Pagamento secondo scadenze mensili e l’essenzialità del termine 

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 marzo 2024| n. 8038.

Pagamento secondo scadenze mensili e l’essenzialità del termine 

Nei contratti di durata (come la locazione), in cui sono stabilite prestazioni di pagamento secondo scadenze mensili e non in un’unica soluzione, l’essenzialità del termine di ciascuna prestazione di pagamento deve essere espressamente prevista, in ossequio ai criteri di ermenuetica contrattuale sanciti dagli artt. 1362 e 1366 c.c. (Nella specie, la S.C., decidendo nel merito, ha affermato – esaminando il tenore letterale della clausola di un contratto di locazione secondo cui il ritardo o il mancato pagamento di una sola mensilità era da individuare come causa immediata di risoluzione del contratto – che si trattava di clausola risolutiva espressa e non di termine essenziale).

Ordinanza|25 marzo 2024| n. 8038. Pagamento secondo scadenze mensili e l’essenzialità del termine 

Data udienza 4 ottobre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti in genere – Scioglimento del contratto – Risoluzione del contratto – Per inadempimento – Rapporto tra domanda di adempimento e domanda di risoluzione – Imputabilita’ dell’inadempimento, colpa o dolo – Clausola risolutiva espressa contratti di durata – Locazione – Interpretazione del contratto ex artt. 1362 e 1366 c.c. – Termine essenziale per il pagamento – Espressa previsione – Necessità – Fattispecie in merito alla differenza tra clausola risolutiva espressa e termine essenziale.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. GUIZZI Giaime Stefano – Consigliere Rel.

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso 2676-2020 proposto da:

(…) & CO. Sas, domiciliata presso l’indirizzo digitale del proprio difensore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Ro.GI.;

– ricorrente –

contro

(…) Srl, domiciliata presso l’indirizzo digitale del proprio difensore, rappresentata e difesa dall’Avvocato An.GI.;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 1231/2019 della Corte d’appello di Catania, depositata il 13/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 04/10/2023 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.

Pagamento secondo scadenze mensili e l’essenzialità del termine 

FATTI DI CAUSA

1. La società (…) & Co. Sas (d’ora in poi, “(…)”) ricorre, sulla base di sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 1231/19, del 13 giugno 2019, della Corte d’appello di Catania, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 512/17, del 21 aprile 2017, del Tribunale di Ragusa – ha confermato il rigetto dell’opposizione dalla stessa proposta avverso il provvedimento monitorio che le ingiungeva il pagamento, in favore della società (…) Srl, dell’importo di Euro 12.151,56, a titolo di canoni di locazione immobiliare maturati, mensilmente, dal 1 settembre 2010 al 31 agosto 2012, data di pretesa restituzione dell’immobile.

2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di essersi opposta al predetto decreto ingiuntivo, deducendo che il contratto di locazione intervenuto il 1 settembre 2009 – avente ad oggetto un immobile sito in Ragusa, da destinarsi ad attività di ristorazione – si sarebbe risolto già in occasione del mancato pagamento della prima mensilità del canone locatizio, in ragione di quanto previsto dalla clausola n. 5 del testo contrattuale. In base ad esso, infatti, non solo la corresponsione del canone mensile anticipato – da parte di essa (…) – sarebbe dovuta avvenire il primo giorno di ogni mese, ma, soprattutto, il ritardato o mancato pagamento anche di una sola mensilità si poneva come “causa immediata di risoluzione del contratto”.

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Interpretando, pertanto, tale clausola come previsione di un termine essenziale, ex art. 1457 cod. civ., (…) riteneva che il contratto – in difetto di richiesta di pagamento, da parte della locatrice, entro tre giorni dalla scadenza già della prima mensilità del canone locatizio – si fosse immediatamente risolto, donde l’impossibilità per (…) di esigere la corresponsione di una somma pari ai canoni dovuti fino al 31 agosto 2012, data di supposto rilascio del bene.

L’opposizione, tuttavia, veniva rigettata, ritenendo il primo giudice – nella ricostruzione che del suo percorso decisionale è fatta dalla ricorrente – che la conduttrice non potesse invocare, in relazione a un proprio inadempimento, l’operatività della clausola risolutiva espressa, ciò che, invece, avrebbe fatto con una vera e propria domanda riconvenzionale. In tali termini, infatti, era ricostruita dall’adito Tribunale – senza alcun cenno alla possibile applicazione dell’art. 1457 cod. civ. – la previsione di cui al n. 5) del testo contrattuale. Secondo il primo giudice, infatti, non avendo nessuna delle parti comunicato – ex art. 1456, comma 2, cod. civ. – che intendeva valersi della clausola sin dalla prima morosità, la locatrice (…) avrebbe successivamente esercitato il diritto potestativo volto alla declaratoria giudiziale di scioglimento del contratto, per l’effetto richiedendo, così come avvenuto con il ricorso monitorio del 3 ottobre 2014, il pagamento dei canoni maturati fino al momento del rilascio della “res locata”.

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Esperito gravame dalla soccombente attrice in opposizione, il giudice di appello lo rigettava.

3. Avverso la sentenza della Corte etnea ha proposto ricorso per cassazione (…), sulla base – come detto – di sei motivi.

3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 1456 cod. civ. e violazione di norme di diritto in relazione all’art. 1457 cod. civ..

Ribadisce la ricorrente che la clausola n. 5) del contratto prevedeva un termine essenziale per l’esecuzione dell’obbligazione di pagamento del canone di locazione, giacché, se si fosse trattato di una clausola risolutiva espressa, la locatrice “se ne sarebbe dovuta avvalere”, cosa “che non è avvenuta né al primo mancato pagamento”, né “successivamente”, anzi “mai”. Inoltre, anche alla stregua del “chiaro e inequivocabile” testo della clausola – e di quello delle ulteriori previsioni contrattuali, secondo cui la conduttrice avrebbe dovuto corrispondere il canone di locazione pure in presenza di eventuali inadempienze della locatrice – si sarebbe dovuto concludere che essa contemplava un termine essenziale, sicché il riferimento alla “causa immediata di risoluzione” costituiva mera “espressione di stile”.

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3.2. Il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., in relazione all’art. 1457 cod. civ.

Evidenzia la ricorrente che la mancata riconduzione – da parte del primo giudice – della clausola contrattuale n. 5) alla previsione normativa di cui all’art. 1457 cod. civ. “ha costituito specifico motivo di appello”. La Corte territoriale, tuttavia, “pur rilevando” lo stesso “non lo ha volutamente esaminato”, assume il ricorrente, limitandosi a qualificare come “inconferente” il riferimento a tale norma, “senza alcun’altra motivazione”.

3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 1362, comma 2, cod. civ. e agli artt. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ..

La Corte territoriale, dichiarando espressamente di volersi esentare dall’indagare sulla mancata applicazione, da parte del Tribunale, dell’art. 1457 cod. civ., ha violato l’art. 1362, comma 2, cod. civ. “che fa obbligo al Giudice di merito di dare la sua interpretazione dettagliata e specifica dei fatti contrattuali”, qui costituiti da “fatti concludenti successivi alla stipula dell’atto”, incorrendo nel vizio di motivazione apparente. Inoltre, la ricorrente assume che la propria controparte “avrebbe dovuto spiegare – ove fosse stato vero che il contratto non si fosse risolto” a norma dell’art. 1457 cod. civ., avendo così “avuto la sua vita naturale” – perché mai “non sia intervenuta da parte della stessa alcuna richiesta di pagamento”, o addirittura “fosse stato consentito il rinnovo per il secondo anno”.

3.4. Il quarto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. – violazione di norme di diritto ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione agli artt. 163 e 167 cod. proc. civ..

La ricorrente lamenta l’assenza di risposta in ordine al motivo di appello con il quale essa aveva contestato l’affermazione del primo giudice, relativa all’avvenuta proposizione – da parte di essa (…) – di una domanda riconvenzionale di applicazione dell’art. 1456 cod. civ., ciò che sarebbe stato possibile accertare in base ad una semplice lettura dell’atto di citazione in opposizione.

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3.5. Il quinto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione di norme di diritto in relazione agli artt. 1591 e 1457 cod. civ..

Evidenzia la ricorrente di aver censurato, in appello, il rilievo del primo giudice secondo cui l’attrice in opposizione non aveva provato il rilascio dell’immobile, mentre (…) assume di aver sempre affermato che, a seguito dell’immediata risoluzione del contratto, era intervenuta anche la riconsegna delle chiavi in maniera informale.

Il giudice di appello, tuttavia, ha ritenuto – al pari di quello di prime cure – che l’assenza di prova della consegna delle chiavi costituisse ragione di conferma della prosecuzione del contratto, donde l’obbligo della conduttrice in mora di pagare i canoni fino alla riconsegna del bene, ex art. 1591 cod. civ..

La Corte territoriale avrebbe, però, errato “nel disquisire in merito”, e ciò perché l’art. 1591 cod. civ. presuppone la mora, qui insussistente, per essersi il contratto risolto alla scadenza del termine per il pagamento del primo canone di locazione, a norma dell’art. 1457 cod. civ..

3.6. Il sesto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. – violazione di norme di diritto in relazione agli artt. 115 e 167 cod. proc. civ., oltre ad omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

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Sempre in relazione alla mancata prova dell’immediata riconsegna dell’immobile, la ricorrente rileva che sarebbe stato onere di (…) – mantenendo l’opposto, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la posizione sostanziale di attore – dimostrare che il rilascio era avvenuto il 31 agosto 2012, trattandosi di fatto costitutivo della pretesa creditoria ed avendo, comunque, (…) contestato tale pretesa e allegato l’avvenuta consegna delle chiavi in occasione del mancato pagamento della prima mensilità del canone di locazione e (a suo dire) della conseguente risoluzione del contratto.

Si censura, pertanto, la sentenza impugnata per aver addossato a (…) l’onere della dimostrazione del mancato pagamento dei canoni, coincidente con la consegna dell’immobile.

4. Ha resistito all’avversaria impugnazione con controricorso, (…), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.

5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

6. La ricorrente ha depositato memoria.

7. Non consta, invece, la presentazione di memoria da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Il ricorso va accolto, nei limiti di seguito precisati.

8.1. Pregiudiziale è lo scrutinio del suo terzo motivo, il quale – nella parte in cui addebita alla Corte catanese un difetto di motivazione, in ordine al motivo di gravame con cui le si era sollecitata la qualificazione della clausola contrattuale n. 5) quale previsione di un termine essenziale, ex art. 1457 cod. civ. – risulta fondato.

8.1.1. Invero, la sentenza impugnata, investita dell’indicata questione, si è limitata ad affermare che era “del tutto inconferente”, nel caso in esame, il riferimento all’art. 1457 cod. civ..

Si tratta, all’evidenza, di una motivazione soltanto apparente, nel suo carattere meramente “assertorio”, che si colloca sotto il limite del c.d. “minimo costituzionale” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01), così violando, come denunciato, l’art. 132, comma 2), n. 4), cod. proc. civ..

Ricorre, infatti, il vizio di motivazione apparente, oltre che nell’ipotesi di “carenza grafica” della stessa, anche quando essa, “benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01, nonché, più di recente, Cass. Sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, n. 13977, Rv. 654145-01; Cass. Sez. 6-1, ord. 1 marzo 2022, n. 6758, Rv. 664061-01), evenienza che questa Corte ha ritenuto integrata pure con riferimento a casi in cui a rimanere imperscrutabile sia il ragionamento “in iure” compiuto dalla sentenza impugnata (cfr. Cass. Sez. 6-3, ord. 16 novembre 2021, n. 34516, non massimata).

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8.2. L’accoglimento, nei termini appena indicati, del terzo motivo di ricorso comporta l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso.

9. Alla cassazione della sentenza, tuttavia, non segue il rinvio al giudice di merito, potendo questa Corte provvedere a norma dell’art. 384, comma 2, ultima alinea, cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

9.1. Invero, assunti da questa Corte i poteri del giudice d’appello, il secondo motivo di gravame proposto dalla società (…) (motivo in relazione al quale la Corte etnea risulta essere incorsa nell’illustrato vizio di motivazione apparente) deve essere deciso nel senso che la clausola n. 5) del contratto di locazione, corrente tra di essa e la società (…), contempla effettivamente una clausola risolutiva espressa, e non la previsione di un termine essenziale ex art. 1457 cod. civ..

Invero, considerato il tenore letterale della clausola (“il ritardo o il mancato pagamento anche di una sola mensilità sarà causa immediata di risoluzione del contratto”), non vi sono dubbi che essa debba ricondursi alla fattispecie di cui all’art. 1456 cod. civ., e ciò in applicazione del criterio di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 cod. civ., giacché, nel caso in cui “la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile” (Cass. Sez. 1, ord. 26 aprile 2023, n. 10967, Rv. 667678-01).

D’altra parte, corrobora tale conclusione – da ribadire pure alla stregua dell’art. 1366 cod. civ., norma che impone di “escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell’altrui interesse, interpretazioni cavillose che depongano per un significato in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale” (cfr., tra le molte, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 8 novembre 2022, n. 32786, Rv. 666341-01) – la constatazione relativa alla natura di contratto di durata, propria della locazione. Difatti, là dove sono contemplate prestazioni di pagamento secondo scadenze mensili e non in un’unica soluzione, qualora si intenda pattuire l’essenzialità del termine di ciascuna di essa occorrerebbe un’espressa previsione in tal senso.

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9.2. Da rigettare è pure il terzo motivo di appello, con il quale, sul presupposto che l’immobile sarebbe stato restituito “in modo informale”, non avendo la conduttrice dimostrato che la restituzione sia avvenuta il 31 agosto 2012, si è contestata la quantificazione – operata dal primo giudice – dei canoni spettanti alla locatrice, avendo il Tribunale ritenuto che gli stessi siano dovuti fino all’indicata data di rilascio del bene.

Quanto statuito dal Tribunale ed oggetto di critica da parte di (…), la quale assume che era la locatrice a dover dimostrare la data dell’avvenuta restituzione, non merita, invece, censura.

Va, difatti, ribadito che nel “giudizio di risarcimento danni da ritardata restituzione dell’immobile, ex art. 1591 cod. civ., l’onere della prova relativo all’avvenuto pagamento del canone ed alla effettuata restituzione del bene locato incombe sul conduttore, trattandosi di fatti estintivi del diritto di credito del locatore, al quale il bene va restituito al termine del rapporto locativo quale sia stata la causa della sua cessazione, e che ha diritto al corrispettivo originariamente convenuto col conduttore in mora fino alla data di restituzione a titolo di risarcimento, salvo il maggior danno” (Cass. Sez. 3, sent. 9 giugno 2003, n. 9199, Rv. 564079-01), con l’ulteriore precisazione che l’offerta di restituzione, sebbene prescinda dalle forme di cui agli artt. 1209, comma 2, e 1216 cod. civ., deve avvenire con modalità “serie, concrete e tempestive” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 24 settembre 2019, n. 23639, Rv. 655170-01).

9.3. In conclusione, l’appello di (…) va respinto, così restando confermata la sentenza di primo grado e il rigetto della proposta opposizione a decreto ingiuntivo.

10. Le spese del presente giudizio – da liquidarsi da parte di questa Corte separatamente per il giudizio di legittimità e per quello svolto a norma dell’art. 384, comma 2, ultima alinea, cod. proc. civ. (Cass. Sez. Lav., sent. 7 maggio 2003, n. 6938, Rv. 562722-01), ancorché sulla base di un criterio unitario, ovvero avendo riguardo all’esito finale della lite, sebbene essa “abbia percorso più fasi con alterne vicende per le parti” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 11 giugno 2008, n. 15483, Rv. 603368-01, Cass. Sez. 2, sent. 12 settembre 2014, n. 19345, Rv. 633115-01) – seguono la soccombenza, essendo poste a carico di (…) e liquidate come da dispositivo.

11. A carico dell’odierna ricorrente, stante il rigetto sia dell’appello che del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, in relazione ad ambo i giudizi impugnatori, un duplice ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

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P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso. Dichiara assorbiti i restanti. Cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello della società (…) & Co. Sas

Condanna, inoltre, la società (…) & Co. Sas a rifondere, alla società (…) Srl, le spese del giudizio di appello, che liquida, per compensi, in Euro 2.777,00 (dei quali Euro 1.080,00 per la fase di studio, Euro 877 per la fase introduttiva ed Euro 1.820,00 per la fase decisoria), più IVA e CPA come per legge, oltre spese generali nella misura del 15% del compenso, nonché le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.300,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il duplice versamento, da parte dell’odierna ricorrente, degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato, pari a quelli previsti sia per l’appello che per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, sempre che essi siano dovuti.

Così deciso in Roma il 4 ottobre 2023.

Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2024.

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