L’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|5 aprile 2023| n. 9385.

L’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto

L’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo sul bene e, quindi, non al mero accertamento dell’inesistenza della pretesa servitù ma al conseguimento della cessazione della dedotta situazione antigiuridica, al fine di ottenere la libertà del fondo, mentre la domanda di riduzione in pristino per aggravamento di servitù esistente prospetta un’alterazione dei luoghi compiuta dal titolare di una servitù prediale, trovando fondamento nei rimedi di cui agli articoli 1063 e 1067 del Codice civile.

Sentenza|5 aprile 2023| n. 9385. L’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto

Data udienza 23 marzo 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Azione negatoria servitutis – Negazione di qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo sul bene – Differenza rispetto alla domanda di riduzione in pristino per aggravamento della servitù – Aggravamento dell’esercizio della servitù sul fondo dominante – Presupposti – Realizzazione di un ulteriore accesso alla proprietà servente integra di per sé l’aggravamento – Duplicazione degli ingressi

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi G. – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28837/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), ( (OMISSIS)), (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), ( (OMISSIS)), (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1420/2018 depositata il 02/07/2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/03/2023 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.

L’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto

RAGIONI DI FATTO

(OMISSIS) conveniva (OMISSIS) avanti il Tribunale di Palermo, esponendo che il convenuto – il quale utilizzava per l’accesso al proprio fondo una stradella posta su un terreno attoreo – aveva illegittimamente intrapreso opere volte alla realizzazione di un nuovo varco di accesso sul predetto tracciato, demolendo arbitrariamente una notevole porzione del muro di contenimento. Si costituiva il (OMISSIS), affermando di aver aperto il varco sulla sua proprieta’ e svolgendo domanda riconvenzionale di accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione della servitu’ di passaggio. Veniva chiamata e si costituiva in giudizio (OMISSIS), usufruttuaria di un fondo confinante, che aderiva alla posizione processuale dell’attrice.
In esito all’istruttoria, il giudice adito rigettava la domanda, affermando che la stradella era stata realizzata in parte sul fondo (OMISSIS) ed in parte su quello del convenuto. Accoglieva, per converso, la domanda riconvenzionale.
La sentenza anzidetta era ritualmente impugnata da (OMISSIS), ed – in via incidentale – da (OMISSIS), avanti la Corte d’Appello di Palermo, la quale, con sentenza n. 1420 del 2 luglio 2018, accoglieva il gravame, negando il diritto dell’appellato ad aprire e mantenere il secondo varco, ma riconfermando l’acquisto per usucapione del diritto di servitu’ pedonale e carrale dal primo varco all’imbocco della strada pubblica.
Per i giudici di secondo grado non risultava chiaro, ne’ dalla planimetria allegata, ne’ dalla documentazione delle parti, se il secondo varco fosse stato aperto dal (OMISSIS) proprio all’altezza della porzione di terreno ricadente sulla sua stessa proprieta’. In ogni caso, tale circostanza sarebbe stata irrilevante, posto che il percorso si sarebbe sviluppato sopra la stradella e quindi sulla proprieta’ (almeno prevalente) (OMISSIS), comportando un illegittimo aggravio dell’esercizio del passaggio sulla stradella medesima.
Contro la predetta sentenza ricorre per cassazione (OMISSIS), affidandosi a dieci motivi, illustrati da successiva memoria ex articolo 378 c.p.c. Resiste con controricorso (OMISSIS), mentre e’ rimasta intimata (OMISSIS).
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo, terzo, quarto, nono e decimo motivo, nonche’ la declaratoria di inammissibilita’ del quinto, sesto, settimo ed ottavo motivo.

L’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto

RAGIONI DI DIRITTO

1) Con la prima doglianza, il ricorrente invoca la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 112 e 345 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4), giacche’ la Corte d’appello avrebbe pronunziato su una domanda nuova, proposta per la prima volta dalle appellanti in sede di gravame, omettendo di decidere sulla relativa eccezione processuale svolta dal (OMISSIS). Costui rileva, in particolare, che la sentenza impugnata, dopo aver qualificato l’azione avversaria come negatoria servitutis, avrebbe accolto una domanda radicalmente diversa, ex articolo 1067 c.c.
1.1) Con il secondo motivo, il (OMISSIS) assume la nullita’ della sentenza per violazione del giudicato interno, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, e per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 3, in quanto, a fronte dell’affermazione del Tribunale circa l’insistenza dell’apertura del varco all’interno della proprieta’ (OMISSIS), e della mancata impugnazione sul punto, la Corte territoriale avrebbe illegittimamente vietato l’utilizzo del medesimo varco.
1.2) Con il terzo mezzo, viene lamentata la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1067 e 949 c.c., giacche’ la sentenza impugnata avrebbe erroneamente sussunto la fattispecie sotto lo schema giuridico del divieto di aggravamento della servitu’ di passaggio anziche’ sotto quello dell’azione negatoria.
2) I primi tre motivi, che possono essere scrutinati congiuntamente, perche’ attaccano la sentenza impugnata sotto l’essenziale profilo del mutamento della domanda avversaria, sono infondati.
2.1) Nella ricostruzione del fatto, la Corte d’appello afferma che l’ (OMISSIS) e la (OMISSIS) avrebbero qualificato l’originaria domanda come actio negatoria servitutis e che, successivamente, nel gravame avrebbero lamentato che “la questione sottoposta al giudice non era il diritto del (OMISSIS) ad aprire il secondo passaggio sulla porzione di stradella di sua proprieta’, ma la questione dell’aggravio dell’esercizio della servitu’, in violazione del principio dell’articolo 1067 c.c., secondo il quale il proprietario del fondo dominante non puo’ fare innovazioni che rendono piu’ gravosa la condizione del fondo servente”.
2.2) E’ noto che l’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo sul bene e, quindi, non al mero accertamento dell’inesistenza della pretesa servitu’ ma al conseguimento della cessazione della dedotta situazione antigiuridica, al fine di ottenere la liberta’ del fondo, mentre la domanda di riduzione in pristino per aggravamento di servitu’ esistente prospetta un’alterazione dei luoghi compiuta dal titolare di una servitu’ prediale, trovando fondamento nei rimedi di cui agli articoli 1063 e 1067 c.c. (Sez. 2, n. 203 del 9 gennaio 2017).
2.3) Sul punto, tuttavia, la confusione sulla qualificazione giuridica dell’azione (fra l’altro, operata incidentalmente) da parte della Corte di Palermo non giova all’appellante. Infatti, la lettura dell’atto introduttivo – consentita a questa Corte dall’error in procedendo lamentato dal (OMISSIS) (Sez. 1, n. 29495 del 23 dicembre 2020; Sez. 6-1, n. 23834 del 25 settembre 2019) – mostra come l’ (OMISSIS) avesse fin da subito richiesto che la nuova apertura posta in essere ex adverso “dovra’ essere eliminata in quanto costituente un aggravamento della servitu'”, giacche’ controparte non avrebbe goduto “di alcun diritto di servitu’ attiva di passaggio sul fondo della signora (OMISSIS) su cui insiste la stradella, oltre il vecchio ed originario accesso gia’ concesso dal dante causa dell’attrice”.
Pertanto, la domanda di riduzione in pristino per aggravamento della servitu’ non costituisce domanda nuova, essendo stata proposta fin dall’atto di citazione introduttivo; esattamente i giudici di secondo grado, essendo stata la domanda replicata nel giudizio di appello, ne hanno tenuto conto ed hanno pronunziato in ordine ad essa.
3) La quarta lagnanza si appunta sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 1067 ed 832 c.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 3, considerato che, in ogni caso, non vi sarebbe stato alcun aggravamento della servitu’, in quanto esso non sarebbe potuto derivare dall’apertura del nuovo varco o dallo spostamento dello stesso, in difetto di ulteriori fatti e circostanze.
Il motivo e’ infondato.
3.1) Secondo la prospettazione della Corte d’appello “E’ dunque fondato l’argomento dell’appellante che ha contestato l’apertura di questo varco; il cui utilizzo postula l’illegittimo aggravio dell’esercizio del passaggio da parte del (OMISSIS) sulla stradella, dal momento che l’appellato, per raggiungere il nuovo varco, deve percorrere un tratto di stradella maggiore di quella percorsa quando fruiva solo del varco preesistente”.
3.2) La sentenza impugnata e’, sul punto, conforme alla giurisprudenza di questa Suprema Corte, la quale ha statuito che, in tema di servitu’ prediali, l’aggravamento dell’esercizio della servitu’, operata sul fondo dominante, va verificato accertando se l’innovazione abbia alterato l’originario rapporto con quello servente e se il sacrificio, con la stessa imposto, sia maggiore rispetto a quello originario, a tal riguardo valutandosi non solo la nuova opera in se’, ma anche con riferimento alle implicazioni che ne derivino a carico del fondo servente, assumendo in proposito rilevanza non soltanto i pregiudizi attuali, ma anche quelli potenziali connessi e prevedibili, in considerazione dell’intensificazione dell’onere gravante sul fondo servente. Da cio’ deriva che la realizzazione di un ulteriore accesso alla proprieta’ servente integra di per se’ l’aggravamento, implicando una duplicazione degli ingressi (Sez. 2, n. 20609 del 19 luglio 2021).
3.3) Esattamente, dunque, la Corte di Appello ha ritenuto illegittimo l’aggravio dell’esercizio del passaggio discendente dal fatto che “l’appellato, per raggiungere il nuovo varco, deve percorrere un tratto di stradella maggiore di quella percorsa quando fruiva solo del varco preesistente”.
4) Il quinto mezzo d’impugnazione, articolato in tre rilievi, riguarda l’omessa pronunzia in relazione all’actio confessoria ed usucapione ex articoli 1079 c.c. e 1158 c.c., la nullita’ della sentenza e del procedimento ex articolo 112 c.p.c. e per extrapetizione, da un lato, la nullita’ per difetto della giustificazione della decisione, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, dall’altro ed, infine, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione agli articoli 1079 e 1158 c.c. Il (OMISSIS) lamenta che la sua domanda per l’accertamento della servitu’ di passaggio rispetto al secondo tratto della stradella sarebbe stata ingiustamente reputata generica, laddove invece egli avrebbe chiaramente inteso ottenere il riconoscimento della servitu’ di passaggio per tutta la lunghezza della stradella.
4.1) Il sesto motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, deduce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, costituiti dagli aspetti fattuali integranti la specificita’ e la determinatezza della domanda, a fronte delle quali nessuna delle controparti avrebbe sollevato il problema della genericita’ della richiesta avversaria.
I due motivi sono inammissibili.
4.2) La sentenza impugnata, se e’ vero che ha stigmatizzato la genericita’ della domanda di usucapione formulata dall’odierno ricorrente, ha pero’ fondato il rigetto di tale domanda (per la parte compresa fra il nuovo accesso e quello gia’ esistente) su una diversa ratio decidendi (“Ora il (OMISSIS) non ha mai contestato di aver aperto il secondo varco sulla stradella in oggetto nel 2010 (limitandosi ad affermare la legittimita’ in quanto ricadente su terreno di sua proprieta’). Cio’ rende impossibile il configurarsi di un acquisto per usucapione del diritto di passare sul fondo (OMISSIS) fino a questo secondo varco”). Questo punto non e’ stato oggetto di specifica contestazione da parte dell’appellante.
4.3) Orbene, quando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su diverse “rationes decidendi”, ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro una di esse determina l’inammissibilita’ del gravame per l’esistenza del giudicato sulla “ratio decidendi” non censurata, piuttosto che per carenza di interesse (Sez. 2, n. 13880 del 6 luglio 2020).
5) Con la settima, complessa lagnanza, il ricorrente denuncia assenza di motivazione sul capo concernente l’actio confessoria e la domanda di usucapione, in relazione all’articolo 132 c.p.c. e per violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. nonche’ degli articoli 2727 e 2729 c.c., ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, “avuto riguardo alla pretermissione delle prove assunte ai fini della decisione”. In buona sostanza, la sentenza impugnata avrebbe fatto malgoverno delle prove, che avrebbero invece confermato gli assunti del (OMISSIS).

L’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto

Il motivo e’ inammissibile.
5.1) Secondo la Corte d’appello, i testi escussi in primo grado avrebbero confermato il passaggio dal varco sulla particella 175, “che e’ evidentemente diverso da quello oggetto del contenzioso”. Si tratta di un giudizio fattuale.
Ed e’ evidente che l’esame dei documenti esibiti e la valutazione degli stessi, come anche il giudizio sull’attendibilita’ dei testi e sulla credibilita’ di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2 n. 21127 dell’8 agosto 2019; Sez. 1, n. 19011 del 31 luglio 2017).
6) L’ottavo motivo si appunta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, sull’omesso esame di fatti, legati alla pretermissione delle prove assunte circa la proposta actio confessoria e la domanda di usucapione. Dall’istruttoria sarebbe emersa la dimostrazione dell’esercizio uti dominus della servitu’ di passaggio da parte del ricorrente sull’intero tracciato.
6.1) Il motivo e’ inammissibile, considerando che l’argomento e’ stato comunque trattato dalla Corte d’appello. In tal senso, la differente lettura proposta dal ricorrente non tiene conto del principio per il quale la doglianza non puo’ tradursi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Sez. U, n. 24148 del 25 ottobre 2013).
6.2) In ogni caso, la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U., n. 8053 del 7 aprile 2014; Sez. 1, n. 7090 del 3 marzo 2022; Sez. 1, n. 6758 del 1 marzo 2022).
Per il resto, la lagnanza pretende di ridiscutere valutazioni di merito.
7) Attraverso il nono motivo, si sostiene la nullita’ della sentenza e del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per ultrapetizione, in relazione all’articolo 112 c.p.c. La Corte distrettuale avrebbe pronunziato oltre la domanda proposta dalle appellanti, che aveva ad oggetto la negatoria servitutis solo sulla parte della stradella rientrante nella loro proprieta’.
Il predetto motivo resta assorbito nel rigetto dei primi quattro motivi.
8) Il decimo motivo rileva la violazione e falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articoli 4 e 5 in relazione alla L. n. 247 del 2012, articolo 13 ed in relazione all’articolo 91 c.p.c., giacche’, tenuto conto del valore della causa (Euro 1.100), il giudice d’appello avrebbe dovuto applicare lo scaglione piu’ ridotto.
Il motivo e’ inammissibile.
8.1) In tema di liquidazione delle spese processuali successiva al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe (Sez. 3, n. 89 del 7 gennaio 2021; Sez. 3, n. 19989 del 13 luglio 2021; Sez. 2, n. 14198 del 5 maggio 2022).
8.2) Pertanto il motivo, che non riporta i parametri minimo e massimo rispetto allo scaglione indicato dalle parti e che non consente l’accesso agli atti per il tipo di vizio denunciato – essendo fra l’altro il decreto ministeriale atto di natura meramente amministrativa non soggetto all’applicabilita’ del principio “iura novit curia” di cui all’articolo 113 c.p.c., da coordinare con l’articolo 1 preleggi (che non li comprende tra le fonti del diritto), con la conseguenza che spetta alla parte interessata l’onere della relativa produzione, la quale non e’ suscettibile di equipollenti (Sez. 5, n. 25995 del 15 ottobre 2019) – e’ carente di autosufficienza.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione civile, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore di (OMISSIS), liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 5.000 (cinquemila) per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, se dovuto.

L’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto

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