Il ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 aprile 2024| n. 9272.

Il ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge

In tema di ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa. Diversamente, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità. Più precisamente, le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’articolo 360, comma 1, n. 3 del Cpc, descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente all’applicazione della norma stessa, una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’articolo 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità.

Ordinanza|8 aprile 2024| n. 9272. Il ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge

Data udienza 1 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Accesso ai documenti – Richiesta di accesso ai propri dati personali – Reclamo all’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali ex art. 77 RGPD – Ostensione – Istanza chiara e dettagliata – Natura dati – Dati valutativi rientrano nel novero dei dati personali – Sentenza CGUE C – 434/16 – Art.14 del RGPD – Comunicazione di rigetto istanza di accesso – Art. 10 bis, L. n. 241/90 e artt. 11 e 9, comma 3, Regolamento 1/2019

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere Rel.

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11933-2023 R.G. proposto da:

GARANTE PROTEZIONE DATI PERSONALI, in persona del legale rapp. p.t. e MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro p.t. elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li rappresenta e difende ex lege.

– ricorrente –

Contro

Gi.Ma., elettivamente domiciliato in ROMA (…), presso lo studio dell’avvocato TR. MA. (Omissis) che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.

– controricorrente –

Avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 5113-2023 depositata il 31-03-2023.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01-02-2024 dal Consigliere LAURA TRICOMI.

Il ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge

RILEVATO CHE:

Con ricorso in data 12 novembre 2021 Gi.Ma., già membro effettivo del Collegio dei revisori dei conti dell’Istituto superiore di sanità (ISS), espose al Tribunale di Roma: di aver ricevuto in data 18.2.21 dal Ministero della Salute la comunicazione dell’avvenuta sospensione dall’incarico di componente del Collegio dei Revisori a seguito di una “nota del Presidente dell’Istituto superiore di sanità”; di avere conseguentemente formulato il 16.3.2021 richiesta di accesso ai propri dati personali trattati dal Ministero e, in particolare, a quelli contenuti nelle comunicazioni intercorse tra l’ISS ed il Ministero riguardanti la sua persona, inclusa la nota con la quale il Presidente dell’Istituto ne aveva sollecitato la sospensione dall’incarico di revisore per conflitto di interessi; di avere ricevuto dal Ministero una risposta il 14.4.21, senza che gli venisse comunicata la nota a firma del Presidente dell’Istituto, posta a fondamento della disposta sospensione, né alcun altro contenuto informativo sul proprio conto, pur presenti nei documenti elencati nella risposta dell’amministrazione; di avere proposto reclamo all’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali ex art. 77 R.G.P.D. l’8.7.21, con richiesta di ordinare al Ministero resistente l’accesso integrale ai propri dati personali; che il reclamo era stato archiviato il 13.10.2021, peraltro senza emissione di provvedimento di preavviso di rigetto ex art. 10 bis legge n. 241 del 1990, sul presupposto che i dati – come quelli oggetto della sua richiesta – non costituivano di per sé dato personale e che non occorreva comunque necessariamente consegnare copia dei documenti contenenti i dati, provvedimento avverso il quale era stata depositata il 29.10.21 istanza per l’annullamento in autotutela, negato con risposta del 4.11.21.

Rappresentò, pertanto, di avere introdotto il giudizio al fine di contestare i) il provvedimento del garante del 13.10.21 divenuto definitivo all’esito del rigetto dell’istanza di autotutela; ii) la mancata (od insufficiente) ostensione da parte del Ministero dei propri dati personali oggetto di trattamento in occasione della disposta sospensione dall’incarico, con riguardo alla nota del Presidente ISS, alla nota dell’Autorità politica indirizzata alla Direzione del ministero e ad ogni atto alle medesime connesso riguardante il ricorrente.

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Lamentò, per quanto ancora di interesse:

– la violazione, relativamente al procedimento di reclamo svoltosi innanzi al Garante, dell’art.10 bis della legge n. 241 del 1990 in relazione al mancato preavviso di rigetto ed alla mancata motivazione circa la dedotta violazione dell’art. 14 R.G.P.D. da parte del Ministero; l’erronea valutazione circa il concetto di dato personale contenuto nella nota del Presidente dell’ISS, comprendente anche il dato valutativo relativo ad una persona e non solo il dato oggettivo, secondo l’interpretazione dell’art. 4.1 R.G.P.D. fornita dalla sentenza della Corte di Giustizia (Omissis) v Data Protection Commissioner, C-434-16 del 20 dicembre 2017;

– la violazione da parte del Ministero dell’art. 14 R.G.P.D., che prevede l’obbligo di informativa all’interessato qualora i dati non siano ottenuti presso il medesimo, ma siano piuttosto comunicati da altro titolare, come nel caso specifico, tra due amministrazioni.

Sostenne, infine, di aver subito, per effetto della condotta illegittima del Ministero resistente, che si era limitato a fornire nella comunicazione pec del 14.4.21 un mero elenco di documenti, un danno patrimoniale per spese legali antecedenti all’introduzione del giudizio, chiedendone il risarcimento in termini di danno emergente, riservandosi di agire in separato giudizio per eventuali conseguenze non patrimoniali dell’azione amministrativa.

Il Tribunale, nella resistenza del Garante e del Ministero, preso atto dell’ostensione dei dati richiesti nel corso del giudizio, ha accolto il ricorso.

L’ Autorità Garante per la protezione dei dati personali ed il Ministero della Salute hanno proposto ricorso congiunto con cinque mezzi, per conseguire la cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata. Gi.Ma. ha replicato con controricorso illustrato da memoria.

È stata disposta la trattazione camerale.

Il ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge

CONSIDERATO CHE:

2.1. – Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 del regolamento UE 2016-679 (di seguito, R.G.P.D.) e 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

La censura concerne la statuizione con cui il Tribunale ha ritenuto inadeguato il riscontro fornito dal Ministero alla richiesta di Gi.Ma. di accesso ai suoi dati personali, sul rilievo che non erano state tempestivamente fornite al richiedente “né la nota del Presidente dell’ISS 9.2.21, né quella dell’Ufficio di gabinetto del Ministero della Salute del 18.2.2021, effettivamente inviate al Gi.Ma. solo il 22.11.21, a seguito di invito del garante del 3.11.21.” e ha, inoltre, considerato frutto di erronea valutazione delle modalità di accesso al dato personale il provvedimento di archiviazione del reclamo n. (Omissis) adottato dal Garante in data 13.10.2021 che aveva ritenuto esaustiva la nota trasmessa dal Ministero a Gi.Ma. il 14.4.21, pur non accompagnata dalla copia degli anzidetti documenti.

I ricorrenti sostengono che la domanda formulata dall’interessato in relazione alla documentazione dell’IIS e dell’Ufficio di gabinetto ricadeva nell’ambito di applicazione della legge n. 241 del 1990 e rimarcano le differenti discipline e finalità previste per l’accesso ai dati personali – disciplinato dall’art.15 del regolamento n. 679 del 2016 – e per l’accesso documentale – regolato dall’art.22, comma 1, della legge n. 241 del 1990 – che sarebbero stati erroneamente ritenuti equivalenti.

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2.2. – Il motivo è inammissibile.

2.3. – Sul punto giova ricordare che in tema di ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 3340-2019; Cass. n. 24155-2017). Più precisamente, è stato affermato che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente all’applicazione della norma stessa, una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Cass. n. 640-2019).

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2.4. – I ricorrenti, sotto l’egida formale del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, tentano in realtà di sollecitare questa Corte di legittimità a una rivisitazione della quaestio facti, per accreditare un diverso apprezzamento dei presupposti fattuali e, quindi, una diversa sussunzione dei fatti nell’ambito delle discipline alternativamente invocate.

Invero, la decisione impugnata si fonda sull’accertamento fattuale, compiuto dal giudice del merito, nell’esercizio delle proprie competenze, del contenuto della richiesta di accesso ai dati personali “chiara e dettagliata” formulata dall’istante anche in relazione ai dati personali contenuti nella nota del Presidente dell’ISS 9.2.21 e in quella dell’Ufficio di gabinetto del Ministero della Salute del 18.2.2021, e dell’implicito rigetto di tale richiesta da parte dell’amministrazione, desunto dalla risposta fornita con la comunicazione del 14.4.21.

2.5. – Orbene, non emerge, né è dedotto che l’amministrazione richiesta abbia disatteso la domanda di accesso agli atti in parte qua adducendo che riguardava documenti ricadenti nell’ambito di applicazione della legge n. 241 del 1990; inoltre, la questione relativa all’applicabilità, nel caso di specie, di tale ultima disciplina non sembra sollevata dinanzi al Tribunale, ma per la prima volta in questa sede, con ulteriore inammissibilità, conseguente alla novità della stessa.

3.1. – Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art.4, paragrafo 1, n.1, R.G.P.D. sulla nozione di dato personale, e dell’art. 16 R.G.P.D.

I ricorrenti si dolgono che il Tribunale, accogliendo la tesi di controparte, abbia ritenuto che i dati valutativi relativi ad una persona rientrino nei dati personali e deducono che sia giunto a tale conclusione partendo da una errata interpretazione della giurisprudenza europea in ordine alla nozione di dato personale ai fini dell’applicazione della normativa in materia di privacy; criticano la statuizione, con particolare riferimento all’applicazione al caso concreto, compiuta dal Tribunale, dei principi espressi dalla CGUE nella sentenza in causa C-434 -16, secondo i quali il termine “qualsiasi informazione” nella definizione dei dati personali include informazioni “tanto oggettive quanto soggettive sotto forma di pareri o di valutazioni, a condizione che esse siano “concernenti” la persona interessata”, ritenuti non confacenti alla situazione in esame.

Il ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge

Deducono, infatti, che la nota dell’ISS non conteneva alcun dato valutativo, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Roma, ma integrava una analisi giuridica, atta a condurre a una specifica qualificazione, sotto il profilo giuridico, di una determinata fattispecie, attraverso una asettica ricostruzione dei fatti e delle ragioni di fatto e di diritto per i quali l’ISS aveva ritenuto che l’interessato fosse incorso in una situazione di conflitto di interessi; sostengono, conclusivamente, che l’analisi giuridica del caso che costituisce dato personale della persona fisica coinvolta nella stessa non rientra nell’ambito applicativo del RGDP.

3.3. – Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.

3.4. – Sotto un primo profilo, va considerato che l’asserzione circa il carattere di mera analisi giuridica della nota dell’ISS, sulla scorta della quale è criticata la decisone impugnata, riposa su una valutazione propria dei ricorrenti, atteso che questi non hanno riprodotto, neppure sinteticamente, il contenuto del corrispondente documento, , né hanno illustrato su quali specifici elementi di fatto si fondi tale conclusione; in proposito, dunque, è sufficiente ricordare che, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (cfr. Cass. Sez. U. n. 34469-2019; Cass. n. 18695-2021; Cass. n. 31999-2022; Cass. n. 5141-2023).

3.5. – Va, inoltre, osservato che l’opposto accertamento in fatto compiuto dal Tribunale – circa il contenuto di dato valutativo della nota, in quanto concernente la condotta dell’interessato e la sua valutazione in merito alla sussistenza di una situazione di conflitto di interessi, e alla riconducibilità tra i dati personali dell’interessato -, non è stato attinto da una specifica censura motivazionale, mentre appare evidente che, anche in questo caso, come già osservato in relazione al primo motivo, i ricorrenti tentano di sollecitare questa Corte di legittimità a una rivisitazione della quaestio facti, per accreditare un diverso apprezzamento dei presupposti fattuali e, quindi, una diversa sussunzione dei fatti nell’ambito delle discipline in esame.

3.6. – Va infine, rilevato che gli stessi ricorrenti, come è evincibile dal percorso argomentativo, sostanzialmente non contestano che i dati valutativi rientrino nel novero dei dati personali, così come puntualizzato e nei limiti descritti dalla CGUE con la sentenza resa in causa C-434 -16, secondo la quale “L’articolo 2, lettera a), della direttiva 95-46-CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, le risposte scritte fornite da un candidato durante un esame professionale e le eventuali annotazioni dell’esaminatore relative a tali risposte costituiscono dati personali, ai sensi di tale disposizione”, ma deducono che i dati in questione non erano valutativi perché riconducibili, invece, nel novero delle analisi giuridiche, svolgendo sul punto una censura inammissibile per le ragioni già illustrate.

Il ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge

4.1. – Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.12, 14 e 15 R.G.P.D. in tema di omessa informativa.

La censura concerne la statuizione con cui il Tribunale ha ravvisato la violazione dell’obbligo da parte del Ministero di fornire all’interessato l’informativa ai sensi dell’art.14 del R.G.P.D., con riferimento al passaggio di informazioni tra l’ISS e il Ministero, del quale l’interessato ha avuto notizia solo al momento della comunicazione della sospensione dall’incarico ricoperto.

Secondo i ricorrenti, la sentenza impugnata sarebbe viziata perché confonderebbe l’istituto della informazione preliminare di cui all’art.14 del R.G.P.D., con il diritto di accesso di cui all’art.5 del R.G.P.D., da applicare nel caso.

4.2. – Il motivo è infondato.

4.3. – A differenza di quanto assumono i ricorrenti, l’art.14 cit. non riguarda solo le informazioni che il titolare del trattamento deve fornire, quando i dati personali non siano stati ottenuti presso l’interessato stesso, “dirette alla totalità degli interessati” (così in ricorso, fol.12), ben potendo riguardare anche le informazioni dovute ad un singolo interessato, come si evince dal chiaro contenuto letterale dell’art.14, senza che tale conclusione possa essere revocata in dubbio dalla ipotesi derogatoria dell’obbligo informativo introdotta al par. 5, lett. b) dello stesso art.14, che prevede che “I paragrafi da 1 a 4 non si applicano se e nella misura in cui: (…) b) comunicare tali informazioni risulta impossibile o implicherebbe uno sforzo sproporzionato (..)” e che, proprio perché integra una deroga non è suscettibile di applicazione analogica, nemmeno per escludere l’onere informativo in un caso come il presente, in cui è incontestato che il Ministero abbia trattato i dati personali del singolo interessato ottenuti da un terzo (l’ISS).

La decisione risulta, pertanto, immune da vizi.

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4.4. – Va infine osservato che i ricorrenti non colgono la ratio decidendi, laddove assumono che dalla lettura del dispositivo si desumerebbe che il provvedimento di archiviazione del Garante è stato annullato per la violazione dell’art. 14 del R.G.P.D., atteso che dalla complessiva motivazione della sentenza ciò non emerge.

5.1. – Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.140-bis; 142 comma 5; 154 commi 1, lett. b e 3; 156 comma 3; 166 comma 9 del Codice; dell’art.77 par.2 del Regolamento (UE) 2016-679; dell’art. 10-bis della legge 241-90; inapplicabilità ai procedimenti del Garante.

Infine, nel ricorso si censura la sentenza impugnata laddove ha ravvisato la violazione, da parte del Garante, dell’art. 10 bis della legge 241 del 1990, il quale impone in tutti i procedimenti amministrativi ad istanza di parte la comunicazione del preavviso di rigetto, nella specie omesso in relazione al provvedimento di archiviazione di ottobre 2021 e si sostiene tale normativa non sarebbe applicabile in ragione di quanto previsto dal regolamento n.1 del 2019 – Procedure per lo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri del Garante-

5.2.- Il motivo è infondato.

5.3.- L’art.11 del Regolamento n. 1 del 2019, secondo il quale – nel caso in cui l’esame del reclamo si concluda con un’archiviazione – “è fornito all’istante un riscontro indicando succintamente le ragioni per le quali, ai sensi del medesimo comma, non è promossa l’adozione di un provvedimento del Collegio” stabilisce uno specifico onere informativo “vestito” in ordine alle ragioni dell’archiviazione, ma non esclude, né è incompatibile con la comunicazione del preavviso di rigetto ai sensi dell’art.10 bis della legge n. 241 del 1990; tale disposizione va, altresì letta in combinato disposto con l’art.9, comma 3, del medesimo regolamento n. 1 del 2019, secondo il quale “Il responsabile del procedimento procede, in riferimento alle formalità da osservare, nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, con particolare riguardo agli avvisi alle parti, alle comunicazioni interlocutorie previste e al diritto di visione degli atti.”, che costituisce ulteriore conferma dell’applicabilità della disposizione in esame, di guisa che il motivo a disatteso.

6.1. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 82, par.3 GDPR, art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.

La censura concerne la pronuncia risarcitoria del danno patrimoniale, fondata sul comportamento omissivo del Ministero, che i ricorrenti contestano richiamando gli argomenti già spesi in relazione ai pregressi motivi di ricorso.

6.2. – La censura è infondata e va respinta perché riposa sugli assunti svolti negli altri motivi di ricorso, già disattesi.

7. – In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese si compensano in ragione della peculiarità della vicenda.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Il ricorso per cassazione il vizio di violazione di legge

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Compensa le spese di giudizio;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, l’1 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria l’8 aprile 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

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