disporre che la sentenza deve contenere “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione” impone uno standard di motivazione, il c.d. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost, e cioè che la motivazione sia idonea a far comprendere, pur nel riferimento ad elementi esterni, il percorso logico seguito dal giudice per giungere alla decisione e segnatamente, per il grado di appello, a rivelare che è stato fatto un autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione, con richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, non potendosi risolvere in una acritica adesione al provvedimento richiamato (Cass. 21443/2022; Cass n. 22598/2018; Cass. sez. un n. 22232/2016).

Si è così affermato che la validità della sentenza la cui motivazione sia redatta per relationem ad un provvedimento giudiziario reso in un altro processo, presuppone che essa resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica, mentre deve ritenersi nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la sentenza che si limiti alla mera indicazione dell’esistenza del provvedimento richiamato, senza esporne il contenuto e senza compiere alcun apprezzamento delle argomentazioni assunte nell’altro giudizio e della loro pertinenza e decisività rispetto ai temi dibattuti dalle parti, così rendendo impossibile l’individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. n. 21443 del 06/07/2022; Cass. 459/2022; Cass. 2397/2021). A questa giurisprudenza il Collegio intende dare continuità, rilevando l’assoluto difetto di autosufficienza della motivazione nella sentenza impugnata, nonché l’assenza di qualsivoglia, sia pur sintetica, esposizione delle ragioni di adesione al precedente richiamato.

Ne consegue, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

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P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2024

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