L’impossibilità temporanea sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore non determina la risoluzione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 marzo 2024| n. 8286.

L’impossibilità temporanea sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore non determina la risoluzione

Nei contratti a prestazioni corrispettive, l’impossibilità temporanea sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore non determina la risoluzione, ma la sola sospensione del contratto, per la cui ripresa non è necessaria una messa in mora, pur occorrendo che sussista ancora l’interesse del debitore a conseguire la prestazione e che il contraente fosse a conoscenza della causa di impossibilità temporanea. (Fattispecie relativa all’interruzione temporanea della somministrazione di energia elettrica a causa del furto dei cavi elettrici perpetrato da terzi).

 

Ordinanza|27 marzo 2024| n. 8286. L’impossibilità temporanea sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore non determina la risoluzione

Data udienza 20 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti in genere – Scioglimento del contratto – Risoluzione del contratto – Per impossibilita’ sopravvenuta – In genere impossibilità temporanea della prestazione per causa non imputabile al debitore – Risoluzione – Esclusione – Effetti – Sospensione – Messa in mora – Interesse del debitore – Necessità che il contraente fosse a conoscenza della causa di impossibilità – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente

Dott. TASSONE Stefania – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere-Rel.

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13507/2021 R.G. proposto da:

Di.Gi., elettivamente domiciliato in Roma (…), presso lo studio dell’avvocato Ci. An. (Omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato Li. Ma. (Omissis);

– ricorrente –

Contro

(…) Spa, elettivamente domiciliato in Roma (…), presso lo studio dell’avvocato Li. Eg. (Omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato Pr. Gu. (Omissis)

– controricorrente –

nonché contro

(…) Spa, elettivamente domiciliato in Roma (…), presso lo studio dell’avvocato Li. Eg. (Omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato Pr. Gu. (Omissis)

– controricorrente –

avverso Sentenza di Tribunale Benevento n. 1580/2020 depositata il 10 novembre 2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 febbraio 2024 dal Consigliere Cricenti Giuseppe.

L’impossibilità temporanea sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore non determina la risoluzione

RITENUTO CHE

1. – Di.Gi. ha un casolare con terreno agricolo, che coltiva di suo.

Nel 2008 ha subìto il furto dei cavi dell’energia elettrica, che dunque non è stata più erogata per un certo tempo: egli sostiene di avere fatto presente la circostanza ad (…), che è la società con cui aveva il contratto di somministrazione di energia, sin dal 2011. (…) ha tuttavia provveduto a ripristinare la somministrazione soltanto nel 2013.

2. – Di conseguenza il Di.Gi. ha agito nel 2013 per far constatare l’inadempimento di (…) al suo obbligo contrattuale di somministrare l’energia, e per ottenere il risarcimento dei danni, per tutto il periodo in cui è rimasto privo della somministrazione. Inoltre, ha lamentato di aver dovuto corrispondere costi fissi, pur nell’evidente mancanza di consumo energetico.

3.- Il Giudice di Pace di Benevento ha rigettato la domanda: ha ritenuto non provato che (…) sapesse, o meglio, non provato che l’attore avesse messo in mora la società.

4. – Questa decisione è stata poi confermata dal Tribunale di Benevento che viene qui impugnata dal Di.Gi. con cinque motivi. Si sono costituiti sia (…) Spa, che E. Distribuzione (già (…) Spa) ed hanno chiesto, con controricorso, il rigetto della domanda.

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CONSIDERATO CHE

5.- La ratio della decisione impugnata.

Il Tribunale ha escluso inadempimento imputabile dell'(…), in quanto, essendo stati rubati i cavi elettrici nel 2008, circostanza risultata pacifica, la società non ha potuto più erogare il servizio: il furto ha costituito causa di impossibilità sopravvenuta temporanea.

Secondo il Tribunale, poi, il cliente non ha affatto dimostrato volontà che la somministrazione venisse ripresa, in quanto, con la lettera del 2011, ha contestato consumi, ma non ha chiesto il ripristino; inoltre ha tenuto un comportamento concludente contrario in quanto ha continuato a coltivare il campo servendosi di altre fonti di energia, con la conseguenza che la società somministrante non era avvisata della volontà del cliente di ripristinare il rapporto.

6. – I motivi di ricorso.

Questa ratio è contestata con cinque motivi di ricorso.

Con il primo motivo si prospetta violazione degli artt. 1256, 1218 e 1219 c.c.

La tesi è la seguente.

(…) doveva essersi accorta di suo che l’energia non era erogata in quanto il contatore non registrava consumi e la sua lettura era elettronica e non v’era bisogno di andare sul posto.

Con la conseguenza che, anche ammessa l’impossibilità sopravvenuta nel 2008, il rapporto contrattuale andava ripristinato senza bisogno di messa in mora. Ossia, non appena saputo del furto e della mancata erogazione, (…) avrebbe dovuto agire di sua iniziativa per ripristinare la somministrazione.

Le norme sulla impossibilità sopravvenuta, e segnatamente l’articolo 1219 c.c. non prevedono una messa in mora, ma dal loro contenuto si ricava che il contraente deve provvedere autonomamente a riprendere la prestazione quando sia cessata la causa che l’aveva resa impossibile.

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Il motivo è infondato.

Intanto va fatto un chiarimento sulla ratio decidendi, nel senso che il ricorrente attribuisce al Tribunale una asserzione che invece è sua, o meglio, che il Tribunale attribuisce a lui: è la questione della conoscibilità della interruzione da parte di (…) per via telematica, ossia attraverso lettura a distanza del contatore elettronico.

A pag. 4 il Tribunale osserva che “l’odierno appellante evidenziava che in primo luogo (…) avrebbe dovuto conoscere dell’intervenuta sospensione della fornitura”. Ciascuno vede come non sia il Tribunale ad accertare che (…) avrebbe dovuto sapere, piuttosto ad averlo detto è stato il ricorrente, di cui il Tribunale riferisce l’opinione.

Si tratta pacificamente di una impossibilità temporanea della prestazione che non comporta risoluzione del contratto, ma sua sospensione, per cui è vero che come dedotto dal ricorrente non occorre una messa in mora formale perché il contratto riprenda – e in tal senso va corretta la motivazione dell’impugnata sentenza – ma è pur vero che la ripresa del rapporto presuppone che vi sia interesse del debitore (Cass. 1037/ 1995), e che il contraente fosse a conoscenza della causa di impossibilità.

Quindi l’effetto giuridico invocato dal ricorrente presuppone due fatti che il Tribunale ha accertato come non provati, o anzi, contrari a quanto dal ricorrente assunto.

In primo luogo, è accertato che (…) non sapeva della interruzione; inoltre che, pur dopo la scoperta del furto, il ricorrente ha manifestato comportamento contrario al ripristino, avendo egli utilizzato il fondo con altre fonti di energia, ed avendo egli successivamente interrotto il pagamento.

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Due circostanze di fatto, qui non discutibili.

7. – Secondo e terzo motivo pongono la questione del risarcimento del danno.

Il secondo motivo postula una violazione dell’articolo 112 c.p.c.: il Tribunale avrebbe escluso il risarcimento, dunque un danno in capo al ricorrente, ma senza tenere conto del fatto che costui aveva l’astratta disponibilità della casa rurale nella quale l’energia mancava; non se ne è occupato, si è limitato a dire che il fondo era comunque coltivato anche senza la somministrazione.

Il terzo motivo prospetta violazione degli articoli 1218 e 1223 c.c., e ripropone la questione: per utilizzare il fondo v’era comunque bisogno di altra energia, da procurarsi altrove, e dunque dietro corrispettivo.

Questi due motivi sono inammissibili.

Il Tribunale ha escluso che l’inadempimento (la mancata somministrazione) fosse imputabile ad (…) e di conseguenza ha escluso il danno: se anche ne fosse derivato alcuno al ricorrente non sarebbe imputabile ad (…). Il che è sufficiente a decidere di non risarcirlo.

8. – Il quarto motivo prospetta anche esso violazione dell’art. 112 c.p.c.

Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe deciso oltre la domanda, in quanto avrebbe fatto leva su una clausola contrattuale senza che la relativa questione fosse stata posta da (…). Il Tribunale avrebbe cioè evidenziato che era contrattualmente previsto che il cliente avrebbe dovuto far constatare l’inadempimento con formale messa in mora, poiché non era prevista la clausola risolutiva espressa.

Secondo il ricorrente questo tema non era stato posto da (…).

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Il motivo è infondato.

Il tema era quello posto dallo stesso ricorrente, vale a dire l’inadempimento di (…): il Tribunale, dati agli atti di causa, ha escluso che il contratto potesse essersi risolto per inadempimento senza una formale diffida di messa in mora, e dunque ha deciso su una questione posta dallo stesso ricorrente, e certamente facente parte della difesa della società convenuta.

9. – Il quinto motivo prospetta violazione dell’art. 112 c.p.c.

Secondo il ricorrente, egli aveva diritto ad ottenere però la ripetizione delle spese fisse, che ha comunque corrisposto pur senza ricevere l’erogazione di energia; egli sostiene che la tesi del Tribunale secondo cui quelle spese fisse erano dovute comunque, per contratto, per il semplice fatto che esisteva un rapporto di fornitura ed anche a prescindere dalla effettiva erogazione, è errata, prevedendo invece il contratto che solo in caso di effettiva somministrazione vanno pagati i costi fissi.

Ribadisce il ricorrente con tale motivo che (…) sapeva del furto, per via del controllo telematico sul contatore, e che dunque ha erroneamente imposto i costi fissi.

Il motivo è inammissibile.

Intanto, è posto sotto forma errata: non si vede l’omissione di pronuncia denunciata.

In secondo luogo, si chiede qui di postulare un diverso contenuto delle condizioni generali di contratto rispetto a quello accertato dai giudici di merito (secondo cui quelle condizioni prevedevano costi fissi a prescindere dall’ effettivo consumo) ma non si riporta il contenuto di tali condizioni, né si indica come se ne possa ricavare quanto asserito dal ricorrente.

Infine, quanto alla questione della conoscibilità della interruzione, si è già detto. Il Tribunale non accerta che (…) sapeva, ma dice che secondo il ricorrente (…) doveva sapere. Ed è altra cosa.

Il ricorso va pertanto rigettato.

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Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna delle controricorrenti, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 800,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna delle controricorrenti.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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