Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 30905.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
La deduzione di una transazione novativa – salva l’ipotesi di sua conclusione in corso di causa, ex art. 1965 c.c. – costituisce eccezione in senso stretto, con la conseguente operatività del divieto di proposizione in appello ex art. 345 c.p.c., qualora la si qualifichi come tesa a paralizzare la pretesa della controparte e ad ottenere, quindi, una pronuncia di merito favorevole alla parte che la propone.
Ordinanza|| n. 30905. La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
Data udienza 22 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Cessione del credito – Transazione novativa – Eccezione in senso stretto – Eccezione – Transazione ex art. 1965 cc in corso di causa – Fallimento e amministrazione straordinaria – Sospensione degli interessi – Periodo tra la dichiarazione di fallimento e la chiusura del fallimento ex art. 55 r.d. 267/42 – Applicazione solo nei confronti della curatela ai soli effetti del concorso – Esclusione nei confronti del debitore fallito
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35017-2018 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante “pro tempore”, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, (OMISSIS) S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona, l’una, del Presidente del collegio dei liquidatori e legale rappresentante “pro tempore”, l’altra in persona del commissario liquidatore, elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende;
-controricorrente e ricorrente incidentale-
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante “pro tempore”, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente al ricorso incidentale –
Avverso la sentenza n. 4263/2018 della Corte d’appello di Milano, depositata il 26/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 22/06/2023 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
FATTI DI CAUSA
1. La societa’ (OMISSIS) S.p.a. ricorre, sulla base di nove motivi, per la cassazione della sentenza n. 4263/18, del 26 settembre 2018, della Corte d’appello di Milano, che – accogliendo il gravame incidentale esperito dall’amministrazione straordinaria della societa’ (OMISSIS) S.p.a. e dalla societa’ (OMISSIS) S.p.a. contro la sentenza n. 5848/16, dell’11 maggio 2016, del Tribunale di Milano (respingendo, invece, quello principale dell’odierna ricorrente) – ha rigettato la domanda proposta dall’odierna ricorrente, volta a conseguire il riconoscimento degli interessi sul credito, gia’ spettante alla societa’ (OMISSIS) S.p.a. – d’ora in poi, ” (OMISSIS)” – in forza di accordo transattivo intervenuto, in data 8 luglio 1997, con gli organi dell’amministrazione straordinaria della societa’ (OMISSIS) (poi seguito da altro accordo transattivo, nell’anno 2004), credito, infine, oggetto di cessione in favore di essa (OMISSIS), in virtu’ di atto del 27 settembre 2012.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di essersi resa cessionaria di un credito gia’ spettante alla societa’ (OMISSIS). Questa, infatti, risultava creditrice di (OMISSIS), in forza di un contratto stipulato in data (OMISSIS), nonche’ dei successivi patti aggiunti, in relazione alla costruzione di una piattaforma sommergibile. A seguito dell’apertura della procedura di amministrazione straordinaria che ebbe a interessare la societa’ (OMISSIS), (OMISSIS) proponeva domanda di insinuazione allo stato passivo, domanda da cui scaturiva un procedimento di opposizione, in relazione al quale interveniva, in data 8 luglio 1997, un accordo transattivo (tra (OMISSIS), l’amministrazione straordinaria di (OMISSIS) e (OMISSIS)), in virtu’ del quale gli organi della procedura riconoscevano, tra l’altro, l’ammissione di (OMISSIS) al passivo, per l’importo di L.. 7.112.536539 – pari a Euro 3.673.318,00 – al chirografo.
Avendo, come detto, l’odierna ricorrente acquisito, con contratto di cessione concluso in data 27 settembre 2012, il credito originariamente vantato da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), oltre diritti ed accessori di ogni genere, essa, all’esito della chiusura della procedura di amministrazione straordinaria, richiese il pagamento di tutti gli interessi legali maturati sulla somma di cui era diventata creditrice, interessi cristallizzatisi – ex articolo 53 L.F. – per i circa ventitre’ anni di durata della procedura.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
L’odierna ricorrente, pertanto, instaurava giudizio innanzi al Tribunale di Milano, convenendo (OMISSIS) (con successivo intervento volontario, in causa, dell’amministrazione straordinaria della societa’ (OMISSIS)), al fine di vedersi riconoscere la somma corrispondente a tali interessi, vedendo, pero’, solo parzialmente soddisfatta la propria pretesa dal giudice di prime cure, che la riconosceva ancora creditrice per il ridotto importo di Euro 706.785,27.
Avverso tale decisione la gia’ attrice proponeva gravame principale, assumendo di aver acquistato da (OMISSIS) l’intera linea di credito originariamente ammessa al passivo dell’amministrazione straordinaria, e dunque di aver diritto al pagamento di Euro 3.673.318,00, e non (come, invece, ritenuto dal Tribunale) del solo importo in conto capitale, non ancora soddisfatto all’epoca della stipula del contratto di cessione. La medesima sentenza del primo giudice era gravata, in via incidentale anche da (OMISSIS) e dall’amministrazione straordinaria di (OMISSIS) S.p.a., le quali oltre a contestare, in particolare con il primo motivo del loro atto di appello incidentale, la debenza degli interessi legali sul capitale asseritamente ancora dovuto da (OMISSIS) chiedevano l’integrale rigetto della domanda, sul presupposto che con l’esecuzione degli impegni nascenti dall’intervenuta transazione fosse stata soddisfatta ogni pretesa (gia’) di (OMISSIS). La Corte milanese, respinto il mezzo principale, accoglieva, invece, quello incidentale, laddove riteneva soddisfatta, con l’esecuzione degli impegni nascenti dall’intervenuta transazione, il credito spettante in origine a (OMISSIS) e poi ceduto a (OMISSIS).
3. Avverso la sentenza della Corte ambrosiana ha proposto ricorso per cassazione la societa’ (OMISSIS) sulla base di nove motivi.
3.1. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – e’ denunciata violazione o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.c..
La ricorrente censura la sentenza impugnata la’ dove ha respinto il primo motivo dell’appello principale da essa, allora, proposto, per mezzo del quale la decisione del giudice di prime cure era stata contestata per l’errata individuazione dell’oggetto del contratto di cessione del credito intercorso con (OMISSIS).
In particolare, l’odierna ricorrente assume che, come gia’ il giudice di prime cure, anche la Corte territoriale avrebbe disatteso un documento di provenienza della stessa (OMISSIS), ovvero il piano di riparto del passivo, e cio’ in ragione della sua ritenuta efficacia “meramente endoprocessuale”, documento da quale risultava, invece, che (OMISSIS) aveva acquistato l’intero credito da (OMISSIS), divenendone, quindi, titolare al 100%, e non solo per la quota pari ad Euro 918.329,66. La sentenza impugnata, cosi’ decidendo, ovvero disattendendo l’indicazione contenuta nel piano di riparto, nonostante il valore di prova legale della stessa, avrebbe violato gli articoli 115 e 116 c.p.c., evenienza ipotizzabile quando il giudice abbia valutato, secondo il suo prudente apprezzamento, prove suscettibili di essere qualificate, invece, come legali.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
3.2. Il secondo motivo denuncia – ai sensi sempre dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione o falsa applicazione degli articoli 1362, 1363 e 1366 c.c..
La ricorrente si richiama al principio enunciato da questa Corte secondo cui, per ricostruire la portata di un atto di autonomia privata, occorre avvalersi, oltre che del criterio dell’interpretazione letterale, anche di quello imperniato sull’individuazione della funzione del contratto, nonche’ a quello secondo cui il criterio letterale va, comunque, verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, coordinando tra loro le singole clausole, come previsto dall’articolo 1363 c.c..
Assume, pertanto, come la sentenza impugnata abbia disatteso le regole ermeneutiche “de quibus”, non attribuendo adeguato rilievo alla circostanza che, gia’ nelle premesse dell’atto di cessione del credito, le parti avessero inteso riferirsi all’intero credito gia’ vantato da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), cio’ che sarebbe confermato, poi, da un’ulteriore serie di dati testuali. Innanzitutto, dal fatto che resterebbe priva di significato la previsione di un corrispettivo, per l’avvenuta cessione, addirittura superiore al credito acquistato, nonche’ dalle previsioni contenute, rispettivamente, nel punto 10 di pagina 10 del contratto di cessione (che individua il credito nell’ammontare ammesso, in virtu’ della transazione, allo stato passivo), ed inoltre nel punto 11 di pagina 11 del medesimo contratto, secondo cui il cessionario dichiara e riconosce che, in ogni caso ed indipendentemente da qualsiasi eventuale disposizione contraria contenuta nel contratto, non avra’ ne’ potra’ vantare alcun diritto o pretesa sulle somme riconosciute al cedente in base ai piani di riparto precedenti la data di perfezionamento del contratto. Infine, in conformita’ con la regola ermeneutica che fa riferimento al comportamento complessivo delle parti anche successivo alla conclusione del contratto, assumerebbe rilievo anche la mancata richiesta, da parte di (OMISSIS), degli interessi endofallimentari maturati sugli importi ammessi al passivo ed oggi esigibili.
3.3. Con il terzo motivo si denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – nullita’ della sentenza o del procedimento, per avere la Corte territoriale fondato la propria decisione di accoglimento dell’appello incidentale su un’allegazione proposta per la prima volta in appello e in relazione ad un documento inammissibile, perche’ menzionato per la prima volta in appello, e neppure prodotto, ne’ acquisito al fascicolo del giudizio.
Si censura la sentenza impugnata la’ dove essa, dopo aver disatteso il motivo dell’appello principale, ha accolto, invece, il gravame incidentale.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
A tale conclusione, in particolare, la Corte milanese e’ pervenuta osservando che, con la transazione del 1997, i diritti e gli obblighi fra le parti risultarono reciprocamente condizionati e connessi fra loro in modo inscindibile, cosi’ creando una nuova interdipendenza tra obbligazioni, in precedenza autonome, mentre con la successiva transazione del 2004 le stesse parti, preso atto della corretta esecuzione del precedente accordo, chiarivano che, con l’esecuzione di quanto ivi previsto, non avrebbero avuto piu’ alcunche’ a pretendere con riferimento ai rapporti oggetto della medesima.
Cio’ detto, la nullita’ della sentenza impugnata deriverebbe, quindi, dal fatto che la Corte territoriale ha posto a fondamento della propria decisione un’allegazione – quella relativa alla transazione del 2004 – proposta per la prima volta in appello dalle appellanti incidentali, come confermerebbe il contenuto degli scritti defensionali delle stesse (riprodotti nella illustrazione del presente motivo), nonche’ sulla base di un documento mai prodotto in giudizio.
3.4. Con il quarto motivo si denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c..
Le medesime circostanze di cui al motivo che procede sono dedotte, in questo caso, “sub specie” di violazione del divieto di “nova” in appello.
3.5. Il quinto motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – nullita’ della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione o questione di inammissibilita’ delle nuove allegazioni proposte in grado di appello.
Deduce l’odierna ricorrente di aver eccepito, gia’ in appello, la novita’ dell’allegazione della transazione intervenuta nel 2004, senza che su tale eccezione, pero’, la Corte territoriale risulti essersi, in alcun modo, pronunciata.
3.6. Il sesto motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – nullita’ della sentenza per la natura del tutto contraddittoria e perplessa della motivazione sul rapporto tra il contenuto del contratto di cessione del credito del 27 settembre 2012 e il preteso contenuto della transazione del 2004.
Il motivo, peraltro proposto in via di subordine rispetto ai tre che lo precedono, censura l’intrinseca contraddittorieta’ dell’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, che ipotizza la presenza di un riferimento, nelle premesse del contratto di cessione del credito del 2012, ad una transazione che verrebbe a sancire l’estinzione del credito ceduto.
3.7. Il settimo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione o falsa applicazione dell’articolo 1965 c.c. in relazione agli articoli 1230 e 1231 c.c..
Il presente motivo, proposto subordinatamente al quarto e al quinto, tende a censurare la sentenza impugnata nella parte in cui ha qualificato la transazione del 1997 come novativa.
Nel rilevare, infatti, che tale fattispecie deve essere caratterizzata dal cosiddetto “animus novandi”, il quale puo’ anche desumersi implicitamente da fatti concludenti, la ricorrente evidenzia l’erroneita’ della qualificazione operata dalla sentenza impugnata, giacche’ essa, per un verso, ha dato rilievo all’inserimento di modifiche dell’obbligazione meramente accessorie, quali termini e condizioni, nonche’, per altro verso, ha dato rilievo alla volonta’ delle parti di abbandonare il giudizio di opposizione allo stato passivo, nonche’ altro pendente tra le stesse parti, con cio’ valorizzando un elemento caratteristico della transazione in quanto tale e non di quella novativa.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
3.8. Con l’ottavo motivo e’ denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituito dal rapporto tra il contenuto precettivo della transazione ed i giudizi per mezzo della stessa definiti.
La ricorrente sostiene che l’esame del contenuto precettivo dell’accordo transattivo, nel suo rapporto con i predetti giudizi, avrebbe offerto ulteriori elementi decisivi a confutazione della natura novativa della transazione. E cio’ in quanto il giudizio pendente innanzi alla Corte milanese era stato definito, nell’ambito della transazione, attraverso il riconoscimento integrale della statuizione contenuta nella precedente decisione del Tribunale (che riconosceva a credito della procedura L. 24.770.360.000, pari al 100% dell’importo in linea capitale dovuto da (OMISSIS)), mentre il giudizio di opposizione allo stato passivo era stato risolto, transattivamente, attraverso l’assunzione dell’obbligo di formulare una richiesta congiunta, al giudice, di rettifica dell’ammissione di (OMISSIS) al passivo.
3.9. Con il nono motivo e’ denunciato – sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dal contenuto del contratto di cessione del credito e dell’atto di notifica, da parte di (OMISSIS) a (OMISSIS), della cessione del credito.
Si censura la sentenza impugnata in quanto avrebbe completamente omesso di esaminare il fatto che, dalla notificazione dell’atto di cessione del credito del 27 settembre 2012, risultava come il suo oggetto includesse pure “gli eventuali interessi (anche di mora) maturati alla predetta data e maturandi, nonche’ ogni altro accessorio”.
Tale fatto, ad avviso della ricorrente, sarebbe di evidente portata decisiva per confutare la tesi, condivisa dalla Corte di merito, secondo cui la transazione del 2004, “letta” unitamente a quella del 1997, avrebbe rivelato “l’intento delle parti di estinguere definitivamente, per sorte ed interessi, tutti i reciproci rapporti pendenti tra le stesse, una volta eseguite tutte le obbligazioni pattuite con la transazione 1997, a conferma del carattere novativo della transazione, alla luce dell’ampiezza della formula utilizzata dalle parti…”. Secondo la ricorrente, infatti, “non avrebbe avuto alcun senso un contratto di cessione di accessori di un credito sul quale fosse intervenuto in precedenza un accordo transattivo tra originari debitore e creditore e la notifica della cessione di credito riferita anche agli accessori sarebbe stata certamente respinta dal debitore ceduto come incidente su un oggetto ormai inesistente”.
4. (OMISSIS) S.p.a. in liquidazione e (OMISSIS) S.p.a. in amministrazione straordinaria hanno resistito, con un unico controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’, ovvero il rigetto, nonche’ svolgendo ricorso incidentale, sulla base di un solo motivo.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
4.1. Le controricorrenti assumono l’inammissibilita’ del primo motivo di ricorso, e cio’ sul rilievo che la sentenza impugnata si fonda su due, autonome, “rationes decidendi”. Per un verso, infatti, la Corte ambrosiana ha ritenuto – sulla base della documentazione in atti – che la cessione del credito abbia avuto ad oggetto solo l’importo di Euro 918.329,66, per altro verso, essa ha evidenziato come la statuizione contenuta nel decreto di esecutivita’ dello stato passivo abbia efficacia meramente endoconcorsuale, ai sensi dell’articolo 96 L. Fall., richiamando, sul punto, giurisprudenza di questa Corte (e’ citata, in particolare, Cass. Sez. 1, sent. 5 aprile 2013, n. 8431).
Orbene, le argomentazioni dirette a scalfire la prima di tali “rationes” non pregiudicherebbero anche la seconda, che non risulta in alcun modo impugnata, donde l’inammissibilita’ del presente motivo (che sarebbe, per le controricorrenti, comunque anche infondato).
Per la medesima ragione si reputa inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, esito, questo, che discenderebbe, peraltro, anche dalla circostanza che la ricorrente non ha in alcun modo dedotto come e con quali argomenti la Corte territoriale si sarebbe discostata dai canoni legali di ermeneutica contrattuale. In ogni caso, poi, il motivo dovrebbe ritenersi anche non fondato, essendosi la sentenza impugnata conformata al principio, enunciato da questa Corte, secondo cui, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento ermeneutico e’ rappresentato dal senso letterale delle parole e dalle espressioni utilizzate nel contratto.
Quanto, invece, ai motivi terzo, quarto e quinto, le controricorrenti evidenziano di aver sempre e solo censurato la sentenza del primo giudice per aver escluso la natura novativa della transazione del 1997, senza fare alcun riferimento all’accordo del 2004, al quale la sentenza oggi impugnata si sarebbe richiamata esclusivamente “ad abundantiam”.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
In merito al sesto motivo, le controricorrenti evidenziano come l’avversaria impugnazione, sul punto, muova da presupposti inesistenti e del tutto inventati, dal momento che nessun riferimento alla transazione del 2004, come presente nelle premesse del contratto di cessione del credito, sarebbe contenuto nella sentenza impugnata.
L’infondatezza del settimo motivo viene argomentata, invece, sul rilievo che la sentenza impugnata, ai fini della dimostrazione del carattere novativo della transazione, non ha fatto riferimento soltanto, come assume invece la ricorrente, a modifiche accessorie dell’obbligazione, avendo, per contro, valorizzato un insieme di elementi. In particolare, essa avrebbe dato rilievo al fatto che le parti hanno effettuato reciproche rinunce, da un punto di vista quantitativo, alle rispettive pretese creditorie, venendo, inoltre, a creare una nuova obbligazione trilaterale, incrociando i rispettivi adempimenti. In questo modo esse avrebbero realizzato una reciproca interdipendenza tra obbligazioni prima autonome, sottoponendo a condizione i rispettivi obblighi di pagamento e concordando un meccanismo di compensazione fra riparti della procedura di (OMISSIS) e pagamenti dovuti da (OMISSIS), introducendo una garanzia fideiussoria a carico di quest’ultima e, infine, obbligandosi ad abbandonare sia un giudizio pendente in appello, davanti alla Corte ambrosiana, nonche’ quello di opposizione allo stato passivo, incardinato dinanzi al Tribunale di Milano. Viene, altresi’, sostenuta l’inammissibilita’ del settimo motivo, risolvendosi le censure proposte sul punto dalla parte ricorrente nella prospettazione di una interpretazione, diversa da quella effettuata dalla Corte di merito, dell’accordo transattivo del 1997.
Infine, quanto all’ottavo e al nono motivo di ricorso, si sottolinea come la loro inammissibilita’ discenda dal fatto che, attraverso di essi, la ricorrente mira a mettere in discussione, nella sostanza, l’apprezzamento delle risultanze istruttorie.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
4.2. Il motivo di ricorso incidentale e’ proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e ipotizza violazione e falsa applicazione dell’articolo 1282 c.c., nonche’ degli articoli 42, 55, 120 e 201 L. Fall.
In particolare, si censura la sentenza impugnata laddove ha disatteso il primo motivo dell’appello incidentale allora proposto dalle odierne controricorrenti, teso a dimostrare l’impossibilita’ della decorrenza di interessi in pendenza della procedura di amministrazione straordinaria, e cio’ in ragione della carenza del requisito della esigibilita’ del credito.
Orbene, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, deve ritenersi carente, secondo le controricorrenti, il requisito della esigibilita’ del credito ai sensi dell’articolo 1282 c.c., poiche’ al debitore assoggettato alla procedura di amministrazione straordinaria e’ sottratta, ai sensi degli articoli 42 e 44 L. Fall., la disponibilita’ del proprio patrimonio, sicche’ a costui non e’ consentito, in alcun modo, di provvedere all’adempimento delle proprie obbligazioni. Una conferma della validita’ di tale assunto, del resto, sarebbe offerta dalla circostanza che la disciplina applicabile all’amministrazione straordinaria non contiene alcun richiamo all’articolo 120, comma 3, legge fallimentare, ai sensi del quale, con la chiusura del fallimento, i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi. Difatti, l’articolo 201 della stessa legge fallimentare, mentre richiama espressamente gli articoli da 51 e 63 e da 72 a 91, non richiama, invece, la disciplina di cui al citato articolo 120. In ogni caso, anche a ritenere questa norma applicabile alla procedura di amministrazione straordinaria, resterebbe il fatto che, ai sensi dell’articolo 55, comma 1, legge fallimentare, la dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali e legali, agli effetti del concorso, fino alla chiusura della procedura.
5. La societa’ (OMISSIS) ha resistito con controricorso, al ricorso incidentale, del quale ha eccepito, preliminarmente, l’inammissibilita’, sul rilievo che la sentenza di primo grado non aveva affrontato la questione oggetto del primo motivo di appello incidentale (e riproposta con il ricorso incidentale).
In ogni caso, il motivo sarebbe non fondato, avendo la Corte milanese affermato, in modo ineccepibile, che l’articolo 55 legge fallimentare, nello stabilire la sospensione del corso degli interessi “agli effetti del concorso”, starebbe a significare che, al di fuori dell’applicazione della “lex specialis”, gli interessi continuano a maturare nei rapporti fra singolo creditore e debitore.
6. Inizialmente fissata per l’adunanza camerale del 13 gennaio 2020, la trattazione dei presenti ricorsi – investendo una sentenza redatta da giudice ausiliario di appello – veniva rinviata in attesa che la Corte costituzionale si pronunciasse sulla questione di legittimita’ costituzionale del Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69, articoli 62 e segg., convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui istituiscono i giudici ausiliari d’appello e prevedono l’assegnazione di tali giudici onorari all’esercizio di funzioni giurisdizionali in organi collegiali.
Fugati dalla Corte delle leggi – con sentenza 25 gennaio 2021, n. 41 – i dubbi di costituzionalita’, la trattazione del ricorso veniva fissata per l’odierna adunanza camerale.
7. Entrambe le parti hanno presentato memoria.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. “In limine”, va esaminata l’eccezione preliminare sollevata dalle controricorrenti, secondo cui l’avversaria impugnazione si paleserebbe inammissibile, in quanto la sentenza impugnata si fonderebbe su due autonome “rationes decidendi” (l’una, che la cessione del credito avrebbe avuto ad oggetto solo l’importo di Euro 918.329,66, interamente pagato, l’altra, basata sul rilievo che la statuizione contenuta nel decreto di esecutivita’ dello stato passivo avrebbe efficacia meramente endoconcorsuale, ai sensi dell’articolo 96 L. Fall.), la seconda delle quali non sarebbe stata impugnata.
8.1. L’eccezione va disattesa.
A contrastare la seconda di tali “rationes” risulta, infatti, diretto il primo motivo di ricorso (con il quale si assume che la Corte territoriale avrebbe negato valore di “prova legale” al piano di riparto di cui al decreto di esecutivita’ dello stato passivo), ma soprattutto perche’ le due “rationes” non presentano affatto carattere autonomo.
Invero, la sentenza impugnata e’ giunta alla conclusione secondo cui, per effetto di due diverse transazioni (intervenute nel 1997 e nel 2004 tra (OMISSIS), da un lato, e le societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’altro, transazioni che “costituiscono la fonte del diritto ceduto ad (OMISSIS)”), le parti avrebbero espresso la volonta’ “di estinguere definitivamente, per sorte ed interessi, tutti i reciproci rapporti pendenti tra le stesse”, dando poi completamente esecuzione ai pagamenti, in favore della cessionaria, con tali transazioni programmati. L’affermazione relativa all’efficacia meramente endoconcorsuale, ai sensi dell’articolo 96 L. Fall., del decreto di esecutivita’ dello stato passivo viene, dunque, utilizzata solo per negare che dal relativo piano di riparto si potessero trarre indicazioni – come invece ha sempre sostenuto (OMISSIS) – circa la consistenza del credito di (OMISSIS), fatto poi oggetto della cessione.
Stando cosi’ le cose, dunque, l’odierna ricorrente, per pervenire all’esito della cassazione della sentenza impugnata, oltre ad affidarsi (primo motivo) ad una censura che mira a riconoscere, come detto, valore di prova legale al suddetto piano di riparto, contesta anche la decisione della Corte milanese di dare rilievo – nella ricostruzione del contenuto della transazione (e, dunque, ai fini dell’individuazione della misura del credito di (OMISSIS), poi oggetto di cessione, ancora da soddisfare) – all’accordo intervenuto nel 2004, assumendo che si sarebbe attribuito rilievo ad esso in forza di allegazione avvenuta per la prima volta in appello (terzo motivo), in violazione dell’articolo 345 c.p.c., (quarto motivo) senza essersi, oltretutto, il secondo giudice neppure pronunciato sull’eccezione di inammissibilita’ da essa (OMISSIS) all’uopo formulata (quinto motivo). Completano il ricorso, infine, le censure (secondo motivo) di violazione delle regole dell’ermeneutica contrattuale nelle quali la Corte territoriale sarebbe incorsa nel ricostruire il contenuto della transazione, dando luogo ad una motivazione contraddittoria o carente sotto vari profili (motivi sesto, ottavo e nono), in particolare qualificando la transazione come “novativa” (settimo motivo).
9. Cio’ premesso, il ricorso principale merita parziale accoglimento, atteso che i motivi terzo e quarto sono fondati.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
10. Pregiudiziale rispetto al loro esame, tuttavia, e’ lo scrutinio del quinto motivo, con il quale la ricorrente lamenta che, sulla propria eccezione in ordine alla “novita’” dell’allegazione della transazione del 2004, la Corte meneghina avrebbe omesso ogni pronuncia.
10.1. Il motivo non e’, pero’, ammissibile.
10.1.1. Sul punto, infatti, va data continuita’ al principio secondo cui il “vizio di omissione di pronuncia non e’ configurabile su questioni processuali” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 15 aprile 2019, n. 10422, Rv. 653579-01; nello stesso senso Cass. Sez. 3, sent. 11 ottobre 2018, n. 25154, Rv. 651158-01; Cass. Sez. 2, ord. 25 gennaio 2018, n. 1876, Rv. 647132-01, nonche’ tra le altre, anche Cass. Sez. 3, sent. 23 gennaio 2009, n. 1701, Rv. 606407-01), giacche’ esso “si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito” (Cass. Sez. 6-2, sent. 12 gennaio 2016, n. 321, Rv. 638383-01).
11. Fondata e’, invece, la (duplice) doglianza oggetto dei motivi terzo e quarto, relativa al fatto che, nel porre alla base della propria decisione la transazione del 2004, il giudice di appello ha dato rilievo ad una circostanza risultante da un documento allegato dalle odierne controricorrenti solo in appello, violando, inoltre, il divieto di “nova”.
11.1. Ha affermato, infatti, questa Corte che – salva l’ipotesi in cui la fattispecie contrattuale ex articolo 1965 c.c. intervenga in corso di causa, giacche’ in questo caso si tratta di verificare “profili pregiudiziali circa il permanere dell’ammissibilita’ della domanda siccome connessi alla sopravvenienza di un difetto dell’interesse ad agire”, e cio’ sotto il profilo dell’intervenuta cessazione della materia del contendere – “invocare una transazione novativa significa proporre una eccezione in senso stretto, con ogni connessa conseguenza”, inclusa l’operativita’ dell’articolo 345 c.p.c., qualora “la si valuti come intesa a paralizzare la pretesa di controparte ed ottenere quindi una pronuncia di merito favorevole alla parte che la propone” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 2, sent. 18 aprile 2005, n. 8086, Rv. 581832-01).
Ne’ convince, d’altra parte, il rilievo dalle controricorrenti, secondo cui la Corte territoriale, “dopo aver accertato la natura novativa della transazione” del 1997 “ha anche fatto un riferimento ad altra transazione (dell’anno 2004) intercorsa tra le stesse parti”, essendo cio’, tuttavia, “avvenuto solo “ad abundantiam” ed, in particolare, a conferma della statuizione gia’ resa e gia’ autosufficiente in ordine alla natura novativa della transazione del 1997 e, conseguentemente, alla non debenza di somme di denaro a titolo di interessi sull’importo di Euro 918.329,66″.
La lettura della sentenza esclude che il riferimento alla transazione del 2004 possa ritenersi compiuto solo “ad abundantiam”.
Nella pronuncia impugnata, infatti, testualmente si afferma che “proprio l’esame congiunto dei due accordi transattivi, che costituiscono la fonte del diritto ceduto a (OMISSIS) da (OMISSIS), rivela l’intento delle parti di estinguere definitivamente, per sorte ed interessi, tutti i reciproci rapporti pendenti tra le stesse, una volta eseguite tutte le obbligazioni pattuite con la transazione del 1997, a conferma del carattere novativo della transazione, alla luce della ampia formula utilizzata dalle parti”. Difatti, la sentenza oggi impugnata sottolinea che, “da un lato, con la transazione del 1997, i diritti e gli obblighi fra le parti risultano reciprocamente condizionati e connessi tra loro in modo inscindibile, cosi’ creando una nuova interdipendenza tra obbligazioni, in precedenza autonome”, mentre, “dall’altro, con la successiva transazione del 2004, le stesse parti, preso atto della corretta esecuzione del precedente accordo, chiarivano che, con l’esecuzione di quanto ivi previsto, non avrebbero avuto piu’ alcunche’ a pretendere con riferimento ai rapporti oggetto della medesima”.
12. L’accoglimento dei motivi terzo e quarto, pur determinando la cassazione, in relazione, della sentenza impugnata, non comporta l’assorbimento dei restanti motivi (salvo il sesto e il settimo, entrambi proposti, dichiaratamente, in rapporto di subordinazione), data la sussistenza di un interesse del ricorrente alla loro decisione.
13. Nondimeno, nessuno dei residui motivi e’ suscettibile di accoglimento.
13.1. In particolare, il primo motivo non e’ fondato, dal momento che l’asserita natura di “prova legale”, che si pretende di attribuire al piano di riparto risultante dal decreto di esecutivita’ dello stato passivo, non si concilia con la mera “efficacia endoconcorsuale” che, “pur in assenza di specifica previsione nel regime della legge fallimentare, applicabile “ratione temporis”, anteriore alla riforma” del 2005, e’ stata riconosciuta a tale decreto (sul punto, Cass. Sez. 1, sent. 5 aprile 2013, n. 8431, Rv. 626021-01, richiamata nella stessa sentenza impugnata; in senso conforme pure Cass. Sez. 1, ord. 16 ottobre 2020, n. 22611, Rv. 658995-01).
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
13.2. Il secondo motivo, per quanto non privo di elementi di suggestione, e’, invece, inammissibile.
Sul punto, infatti, va fatta applicazione del principio secondo cui “la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non puo’ limitarsi a richiamare le regole di cui agli articoli 1362 e ss. c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiche’ quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (cosi’ Cass. Sez. 3, sent. 28 novembre 2017, n. 28319, Rv. 646649-01, in senso conforme Cass. Sez. 1, ord. 27 giugno 2018, n. 16987, Rv. 649677-01). Nello stesso solco, peraltro, si inserisce l’affermazione secondo cui il “motivo di ricorso per cassazione che denunci la violazione, da parte del giudice del merito, dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362 e ss. c.c., deve essere formulato attraverso la puntuale e precisa enunciazione delle ragioni per le quali un dato criterio sarebbe stato erroneamente applicato, non assumendo rilievo la circostanza che nella sentenza impugnata risulti omesso l’espresso riferimento ad uno specifico criterio interpretativo legale” (Cass. Sez. 3, ord. 21 luglio 2017, n. 15350, Rv. 64481402).
Orbene, nella specie, la sola censura che, astrattamente, potrebbe superare il vaglio dell’ammissibilita’ cosi’ come sopra delineato e’ quella che, ipotizzando la violazione dell’articolo 1363 c.c., assume che rimarrebbe “priva di significato la previsione di un corrispettivo, per l’avvenuta cessione, addirittura superiore al credito acquistato”. Nondimeno, poiche’ il motivo che censura la violazione di regole di ermeneutica contrattuale deve “essere formulato attraverso la puntuale e precisa enunciazione delle ragioni per le quali un dato criterio sarebbe stato erroneamente applicato” (Cass. Sez. 3, ord. 21 giugno 2017, n. 15350, Rv. 644814-01), ed in particolare “dovendo i rilievi contenuti nel ricorso essere accompagnati, in ossequio al principio di autosufficienza, dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volonta’ delle parti, al fine di consentire alla Corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa” (Cass. Sez. Lav., sent. 15 novembre 2013, n. 25728, Rv. 628585-01), la circostanza che il contenuto della clausola determinativa del prezzo della cessione non sia stata neppure riprodotta, rende, comunque, inammissibile anche tale censura.
13.3. I motivi ottavo e nono sono anch’essi inammissibili.
Entrambi, invero, lamentano il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Sul punto, dunque, occorre premettere che tale vizio che ricorre solo quando l’omissione investa un “fatto vero e proprio” (non una “questione” o un “punto” della sentenza, come nell’ipotesi che occupa) e, quindi, “un fatto principale, ex articolo 2697 c.c. (cioe’ un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioe’ un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purche’ controverso e decisivo” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 5, sent. 8 settembre 2016, n. 17761, Rv. 641174-01; nello stesso senso Cass. Sez. 65, ord. 4 ottobre 2017, n. 23238, Rv. 646308-01), vale a dire “un preciso accadimento, ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storico-naturalistico” (Cass. Sez. 5, sent. 8 ottobre 2014, n. 21152, Rv. 632989-01; Cass. Sez. Un., sent. 23 marzo 2015, n. 5745, non massimata), “un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadute di esso in termini di diritto” (cfr. Cass. Sez. 1, ord. 5 marzo 2014, n. 5133, Rv. 629647-01) e “come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni” (Cass. Sez, 6-1, ord. 6 settembre 2019, n. 22397, Rv. 655413-01).
Sulla scorta, dunque, di tali principi questa Corte ha anche affermato che “in tema di ricorso per cassazione, l’omesso esame della questione relativa all’interpretazione del contratto non e’ riconducibile al vizio di cui all’articolo 360, n. 5), c.p.c., in quanto l’interpretazione di una clausola negoziale non costituisce “fatto” decisivo per il giudizio, atteso che in tale nozione rientrano gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi” (Cass. Sez. 3, sent. 8 marzo 2017, n. 5795, Rv. 643401-01; in senso conforme Cass. Sez. 2, ord. 13 agosto 2018, n. 20718, Rv. 650016-02).
Da quanto precede consegue che le “omissioni” denunciate con i motivi in esame – nella misura in cui investono, rispettivamente, il rapporto tra il contenuto precettivo della transazione ed i giudizi per mezzo della stessa definiti, ovvero, il contenuto dell’atto di cessione del credito del 27 settembre 2012, ed in particolare la circostanza che esso includesse “gli eventuali interessi (anche di mora) maturati alla predetta data e maturandi, nonche’ ogni altro accessorio”, ovvero, indefinitiva, a ricostruzione del contenuto di atti negoziali – fuoriescano dalle ipotesi sussumibili entro la previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), cosi’ integrando quel tipo di censura che, sotto l’apparente deduzione del vizio “di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, mira, in realta’, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (in tal senso Cass. Sez. Un., sent. 27 dicembre 2019, n. 34476, Rv. 656492-03).
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
14. Il solo motivo del ricorso incidentale non e’ fondato.
14.1. Invero, come rammenta la societa’ (OMISSIS) nel proprio controricorso al ricorso incidentale, sebbene manchino precedenti specifici con riferimento all’amministrazione straordinaria, questa Corte ha, ancora di recente, affermato, con riferimento al fallimento, che “il Regio Decreto 267 del 1942, articolo 55, la’ dove stabilisce che il corso degli interessi e’ sospeso nel periodo compreso tra la dichiarazione di fallimento e la chiusura dello stesso, rileva solo nei confronti della curatela ed ai soli effetti del concorso”, mentre “nei confronti del fallito, invece, gli interessi continuano a decorrere anche durante la procedura, e gli potranno essere domandati dopo la chiusura del fallimento se e quando dovesse tornare “in bonis”” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 5 febbraio 2014, n. 2608, non massimata sul punto). Del resto, gia’ in passato si era affermato che il “principio della cristallizzazione anche dei crediti risarcitori alla data di presentazione della domanda di concordato, per via del richiamo all’applicazione dell’articolo 55 L.F. operato dall’articolo 169, ha chiaramente una portata interna alla procedura concorsuale come si evince dal tenore letterale della norma in questione che dispone la sospensione degli interessi agli effetti del concorso fino alla chiusura del fallimento, cosi’ escludendo che debba allo stesso modo operarsi decidendo sui rapporti creditore-debitore al di fuori della procedura e quando il creditore non e’ (ancora) concorrente” (cosi’ in motivazione Cass. Sez. 3, sent. 3 dicembre 1997, n. 12262, non massimata sul punto).
Le medesime ragioni valevoli per il fallimento possono mutuarsi per l’amministrazione straordinaria, donde il rigetto del motivo.
15. In conclusione, solo il terzo e quarto motivo del ricorso principale vanno accolti, sicche’ la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, per la decisione sul merito oltre che per la liquidazione delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimita’.
16. A carico delle ricorrenti incidentali, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto
PQM
La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, rigettando il primo e dichiarando inammissibili il secondo, quinto, ottavo e nono, nonche’ assorbiti il sesto e settimo. Rigetta il ricorso incidentale.
Cassa, in relazione, la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
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