E’ legittimo riconoscere un assegno divorzile al marito per aver sostenuto la moglie nel suo percorso professionale permettendole di laurearsi e poi fare carriera

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 aprile 2023| n. 10016.

E’ legittimo riconoscere un assegno divorzile al marito per aver sostenuto la moglie nel suo percorso professionale permettendole di laurearsi e poi fare carriera

E’ legittimo riconoscere un assegno divorzile al marito per aver sostenuto la moglie nel suo percorso professionale permettendole di laurearsi e poi fare carriera. L’apporto del marito alla conduzione della vita familiare, valutato in relazione alla durata del matrimonio veniva considerato rilevante ai fini del riconoscimento di tale assegno. La decisione si è incentrata sull’adeguata valutazione dell’apporto effettivo e del ruolo endofamiliare del marito in costanza di matrimonio, nonché, previa comparazione con la situazione dell’ex moglie, sulla riconducibilità alle dinamiche familiari, ed al sacrificio professionale conseguitone, del rilevante squilibrio economico tra le condizioni patrimoniali e reddituali degli ex coniugi, una volta sciolto il vincolo del matrimonio. E’ stato dimostrato uno squilibrio reddituale riconducibile alle scelte di vita matrimoniali, tale da giustificare una compensazione o perequazione.

Ordinanza|14 aprile 2023| n. 10016. E’ legittimo riconoscere un assegno divorzile al marito per aver sostenuto la moglie nel suo percorso professionale permettendole di laurearsi e poi fare carriera

Data udienza 4 aprile 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Divorzio – Assegno al marito che sostiene la moglie per farla laureare – Condizione di inferiorità economica – Art. 5 comma 6 l. n. 898/1970

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24756-2021 R.G. proposto da:
DOTT.SSA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
(OMISSIS)
– intimato –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 532-2021 depositata il 06/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/04/2023 dal Consigliere MAURA CAPRIOLI.

E’ legittimo riconoscere un assegno divorzile al marito per aver sostenuto la moglie nel suo percorso professionale permettendole di laurearsi e poi fare carriera

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ritenuto che:
Con sentenza nr 532-2021 la Corte di appello di Ancona accoglieva parzialmente l’appello di (OMISSIS) riducendo parzialmente l’assegno divorzile in favore di (OMISSIS) ad Euro 200,00 mensili.
Il giudice del gravame riteneva, alla luce delle emergenze processuali, la sussistenza delle condizioni che giustificano l’erogazione di un assegno divorzile in favore dell’ex coniuge.
Osservava in questa prospettiva che nei primi anni di matrimonio il contributo dato dall’appellato ai fini del soddisfacimento delle esigenze familiari era stato significativo.
Rilevava infatti che l’appellante non aveva completato il percorso di studi e non disponeva di risorse economiche per il proprio mantenimento e di quelle della figlia.
Sottolineava che anche successivamente a far data dall’anno 1991 la (OMISSIS), quantunque avesse cominciato a percepire una borsa di studio, si era rivelato necessario il contributo economico del marito al fine di proseguire il percorso di studi iniziato tenuto conto che le somme dalla stessa percepite non erano rilevanti e che l’attivita’ professionale avviata aveva comportato diversi esborsi.
Evidenziava che il raggiungimento nel 2012 della stabilizzazione lavorativa da parte dell’appellante ed il conseguente miglioramento economico era dipeso dall’innegabile aiuto fornitole dal marito.
La Corte distrettuale riteneva pertanto che tale apporto dato alla conduzione della vita familiare, valutato in relazione alla durata del matrimonio assumeva decisivo rilievo ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita’.
Osservava infatti che il criterio perequativo-corrispettivo giustificava l’erogazione di una somma in presenza di una sperequazione reddituale che, se pure sorta in epoca successiva alla separazione, era direttamente collegabile allo svolgimento dell’attivita’ professionale iniziata dalla Pietrangeli durante il lungo periodo di convivenza, anche con il contributo economico del marito.
Il giudice del gravame ha messo in luce che l’emolumento invocato dal richiedente non poteva escludersi sulla base del fatto che l’appellato non aveva operato alcun sacrificio delle proprie aspettative lavorative e reddituali sottolineando che il criterio compensativo richiede di valutare gli effetti e le conseguenze delle scelte operate dai coniugi durante il matrimonio e quindi di tenere in considerazione non solo eventuali occasioni di lavoro mancate ma anche di apprezzare i vantaggi ottenuti da un coniuge ricollegabili al contributo fornito dall’altro.
In quest’ottica andava dato rilievo, secondo il giudice distrettuale, al fatto all’apporto fornito dal (OMISSIS), il quale pur continuando a svolgere la medesima attivita’ lavorativa, aveva nel corso degli anni messo a disposizione dell’ex moglie, nei limiti delle proprie disponibilita’, quanto alla stessa necessario per proseguire negli studi universitari e per migliorare la sua formazione favorendo cosi’ l’inserimento della stessa nel mondo del lavoro che, successivamente le aveva permesso di raggiungere l’attuale stabilita’ lavorativa.
Pertanto il giudice di appello, operata la necessaria valutazione comparativa tra le condizioni delle parti e considerata la funzione compensativa e perequativa dell’assegno nonche’ la durata del matrimonio e lo squilibrio significativo esistente fra le due posizioni reddituali risultante dalle dichiarazioni dei redditi, ha ritenuto che il contributo economico dato dall’appellato alla conduzione e realizzazione della vita familiare dovesse determinarsi in Euro 200,00 mensili.
Avverso tale sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo cui ha resistito (OMISSIS) con controricorso illustrato da memoria.

E’ legittimo riconoscere un assegno divorzile al marito per aver sostenuto la moglie nel suo percorso professionale permettendole di laurearsi e poi fare carriera

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:
Con l’unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5 comma 6 in relazione all’articolo 360 comma 1 nr 3 c.p.c. per non avere la Corte di appello fatto corretta applicazione dei principi elaborati da questa Corte in relazione alle modalita’ di riconoscimento dell’apporto fornito dal coniuge richiedente durante la vita coniugale, alla formazione del patrimonio familiare, nonche’ all’attivita’ professionale dell’altro coniuge, con conseguenti sacrifici e rinunce.
Si sostiene, in particolare, che la funzione perequativa dell’assegno divorzile deve apprezzarsi in relazione al sacrificio delle aspettative professionali e lavorative poste in essere dal coniuge in costanza di matrimonio a beneficio della famiglia e che quest’ultimo, in ragione motivazionale logico e specifico (Cass., n. 23997 del 02/08/2022).
Nel confermare la sentenza di primo grado, sviluppandone le argomentazioni, la Corte di appello, dopo aver individuato in (OMISSIS) la parte piu’ debole economicamente”, lungi dal limitarsi all’accertamento del mero prerequisito fattuale dell’assegno di divorzio (ex multis, Cass., n. 11796 del 05/05/2021), ha valorizzato il significativo apporto dato dallo stesso alla vita del nucleo familiare composto dalla giovane moglie e da una bambina sia nella fase iniziale del matrimonio che anche successivamente a partire dall’anno 1991.
Il giudice del merito ha infatti messo in risalto il fatto che il completamento del ciclo di studi e della fase di specializzazione seguita dal dottorato era avvenuto grazie al contributo economico del marito giacche’ le somme percepite dalla moglie per la loro entita’ non coprivano gli esborsi connessi alla professione (affitto di studio, assicurazione professionale).
In questo senso ha pure sottolineato che la stabilizzazione economica nell’anno 2012 della (OMISSIS) era dipesa non solo dal suo impegno ma anche dall’apporto economico dell’ex coniuge il quale aveva destinato le proprie risorse alle necessita’ della moglie. La Corte distrettuale ha opportunamente chiarito che il criterio compensativo- perequativo richiede di valutare gli effetti e le conseguenze delle scelte operate dai coniugi durante il matrimonio e quindi di tenere in considerazione non solo le eventuali occasioni di lavoro mancate ma anche di apprezzare i vantaggi ottenuti da un coniuge, ricollegabili al contributo fornito dall’altro.
Alla stregua delle considerazioni che precedono e dell’indagine fattuale compiuta dai giudici di merito, deve ritenersi che la Corte territoriale abbia fatto corretta applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5 quale interpretato dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 18287/2018, che ne ha chiarito il contenuto, con riferimento ai dati normativi gia’ esistenti.
La decisione qui impugnata si e’ infatti incentrata sull’adeguata valutazione dell’apporto effettivo e del ruolo endofamiliare di (OMISSIS). in costanza di matrimonio, nonche’, previa comparazione con la situazione dell’ex moglie, sulla riconducibilita’ alle dinamiche familiari, ed al sacrificio professionale conseguitone, del rilevante squilibrio economico tra le condizioni patrimoniali e reddituali degli ex coniugi, accertato in fatto allo sciogliersi del vincolo di coniugio.
Alla stregua di detti accertamenti fattuali, adeguatamente motivati, la Corte di merito, attenendosi ai principi suesposti, ha ritenuto che fosse dimostrato uno squilibrio reddituale riconducibile alle scelte di vita matrimoniali, si’ da giustificare una compensazione o perequazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimita’ che si liquidano in complessive Euro 5000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e ad accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto. Dispone che in caso di diffusione siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, Art. 52.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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