Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 17475.
Il possesso di luci irregolari non può condurre all’acquisto per usucapione
Il possesso di luci irregolari, sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può condurre all’acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia della relativa servitù, in quanto la servitù di aria e luce – che è negativa, risolvendosi nell’obbligo del proprietario del fondo vicino di non operarne la soppressione – non è una servitù apparente, atteso che l’apparenza non consiste soltanto nell’esistenza di segni visibili ed opere permanenti, ma esige che queste ultime, come mezzo necessario all’acquisto della servitù, siano indice non equivoco del peso imposto al fondo vicino in modo da fare presumere che il proprietario di questo ne sia a conoscenza. Né la circostanza che la luce sia irregolare è idonea a conferire alla indicata servitù il carattere di apparenza, non essendo possibile stabilire dalla irregolarità se il vicino la tolleri soltanto, riservandosi la facoltà di chiuderla nel modo stabilito, ovvero la subisca come peso del fondo, quale attuazione del corrispondente diritto di servitù o manifestazione del possesso della medesima.
Ordinanza|| n. 17475. Il possesso di luci irregolari non può condurre all’acquisto per usucapione
Data udienza 11 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Servitù – Condominio – Diritto del condomino di utilizzare il muro perimetrale – Luci irregolari – Servitù – Acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia – Esclusione – Cass. Sez. 2, n. 11343, 17/6/2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 63/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 6604/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata in data 07/10/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/05/2023 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.
OSSERVA
(OMISSIS) e (OMISSIS), per quel che ancora qui rileva, convennero in giudizio (OMISSIS) chiedendo dichiararsi che il loro immobile non era gravato da una servitu’ di luce, veduta e affaccio in favore del sottostante appartamento di proprieta’ del convenuto, con conseguente condanna alla chiusura dell’apertura realizzata da costui sul muro perimetrale, ovvero a renderla conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 901 c.c..
L’adito Tribunale accerto’ l’assenza di servitu’ a carico del fondo attoreo e rigetto’ ogni altra domanda.
Gli attori proposero impugnazione, lamentandosi, in specie del fatto che il Giudice di primo grado, dopo avere accertato l’assenza di una servitu’ di veduta non aveva condannato il convenuto a chiudere l’apertura.
La Corte di Roma, sempre per quel che qui residua d’utile, afferma che andava disposta la chiusura della luce, poiche’ insuscettibile, sulla scorta degli accertamenti peritali, di essere riportata a norma e, in tal senso riformava in parte la sentenza di primo grado.
(OMISSIS) ricorre avverso la decisione d’appello sulla base di un motivo, ulteriormente illustrato da memoria, e la controparte e’ rimasta intimata.
Il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, che sarebbe consistito nel fatto che il Tribunale aveva rigettato la domanda di chiusura della luce sul presupposto che essa era stata posta in essere dal costruttore, di talche’ “il diritto del condomino di utilizzare il muro perimetrale e l’impossibilita’ di ipotizzare la violazione dell’articolo 903 c.c., comma 2, avevano determinato il rigetto della domanda”. La Corte locale aveva omesso del tutto di apprezzare le evidenze probatorie di primo grado che avevano sorretto la decisione del Tribunale.
Il delineato errore si era tramutato in violazione di norma di legge, con erronea applicazione dell’articolo 901 c.c..
Il motivo e’ per un verso inammissibile e per altro verso manifestamente infondato, poiche’ si pone in contrasto con consolidato principio di legittimita’.
Inammissibile, in quanto propone una ricostruzione alternativa rispetto a quanto riferita dalla Corte locale, in questa sede non scrutinabile.
Manifestamente infondato alla luce della giurisprudenza di legittimita’, secondo la quale il possesso di luci irregolari, sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non puo’ condurre all’acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia della relativa servitu’, in quanto la servitu’ di aria e luce – che e’ negativa, risolvendosi nell’obbligo del proprietario del fondo vicino di non operarne la soppressione – non e’ una servitu’ apparente, atteso che l’apparenza non consiste soltanto nell’esistenza di segni visibili ed opere permanenti, ma esige che queste ultime, come mezzo necessario all’acquisto della servitu’, siano indice non equivoco del peso imposto al fondo vicino in modo da fare presumere che il proprietario di questo ne sia a conoscenza. Ne’ la circostanza che la luce sia irregolare e’ idonea a conferire alla indicata servitu’ il carattere di apparenza, non essendo possibile stabilire dalla irregolarita’ se il vicino la tolleri soltanto, riservandosi la facolta’ di chiuderla nel modo stabilito, ovvero la subisca come peso del fondo, quale attuazione del corrispondente diritto di servitu’ o manifestazione del possesso della medesima (Sez. 2, n. 11343, 17/6/2004, Rv. 573685; conf., ex multis, Cass. n. 1803/2007).
Di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex articolo 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilita’, che puo’ rilevare ai fini dell’articolo 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’articolo 348-bis c.p.c., e dell’articolo 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimita’, cosi’ consentendo una piu’ rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.
Essendo la controparte rimasta intimata non v’e’ luogo a statuizione sulle spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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