Promessa di vendita e la consegna del bene prima della stipula

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 16400.

Promessa di vendita e la consegna del bene prima della stipula

Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizza un’anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilità conseguita dal promissario acquirente sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, sicché la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem”, ove non sia dimostrata una “interversio possessionis” nei modi previsti dall’articolo 1141 del codice civile.

Ordinanza|| n. 16400. Promessa di vendita e la consegna del bene prima della stipula

Data udienza 26 maggio  2023

Integrale

Tag/parola chiave: Usucapione – preliminare – consegna anticipata

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. ROLFI Federico Vincenzo Amedeo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9669/2018 R.G. proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), E (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));

– controricorrenti –

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2976/2017 depositata il 27/12/2017;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26/05/2023 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.

Promessa di vendita e la consegna del bene prima della stipula

FATTI DI CAUSA

Nel corso dell’anno 2011, (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – questi ultimi quali eredi di (OMISSIS) – evocavano (OMISSIS) avanti il Tribunale di Treviso, sez. distaccata di Montebelluna, domandando l’accertamento dell’intervenuta usucapione del diritto di proprieta’ su un terreno, posto in Comune di (OMISSIS), e posseduto a seguito di un contratto preliminare stipulato il (OMISSIS). (OMISSIS) si costituiva ritualmente ma, a seguito del suo decesso, la causa era riassunta nei confronti degli eredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

In esito all’istruttoria, il giudice adito respingeva la domanda dei (OMISSIS) e della (OMISSIS).

Su gravame dei soccombenti e nella resistenza di (OMISSIS) e (OMISSIS), anche quali eredi della (OMISSIS), con sentenza n. 2976 del 27 dicembre 2017, la Corte d’Appello di Venezia rigettava l’impugnazione.

La Corte distrettuale rilevava all’uopo come, per giurisprudenza costante, la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo non avesse comunque realizzato un’anticipazione degli effetti traslativi, sicche’ la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, si sarebbe configurata in termini di detenzione e non come possesso utile ad usucapionem, in mancanza di un’interversione del possesso nei modi previsti dall’articolo 1141 c.c..

Ricorrono per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), sulla base di dodici motivi, illustrati da successiva memoria ex articolo 378 c.p.c..

Si sono costituiti (OMISSIS) e (OMISSIS) per resistere al ricorso avversario.

Promessa di vendita e la consegna del bene prima della stipula

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Attraverso il primo rilievo, i ricorrenti assumono la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, articolo 118 disp. att. c.p.c. e articolo 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ex articolo 360 c.p.c., n. 5.

La Corte d’appello avrebbe mancato di adempiere al proprio obbligo motivazionale, omettendo altresi’ l’esame di plurimi fatti decisivi.

1.a) Il motivo e’ inammissibile, tanto nel suo complesso (non essendo consentito affastellare in un’unica censura vizi fra loro differenti) quanto nei suoi specifici riferimenti di diritto.

1.b) Per un verso, in seguito alla riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non sono piu’ ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorieta’ e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimita’ sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purche’ il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Sez. 1, n. 7090 del 3 marzo 2022; Sez. 6-3, n. 22598 del 25 settembre 2018).

Sotto tale profilo, la sentenza impugnata si pone ben al di sopra del minimo costituzionale.

1.c) Per altro verso, la violazione delle norme costituzionali non puo’ essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimita’ costituzionale della norma applicata (Sez. U., n. 12 novembre 2020 n. 25573).

1.d) Infine, ricorre nella specie l’ipotesi di “doppia conforme”, ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, con conseguente inammissibilita’ della censura di omesso esame di fatti decisivi ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La relativa declaratoria e’ imposta non solo quando la decisione di secondo grado e’ interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione gia’ assunta dal primo giudice (Sez. 2, n. 7724 del 9 marzo 2022; Sez. 6-3, n. 15777 del 17 maggio 2022; Sez. L, n. 24395 del 3 novembre 2020).

2) Mediante la seconda censura, i ricorrenti deducono la violazione o falsa applicazione degli articoli 1140, 1141 e 1158 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.

Promessa di vendita e la consegna del bene prima della stipula

L’animus possidendi sarebbe stata un’elaborazione dottrinale estranea al dato normativo, sicche’ i giudici di merito avrebbero sovrapposto un elemento irrilevante rispetto alla norma (quello del preliminare asseritamente idoneo ad escludere l’animus), invece che riferirsi ad una situazione di fatto, che avrebbe dovuto essere l’unica oggetto di indagine.

2.a) La terza doglianza lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1141 e 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione dell’articolo 115 c.p.c..

La Corte d’appello avrebbe preso le mosse dal doppio erroneo preconcetto che il preliminare implicasse la detenzione e che l’onere di dimostrare l’animus competesse ai (OMISSIS).

2.b) I predetti motivi, che possono essere scrutinati congiuntamente perche’ concernenti la medesima ratio decidendi, sono inammissibili, ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c..

I giudici di secondo grado si sono attenuti all’indirizzo di questa Suprema Corte, secondo cui la presunzione di possesso utile “ad usucapionem”, di cui all’articolo 1141 c.c., non opera quando la relazione con il bene non consegua ad un atto volontario di apprensione, ma derivi da un iniziale atto o fatto del proprietario-possessore (Sez. 2, n. 27411 del 25 ottobre 2019).

2.c) E nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizza un’anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilita’ conseguita dal promissario acquirente sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, sicche’ la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, e’ qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem”, ove non sia dimostrata una “interversio possessionis” nei modi previsti dall’articolo 1141 c.c. (Sez. 2, n. 5211 del 16 marzo 2016; Sez. 2, n. 16412 del 4 luglio 2017).

2.d) Per il resto, con riguardo al profilo di critica alla ricostruzione del fatto, si tratta di una differente lettura proposta dai ricorrenti, che non tiene conto del principio per il quale la doglianza non puo’ tradursi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Sez. U., n. 24148 del 25 ottobre 2013).

3) Il quarto motivo invoca la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e segg., articolo 1322 c.c., articoli 112 e 115 c.p.c., nonche’ omessa considerazione di una fattispecie traslativa inter partes del diritto di proprieta’ ed omessa qualificazione del contratto in termini di preliminare c.d. improprio, idoneo a trasferire il possesso.

In tal senso, il contratto inter partes sarebbe stato in realta’ un negozio definitivo idoneo a trasferire ed a costituire in capo ai deducenti il possesso ad usucapionem, avendo individuato, come unico incombente successivo alla stipula, la voltura dei terreni, ossia la mera trascrizione. In definitiva, la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che il complessivo disegno negoziale era gia’ volto a determinare l’effetto traslativo della proprieta’ e che il rogito avrebbe avuto una mera funzione riproduttiva del consenso nelle forme dell’atto pubblico.

Promessa di vendita e la consegna del bene prima della stipula

Il motivo e’ inammissibile.

3.a) La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non puo’ limitarsi a richiamare le regole di cui agli articoli 1362 c.c. e segg., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiche’ quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Sez. 1, n. 16987 del 27 giugno 2018; Sez. 3, n. 28319 del 28 novembre 2017).

3.b) La Corte d’appello, richiamando per relationem la sentenza di primo grado, ha affermato “gli attori, che non pongono a fondamento della loro domanda un titolo derivativo, ma un titolo originario per aver usucapito i beni, hanno ottenuto la disponibilita’ degli immobili, come prospettato dagli stessi, in virtu’ della scrittura del 20/2/1979 qualificata come contratto preliminare di compravendita non idoneo a produrre effetti traslativi; la consegna del bene dal promissario acquirente, anteriormente alla stipula del contratto definitivo, ha luogo con la piena consapevolezza dei contraenti che l’effetto traslativo non si e’ ancora verificato, risultando dal titolo l’altruita’ della cosa”.

3.c) La volonta’ delle parti risulta dunque plausibilmente indagata. Conseguentemente, la doglianza pretende di ridiscutere, sul piano fattuale, il processo logico attraverso il quale la Corte d’appello ha raggiunto la propria decisione, laddove l’esame dei documenti esibiti e la loro valutazione, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (Sez. 1, n. 19011 del 31 luglio 2017; Sez. 1, n. 16056 del 2 agosto 2016).

3.d) E’ pertanto inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realta’, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Sez. U., n. 34476 del 27 dicembre 2019; Sez. 1, n. 5987 del 4 marzo 2021).

4) La quinta lagnanza si rivolge, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, a censurare l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, costituito dall’interpretazione e qualificazione del contratto in termini di fattispecie complessiva avente effetti traslativi inter partes.

4.a) Attraverso il settimo mezzo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, i ricorrenti denunciano omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione, in relazione alla deduzione degli appellanti circa l’intervenuta prescrizione del preliminare.

4.b) Col decimo motivo, i ricorrenti denunciano omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, costituito dalla mancata valutazione della documentazione presente in atti.

4.c) I tre motivi, accomunati dal medesimo vizio denunciato, sono inammissibili.

Infatti, con riguardo all’articolo 360 c.p.c., n. 5, incorrono nel divieto sancito in conseguenza della “doppia conforme”.

5) Con la sesta censura, i (OMISSIS) sottolineano la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2934 c.c., dell’articolo 1158 c.c., nonche’ omessa considerazione del compimento di un ulteriore ventennio successivo alla prescrizione del preliminare del 1979.

La Corte distrettuale avrebbe trascurato il fatto che le obbligazioni nascenti dal preliminare sarebbero state soggette a prescrizione, ex articolo 2934 c.c., sicche’ a partire dal 1989 la promessa di vendita non sarebbe piu’ stata idonea a precludere il possesso ad usucapionem da parte dei ricorrenti, che l’avrebbero compiuto prima dell’atto di citazione avversario.

Promessa di vendita e la consegna del bene prima della stipula

Il motivo non ha ragion d’essere.

5.a) La prescrizione appare logicamente legata alla previsione di un termine contrattuale a quo, ovvero all’inadempimento di una delle parti rispetto all’obbligazione di addivenire al definitivo.

L’inattivita’ dei contraenti pertanto rileva solo ove si protragga per oltre dieci anni dalla scadenza del termine, se stabilito (Sez. 2, n. 7180 del 22 marzo 2018), oppure quando, pur in mancanza di un termine ma a seguito di una richiesta di adempimento nei modi di legge, il diniego di uno dei contraenti alla stipula del contratto definitivo faccia decorrere la prescrizione del diritto dell’altro all’esecuzione in forma specifica, ex articolo 2932 c.c., ma non dalla conclusione del contratto preliminare, bensi’ dalla data di scadenza del termine fissato per la stipula del contratto definitivo (Sez. 2, n. 31369 del 24 ottobre 2022).

Nella specie, i ricorrenti non hanno dedotto l’esistenza di un termine per la stipula del definitivo o di aver messo in mora la controparte per ottenere l’esecuzione.

6) Mediante l’ottavo motivo, viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. e articolo 1158 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per l’omessa valutazione della non contestazione avversaria circa l’esercizio delle attivita’ dedotte come possesso, nonche’ per l’omessa valutazione dell’ulteriore ventennio di possesso ad usucapionem a far data dal 20 febbraio 1989.

6.a) Con la nona lagnanza, i ricorrenti denunciano la violazione dell’articolo 1141 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, e dell’articolo 2697 c.c., giacche’ la Corte d’appello avrebbe violato i principi informatori circa l’onere della prova in materia di possesso ad usucapionem.

6.b) I suddetti motivi derivano la loro inammissibilita’ dalla considerazione che la Corte veneziana, avendo escluso l’animus possidendi per effetto dell’iniziale tolleranza del promittente venditore, non ha conseguentemente dato rilievo al complesso di attivita’ dei (OMISSIS), comunque non riconducibili ad un’interversio possessionis.

7) L’undicesimo motivo e’ volto a rimarcare la nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione dell’articolo 112 c.p.c., per aver mancato il giudice di merito di esaminare le allegazioni difensive della parte attrice in primo grado.

Il motivo e’ inammissibile.

7.a) La Corte distrettuale, valutando congiuntamente i motivi secondo e terzo del gravame, ha dato una risposta unica, secondo cui “gran parte delle circostanze dedotte sono relative ad anni piu’ recenti (e la documentazione indicata per la maggior parte intestata al convenuto (OMISSIS)) e dunque sono irrilevanti in difetto del requisito del possesso ventennale. In ogni caso, non sono idonei atti volitivi interni (come l’asserita e generica conservazione e manutenzione), essendo necessari atti esterni per manifestare al proprietario l’intento di mutare tale detenzione in vero e proprio possesso uti dominus”.

7.b) In altri termini, quelli censurati sono accertamenti in fatto, esposti in maniera logica e congrua, e che dunque si sottraggono al giudizio di legittimita’. Come e’ noto, invero, in tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilita’ e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonche’ la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Sez. 2, n. 21127 dell’8 agosto 2019).

8) Mediante l’ultimo rilievo, i ricorrenti si dolgono, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, dell’omessa ammissione delle istanze istruttorie gia’ formulate in primo grado, in violazione dell’articolo 115 c.p.c., e articolo 111 Cost.. Il diniego sarebbe stato preconcetto ed ingiustificato.

Il motivo e’ inammissibile.

8.a) La sentenza impugnata ha dato del complesso delle prove dedotte un giudizio di irrilevanza (“le condotte indicate, compresa la coltivazione, in mancanza degli altri elementi non costituiscono di per se un indice inequivoco della volonta’ di esercitare il dominio esclusivo, risolvendosi in una sorta di manutenzione del bene, da un lato, e di godimento dei suoi frutti naturali dall’altro, non incompatibili con la signoria sulla cosa da parte del proprietario”), che costituisce una valutazione di fatto, coerente con la ritenuta carenza dell’animus possidendi e dunque incensurabile in cassazione.

Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese processuali in favore dei controricorrenti, come liquidate in dispositivo.

La Corte deve dare atto che ricorrono i presupposti processuali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.000 (quattromila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Da’ atto che sussistono i presupposti processuali per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, se dovuto.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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