In sede di legittimità è possibile censurare la violazione in ordine alle presunzioni

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 maggio 2024| n. 13569.

In sede di legittimità è possibile censurare la violazione in ordine alle presunzioni

In sede di legittimità è possibile censurare la violazione dell’articolo 2729 del Cc e dell’articolo 2727 del Cc solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva, oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso. In ogni caso non è ravvisabile la violazione dell’articolo 2727 del Cc se le doglianze sollevate tendono, in realtà, a una rivalutazione del merito, censurando l’accertamento in fatto operato sulla base delle risultanze istruttorie.

Ordinanza|16 maggio 2024| n. 13569. In sede di legittimità è possibile censurare la violazione in ordine alle presunzioni

Data udienza 8 maggio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: PROVA CIVILE – Prova – Prova per presunzioni – Denunzia in sede di legittimità – Condizioni – Limiti. (Cc, articoli 2727 e 2729; cpc, articolo 360)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta da

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere-

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. VALENTINO Daniela – Consigliere Rel.-

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso proposto da

So.Gi. E So.Al., in proprio e quali eredi di Or.Re., rappresentati e difesi dagli Avv.ti Em.Ce. e Ca.Va. ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultima, in Roma, via (…)

-ricorrenti-

Contro

(…) Spa rappresentata e difesa dagli Avv.ti Gi.Gu., Va.La. e Ni.Ma. ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Via (…)

-controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 944/2020 pubblicata il 20.4.2020, notificata il 12.5.2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8.5.2024 dal Consigliere Daniela Valentino.

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FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento delle domande dei sigg. So.Gi., Or.Re., So.Al., condannava (…) Spa alla restituzione delle somme addebitate a titolo di commissione di massimo scoperto sul rapporto di conto corrente n. Omissis, per l’importo di Euro 4.297,00, oltre interessi, nonché al risarcimento del danno per il complessivo importo rivalutato di Euro 447.548,83, oltre interessi, a titolo di interesse negativo, per violazione dei doveri di buona fede e correttezza durante le trattative per la conclusione di un contratto di finanziamento, nonché alla rifusione del 70% delle spese legali.

2. – Gli attori avevano agito chiedendo:

a) l’accertamento dell’illiceità degli interessi ultralegali applicati, c.m.s. e spese non pattuite, con conseguente condanna della convenuta alla ripetizione di Euro 31.828,84, oltre interessi, con riferimento al contratto di apertura credito in conto corrente n. 77356, intestato agli attori.

b) hanno allegato, inoltre, che l’apertura credito, concessa sul conto corrente fino a concorrenza di Euro 400.000,00, fosse stata accordata alla luce dell’autorizzazione rilasciata, da parte dei responsabili della banca convenuta, allo svolgimento di una operazione immobiliare, la quale avrebbe portato: 1) all’acquisto all’asta di un terreno in M, via E, nel settembre 2006, da parte di società riconducibile ai medesimi attori, la (…) Srl, (autorizzazione desumibile dalla emissione di assegno circolare per Euro 34.800 per la cauzione di partecipazione all’asta, nonché dall’utilizzo dello scoperto di conto, per l’emissione di altro assegno circolare, a parziale pagamento del prezzo di Euro 433.800); 2) alla realizzazione, su tale terreno, della nuova sede operativa della società; 3) alla edificazione di immobili ad uso residenziale, in luogo del precedente capannone industriale, utilizzato come sede operativa della società, sito sempre in M.

Il progetto, illustrato all’istituto di credito convenuto, sarebbe stato sostenibile solo a fronte di finanziamento per Euro 1.700.000: tuttavia, la mancata tempestiva approvazione di tale mutuo, concesso il 17.7.2007 per il minor importo di Euro 700.000, nonostante l’intervenuto acquisto del terreno, avrebbe reso impossibile dare corso al progetto, considerato che, dal finanziamento comunque concesso per Euro 700.000, Euro 430.000 venivano trattenuti dalla convenuta a ripianamento dell’esposizione debitoria maturata sul conto corrente, ed Euro 88.000 vennero destinati al pagamento di creditori della società, per consentire la ripresa del cantiere. Tale comportamento – cioè il minor finanziamento accordato – avrebbe costituito un’illegittima violazione degli accordi in via di conclusione fra le parti, quantomeno sotto il profilo della buona fede pre -contrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, indicati sia nel corrispettivo pagato per l’acquisto del terreno di M, via (…), sia nella differenza tra il valore attuale dell’immobile acquistato in M, via (…), ed il corrispettivo pagato per l’acquisto (di un terzo minore), sia nell’importo di Euro 212.000,00, che era stato offerto da terzi (soc. …) per l’acquisto dello stesso, subito dopo l’acquisto, per un totale di Euro 345.000,00 oltre interessi.

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3. – La (…) Spa proponeva gravame dinanzi alla Corte di Appello di Milano che con la sentenza qui impugnata accoglieva parzialmente l’appello e confermava soltanto la condanna della Banca alla restituzione delle somme addebitate a titolo di commissione di massimo scoperto sul rapporto di conto corrente n. 77356, per l’importo di Euro 4.297,00, oltre interessi.

4. – Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che: a) gli elementi valorizzati nella sentenza di I grado non possono assumere il significato di attribuire alle trattive intercorse quel grado di perfezionamento idoneo a far confidare ragionevolmente nella loro felice conclusione;

b) dagli esiti istruttori è risultato che:

b1) l’affidamento di Euro 400.000 è stato aperto nel maggio 2006, cioè diversi mesi prima della presentazione del progetto immobiliare (avvenuta nel settembre 2006) l’utilizzo della somma non poteva dirsi, pertanto, né nei fatti lo era, vincolato ad alcuna specifica destinazione:

b2) dalle prove testimoniali non è emerso che la partecipazione all’asta per l’acquisto del terreno sia stata in qualche modo autorizzata, né che tale autorizzazione fosse necessaria; b3) tale “autorizzazione” non poteva ravvisarsi nella circostanza che gli appellati avessero utilizzato assegni circolari emessi con sconfinamento rispetto all’affidamento accordato, tale sconfinamento, peraltro, era stato di importo minimo rispetto alla somma affidata e l’extrafido era immediatamente stato eliminato; b4) la mail del 9.11.2006 non aveva un contenuto assertivo sull’esito del finanziamento, ma denota invece soltanto che l’attività istruttoria del contratto stava proseguendo;

c) tali elementi, considerati complessivamente fanno desumere che quando fu acquistato il terreno le trattative per la concessione del mutuo richiesto non avesse raggiunto un grado di ragionevole affidamento sulla effettiva conclusione dell’operazione di finanziamento; non vi erano state rassicurazioni in tale direzione rispetto alle condizioni richieste dai clienti ed ancora si era nella fase della richiesta di documentazione integrativa necessaria per l’avanzamento della pratica;

d) la valutazione si era conclusa il 17.7.2007 con la concessione di un mutuo fondiario di importo inferiore al richiesto;

e) in ogni caso, non è consentito il ristoro dell’utile che sarebbe derivato dall’adempimento del contratto oggetto di trattativa (interesse positivo);

f) se la proposta di acquisto di … fosse stata accettata, gli appellati avrebbero incassato la differenza con il prezzo di acquisto, ma non avrebbero più la proprietà del terreno e non si sarebbe verificato alcun deprezzamento, per cui le due voci risarcitorie, individuate nella sentenza di I grado, risultano effettivamente il frutto di un’inammissibile duplicazione.

5. – So.Gi. e So.Al. hanno presentato ricorso per cassazione con due motivi, articolati in più censure ed anche memoria.

(…) Spa ha presentato controricorso ed anche memoria.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

La ricorrente deduce:

6.- Con il primo motivo: Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in riferimento agli artt. 1337,1175,1375 c.c. 113, 115, e 116 c.p.c. avendo la Corte territoriale violato e comunque falsamente applicato i citati precetti normativi, operato un manifesto travisamento della prova, nonché sussunto erroneamente la fattispecie concreta nella ipotesi normativa (vizio di sussunzione) con un altrettanto erroneo giudizio di valore applicativo della clausola generale di affidamento. In subordine violazione dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 2727 e 2729 c.c. per aver fondato il ragionamento su presunzioni prive del carattere di gravità, precisione e concordanza, realizzando una “manifesta imprudenza valutativa”. In ulteriore subordine, Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. con riguardo alle conseguenze tratte da dati fattuali di causa “unitariamente considerati” inidonei a condurre al risultato indicato dalla Corte di merito.

6.1-La censura ripercorre tutti gli elementi probatori posti a fondamento della motivazione della Corte di merito per escludere che la sussistenza di trattative affidanti nell’erogazione del mutuo fondiario con le modalità richieste dai ricorrenti.

Le doglianze delineano, così, un alternativo percorso di valutazione dei singoli elementi e della loro valutazione complessiva svolta dal Giudice di merito.

Sulla violazione degli artt. 1337, 1175 e 1375 c.c., la censura non pone in discussione il significato e la portata applicativa della norma, bensì la concreta applicazione fattane dal giudice di merito in dipendenza del materiale probatorio amministrato. Vale, allora, osservare che il vizio di violazione di legge (quanto alla violazione di legge in senso proprio) ricorre in ipotesi di erronea negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, nonché di attribuzione ad essa di un significato non appropriato, ovvero (quanto alla falsa applicazione), alternativamente, nella sussunzione della fattispecie concreta entro una norma non pertinente, perché, rettamente individuata ed interpretata, si riferisce ad altro, od altresì nella deduzione dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, di conseguenze giuridiche che contraddicano la sua pur corretta interpretazione (Cass., n. 18782/2005). Dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va, difatti, tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., n. 195/2016; Cass., n. 26110/2015; Cass., n.8315/2013; Cass., n. 16698/2010; Cass., n. 7394/2010;

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Cass., Sez. Un., n. 10313/2006). In particolare, per ritenere integrata la responsabilità precontrattuale occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. La verifica della ricorrenza di tutti tali elementi si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato (Cass., n. 7545/2016; Cass., n. 27017/2016). Va inoltre evidenziato che la banca, alla fine, aveva concluso la sua valutazione economica, ritenendo opportuno erogare un finanziamento inferiore a quello richiesto, per cui le parti non si possono dolere della mancata conclusione dell’accordo, ma di aver ricevuto una controproposta non corrispondente a quanto da loro richiesto. Nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), peraltro, il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti (cfr. Cass., SU, n. 20867 del 2020): il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purché risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati (cfr. Cass. n. 11176 del 2017).

Né tantomeno può delinearsi un travisamento della prova, poiché questa Corte ha precisato che il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., Sez. Un., n. 5792/2024).

Nel caso in esame non può dubitarsi che la Corte abbia, a lungo ed in modo più che congruo ed esauriente, motivato sulle ragioni per le quali i presupposti della responsabilità pre-contrattuale non erano configurabili.

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Infine, in sede di legittimità è possibile censurare la violazione dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 2727 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass., n. 3562/2021; Cass., n.3541/2020; Cass., n. 19485/2017); in ogni caso non è ravvisabile la violazione dell’art. 2727 c.c. se le doglianze sollevate tendono, in realtà, ad una rivalutazione del merito, censurando l’accertamento in fatto operato sulla base delle risultanze istruttorie (Cass., Sez. Un., n.1785/2018; Cass., n. 3541/2020).

7.- Con il secondo motivo: Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in riferimento agli artt. 1218, 1223, 1225, 1226, 1337 e 2056 c.c. 115 e 116 c.p.c., 40 e 41 c.p. per avere la Corte escluso il danno liquidato dal tribunale dall’area del danno risarcibile quale interesse negativo, ascrivendolo erroneamente al cosiddetto interesse positivo, sussumendo erroneamente la fattispecie concreta nell’ipotesi normativa, nonché violato e disapplicato i principi di causalità giuridica e di determinazione del danno risarcibile.

7.1-Il motivo è assorbito dall’inammissibilità del primo.

8.- Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido fra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 12.000 per compensi e Euro 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione civile l’8 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2024.

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