In materia di contratti e la presupposizione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 febbraio 2024| n. 5234.

In materia di contratti e la presupposizione

In materia di contratti, si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di diritto – comune ad entrambi i contraenti ed avente carattere certo e obiettivo – sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto condizionante il negozio, in modo tale da assurgere a fondamento, pur in mancanza di un espresso riferimento, dell’esistenza ed efficacia del contratto

Ordinanza|28 febbraio 2024| n. 5234. In materia di contratti e la presupposizione

Data udienza 20 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Società – Cessionaria – Manleva fiscale – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere – Rel.

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. VALENTINO Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18707/2020 R.G. proposto da:

(…) Spa, (…) Spa, elettivamente domiciliate in ROMA, presso lo studio dell’avvocato VA.EL. (Omissis) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MA. AN. (Omissis)

-ricorrente-

contro

AEROPORTI DI ROMA Spa, elettivamente domiciliata in ROMA VIA ANTONIO BERTOLONI, 26/B, presso lo studio dell’avvocato ME.GI. (Omissis) che la rappresenta e difende

-controricorrente-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 186/2020 depositata il 09/01/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2024 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI.

In materia di contratti e la presupposizione

Fatti di causa

Il tribunale di Roma ha accolto la domanda proposta da Aeroporti di Roma Spa (breviter AdR) per ottenere la condanna delle società (…) Spa e Impregilo Spa (oggi (…) Spa) a pagare una somma corrispondente alla cd. manleva fiscale, conformemente all’impegno che esse avevano assunto con atto del 12-12-2000 rispetto a ogni somma che fosse stata eventualmente richiesta alla società (…) Spa (poi incorporata da AdR) per ragioni di natura, per l’appunto, fiscale, a fronte dei diritti acquisiti da questa società a seguito della designazione (operata dalle convenute) come cessionaria di un pacchetto azionario dell’IRI.

La decisione, impugnata dalle soccombenti, è stata confermata in appello con sentenza n. 186 del 9-1-2020.

In sintesi, la corte d’appello ha richiamato, trascrivendola interamente, la motivazione del tribunale e ha escluso che la pretesa fiscale avanzata dall’Agenzia delle dogane, quale base della manleva, fosse prescritta; ha ritenuto infondata l’eccezione di inoperatività della manleva, basata sull’essere le pretese fiscali collegate a fatti di reato commessi con dolo o colpa grave (ai sensi dell’art. 14-quater del contratto); ha condiviso il rilievo del tribunale in punto di inesistenza di ogni decadenza, atteso che la manleva era stata associata, nel contratto, agli oneri relativi alle imposte, tasse, sovrattasse, sanzioni e interessi rinvenienti dall’esercizio dell’azione dell’amministrazione finanziaria, e che la pretesa fiscale si era manifestata con l’atto impositivo, non già con quelli anteriori di mera acquisizione dei dati e delle notizie poste a suo fondamento; ha escluso che potesse discorrersi di presupposizione a fronte dell’immutato assetto societario, in quanto le società avevano scelto autonomamente di cedere le partecipazioni azionarie nell’ambito di un’operazione commerciale alla quale la AdR era rimasta completamente estranea, e nella quale la questione della manleva non era stata inserita in alcun modo.

Le società (…) Spa, già Impregilo, e (…) Spa hanno proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.

L’intimata ha replicato con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

In materia di contratti e la presupposizione

Ragioni della decisione

I. – Col primo mezzo, deducendo la violazione dell’art. 652 cod. proc. pen., le ricorrenti censurano la sentenza per avere escluso che le condotte realizzate da AdR tra il 1995 e il 1998 avessero integrato il dolo o la colpa grave. Assumono che erroneamente la sentenza si sarebbe basata sul decreto di archiviazione dell’afferente procedimento penale, perché solo la sentenza penale irrevocabile di assoluzione in seguito a dibattimento fa stato nel connesso giudizio civile; e che dunque la corte d’appello avrebbe errato nell’esimersi dalla completa e autonoma rivalutazione della fattispecie in ragione dell’essere intervenuto un provvedimento di estinzione del reato per prescrizione.

In connessione, col secondo motivo, le ricorrenti denunziano l’omissione e il travisamento di prove decisive, ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., con superamento degli effetti della cd. doppia conforme, giacché la corte d’appello, avendo avuto a disposizione il verbale di constatazione e la sentenza di questa Corte di legittimità resa all’esito del procedimento tributario, avrebbe dovuto trarre da tali elementi documentali la prova della consumazione delle condotte costituenti reato integrate da dolo o quanto meno da colpa grave.

II. – I primi due motivi sono inammissibili.

Non è giustificata la lettura che le ricorrenti offrono della sentenza in esame nella parte relativa alla operatività della manleva.

Le impugnanti avevano affermato che la manleva fiscale non fosse operativa perché le pretese avanzata dall’Agenzia delle dogane erano collegate a fattispecie di reato commesse con dolo o colpa grave.

La sentenza ha ritenuto infondata tale prospettazione, ma non (semplicemente) perché il procedimento penale afferente era stato archiviato, sebbene (e soprattutto) perché era mancato “qualsiasi tipo di accertamento su tale aspetto della complessa questione”.

Solo in termini rafforzativi la sentenza ha riferito del fatto che l’indagine penale era stato peraltro archiviata “senza alcun accertamento sull’aspetto oggettivo come su quello soggettivo dei fatti sottoposti ad indagine”.

In definitiva la corte d’appello ha respinto la censura allora sollevata dalle due società perché il presupposto della eccepita inoperatività della garanzia non era stato provato.

Il primo motivo di ricorso, di conseguenza, è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

III. – Il secondo motivo è inammissibile in consecuzione.

È dedotto un travisamento della prova, ed è noto che la questione generale del travisamento della prova è attualmente pendente presso del Sezioni Unite di questa Corte.

Non è necessario attendere la decisione delle Sezioni Unite, perché nel caso concreto rileva questo: che il travisamento presuppone in ogni caso la constatazione di un errore di percezione o ricezione della prova da parte del giudice di merito.

Quale che sia il corretto modo di dedurlo in cassazione (e tale è la questione pendente alle Sezioni Unite), è ovvio che di tutt’altra consistenza è quanto prospettato dalle ricorrenti, le quali sebbene evocandone il travisamento chiedono molto più semplicemente che la Corte rivaluti in senso difforme dal giudice a quo il materiale probatorio menzionato in ricorso.

Questa pretesa è notoriamente inammissibile in cassazione.

Invero l’errore determinato da un asserito travisamento è valutabile in sede di legittimità non più qualora dia luogo a un vizio logico di insufficienza della motivazione, cosa non deducibile a seguito della novella apportata all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 134 del 2012 (che ha reso inammissibile la censura per insufficienza o contraddittorietà della motivazione), ma unicamente qualora ridondi – al più – in un omesso esame di fatti o in una motivazione perplessa o incomprensibile.

Nel primo caso (omesso esame di fatti) il vizio è nella specie precluso, visto che sussiste qui la fattispecie della “doppia conforme”, sicché vale la regola dell’art. 348-ter, ultimo comma, cod. proc. civ. (v. Cass. Sez. L n. 24395-20, Cass. Sez. 3 n. 15777-22).

In materia di contratti e la presupposizione

Nel secondo la deduzione è sì ammessa, ma per eccepire la nullità della sentenza per incomprensibilità della conseguente ratio decidendi; cosa che nella specie non è data.

IV. – Col terzo mezzo è dedotta la violazione o falsa applicazione “di disposizione negoziale ai sensi degli artt. 1362 e 1371 cod. civ.”, nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto che desse luogo all’obbligo di garanzia una pretesa fiscale manifestata da atto impositivo ai fini della decorrenza del termine contrattuale di trenta giorni stabilito per attivare la manleva.

Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

V. – La clausola contrattuale alla quale il motivo è collegato (art. 14quater.1), trascritta nel ricorso, è la seguente:

– “parte acquirente si impegna a che AdR, qualora venisse a conoscenza di una pretesa di terzi che possa dar luogo all’obbligo di garanzia dal parte di IRI ai sensi dei precedenti artt. 14, 14bis e 14ter, trasmetta ad IRI, entro 30 giorni (derogandosi espressamente ad eventuali maggiori termini di legge) o entro il più breve termine nel caso in cui fosse richiesta un’azione entro termini perentori di decadenza, in modo che IRI nel venga a conoscenza almeno 15 giorni prima della scadenza del termine, una comunicazione scritta con indicazione della natura e dell’ammontare della pretesa, allegando i documenti e le informazioni in loro possesso”.

La tesi della ricorrente è che la corte d’appello, nel dire che, ai fini della manleva, il presupposto dell’attivazione era stato individuato nella notifica di un atto impositivo, con conseguente decorrenza del termine da tale momento, e nell’escludere la rilevanza di un previo verbale di constatazione, avrebbe violato il canone di interpretazione letterale, atteso che, nella clausola, l’impiego della locuzione “può dal luogo” sarebbe stato indicativo della volontà delle parti di far insorgere l’obbligo di garanzia già prima del ricevimento dell’atto formale; cosa che si sarebbe dovuta ritenere anche in forza dei criteri integrativi d’interpretazione di cui agli artt. 1367-1371 cod. civ.

Sennonché deve osservarsi che l’assunto corrisponde a una personale visione delle ricorrenti, le quali reputano di intendere l’espressione “che possa dar luogo” come risolutivamente distinta – nel significato – da quella (non utilizzata) “che dia luogo”, così da inferirne una volontà delle parti specificamente intesa a ritenere essenziale, ai fini del dies a quo del termine informativo previsto dal contratto, la ricezione di un qualunque documento tale da ingenerare “la convinzione della possibilità, quantomeno, di ricevere in futuro una richiesta di pagamento del terzo”.

In materia di contratti e la presupposizione

Questa tesi è orientata a sostituire il risultato dell’interpretazione impartita dal giudice del merito.

Essa enfatizza come essenziale un dato che non è tale da costituire chiave letterale assoluta in vista di un’esegesi di diverso segno rispetto a quella prescelta (motivatamente) dalla corte d’appello.

VI. – Deve essere ribadito che l’interpretazione del contratto è riservata al giudice del merito.

Il sindacato di legittimità non può avere direttamente a oggetto la ricostruzione della volontà delle parti, ma unicamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se ci siano stati vizi del ragionamento o errori di diritto.

In questo senso – e solo in questo – per la ricerca della comune intenzione dei contraenti rileva, come primo e principale strumento, il senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto.

Ma è ovvio che il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va verificato alla luce del contesto nel quale quella letteralità si esprime, per modo da individuarne il senso in termini a tal punto univoci da non consentire altro che una interpretazione difforme da quella prescelta in asserita violazione del criterio.

Per senso letterale delle parole va intesa, in vero, tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, e non già una parte soltanto, quale una singola clausola o una singola locuzione, salvo che questa non sia di per sé un indiscutibile elemento di senso delle parole utilizzate.

Nel caso di specie l’insistito riferimento delle ricorrenti sulla locuzione verbale “che possa dar luogo”, non solo è isolato dal contesto, ma in ogni caso non è tale, di per sé, da inficiare il risultato dell’interpretazione data dalla corte territoriale nel quadro della individuazione della volontà delle parti; un’interpretazione plausibilmente tesa ad attribuire rilevanza all’atto impositivo quale effettiva e indiscutibile manifestazione della pretesa fiscale, come momento di insorgenza dell’obbligo informativo stabilito nel contratto.

VII. – Col quarto mezzo le ricorrenti denunziano la violazione o falsa applicazione dell’art. 1353 cod. civ., o alternativamente dell’art. 1418 stesso codice, per avere la sentenza mancato di rilevare l’avveramento della condizione implicita presupposta e sottesa all’impegno di garanzia, ovvero e comunque la nullità dell’impegno medesimo in dipendenza del legame col fatto presupposto.

In materia di contratti e la presupposizione

Il motivo è inammissibile perché si risolve in un tentativo di revisione del giudizio di fatto.

La presupposizione invocata dalle ricorrenti attiene all’assetto societario esistente al momento dell’assunzione dell’impegno di manleva.

A loro dire, quell’assetto le avrebbe dovute comunque coinvolgere a fronte dell’obbligazione assunta.

E però si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di diritto – comune a entrambi i contraenti e avente carattere certo e obiettivo – sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto condizionante il negozio, in modo tale da assurgere a fondamento, pur in mancanza di un espresso riferimento, dell’esistenza ed efficacia del contratto (ex aliis Cass. Sez. 1 n. 40279-21, Cass. Sez. 3 n. 17615-20).

Nel caso concreto il giudice del merito – in doppia conforme – ha escluso che ricorressero i profili dell’obiettività e della certezza del fatto dedotto dalle ricorrenti a fondamento dell’invocata presupposizione, perché anche ad ammettere che le parti avessero avuto presente un certo assetto al momento della convenzione di manleva, questo non sarebbe stato essenziale. Difatti non poteva reputarsi esistente il requisito dell’indipendenza della circostanza presupposta dalla volontà delle parti obbligate, che non avevano avuto vincoli alla potestà di cessione delle partecipazioni.

Le parti, cioè, erano state fin dall’inizio libere di cedere le partecipazioni nell’originaria società (…).

Questa precisa affermazione non è punto contrastata, e in tal senso la corte d’appello, ripetendo la valutazione del tribunale, ha rimarcato che l’elemento decisivo per escludere l’operatività della presupposizione andava individuato giustappunto “nella scelta volontaria ed autonoma delle due società (..) di cedere le partecipazioni azionarie alla società Gemina Spa nell’ambito di una operazione commerciale a cui la società appellata era del tutto estranea”.

Ora, anche a prescindere dal tale considerazione finale (di estraneità di AdR all’operazione commerciale), è indimostrato nella sua assertività il rilievo secondo il quale l’efficacia dell’obbligo sarebbe stata da correlare all’implicito presupposto di persistenza dell’assetto societario originario.

Nessun elemento risulta dedotto nella sede di merito – e ben vero neppure in questa sede di legittimità – per dire che la permanenza nel tempo dell’assetto societario originario fosse stata elevata, da entrambe le parti, a elemento comune – oggettivo e certo – per la persistenza dell’obbligazione di manleva.

VIII. – Il ricorso è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

In materia di contratti e la presupposizione

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti, in solido, alle spese processuali, che liquida in 40.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì 20 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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