Processo avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno venga riunito il diverso giudizio successivamente instaurato dal convenuto nei confronti di un terzo indicato quale esclusivo responsabile

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|5 aprile 2023| n. 9390.

Processo avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno venga riunito il diverso giudizio successivamente instaurato dal convenuto nei confronti di un terzo indicato quale esclusivo responsabile

Nel caso in cui al processo avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno venga riunito il diverso giudizio successivamente instaurato dal convenuto nei confronti di un terzo indicato quale esclusivo responsabile, la domanda in quest’ultimo proposta non può considerarsi inammissibile in ragione della violazione delle preclusioni maturate nella prima causa anteriormente alla riunione, trattandosi di procedimenti connessi per il titolo, ma diversi sotto il profilo delle parti nonché della “causa petendi”. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto inammissibile la domanda con la quale un comune – convenuto da un automobilista per il risarcimento dei danni conseguenti a un incidente stradale asseritamente causato da una buca ricoperta da uno strato di sabbia riconducibile ad un cantiere – aveva instaurato un diverso giudizio nei confronti dell’appaltatore e del subappaltatore delle opere “ivi” eseguite, chiedendo l’accertamento della loro esclusiva o concorrente responsabilità in relazione al sinistro e del suo diritto ad essere tenuto indenne di quanto fosse stato tenuto a pagare al danneggiato).

Sentenza|5 aprile 2023| n. 9390. Processo avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno venga riunito il diverso giudizio successivamente instaurato dal convenuto nei confronti di un terzo indicato quale esclusivo responsabile

Data udienza 22 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Risarcimento danni – Buca ricoperta da sabbia – Regressione delle fasi processuali – Presupposti – Vizi di nullità insanabile degli atti del processo o se la parte ha potuto esercitare il proprio di diritto difesa per causa ad essa non imputabile – Chiamata in causa di un terzo su istanza di parte – Discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza ex art. 269 cpc – Eccezione – Ipotesi – Litisconsorzio necessario di cui all’art. 102 cod. proc. civ. – Contestazioni del terzo – Ammissibilità – Preclusione solo per le contestazioni relativo al rapporto processuale altrui

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 19327-2020 RG proposto da:
COMUNE DI GONNOSFANADIGA, in persona del Sindaco in carica, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.A., in persona del suo rappresentante legale p.t., (OMISSIS), e (OMISSIS) S.p.A., in persona del procuratore speciale, (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrenti –
nonche’ contro
(OMISSIS) S.r.L., rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), pec: (OMISSIS);
-controricorrente-
e contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), ( (OMISSIS)) e (OMISSIS), ( (OMISSIS)), pec:
(OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
e sul ricorso incidentale proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), ( (OMISSIS)) e (OMISSIS), ( (OMISSIS)), pec:
(OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) S.r.L., rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), pec: (OMISSIS);
-controricorrente al ricorso incidentale-
e contro
(OMISSIS) S.p.A., in persona del suo rappresentante legale p.t., (OMISSIS), e (OMISSIS) S.p.A., in persona del procuratore speciale, (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrenti al ricorso incidentale –
e contro
COMUNE DI GONNOSFANADIGA;
– intimato –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI n. 151/2020, depositata il 26/02/2020;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2023 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.
Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del Sostituto Procuratore, Dott. Mistri Corrado, che ha chiesto l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale e l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso incidentale.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) citava, dinanzi al Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Sanluri, il Comune di Gonnosfanadiga per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni riportati nel sinistro, avvenuto il giorno (OMISSIS), quando, percorrendo alla guida di un motoveicolo una via interna del paese, asseriva di avere perduto il controllo del mezzo per la presenza di una buca ricoperta da uno strato di sabbia incoerente riconducibile ad un cantiere per lavori stradali.
Il Comune convenuto, costituitosi, deduceva l’inesistenza di qualunque lavoro stradale in corso di svolgimento nella data in cui si era verificato il sinistro e si riservava di verificare se un eventuale intervento fosse stato realizzato a sua insaputa e senza la sua autorizzazione, allo scopo di esercitare nei confronti degli eventuali autori “tutti i diritti e le azioni” spettantigli in relazione ai fatti per cui e’ causa.
Il Comune interpellava, tra gli altri, anche (OMISSIS) S.p.A. che, in data 20 aprile 2010, rispondeva alla richiesta, affermando di essere intervenuta, in data 25 luglio 2007, sul tratto stradale oggetto del sinistro, per la riparazione di una condotta idrica, appaltando i lavori alla (OMISSIS) S.r.L.
La societa’ (OMISSIS), interpellata a sua volta, confermava di avere realizzato i lavori sopra descritti, secondo le istruzioni di (OMISSIS) S.p.A.
Il Comune di Gonnosfanadiga, con atto del 25 ottobre 2010, citava in giudizio (OMISSIS) S.p.A. e la impresa (OMISSIS), chiedendo l’accertamento della loro esclusiva o concorrente responsabilita’ in relazione all’incidente occorso a (OMISSIS) e del suo diritto ad essere tenuto indenne di quanto fosse stato tenuto a pagare a quest’ultimo o alla ripetizione di quanto corrispostogli.
Il Tribunale adito, con ordinanza del 23/11/2011, disponeva la riunione dei due procedimenti (quello tra (OMISSIS) e il Comune, (Rgn. 259/09) e quello promosso dal Comune nei confronti delle societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) (Rgn. 434/2010)), nonostante la mancanza di “piena identita’ dei soggetti”, allo scopo di “evitare un contrasto di giudicati”, atteso che entrambi i giudizi erano volti a verificare chi fosse il responsabile del sinistro occorso a (OMISSIS) e che “la domanda separatamente proposta non avrebbe comportato la negazione del diritto oggetto della domanda proposta nella prima causa, negazione che l’interessato ha l’onere (deducibile) di proporre nella prima causa, proprio in virtu’ del regime delle preclusioni, che in questo modo assolvono anche alla funzione di evitare la formazione di giudicati contrastanti”.
Nella causa riunita, (OMISSIS) estendeva la domanda originaria nei confronti di (OMISSIS) S.p.A. e della societa’ (OMISSIS), chiedendo che il Comune e le due societa’ fossero condannate in solido al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti.
Con sentenza n. 3566/2015, il Tribunale riconosceva la responsabilita’ dei convenuti, il Comune, le societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS), e li condannava in solido al pagamento di Euro 1.079.746,02; condannava le societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) a tenere indenne il Comune in relazione alle somme eventualmente corrisposte all’attore nella misura eccedente il 20% del totale.
(OMISSIS) e (OMISSIS), da un lato, e la societa’ (OMISSIS), dall’altro, impugnavano, in via principale, la suddetta decisione; proponeva appello incidentale anche il Comune di Gonnosfanadiga.
La Corte d’Appello di Cagliari, con la decisione qui impugnata, ha dichiarato fondata l’eccezione con cui le appellanti principali lamentavano che il Tribunale non avesse dichiarato inammissibile tanto la domanda formulata con autonomo giudizio dal Comune nei loro confronti quanto l’estensione della domanda di (OMISSIS); specificamente, ha affermato che le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l’introduzione di un giudizio identico al primo, quand’anche i giudizi siano riuniti, perche’ la riunione di due cause non realizza una fusione dei procedimenti tale da determinare il concorso della definizione dell’effettivo thema decidendum et probandum, restando intatta l’autonomia di ciascuna causa; di conseguenza, ha riformato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto responsabili in solido la (OMISSIS) S.p.A. e la societa’ (OMISSIS), ha regolato la percentuale di responsabilita’ tra le suddette parti ed ha condannato l’assicurazione a tenere indenne la societa’ (OMISSIS), lasciando ferma la sola condanna a carico del Comune.
Per la cassazione di detta decisione ricorre in via principale il Comune di Gonnosfanadiga, formulando tre motivi.
(OMISSIS) propone ricorso incidentale, basato su tre motivi. (OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso.
Anche la societa’ (OMISSIS) resiste con controricorso.
Il Procuratore generale, nella persona del sostituto procuratore, Corrado Mistri, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha richiesto l’accoglimento del ricorso principale e l’inammissibilita’ o in subordine il rigetto del ricorso incidentale.
Il Comune di Gonnosfanadiga, la societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ricorso principale del Comune di Gonnosfanadiga.
1) Con il primo motivo e’ dedotta “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 162, 269, 32, 106 c.p.c.; articoli 1298, 1299, 2964 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3)”.
Attinta da censura e’ la statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile la domanda di garanzia proposta dal Comune di Gonnosfanadiga, perche’ avrebbe dovuto chiedere di essere autorizzato alla chiamata in giudizio delle societa’ convenute nel giudizio n. 434/2010 e ha concluso che la preclusione verificatasi nel primo procedimento si fosse era anche ad ogni eventuale giudizio iniziato dall’appellato “avente ad oggetto la medesima domanda che avrebbe dovuto e potuto introdurre nel primo, nel quale e’ incorso, pacificamente, nella decadenza dal diritto di chiamare terzi in causa”, perche’ diversamente “si finirebbe col consentire la violazione dei doveri generali di lealta’ cui devono attenersi le parti, in quanto si favorirebbe l’abuso dello strumento processuale e si determinerebbe una lesione del diritto di difesa della parte a cui favore sono maturate le preclusioni”.
Tale statuizione sarebbe errata, ad avviso del Comune, perche’ gli articoli 167 e 269 c.p.c. sono disposizioni inserite nel codice di rito che disciplinano i diritti e le facolta’ processuali delle parti all’interno del processo, pertanto, le decadenze da essi previste non possono produrre effetti su situazioni giuridiche soggettive sostanziali.
In aggiunta, l’articolo 106 c.p.c. prevede che ciascuna parte possa chiamare nel giudizio un terzo dal quale pretende di essere garantita, ma non pone un onere di chiamata del terzo nel giudizio in corso, pena la preclusione al diritto di agire separatamente nei suoi confronti; a tale conclusione condurrebbe anche l’articolo 32 c.p.c., a mente del quale la domanda di garanzia puo’ essere proposta al giudice competente per la causa principale affinche’ sia decisa nello stesso processo, prospettando, quindi, il simultaneus processus come un’eventualita’, ma non come onere posto a pena di decadenza o di inammissibilita’ della domanda di garanzia.
Anche la giurisprudenza di questa Corte (sono richiamate espressamente Cass. n. 5444/2016 e Cass. n. 27856/2018) ammette – sostiene il Comune ricorrente – che la domanda di garanzia possa essere esercitata nel procedimento principale, mediante l’istituto della chiamata di terzo entro i termini di cui all’articolo 167 c.p.c. o con autonomo giudizio anche successivamente all’esito sfavorevole del giudizio sulla domanda principale per il convenuto e che, intercorrendo tra il terzo chiamato e il convenuto un litisconsorzio facoltativo, il giudizio sulla domanda principale e su quella di garanzia sono suscettibili di separazione, ai sensi dell’articolo 103 c.p.c., comma 2, e che tale secondo giudizio, a discrezione del giudice, puo’ essere riunito al primo, al fine di realizzare la trattazione unitaria (Cass. n. 1104/1984, Cass., Sez. Un., n. 3939/1976, Cass. n 15919/2013).
Accogliere la conclusione della Corte d’Appello – prosegue il ricorrente – significherebbe che il giudice richiesto della fissazione di nuova udienza ex articolo 269 c.p.c. sarebbe obbligato a provvedere, perche’ altrimenti il chiamante perderebbe il suo diritto di regresso o di manleva; al contrario, il giudice puo’ rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo per ragioni di economia processuale e per motivi di ragionevole durata del processo intrinseci ad ogni sua scelta, posto che l’azione di regresso (o di rivalsa) potrebbe essere oggetto di accertamento in un futuro giudizio (Cass., Sez. Un., n. 4309/2010 ed altre).
Ulteriore argomento a supporto della tesi rappresentata e’ costituito dall’erronea affermazione, da parte della Corte di merito, che la proposizione di un’autonoma azione favorirebbe l’abuso dello strumento processuale e determinerebbe la lesione del diritto di difesa della parte a cui favore sono maturate le preclusioni, perche’ essa confonderebbe il diritto di difesa del terzo nel processo con l’inesistente possibilita’ per il terzo di sottrarsi al processo.
Il motivo e’ fondato.
Deve muoversi, a giudizio del Collegio, da alcune premesse.
In primo luogo, deve essere ribadito che, in astratto, “Una regressione delle fasi processuali, ovvero anche del grado di giudizio, puo’ trovare giustificazione soltanto in presenza di vizi di nullita’ insanabile degli atti del processo o nel caso in cui la parte non sia stata posta in grado di esercitare il proprio di diritto difesa, incorrendo in decadenza per “causa ad essa non imputabile” (gia’ articolo 184 bis c.p.c., ora articolo 153 c.p.c., comma 2, nel testo riformato dalla L. n. 69 del 2009), e non puo’ invece mai dipendere dall’esercizio di attivita’ processuali rimesse a “scelte di opportunita’” ovvero a “facolta’” attribuite alle parti (es. articolo 103 c.p.c., comma 1, articolo 104 c.p.c., comma 1 e articoli 105 e 106 c.p.c.) od ancora all’esercizio di “poteri discrezionali” attribuiti al Giudice (es. articolo 103 c.p.c., comma 2, articolo 104 c.p.c., comma 2 e articoli 107 e 274 c.p.c.)”: Cass. 5/10/2018, n. 24529.
Ora, nel caso di specie, il Tribunale, attraverso una sua scelta discrezionale, aveva disposto la riunione dei due procedimenti: quello del soggetto asseritamente danneggiato nei confronti del Comune e quello promosso dal Comune nei confronti delle due societa’ individuate come responsabili dell’illecito occorso alla vittima.
Detti procedimenti erano certamente connessi oggettivamente per titolo, ma non identici, atteso che tra essi si configurava solo una comunanza della situazione da cui traevano origine le domande azionate, ma non gia’ l’identita’ della causa petendi, ne’ l’identita’ dei soggetti.
Proprio l’assenza del requisito dell’identicita’ dei giudizi e’ d’ostacolo all’applicazione del principio di cui a Cass. 15/01/2015, n. 567, poi piu’ volte ribadito, evocato nella sentenza impugnata, e non puo’ quindi essere lamentata la violazione del principio di autonomia processuale tra le cause connesse per l’oggetto od il titolo riunite ai sensi dell’articolo 274 c.p.c.
Non esistevano dunque ragioni per ritenere impedito il recupero dell’azione nei confronti delle terze chiamate con la proposizione di un giudizio autonomo volto ad ottenere l’accertamento della loro responsabilita’ esclusiva per i danni occorsi alla vittima e non vi era alcuna esigenza di conformare l’attivita’ processuale al principio del “ne bis in idem” (e della certezza dei rapporti giuridici), tantomeno quella di evitare un uso strumentale del processo, inteso ad aggirare il sistema delle preclusioni e le decadenze maturate, in pregiudizio del diritto di difesa della controparte.
Ne’ puo’ sottacersi il fatto che in tema di chiamata in causa di un terzo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario di cui all’articolo 102 c.p.c., e’ discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo, chiesta tempestivamente dal convenuto ai sensi dell’articolo 269 c.p.c., come modificato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353; conseguentemente, qualora sia stata chiesta dal convenuto la chiamata in causa del terzo, in manleva o in regresso, il giudice puo’ rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo, motivando la propria scelta sulla base di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo, in quanto “cio’ non lede il diritto del convenuto nei confronti del chiamato, esercitabile in un successivo ed autonomo giudizio trattandosi di litisconsorzio solo facoltativo ed eventuale” (Cass., Sez. Un., 4309/2010).
Deve affermarsi pertanto che la Corte territoriale sia incorsa in un evidente errore di sussunzione, applicando alla fattispecie per cui e’ causa un principio di diritto ad essa non confacente.
Va, peraltro, rilevato che nessuna lesione del diritto di difesa e del contraddittorio avevano subito le terze chiamate che giustificasse l’accoglimento dell’eccezione di preclusione processuale da esse sollevata nel giudizio di appello.
Dando per appurato che il Comune convenuto fosse decaduto dalla facolta’ di chiamare in giudizio (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS), deve osservarsi, del resto, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “quando un terzo e’ chiamato in causa nel giudizio introdotto fra altri, egli e’ certamente legittimato… a svolgere contestazioni quanto al rapporto sostanziale dedotto fra le parti originarie… Riguardo al rapporto processuale fra dette parti il terzo parimenti puo’ svolgere contestazioni che, se accolte comporterebbero la definizione in rito del giudizio originario e, quindi, il rigetto della domanda per ragioni di rito nei confronti del contenuto, con la conseguenza che automaticamente, almeno di norma, la domanda rivolta dal convenuto nei suoi riguardi non dovrebbe essere esaminata, per carenza di interesse del convenuto che l’aveva proposta, atteso che non v’e’ decisione pregiudizievole, da cui egli debba essere garantito.
Le contestazioni potrebbero riguardare anche questioni relative al rapporto processuale, che, se non risolte, impediscono la decisione sulla domanda principale (si pensi alla nullita’ per vizi relativi alla editio actionis della domanda principale)”, ma gli e’ precluso formulare contestazioni che riguardino il rapporto processuale altrui che ha determinato il suo ingresso nel processo, per carenza di interesse, perche’ “ineriscono soltanto il rapporto processuale originario e non coinvolgono il suo se non nel senso che e’ l’irritualita’ che ha determinato la sua entrata nel processo altrui”.
Cio’ che conta mettere in risalto e’ che l’entrata in giudizio del terzo “non e’, pero’, di per se’ un pregiudizio… e’ solo espressione del potere di azione del convenuto, che esisteva nei suoi confronti a prescindere dalle modalita’ con cui avrebbe dovuto esercitarsi nell’ambito del processo originario e che, dunque, non puo’ essere censurato quanto ad irritualita’ del suo esercizio nell’ambito di quel rapporto” (Cass. 07/05/2013, n. 10579).
Ne’ possono trascurarsi altre due circostanze: a) l’attore originario aveva esteso la domanda nei confronti delle terze chiamate nel giudizio riunito, con cio’ dimostrando – a prescindere dalla giurisprudenza che ammette l’estensione automatica della domanda dell’attore nei confronti dei terzi chiamati – che vi era stata un’inequivoca manifestazione di volonta’ dell’attore di estendere la domanda originaria nei confronti delle terze chiamate in giudizio (Cass. 19/02/2019, n. 4724); b) le terze chiamate, nel giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale, avevano avuto la possibilita’ di svolgere pienamente le loro difese.
2) Con il secondo motivo alla Corte d’Appello e’ imputata “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2043, 2051, 1298, 1299 c.c., articoli 102, 103, 106, 32, 167, 269 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3)”, perche’ i giudizi n. 259/2009 e 434/2020 non erano identici; il primo aveva ad oggetto l’azione risarcitoria verso il Comune, fondata sull’articolo 2051 c.c. o sull’articolo 2043 c.c., il secondo riguardava l’azione di garanzia del convenuto verso i soggetti da cui pretendeva di essere manlevato.
Neppure vi sarebbe stata identita’ dal punto di vista processuale, posto che nel caso di azione di manleva o di regresso si versa in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, il giudizio sulla domanda principale e quello sulla domanda di garanzia restano distinti e sono suscettibili di separazione ai sensi dell’articolo 103 c.c., comma 2.
Il motivo e’ assorbito dall’accoglimento di quello precedente.
Ricorso incidentale di (OMISSIS).
3) Con il primo motivo, rubricato “Violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 3: violazione/falsa applicazione dell’articolo 274 c.p.c.”, viene attinta da censura la statuizione con cui la Corte di merito ha accolto l’eccezione di inammissibilita’ della riunione del giudizio principale e di quello avente ad oggetto la chiamata in garanzia, perche’ la valutazione dell’opportunita’ di trattazione congiunta di piu’ cause e’ rimessa alla discrezionalita’ del giudice e non e’ sindacabile in sede di gravame.
4) Con il secondo motivo e’ dedotta in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 “violazione/falsa applicazione degli articoli 103, 106, 167 e 269, 273, 274 c.p.c.”, per avere la Corte di merito ritenuto che il Comune avesse aggirato le decadenze processuali in cui era incorso nel primo giudizio, introducendo inammissibilmente un secondo giudizio identico al primo.
La tesi del ricorrente e’ che i due giudizi non fossero affatto identici, perche’ erano diversi il petitum e le parti coinvolte, ne’ erano maturate preclusioni a favore di alcuna delle parti del primo giudizio, e che la sua domanda nei confronti del Comune, per il mero fatto che il convenuto avesse dedotto l’esclusiva o concorrente responsabilita’ di (OMISSIS) e della societa’ (OMISSIS) al fine di esserne garantito e manlevato, si fosse estesa automaticamente nei confronti delle terze chiamate, indipendentemente dalla estensione da lui espressamente operata.
5) Con il terzo motivo il ricorrente ascrive al giudice d’appello, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, “violazione/falsa applicazione degli articoli 103, 106, 269, 273, 274 c.p.c.”, perche’ non avrebbe tenuto conto che la chiamata in giudizio de terzo e’ una facolta’ e non un onere il cui inadempimento precluda la possibilita’ di agire in separato giudizio; ne’ la Corte di merito avrebbe tenuto conto che la trattazione unitaria era particolarmente opportuna per l’espletamento della CTU medica e per l’assunzione delle prove testimoniale, come aveva affermato il Tribunale quando aveva ritenuto la trattazione congiunta necessaria al fine di evitare un contrasto tra giudicati considerando che entrambi i giudizi erano volti a verificare chi fosse il responsabile del sinistro.
6) I motivi formulati con il ricorso incidentale, che ruotano tutti attorno all’accoglimento della eccezione di inammissibilita’, per intervenuta decadenza, della chiamata in causa di (OMISSIS) e della societa’ (OMISSIS) in un nuovo processo poi riunito al precedente sono pressoche’ integralmente coincidenti con il primo motivo del ricorso principale, gia’ ritenuto fondato, cui si rinvia; va quindi considerato assorbito.
7) Va quindi accolto il primo motivo del ricorso principale, il secondo e’ assorbito; l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale determina l’assorbimento del ricorso incidentale.
8) La sentenza e’ cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il secondo motivo; dichiara assorbito il ricorso incidentale; rinvia, in relazione al motivo accolto, alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvedera’ anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

 

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