Distanze legali e le prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici e gli accordi in deroga

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 marzo 2024| n. 7624.

Distanze legali e le prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici e gli accordi in deroga

In tema di distanze legali nelle costruzioni le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi, essendo dettate – contrariamente a quelle del codice civile – a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non sono derogabili dai privati. Ne consegue l’invalidità – anche nei rapporti interni – delle convenzioni stipulate fra proprietari confinanti le quali si rivelino in contrasto con le norme urbanistiche in materia di distanze, salva peraltro rimanendo la possibilità – per questi ultimi – di accordarsi sulla ripartizione tra i rispettivi fondi del distacco da osservare.

Ordinanza|21 marzo 2024| n. 7624. Distanze legali e le prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici e gli accordi in deroga

Data udienza 23 gennaio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Distanze – Violazione o falsa applicazione degli artt. 873, 874, 875, 877 c.c. – Pattuizioni contenute nel contratto preliminare di compravendita – Obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto – Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 30735 del 21/12/2017.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LORENZO ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Rel. Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso 14636-2022 proposto da:

Ia.Ca., Ia.An. e Ia.Ma., rappresentati e difesi dall’avv. GI. SA. e domiciliati presso la cancelleria della Corte di Cassazione

– ricorrenti –

contro

CU.GA. e DO.MI., elettivamente domiciliati in ROMA, (…), nello studio dell’avv. VA. VI., rappresentati e difesi dall’avv. AN. LE.

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1544/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/04/2022;

udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere Oliva

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FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 28.10.2010 Cu.Ga. e Do.Mi. evocavano in giudizio Ia.Ca., Ia.An. e Ia.Ma. innanzi il Tribunale di Benevento, invocandone la condanna ad arretrare il loro fabbricato sino al rispetto delle norme in tema di distanze.

Nella resistenza dei convenuti il Tribunale, con sentenza n. 2370/2016, accoglieva la domanda, ordinando ai predetti di arretrare la loro fabbrica sino al rispetto della distanza di dieci metri da quella degli attori.

Con la sentenza impugnata, n. 1544/2012, la Corte di Appello di Napoli rigettava il gravame principale interposto dagli odierni ricorrenti avverso la decisione di prime cure, accogliendo invece quello incidentale, in relazione al governo delle spese operato dal Tribunale.

Propongono ricorso per la cassazione di tale pronuncia Ia.Ca., Ia.An. e Ia.Ma., affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso Cu.Ga. e Do.Mi..

In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memoria.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

Prima di esaminare i motivi del ricorso, occorre dare atto che la memoria della parte controricorrente è stata depositata in data 18.1.2024, dopo la scadenza del termine di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c. Essa dunque va considerata tardiva, e dunque inammissibile.

Passando all’esame delle doglianze proposte dalla parte ricorrente, con il primo motivo, la stessa denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 873, 874, 875, 877 c.c. e 3 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Torrecuso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ordinato l’arretramento dell’edificio realizzato dai ricorrenti, senza considerare che il contratto con il quale gli odierni controricorrenti avevano acquistato il loro immobile, per atto notar Ia.Ca. del 9.2.1994, era stato preceduto da preliminare di compravendita del 5.10.1993, nel quale era stato previsto espressamente che le aperture esistenti sul lato nord del fabbricato sarebbero state tamponate per permettere la realizzazione di un edificio in aderenza. La Corte di merito avrebbe dovuto valorizzare tale manifestazione di volontà, escludendo il diritto degli odierni controricorrenti a mantenere dette aperture e, in genere, a sollevare questioni in relazione alla costruzione in aderenza di cui anzidetto. La norma regolamentare locale, infatti, prevedeva esclusivamente l’obbligo di rispetto della distanza di 10 metri tra fabbricati e di 5 metri dal confine, senza quindi contemplare una distanza minima inderogabile dal confine da rispettare, come erroneamente ravvisato dalla Corte di merito.

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Con il secondo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 3 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Torrecuso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nel significato loro attribuito a fronte dell’interpretazione fornita dall’ente locale da oltre trent’anni. Ad avviso di parte ricorrente, dette norme non precluderebbero il diritto di costruire in aderenza, come del resto confermato dal responsabile dell’area tecnica dell’ente locale con nota di chiarimenti prot. 7344 del 19.11.2012, riprodotta a pag. 22 del ricorso.

Con il terzo motivo, i ricorrenti si dolgono della violazione o falsa applicazione degli artt. 3 delle N.T.A del P.R.G. del Comune di Torrecuso, 873, 874, 875 e 1062 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare la volontà delle parti contenuta negli accordi richiamati nella prima censura e dunque ravvisare l’esistenza di una servitù, costituita per destinazione del padre di famiglia ad opera dell’originario proprietario dell’intero lotto Ia.Ra., dante causa di ambo le parti oggi in causa, avente ad oggetto il diritto dei suoi figli, donatari della porzione di proprietà non oggetto di alienazione in favore degli odierni controricorrenti, di costruire in aderenza rispetto all’originario edificio.

Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono infondate.

Innanzitutto, con riferimento alla rilevanza delle pattuizioni contenute nel contratto preliminare di compravendita, occorre ribadire il principio secondo cui, ove alla stipula di un contratto preliminare segua ad opera delle stesse parti la conclusione del contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina, con riguardo alle modalità e condizioni, anche se diversa da quella pattuita con il preliminare, configura un nuovo accordo intervenuto tra le parti e si presume sia l’unica regolamentazione del rapporto da esse voluta. La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova -che deve risultare da atto scritto ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili- di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo (Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 30735 del 21/12/2017, Rv. 646612; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9063 del 05/06/2012, Rv. 622654; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15585 del 11/07/2007, Rv. 598555; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 233 del 10/01/2007, Rv. 594827). Di conseguenza, le pattuizioni contenute nel contratto preliminare, non riprodotte nel definitivo, né confermate da accordo coevo, debbono intendersi superate e prive di efficacia; la questione dedotta con il primo profilo del primo motivo di ricorso, dunque, è infondata.

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Per quanto attiene invece le restanti censure, con le quali si affronta il tema della possibilità di costruire in aderenza, va innanzitutto evidenziato che la stessa parte ricorrente indica che il regolamento locale prevede l’obbligo di rispettare la distanza di 10 metri tra edifici e di 5 dal confine, e non contempla espressamente il diritto di costruire in aderenza (cfr. pag. 15 del ricorso). La circostanza è confermata anche dalla sentenza impugnata, con la quale la Corte di Appello ha precisato che gli edifici si trovano in zona D2. Inoltre, con accertamento in punto di fatto non censurato in questa sede, la Corte territoriale ha anche accertato che il fabbricato dell’originario attore è stato edificato prima dell’entrata in vigore del P.R.G. attualmente in vigore.

Come ritenuto da questa Corte, “La legittimità della costruzione in aderenza sussiste solo se la possibilità di costruire sul confine è contemplata dal regolamento edilizio, mentre è da escludere ove questo, pur se nulla dispone per lo ius aedificandi in aderenza a preesistenti fabbriche aliene, prescriva una determinata distanza dal confine, così impedendo l’operatività del principio della prevenzione” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12045 del 12/09/2000, Rv. 540126; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8945 del 09/09/1998, Rv. 518749; in termini, cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22896 del 30/10/2007, Rv. 600691; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8465 del 09/04/2010, Rv. 612355; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23693 del 06/11/2014, Rv. 633061; nonché, da ultimo, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 25191 del 17/09/2021, Rv. 662253, secondo cui “In tema di distanze legali, il principio della prevenzione di cui all’art. 875 c.c. non è derogato nel caso in cui il regolamento edilizio si limiti a fissare la distanza minima tra le costruzioni, mentre lo è qualora la norma regolamentare stabilisca anche (o soltanto) la distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che in quest’ultimo caso l’obbligo di arretrare la costruzione è assoluto, come il corrispondente divieto di costruire sul confine, a meno che una specifica disposizione del regolamento edilizio non consenta espressamente di costruire in aderenza”.

All’opposto di quanto ritiene la parte odierna ricorrente, dunque, l’istituto della prevenzione non opera sempre, ma soltanto quando la norma regolamentare locale preveda unicamente distacchi tra le costruzioni, senza imporre anche una distanza minima dal confine. Sul punto, va data infatti continuità al principio, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “Il principio della prevenzione si applica anche nell’ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex art. 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all’intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione, sicché il preveniente conserva la facoltà di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni e il prevenuto la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza ai sensi degli artt. 874, 875 e 877 c.c.” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 10318 del 19/05/2016, Rv. 639677; conf. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22447 del 09/09/2019, Rv. 655236).

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La Corte di Appello, conformandosi al consolidato orientamento sin qui richiamato, ha ritenuto che nel caso di specie, in presenza di una norma regolamentare impositiva del rispetto di una distanza minima dal confine ed in assenza di una analoga previsione che autorizzare la costruzione in aderenza, quest’ultima fosse preclusa, a nulla rilevando, a contrario, le pattuizioni intervenute tra le parti per derogare il regime in materia di distanze, attesa la nullità di detti accordi. Anche tale ulteriore statuizione è coerente all’altrettanto consolidato principio secondo cui “In tema di distanze legali nelle costruzioni le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi, essendo dettate -contrariamente a quelle del codice civile- a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non sono derogabili dai privati. Ne consegue l’invalidità -anche nei rapporti interni- delle convenzioni stipulate fra proprietari confinanti le quali si rivelino in contrasto con le norme urbanistiche in materia di distanze, salva peraltro rimanendo la possibilità -per questi ultimi- di accordarsi sulla ripartizione tra i rispettivi fondi del distacco da osservare” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2117 del 04/02/2004, Rv. 569890; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6170 del 22/03/2005, Rv. 581472; nonché Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9751 del 23/04/2010, Rv. 612554 e Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 26270 del 18/10/2018, Rv. 650783, secondo le quali tale invalidità non viene meno per l’avvenuto rilascio di concessione edilizia, poiché il singolo atto non può consentire la violazione dei principi generali dettati, una volta per tutte, con gli indicati strumenti urbanistici).

Né può assumere rilievo, a contrario, l’interpretazione che gli uffici tecnici comunali abbiano dato, negli anni, alla norma regolamentare locale, trattandosi di norma integrativa della disposizione codicistica, l’interpretazione della cui portata e del cui significato sono appannaggio dell’autorità giudiziaria investita della decisione della controversia in cui esse spieghino effetto. Neanche è decisivo il fatto che la disposizione regolamentare riportata a pag. 15 del ricorso non contenga l’espressione “distanza minima assoluta”, utilizzata invece dalla medesima fonte in altre norme, posto che la stessa previsione, da parte delle N.T.A., dell’obbligo di rispetto di due diverse e concorrenti distanze minime, l’una di 10 metri tra gli edifici e l’altra di 5 metri dal confine, dimostra la natura inderogabile della seconda prescrizione. Ed infine, a nulla rileva la circostanza che l’Ente locale abbia rilasciato un titolo autorizzativo per la costruzione della fabbrica oggetto di contestazione, in vista del principio generale per cui il provvedimento autorizzativo spiega effetti soltanto con riguardo al rapporto tra privato e P.A., fermi restando i diritti dei terzi, alla cui tutela è rivolta, invece, la normativa in tema di distanze.

Distanze legali e le prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici e gli accordi in deroga

E’ infine da ritenersi nuovo il profilo introdotto con il terzo motivo di ricorso, relativo alla configurabilità di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia, avente ad oggetto il diritto di costruire in aderenza rispetto all’originario edificio, figura che, è bene precisarlo, ricorre allorché il peso viene creato allorché i fondi, successivamente divisi, appartenevano all’unico proprietario (v. art. 1062 cc). Tale questione di diritto, che implica indubbiamente accertamenti di fatto, non emerge dalla lettura della decisione impugnata e la parte ricorrente non indica neppure in quale momento del giudizio di merito, e con quale strumento processuale, essa sarebbe stata introdotta, con conseguente deficit di specificità della doglianza (tra le tante, cfr. Sez. 2 – , Ordinanza n. 2038 del 24/01/2019).

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

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P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di quella controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in ragione del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 23 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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