Appalto di opera pubbliche e l’equo compenso ex art. 1664 comma 2 c.c

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 aprile 2023| n. 10325.

Appalto di opera pubbliche e l’equo compenso ex art. 1664 comma 2 c.c

In tema di appalto di opera pubbliche, l’equo compenso ex art. 1664, comma 2, c.c., riconosciuto all’appaltatore che nel corso dell’opera abbia incontrato difficoltà di esecuzione non previste che ne abbiano reso notevolmente più onerosa la prestazione, è oggetto d’una obbligazione di valuta e non di valore, giacché l’obbligazione nasce dal contratto e il credito ha la medesima funzione d’ogni altro emolumento spettante all’appaltatore come remunerazione. Ne conseguono, da un lato, la necessità della costituzione in mora, ex art. 1224 c.c., in funzione del decorso degli interessi, dall’altro, l’insufficienza, a tal fine, della riserva che l’appaltatore ha l’onere di iscrivere allo scopo di evitare la decadenza da domande di ulteriori compensi, indennizzi o risarcimenti, in dipendenza dello svolgimento del collaudo.

Ordinanza|18 aprile 2023| n. 10325. Appalto di opera pubbliche e l’equo compenso ex art. 1664 comma 2 c.c

Data udienza 18 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave OPERE E LAVORI PUBBLICI – APPALTO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 22915/2017 proposto da:
(OMISSIS) s.a.s. – (OMISSIS), in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata presso l’avv. (OMISSIS), dal quale e’ rappresentata e difesa, unitamente all’avv. (OMISSIS), con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MILANO, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato presso l’avv. (OMISSIS), dal quale e’ rappresentato e difeso, unitamente all’Avvocatura comunale di Milano, con procura speciale in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 825/2017, della CORTE D’APPELLO di MILANO, pubblicata il 27.2.2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/10/2022 dal Cons. rel. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

Che:
La (OMISSIS) sas, in liquidazione, convenne innanzi al Tribunale di Milano il Comune di Milano chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 4.087.837,92, oltre rivalutazione ed interessi ex articolo 1283 c.c., in relazione all’ultima tranche dell’appalto dei lavori pubblici di ristrutturazione dello stabile comunale in (OMISSIS).
Si costitui’ il Comune eccependo l’infondatezza della domanda, e proponendo domanda riconvenzionale avente ad oggetto la condanna dell’attrice al pagamento della somma di Euro 207.305,26 a titolo di penale per ritardo, oltre interessi dalla domanda; il Comune chiedeva anche l’autorizzazione alla chiamata in causa della ATI (OMISSIS) spa (il cui prospettato inadempimento avrebbe causato la sospensione e quindi il prolungamento dei lavori), formulando nei suoi confronti istanza di manleva in caso di condanna.
Il Tribunale, con sentenza emessa il 16.2.15, dato atto che tra il Comune e il terzo chiamato era stato stipulato un accordo transattivo, pronuncio’ nei reciproci confronti la cessazione della materia del contendere, condannando il Comune di Milano al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 662.324,00 oltre iva e interessi dalla domanda al saldo, rigettando la domanda riconvenzionale del Comune.
Avverso tale sentenza, la (OMISSIS), sas, propose appello con il quale, premettendo la mancanza di contestazione dell’importo
quantificato dal ctu, sosteneva che: se il credito era qualificabile come obbligazione risarcitoria di valuta sullo stesso avrebbe dovuto trovare applicazione il Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, articolo 30 o il Decreto Legislativo n. 231 del 2002; se il credito era invece qualificabile come obbligazione risarcitoria di valore la stessa avrebbe dovuto essere maggiorata della rivalutazione e degli interessi di mora ex articolo 1283 c.c..
Si costitui’ il Comune di Milano eccependo l’inammissibilita’ dell’appello ex articoli 342 o 348 bis, c.p.c., e, nel merito, il rigetto dell’impugnazione; non si costitui’ la ATI (OMISSIS) spa.
Con sentenza depositata il 27.2.17, la Corte territoriale, in parziale accoglimento dell’appello, in riforma della sentenza impugnata, condanno’ il Comune di Milano al pagamento delle spese di lite di primo grado in favore della (OMISSIS) sas, confermando per il resto la sentenza, osservando che: nel Capitolato speciale d’appalto del Comune di Milano non vi era il riferimento al Capitolato generale dello Stato relativamente alla questione della debenza dell’applicabilita’ degli interessi moratori Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, ex articolo 30; circa tale decorrenza sulle somme oggetto di riserva, era da escludere che la formulazione delle riserve costituisse costituzione in mora; non era applicabile il Decreto Legislativo n. 231 del 2002, in quanto successivo alla stipula del contratto; l’obbligazione fatta valere non costituiva un illecito, afferendo ad opere non ricomprese nell’appalto, sicche’ non era dovuta la rivalutazione; ne conseguiva che la somma riconosciuta in primo grado non aveva natura risarcitoria in quanto afferente ad ulteriori costi sostenuti dall’appaltatore per realizzare l’opera, che non trovavano fonte in un inadempimento contrattuale; gli interessi moratori non decorrevano dalla diffida del 19.10.04 in quanto articolata in modo tale che non ne era comprensibile il riferimento all’opera appaltata.
La (OMISSIS) sas ricorre in cassazione con cinque motivi, illustrati con memoria. Il Comune di Milano resiste con controricorso, illustrato con memoria.
Il primo motivo denunzia violazione degli articoli 112, 342, 324, 329, c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto che la somma riconosciuta non fosse fondata su un’obbligazione risarcitoria, ma fosse solo inerente ad ulteriori costi sostenuti dall’appaltatore da non imputare ad un inadempimento contrattuale, in violazione del principio devolutivo dell’impugnazione considerando che la qualificazione giuridica effettuata dal Tribunale circa la natura risarcitoria di tale obbligazione non era stata oggetto di gravame e, dunque, passata in giudicato, avendo la societa’ appellato esclusivamente sull’applicazione degli interessi.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 2056, 1227 c.c., per non aver la Corte d’appello, in violazione del giudicato formatosi sulla configurazione del debito quale obbligazione di valore, applicato la rivalutazione dall’ultimazione dei lavori (18.12.03) alla sentenza, e gli interessi sulla somma di Euro 542.324,00, in ordine ai maggiori oneri sopportati per la sospensione ed il prolungamento dei lavori e per lavori extracontrattuali non previsti.
Il terzo motivo deduce l’omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti – pur non costituendo motivo d’appello – relativo alla natura risarcitoria dell’obbligazione fatta valere. In particolare, la ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale abbia omesso di considerare l’oggetto delle riserve nn. 35 e 41, in ordine ai maggiori costi per l’illegittima sospensione dei lavori dell’autorimessa interrata e per maggiori costi e ridotta produttivita’ conseguente, ritenendo che detti importi riguardassero non meglio precisati “costi aggiuntivi” non riconducibili ad inadempimento contrattuale, senza considerare quanto accertato dal ctu. Pertanto, la ricorrente lamenta che, se la Corte territoriale avesse esaminato tale profilo dell’impugnazione, avrebbe configurato l’obbligazione in questione quale debito di valore, liquidando rivalutazione ed interessi sulle somme rivalutate.
Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1664 c.c., nonche’ omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, per non aver la Corte d’appello esaminato il contenuto della riserva n. 38, per la somma di Euro 167.933,42 con riguardo al debito afferente al ristoro del rincaro dei prezzi, liquidato dal Tribunale nella somma di Euro 120.000,00, ritenendo che la somma oggetto di tale riserva fosse ab origine un debito di valuta e, pertanto, soggetto alla costituzione in mora per la maturazione degli interessi e non qualificando, invece, tale debito come indennizzo sul quale gli interessi sarebbero decorsi dall’ultimazione dei lavori.
Il quinto motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1224 c.c., per aver la Corte territoriale ritenuto che gli interessi decorressero dalla domanda giudiziale, senza tener conto della comunicazione inviata l’1.3.04 al RUP e della diffida del 19.10.04, relativa al pagamento della somma oggetto del certificato di collaudo, dolendosi la ricorrente altresi’ della mancata applicazione dei principi sulla mora ex re inerente ai debiti di valore, non essendo pertanto necessaria la costituzione in mora per la decorrenza degli interessi.
I cinque motivi, esaminabili congiuntamente poiche’ tra loro connessi, sono infondati.
Il primo motivo censura la pretesa violazione del giudicato invocando del tutto incongruamente la violazione dell’articolo 112 c.p.c., ossia l’extrapetizione, e non dell’articolo 2909 c.c., e comunque non vi e’ alcun giudicato sulla natura di crediti di valore dei crediti relativi alle riserve suindicate. Ed invero, anche a voler considerare l’oggetto delle stesse riserve, in relazione ai motivi secondo, terzo e quarto, si evince che lo stesso e’ relativo a lavori extracontrattuali, necessari, come si desume dalla stessa sentenza di primo grado, “per completare l’opera a regola d’arte”, e pertanto non riferibili a specifici inadempimenti della stazione appaltante, tali da poter integrare un debito risarcitorio di valore (Cass. 12698/2014). Tali lavori, ricorrendone tutte le necessarie condizioni, possono, invero dare luogo, non a risarcimento, ma ad un compenso aggiuntivo (Cass. 29988/2020). Quanto al credito ex articolo 1664 c.c., va rilevato che l’equo compenso che, a norma dell’articolo 1664 c.c., comma 2, spetta all’appaltatore – se nel corso dell’opera ha incontrato difficolta’ di esecuzione non previste che ne abbiano reso notevolmente piu’ onerosa la prestazione – e’ oggetto d’una obbligazione di valuta e non di valore, giacche’ l’obbligazione nasce dal contratto ed il compenso non ha funzione diversa da quella d’ogni altro emolumento spettante allo appaltatore come remunerazione (Cass. 1289/1989).
Ne consegue l’infondatezza del quinto motivo di ricorso, concernente la non applicabilita’ della costituzione in mora, ex articolo 1224 c.c., ai fini del decorso degli interessi – sull’erroneo presupposto che si tratterebbe di credito di valore – essendo, per contro, necessaria la costituzione in mora che, nella specie, la Corte d’appello ha motivatamente ritenuto non riferibile con certezza ai crediti in questione ed intempestiva, con la conseguente correttezza della decorrenza degli interessi dalla domanda, come affermato dal primo giudice.
Giova altresi’ rilevare che, in tema di appalto di opere pubbliche, la riserva della quale l’appaltatore e’ onerato al fine di evitare la decadenza da domande di ulteriori compensi, indennizzi o risarcimenti, richiesti in dipendenza dello svolgimento del collaudo, non assurge ad atto di costituzione in mora, con la conseguenza che gli interessi sulle somme effettivamente dovute da parte della P.A. vanno liquidati con decorrenza dalla data della domanda introduttiva del giudizio, quale unico momento all’uopo rilevante, in quanto e’ allo stesso appaltatore consentito di attivarsi per la relativa proposizione (Cass., n. 727/20; n. 19604/16).
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida nella somma di Euro 7400,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% a titolo di rimborso forfettario delle spese generale, ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, ove dovuto.

 

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