La riconduzione eziologica dell’evento dannoso alla condotta imprudente del danneggiato

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|13 aprile 2023| n. 9863.

La riconduzione eziologica dell’evento dannoso alla condotta imprudente del danneggiato

La riconduzione eziologica dell’evento dannoso alla condotta imprudente del danneggiato, tale da escludere il nesso di causalità fra la cosa ed il danno, è assorbente anche rispetto alla fattispecie di cui all’articolo 2043, proprio in quanto giudizio rilevante al livello eziologico. Considerando l’agevole prevedibilità della situazione potenzialmente dannosa il comportamento del danneggiato è stato stimato come imprudente, tale dunque da costituire l’unica causa del danno e da escludere l’applicabilità tanto dell’articolo 2051, quanto dell’articolo 2043.

Sentenza|13 aprile 2023| n. 9863. La riconduzione eziologica dell’evento dannoso alla condotta imprudente del danneggiato

Data udienza 22 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Custodia – Cittadino scivolato rovinosamente su una strada – Presenza modesta di ghiaia – Danno – Diniego di riconoscimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere

Dott. ROSETTI Marco – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso n. 2294/2020 proposto da:
(OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante di (OMISSIS) Snc, elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Amministrazione Comunale (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2174/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 28/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/02/2023 dal consigliere ENRICO SCODITTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale TRONCONE FULVIO che si riporta alle conclusioni scritte e chiede l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso.

La riconduzione eziologica dell’evento dannoso alla condotta imprudente del danneggiato

Fatti di causa

1. Silvano (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante di (OMISSIS). s.n.c., convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Verona il Comune di (OMISSIS) chiedendo il risarcimento del danno nella misura di Euro 110.942,13, o quella di giustizia. Espose in particolare l’attore di essere caduto il giorno 1 maggio 2010, mentre impegnava la rampa che dal cartello d’inizio della zona urbana conduceva al sottostante percorso pedonale, a causa della presenza sul sentiero di uno strato di ghiaino tendente a franare in quanto non aderente al terreno sottostante piu’ compatto. Aggiunse che aveva subito la frattura biossea tibio-pereonale, che lo aveva costretto ad assentarsi dall’attivita’ lavorativa, con conseguente pregiudizio patrimoniale. Si costitui’ la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda.
2. Il Tribunale adito rigetto’ la domanda.
3. Avverso detta sentenza propose appello l’originaria parte attrice. Si costitui’ la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.
4. Con sentenza di data 28 maggio 2019 la Corte d’appello di Venezia rigetto’ l’appello.
Premise la corte territoriale che secondo la condivisibile ricostruzione del Tribunale non si trattava di ghiaia ma di terriccio calcare stabilizzato, materiale adoperato per la realizzazione di strade sterrate e tale da consentire un attrito per non agevolare lo scivolamento, e che il sinistro si era verificato in pieno giorno su sentiero in lieve pendenza e le cui caratteristiche erano visibili, dotato di un presidio di sicurezza rappresentato da una staccionata con corrimano ben visibile, non evidenziante alcuna difficolta’ nel percorrerlo. Osservo’ quindi che, in ossequio al principio secondo cui quanto piu’ la situazione di possibile danno era suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle cautele normalmente attese e prevedibili, tanto piu’ doveva considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del danneggiato, il sinistro era imputabile al caso fortuito determinato dal comportamento dell’appellante, il quale aveva affrontato, pur potendone apprezzare, gia’ all’imbocco del sentiero, le difficolta’ – peraltro estremamente limitate – o comunque ne aveva potuto osservare le caratteristiche, con cio’ valutando la propria capacita’ di percorrerlo. Aggiunse, in relazione al motivo avente ad oggetto la responsabilita’ alla luce dell’articolo 2043 c.c., che la modesta presenza di ghiaino era assolutamente percepibile da chiunque, sicche’ non poteva parlarsi di insidia o trabocchetto, in un percorso che, in quanto discendente, poteva favorire la caduta. Preciso’ che la cosa non presentava alcuna insidia ma solo il rischio di eventuali cadute, rischio prevedibile e connaturato alla natura del percorso, sterrato e in lieve pendenza e per questo dotato di presidio di sicurezza.
5. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante di (OMISSIS). s.n.c. sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. Il pubblico ministero ha presentato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria.

Ragioni della decisione.

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, nonostante spettasse al Comune provare il caso fortuito, costituito da un comportamento del danneggiato eccezionale ed imprevedibile rispetto alla condotta ragionevolmente esigibile, nella sentenza manca ogni riferimento circa la prova liberatoria incombente sul Comune avente ad oggetto tale comportamento imprudente. Aggiunge che, al contrario, dall’accertamento del giudice del merito emerge che le condizioni del sentiero rendevano imprevedibile una situazione di pericolo, che il rischio di caduta era prevedibile e che il comportamento del danneggiato non poteva dirsi abnorme e imprevedibile.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 2051 c.c. e 132 n. 4 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che, non avendo il giudice di appello esplicitato il comportamento imprudente che sarebbe stato tenuto dal danneggiato, non e’ possibile comprendere la ratio decidendi.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il requisito dell’insidia e trabocchetto non e’ elemento costitutivo della fattispecie di cui all’articolo 2043 e che il giudice di appello avrebbe dovuto valutare non se il ghiaino fosse o meno visibile, ma anche se fosse percepibile anche il suo carattere sdrucciolevole, posto che in cio’ consisteva il pericolo occulto. Aggiunge che nella motivazione non vi e’ traccia circa la valutazione dell’evitabilita’ del pericolo e dunque della mancata adozione di un comportamento che avrebbe evitato l’evento o quanto meno ridotto la possibilita’ di verificazione.
4. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 2043 c.c. e 132 n. 4 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che la motivazione e’ apparente per le seguenti ragioni: ha carattere tautologico il rilievo che la modesta presenza di ghiaino fosse assolutamente percepibile da chiunque; non spiega perche’ la franosita’ non costituisse un’insidia; afferma che il pericolo di caduta fosse prevedibile, ma esclude che il percorso presentasse anomalie.
5. I motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. Risulta evidente dalla decisione impugnata che e’ stata esclusa la responsabilita’ di cui all’articolo 2051, ed anche quella generale di cui all’articolo 2043, per l’attribuzione dell’eziologia dell’evento alla condotta del danneggiato, che il giudice di appello ha inteso colposa alla luce dell’agevole prevedibilita’ del pericolo. La corte territoriale ha valutato come prevedibile il rischio di caduta per la presenza di percorso in discesa e sterrato, e per questo dotato di presidio di sicurezza, con modesta presenza di ghiaino del tutto percepibile, tutte circostanze di fatto stimate come esistenti da parte del giudice del merito, sulla base di un giudizio di fatto a lui riservato e non sindacabile nella presente sede di legittimita’. L’argomento rilevante e’ dunque quello dell’assenza di un nesso di causalita’ fra l’evento di danno e la cosa (ed a maggior ragione fra l’evento dannoso e la condotta del custode, ove si consideri la fattispecie di cui all’articolo 2043), essendo l’evento da ricondurre causalmente alla condotta imprudente del danneggiato, alla luce del principio affermato dall’articolo 1227, che fa della difformita’ del contegno del danneggiato rispetto ad un parametro obiettivo di condotta diligente e prudente il presupposto della rilevanza eziologica di quel contegno.
La corte territoriale ha quindi fatto applicazione del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui quanto piu’ la situazione di possibile danno e’ suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, connotandosi per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (fra le tante da ultimo Cass. 17 novembre 2021, n. 34886; 3 aprile 2019, n. 9315).
La riconduzione eziologica dell’evento dannoso alla condotta imprudente del danneggiato, tale da escludere il nesso di causalita’ fra la cosa ed il danno, e’ assorbente anche rispetto alla fattispecie di cui all’articolo 2043, proprio in quanto giudizio rilevante al livello eziologico. Con riferimento alla responsabilita’ ai sensi dell’articolo 2043, la corte territoriale ha escluso l’esistenza di insidia e trabocchetto. Il richiamo nella giurisprudenza alle categorie di insidia o trabocchetto (ex multis, Cass. 9 giugno 2016, n. 11802) e’ da intendere come concernente una situazione di possibile danno non suscettibile di essere agevolmente prevista, fino all’impossibilita’ di essere superata con l’ordinaria diligenza, con l’esclusione dunque del carattere colposo della condotta del danneggiato. Si tratta pertanto di categorie rilevanti ai fini dell’accertamento della rilevanza eziologica del comportamento del danneggiato. Il giudizio di fatto della Corte d’appello e’ stato nel senso, come si e’ visto, della agevole prevedibilita’ del pericolo da parte dell’utente del percorso. Alla luce di tale evidente prevedibilita’ della situazione potenzialmente dannosa il comportamento del danneggiato e’ stato stimato come imprudente, tale dunque da costituire la causa esclusiva del danno e da escludere l’applicabilita’ tanto dell’articolo 2051, quanto dell’articolo 2043.
Avendo la corte territoriale positivamente accertato che causa esclusiva dell’evento dannoso e’ stata la condotta imprudente del danneggiato, non viene in rilievo la regola sull’onere della prova, ed in particolare quella che onera il custode della necessita’ di provare il caso fortuito, regola della quale il ricorrente ha denunciato la violazione. Le regole sull’onere della prova sono regole residuali di giudizio in conseguenza delle quali la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi, ovvero impeditivi, modificativi o estintivi. Esse lasciano fermo il principio di acquisizione probatoria, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute (e quale che sia la parte ad iniziativa della quale sono state raggiunte), concorrono, tutte ed indistintamente, alla formazione del libero convincimento del giudice, senza che la relativa provenienza possa condizionare tale convincimento in un senso o nell’altro (Cass. 16 giugno 1998, n. 5980; 16 giugno 2000, n. 8195; 7 agosto 2002, n. 11911; 21 marzo 2003, n. 4126). Le regole sull’onere probatorio trovano percio’ applicazione solo in presenza di fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle risultanze istruttorie. Come si e’ detto, l’eziologia dell’evento dannoso e’ stata positivamente accertata dal giudice del merito come riconducibile al comportamento imprudente del danneggiato. Non e’ quindi emerso un onere probatorio del custode del quale possa predicarsi il mancato assolvimento. Il custode non aveva l’onere di provare il caso fortuito, avendo il giudice del merito accertato che l’evento dannoso era eziologicamente riconducibile in via esclusiva al comportamento imprudente del danneggiato.
A fronte della chiara percepibilita’ della ratio decidendi non ricorre la denunciata apparenza di motivazione. Il requisito motivazionale ricorre anche con riferimento al giudizio di modesta presenza di ghiaino ben visibile, dove la visibilita’ non e’ la conseguenza della modesta presenza (il che potrebbe integrare una contraddizione), ma e’ un attributo che si aggiunge alla modesta quantita’ di ghiaino, per cui, ha detto il giudice del merito, il ghiaino era modesto e ben visibile (la corte territoriale ha anche considerato che l’evento si era verificato in pieno giorno). Quale dovesse essere il comportamento del danneggiato, rispetto al quale il ricorrente denuncia l’assenza di motivazione, emerge poi con chiarezza dalla motivazione della decisione: un comportamento improntato a prudenza al cospetto di una situazione di possibile danno suscettibile di essere agevolmente prevista.
6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’articolo 13 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dall’articolo 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

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