In tema di cessione di partecipazioni sociali ed il requisito della determinabilità dell’oggetto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 aprile 2023| n. 9347.

In tema di cessione di partecipazioni sociali ed il requisito della determinabilità dell’oggetto

In tema di cessione di partecipazioni sociali, soddisfa il requisito della determinabilità dell’oggetto – ed è dunque valida e non viola il canone di buona fede oggettiva – la clausola del contratto che preveda l’adeguamento del corrispettivo fissato alle sopravvenienze passive successivamente accertate (ossia verificate dopo la cessione), facenti capo alla società “target”, per fatti accaduti prima del perfezionamento dell’accordo traslativo, in ordine a causali specificate nei confronti di soggetti individuati.

Ordinanza|5 aprile 2023| n. 9347. In tema di cessione di partecipazioni sociali ed il requisito della determinabilità dell’oggetto

Data udienza 2 marzo 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Tributi – Società di capitali – Società target – Cessione quote sociali – Valore iniziale e finale – Clausole di aggiustamento del prezzo – Sopravvenienze passive – Compensazione prezzo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 22198-2017) proposto da:
(OMISSIS) S.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, quale incorporante di (OMISSIS) S.r.l., nonche’ (OMISSIS) S.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, quale cessionaria del ramo d’azienda di (OMISSIS) S.r.l., rappresentate e difese, giusta procura a margine del ricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla memoria di costituzione di nuovi difensori depositata il 31 gennaio 2023, dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), nel cui studio in (OMISSIS), ha eletto domicilio;
nonche’
(OMISSIS) (reg. n. (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, giusta procura per scrittura privata autenticata del 23 gennaio 2023, rep. n. 3922, dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), nel cui studio in (OMISSIS), ha eletto domicilio;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 690-2017, pubblicata il 20 luglio 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 marzo 2023 dal Consigliere relatore Cesare Trapuzzano;
lette le memorie depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..

FATTI DI CAUSA

1.- Con decreti ingiuntivi n. 1219-2009 e n. 1220-2009, depositati il 28 aprile 2009, muniti della clausola di provvisoria esecuzione inaudita altera parte, il Tribunale di Cagliari ingiungeva il pagamento, nei confronti della (OMISSIS) S.r.l. e della (OMISSIS) S.r.l. (anche quale incorporante della (OMISSIS) S.r.l.), della somma, rispettivamente, di Euro 226.666,78 e di Euro 226.666,61, oltre interessi, in favore della (OMISSIS), quale cessionaria dei crediti vantati da (OMISSIS) a titolo di prezzo residuo dovuto per la cessione della quota di partecipazione nella (OMISSIS) S.r.l..
Al riguardo, l’ingiungente sosteneva: che, con scrittura privata autenticata dell’8 giugno 2005, (OMISSIS), quale titolare della quota di nominali Euro 95.000,00 del capitale della (OMISSIS) S.r.l., aveva ceduto a) alla (OMISSIS) la quota di nominali Euro 47.500,00 per il corrispettivo di Euro 850.050,00, da pagarsi in 60 rate mensili di Euro 14.167,00 ciascuna, b) alla (OMISSIS) S.r.l. la quota di nominali Euro 23.750,00 per il corrispettivo di Euro 425.025,00, da pagarsi in 60 rate mensili di Euro 7.083,75 ciascuna, e c) alla (OMISSIS) S.r.l. la quota di nominali Euro 23.750,00 per il corrispettivo di Euro 425.025,00, da pagarsi in 60 rate mensili di Euro 7.083,75 ciascuna; che la scadenza dei pagamenti di tutte le rate suindicate era fissata dal 30 giugno 2005 al 31 maggio 2010; che all’articolo 4-bis dell’atto di cessione era convenuto che, qualora successivamente alla sottoscrizione dell’atto fossero “emerse situazioni debitorie nei confronti del Ministero dell’Economia, del Ministero del Welfare, dell’Inps e dell’Inail”, le societa’ acquirenti sarebbero state autorizzate a compensare quanto dovuto come corrispettivo per la cessione delle quote con quanto la (OMISSIS) S.r.l. fosse stata “tenuta a corrispondere per Iva, Irpef, Irpeg, Irap, Inail e Inps” e ad agire in ripetizione per l’eventuale eccedenza a sfavore; che, con successiva scrittura privata del 9 agosto 2005, essendo “emerse situazioni debitorie non conosciute in precedenza; possibilita’ di contenzioso con pubbliche amministrazioni e soggetti privati precedentemente non conosciute; penali applicate dalle pubbliche amministrazioni”, erano rinegoziate le condizioni economiche e le modalita’ di pagamento, talche’ il prezzo della cessione delle quote di (OMISSIS) era ridotto a complessivi Euro 1.600.000,00, di cui Euro 800.000,00 a carico di (OMISSIS) ed Euro 400.000,00 ciascuno a carico della (OMISSIS) e della (OMISSIS), con un nuovo programma rateale fissato; che in data 25 ottobre 2006 la (OMISSIS) era incorporata per fusione nella (OMISSIS); che, con scrittura privata autenticata in data 15 maggio 2008, (OMISSIS) aveva ceduto alla (OMISSIS) le proprie ragioni di credito vantate nei confronti della (OMISSIS) e della (OMISSIS); che la (OMISSIS) e la (OMISSIS) non avevano provveduto al pagamento delle rispettive rate mensili scadute di Euro 13.333,33 cadauna, per l’ammontare complessivo di Euro 226.666,78 e di Euro 226.666,61.
Con atti di citazione notificati l’8 giugno 2009, (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.r.l. proponevano due distinte opposizioni avverso gli emessi provvedimenti monitori e, per l’effetto, evocavano, davanti al Tribunale di Cagliari, la (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo che fosse accertata l’estinzione e/o l’insussistenza dei crediti azionati con i decreti ingiuntivi opposti ovvero, in via subordinata, che fossero accertate le eventuali minori somme dovute, in ragione della clausola di compensazione di cui all’articolo 4-bis della scrittura di cessione, essendo state destinatarie di numerosi atti di accertamento e di cartelle esattoriali riferibili al periodo antecedente alla cessione. In via riconvenzionale, chiedevano la condanna della (OMISSIS) al pagamento delle somme pari al saldo di compensazione tra il credito vantato a titolo di corrispettivo delle quote cedute e le sopravvenienze passive sostenute dalle cessionarie, da accertarsi in corso di causa.
Si costituivano nei due giudizi la (OMISSIS) e (OMISSIS), che resistevano alle domande avversarie e ne chiedevano il rigetto.
Riuniti i due giudizi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1095-2013, depositata il 26 marzo 2013, rigettava le opposizioni spiegate nonche’ le domande riconvenzionali avanzate verso il terzo e, per l’effetto, confermava i provvedimenti monitori opposti.
In specie, la sentenza di prime cure rilevava che, pur non avendo la modifica dell’ammontare del corrispettivo attuata con la scrittura del 9 agosto 2005 determinato l’inefficacia sopravvenuta dell’articolo 4-bis dell’originario atto di cessione dell’8 giugno 2005, avuto riguardo al rinvio comunque contenuto nella medesima scrittura integrativa alle disposizioni dell’atto di cessione originario, nondimeno le situazioni rilevanti ai fini della compensazione dovevano essere limitate a quelle sorte in epoca precedente alla cessione, anche se non ancora consolidatesi in quella data, nei soli confronti dei soggetti espressamente individuati, sicche’ non avrebbero potuto includersi in tale ambito gli importi richiesti alla (OMISSIS) con cartelle esattoriali di cui agli anni 2004 e 2005, emesse per il recupero di imposte a titolo di Irpef, Irap e Ires, poiche’ si trattava di accertamenti confluiti nell’iscrizione a ruolo e gestiti dalla (OMISSIS) in epoca successiva alla cessione, rispetto ai quali era stata rimessa totalmente alla discrezionalita’ delle cessionarie l’ammontare delle somme da corrispondersi all’Agenzia delle Entrate.
2.- Con atto di citazione del 9 maggio 2013, proponevano appello la (OMISSIS) S.r.l. e la (OMISSIS) S.r.l., quale cessionaria del ramo d’azienda di (OMISSIS) S.r.l., le quali contestavano la non corretta ricostruzione della comune intenzione delle parti in relazione alla portata precettiva dell’articolo 4-bis dell’atto di cessione dell’8 giugno 2005 nonche’ l’omessa pronuncia, nei confronti della (OMISSIS), in ordine all’accertamento del credito vantato, alla luce delle sopravvenienze passive.
Si costituivano nel giudizio di impugnazione la (OMISSIS) e (OMISSIS), che chiedevano il rigetto dell’appello, in quanto infondato in fatto e in diritto.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Cagliari, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata, sulla scorta di due rationes decidendi, ciascuna idonea a supportare l’esito decisorio.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: 1) in ordine alla prima ratio decidendi: a) che, con l’accordo modificativo del 9 agosto 2005, era stata direttamente e transattivamente disposta una forfettaria e finale riduzione dell’originario prezzo di cessione, avuto riguardo alle medesime causali di cui all’articolo 4-bis dell’accordo dell’8 giugno 2005, sicche’, attraverso il citato accordo integrativo, si era proceduto ad una nuova regolamentazione del rapporto di vendita, individuando un prezzo chiuso di cessione, proprio per prevenire il rischio del verificarsi delle condizioni stabilite dall’originario articolo 4-bis; b) che la nuova regolamentazione del rapporto di vendita, con la previsione di una riduzione del prezzo, richiamava le stesse generiche ipotesi previste dall’articolo 4-bis, ovverosia le sopravvenienze passive con l’amministrazione e il rischio di penali e di contenziosi; c) che, infatti, difettava un’esplicita previsione di salvaguardia della precedente clausola 4-bis rispetto al nuovo accordo, con l’effetto che la cristallizzazione del prezzo di compravendita, secondo la stabilita riduzione forfettaria, contemplava tutte le possibili sopravvenienze; 2) in ordine alla seconda ratio decidendi: d) che, anche ove si fosse ritenuto che la successiva scrittura avesse avuto valenza non gia’ modificativa ma esclusivamente integrativa delle originarie volonta’ contrattuali, sarebbe stato precluso ai cessionari di porre in detrazione sul prezzo di vendita, piu’ volte, la medesima sopravvenienza, sia a titolo di riduzione forfettaria del prezzo finale, sia a titolo di ulteriore causa di riduzione ai sensi dell’articolo 4-bis; e) che, comunque, il contenuto di tale articolo 4-bis era generico e indeterminato nell’individuazione delle poste da imputare alla riduzione del prezzo, cosi’ come generico era il momento della determinazione dell’ammontare delle passivita’ da porre in detrazione (al momento della notifica di una cartella ovvero del definitivo e successivo accertamento, con l’imputazione di eventuali more nei pagamenti, a fronte di eventuali transazioni raggiunte dal cessionario con la P.A.); f) che, dunque, era riconosciuta ai cessionari una discrezionalita’ che contrastava con i principi di lealta’ e buona fede, poiche’ rimetteva la determinazione del prezzo finale di vendita ad un vero e proprio libero arbitrio della sola parte beneficiaria della cessione.
3.- Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la (OMISSIS) S.r.l., quale incorporante della (OMISSIS) S.r.l., e la (OMISSIS) S.r.l., quale cessionaria del ramo d’azienda della (OMISSIS) S.r.l. Hanno resistito con separati controricorsi le intimate (OMISSIS) e la (OMISSIS).
4.- Le parti hanno presentato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- In primis, occorre affrontare la questione preliminare sollevata dai ricorrenti nella memoria illustrativa – avverso cui si sono opposti i controricorrenti con le “note d’udienza” depositate il 27 febbraio 2023 -, in ordine all’asserita nullita’ dell’atto di cessione dei crediti vantati da (OMISSIS) verso (OMISSIS) e (OMISSIS), in favore della (OMISSIS), per mancanza di autorizzazione e/o iscrizione di (OMISSIS) all’albo degli intermediari finanziari, ai sensi degli articoli 106 e 107 del T.U.B..
Tale rilievo e’ supportato da un documento asseritamente desunto dal sito di Banchitalia, in cui comparirebbero altre societa’ di factoring iscritte, ma non la (OMISSIS).
L’eccezione e’ inammissibile, non solo perche’ sollevata irritualmente (solo con la memoria illustrativa), ma anche perche’ il documento allegato alla memoria e’ stato prodotto in spregio alla previsione di cui all’articolo 372 c.p.c. (sia quanto al suo oggetto – che non attiene alla nullita’ della sentenza impugnata e all’ammissibilita’ del ricorso o del controricorso – sia per difetto di notificazione alle controparti) e, in ogni caso, non ha alcuna rilevanza probatoria sul punto.
Infatti, l’eccezione di nullita’ del contratto di cessione (mai articolata nei precedenti gradi di merito) non si fonda su atti gia’ allegati nel corso del giudizio di merito, ma su un nuovo documento, prodotto colpevolmente solo in sede di legittimita’, peraltro non gia’ al tempo dell’apertura del giudizio con la notifica e il deposito del ricorso introduttivo, bensi’ solo nell’appendice della fase pre-decisoria (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 28004 del 09/12/2020; Sez. 3, Sentenza n. 5953 del 18/03/2005).
2.- Tanto premesso, con il primo motivo i ricorrenti denunciano (quanto alla prima ratio decidendi), ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1230 e 1965 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che l’obbligazione di garanzia del venditore, di cui all’articolo 4-bis del contratto di cessione delle quote sociali dell’8 giugno 2005, in ordine alla decurtazione dal prezzo delle sopravvenienze passive della (OMISSIS), si fosse estinta, in forza di transazione novativa, all’esito della stipulazione della scrittura integrativa del 9 agosto 2005.
Per l’effetto, secondo la pronuncia impugnata, mediante la riduzione del corrispettivo delle cessioni si sarebbe tenuto conto di tali sopravvenienze, cosicche’ le parti avrebbero inteso sostituire, all’originaria obbligazione di garanzia assunta dalla (OMISSIS), una nuova garanzia, consistente nella riduzione del prezzo di vendita, forfettaria e definitiva.
Senonche’, ad avviso degli istanti, sarebbe inammissibile e/o invalida una novazione tacita, in mancanza di una modifica dell’obbligazione preesistente o di un’incompatibilita’ tra la prestazione originaria e quella modificata, cosi’ come sarebbe inammissibile e/o invalida una transazione relativa ad un contratto di vendita che preveda concessioni solo da parte del venditore in favore dell’acquirente (e non gia’ reciproche); con la conseguenza che, in seguito alla stipula dell’atto di compravendita, avente ad oggetto la partecipazione totalitaria nella societa’ di capitali (OMISSIS), con assunzione dell’obbligo del venditore di garantire l’acquirente, a fronte di sopravvenienze passive sul patrimonio della societa’, l’accordo successivo tra le parti sulla riduzione del prezzo non avrebbe implicato il venir meno del predetto obbligo di garanzia.
2.1.- Il motivo e’ fondato.
Ed infatti, per un verso, la volonta’ delle parti di estinguere l’obbligazione di garanzia originaria, attraverso la scrittura integrativa del 9 agosto 2005, deve risultare in modo espresso e inequivoco – mentre non puo’ essere desunta mediante l’applicazione del canone ermeneutico delle indicazioni esemplificative ex articolo 1365 c.c., come delibato dalla pronuncia impugnata – e, per altro verso, la fattispecie novativa e’ preclusa allorche’, in mancanza della pattuizione di obbligazioni incompatibili, la scrittura integrativa preveda una clausola di salvaguardia secondo cui restano ferme tutte le disposizioni dell’atto di cessione originario, non espressamente modificate dall’atto integrativo.
Ne’ tra le parti puo’ ritenersi conclusa una transazione, ove difetti la volonta’ atta a definire una res litigiosa, con reciproche concessioni (aliquid datum, aliquid retentum).
Sotto il primo profilo, affinche’ si abbia novazione oggettiva e’ necessario, oltre al mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione (aliquid novi), l’animus e la causa novandi, consistenti, il primo, nella manifestazione inequivoca dell’intento novativo e, la seconda, nell’interesse comune delle parti all’effetto novativo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27028 del 14/09/2022; Sez. L, Sentenza n. 27390 del 29/10/2018; Sez. 3, Sentenza n. 5665 del 09/03/2010; Sez. L, Sentenza n. 4670 del 26/02/2009; Sez. 3, Sentenza n. 20906 del 28/10/2004; Sez. L, Sentenza n. 16038 del 17/08/2004; con precipuo riguardo alla transazione novativa Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7194 del 13/03/2019). Animus che e’ escluso ove le parti, nel sostituire l’oggetto dell’obbligo precedente, richiamino tutti gli altri patti gia’ stipulati, in tal modo consentendo la coesistenza tra la nuova e l’originaria obbligazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6893 del 03/07/1999).
Sul piano oggettivo non si puo’ prescindere dalla genesi di una nuova obbligazione, incompatibile con il persistere dell’obbligazione originaria (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5117 del 22/05/1998; Sez. 3, Sentenza n. 4427 del 10/05/1996).
Sul piano subiettivo l’animus costituisce elemento essenziale che deve essere in concreto provato (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1218 del 21/01/2008; Sez. 2, Sentenza n. 12421 del 19/09/2000; Sez. 2, Sentenza n. 12039 del 12/09/2000; Sez. 2, Sentenza n. 9867 del 27/07/2000; Sez. 2, Sentenza n. 9354 del 14/07/2000).
Nella fattispecie la paventata comune intenzione delle parti di estinguere l’obbligazione di garanzia di cui all’articolo 4-bis dell’originario atto di cessione concluso in data 8 giugno 2005, per effetto del contratto integrativo stipulato in data 9 agosto 2005 – che si e’ limitato a disporre la riduzione del prezzo complessivo da Euro 1.700.100,00 ad Euro 1.600.000,00 – non e’, dunque, ne’ espressa, ne’ inequivoca, secondo lo stesso dictum della sentenza d’appello.
E d’altronde detta intenzione non risulta per fatti concludenti, anzi risulta espressamente manifestata la contraria volonta’ delle parti di far salve le clausole dell’originario atto di cessione non espressamente derogate dall’atto integrativo.
Pertanto, e’ violato il precetto di cui all’articolo 1230, comma 2, c.c., a mente del quale la volonta’ di estinguere l’obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco.
Segnatamente la previsione della riduzione del prezzo di vendita, con un allungamento dei termini di scadenza delle rate, non ha determinato un mutamento del titolo di cui all’originario atto di cessione, quanto alla garanzia prestata in favore del cessionario ed a carico del cedente sullo scomputo dal prezzo pattuito delle sopravvenienze passive relative alla societa’ le cui quote sono state cedute, non essendovi alcuna incompatibilita’ prospettata tra l’originaria obbligazione di garanzia e la successiva riduzione del prezzo.
Tanto piu’ che l’oggetto dei due atti differisce, per carenza di perfetta coincidenza, quanto alle passivita’ considerate: nel primario atto di cessione dell’8 giugno 2005 vengono espressamente contemplate le passivita’ di (OMISSIS) quanto alle causali dell’Iva, Irpef, Irpeg, Irap, Inail e Inps, verso soggetti determinati, mentre le passivita’ evocate nell’atto integrativo del 9 agosto 2005, ai fini della concordata riduzione del prezzo, riguardano genericamente i rapporti con la pubblica amministrazione e con soggetti privati, in difetto di alcuna specificazione delle causali (se non con riferimento a non meglio emarginate “penali”), peraltro senza un’espressa esternazione di una volonta’ sostitutiva o transattiva della precedente obbligazione contratta (anzi rinviando alle clausole dell’originario atto di cessione non espressamente modificate).
Inoltre, la riduzione del corrispettivo, nella misura risultante dalla differenza tra il quantum originario e il quantum nuovamente stabilito, non e’ affatto indicativa della volonta’ di rinunciare all’aggiornamento del prezzo per sopravvenienze passive ulteriori, secondo la clausola prevista nel contratto di cessione.
Sotto il secondo profilo evidenziato, e per le stesse ragioni, non ricorre una transazione novativa, quale atto di composizione dell’originario rapporto litigioso mediante la conclusione di un rapporto costitutivo di obbligazioni autonome, diverse da quelle originarie, semmai sussistendo un atto di composizione del rapporto litigioso esclusivamente mediante modifiche alle obbligazioni preesistenti (in ordine alla misura del prezzo complessivo di cessione delle partecipazioni sociali, in ragione delle rilevate passivita’ verso privati e verso la pubblica amministrazione), senza elisione del collegamento con l’originario rapporto (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 17869 del 23/06/2021; Sez. 6-1, Ordinanza n. 21371 del 06/10/2020; Sez. 1, Sentenza n. 23064 del 11/11/2016; Sez. 3, Sentenza n. 15444 del 14/07/2011).
3.- Con il secondo motivo i ricorrenti deducono (quanto alla seconda, concorrente ratio decidendi), ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1325, 1372, 1374, 1418, 1419 e 1375 c.c., per avere la Corte di merito disapplicato la “garanzia” a carico della cedente prevista dall’articolo 4-bis del contratto di cessione di quote dell’8 giugno 2005, in ragione dell’asserita indeterminatezza della previsione della compensazione del prezzo dovuto con le sopravvenute passivita’, in violazione dei canoni di lealta’ e buona fede oggettiva.
Secondo gli istanti, siffatta disapplicazione avrebbe, da un lato, violato i principi sull’efficacia vincolante del contratto tra le parti e, dall’altro, implicato la sostanziale nullita’ della clausola di “garanzia”, senza che vi fossero i presupposti che legittimano la declaratoria di invalidita’.
Per l’effetto, continuano i ricorrenti, in relazione ad un atto di compravendita avente ad oggetto una partecipazione totalitaria in una societa’ di capitali, non avrebbe dovuto ritenersi nulla o inefficace una clausola di “garanzia” del venditore-cedente sulla sopravvenienza di passivita’ fiscali e previdenziali incidenti sul patrimonio della societa’, le cui quote sono state cedute, sebbene essa non specifichi: a) se si debba considerare l’importo indicato al momento della notifica di una cartella ovvero al momento dell’accertamento definitivo; b) quale parte debba gestire eventuali contenziosi con i creditori; c) gli effetti di eventuali transazioni con il creditore.
Ne discende, ad avviso dei ricorrenti, che – contrariamente all’assunto della pronuncia impugnata -, in relazione ad un atto di compravendita avente ad oggetto una partecipazione totalitaria in una societa’ di capitali, non dovrebbe considerarsi nulla o inefficace una clausola sulle sopravvenienze passive che non preveda meccanismi di accertamento, arbitraggio o di verifica in contraddittorio delle sopravvenienze passive, spettando al giudice risolvere la controversia ai sensi degli articoli 112 c.p.c. e/o 1372 c.c..
3.1.- La censura e’ fondata.
Ed infatti le clausole che attribuiscono rilievo alle sopravvenienze passive della societa’ (societa’ target), le cui partecipazioni siano cedute, “garantisce” una determinata situazione debitoria della societa’ ovvero un determinato valore patrimoniale netto dell’azienda, sicche’ lo scopo di queste previsioni consiste nel dettare una specifica disciplina pattizia dei fatti che influiscono sul valore delle quote – o, piu’ propriamente, sul patrimonio dell’azienda, che e’ indirettamente l’utilita’ che si prefigge di raggiungere la parte acquirente della totalita’ delle partecipazioni sociali – cosicche’, a tutela di parte acquirente, in caso di insorgenza di sopravvenienze passive, il corrispettivo puo’ essere adeguato alla minore consistenza patrimoniale societaria oppure, per effetto dell’integrazione di tale ultima situazione, puo’ essere riconosciuto un obbligo di “manleva”, attraverso la prestazione di un indennizzo.
In proposito, si premette che la cessione delle azioni di una societa’ di capitali o di persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale (bene di secondo grado) e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2087 del 14/02/2012; Sez. 1, Sentenza n. 15220 del 23/06/2010; Sez. 3, Sentenza n. 16031 del 19/07/2007; Sez. 1, Sentenza n. 26690 del 13/12/2006; Sez. 1, Sentenza n. 5773 del 21/06/1996; Sez. L, Sentenza n. 10829 del 15/10/1991; Sez. 1, Sentenza n. 1836 del 21/06/1974).
Ne consegue che siffatte pattuizioni di “garanzia” (c.d. sale purchase agreement), assunte dal cedente di partecipazioni sociali, in ordine alla situazione patrimoniale o debitoria della societa’, hanno la funzione di neutralizzare l’incidenza negativa di atti o fatti di gestione compiuti prima del mutamento della compagine sociale.
Si tratta, peraltro, con riferimento alle clausole di “garanzia” del venditore in ordine alle sopravvenienze passive, di previsioni ricorrenti nel caso di cessione di partecipazioni societarie, essendo il loro effetto tipico quello di consentire all’acquirente di ridurre il corrispettivo della cessione per un ammontare pari all’importo delle sopravvenienze passive a carico della societa’, le cui quote sono state cedute, o di assicurarsi a posteriori (ossia dopo la corresponsione del prezzo), comunque, un indennizzo, alla stregua del sopravvenuto verificarsi di detti accadimenti.
In questa logica esse sono definite come clausole di price adjustment ovvero di indemnity, la cui finalita’ si traduce nella tutela dell’acquirente delle partecipazioni sociali in ordine a situazioni debitorie ancora ignote al momento del perfezionamento della cessione, i cui fatti costitutivi si siano, all’epoca, gia’ verificati, come accade per i debiti di natura tributaria o fiscale (c.d. due diligence), inevitabilmente accertati e quantificati in epoca successiva a quella in cui si e’ verificato l’omesso o insufficiente versamento, ma i cui effetti negativi sul patrimonio e sulle prospettive della societa’, le cui quote sono state cedute, non erano ancora oggettivamente percepibili al tempo in cui e’ stato raggiunto l’accordo di cessione.
3.2.- A questo punto, occorre rilevare che le clausole di indemnity si distinguono dalle clausole di price adjustment in senso proprio (ossia di “aggiustamento” del prezzo o, piu’ esattamente, di “adeguamento” o “revisione” del prezzo).
Siffatte ultime clausole – che operano nel caso di mancata determinazione del prezzo di cessione delle azioni in misura fissa e immutabile (come nel caso di specie, in cui il prezzo e’ stato stabilito in relazione ad un programma rateale che tiene espressamente conto delle possibili sopravvenienze passive in prospettiva verificabili, ai fini dell’adeguamento al ribasso del corrispettivo della cessione) – costituiscono il meccanismo negoziale strumentale alla determinazione del prezzo definitivo di cessione delle azioni, ogni qual volta quest’ultimo rappresenti l’espressione monetaria di un parametro patrimoniale (come il patrimonio netto o posizione finanziaria netta) o reddituale (come il margine operativo lordo – EBITDA) della societa’ target (c.d. “valore rilevante”), da calcolarsi alla data del trasferimento della proprieta’ delle azioni e dell’adempimento delle formalita’ esecutive del closing (closing date).
In tal caso, il prezzo viene inizialmente determinato dalle parti in via provvisoria, al momento della stipulazione del contratto di cessione (signing), sulla base della piu’ aggiornata possibile – rispetto alla data del closing – situazione patrimoniale, finanziaria e/o reddituale della societa’ target (tenendo conto di una determinata data di “riferimento”); mentre il corrispettivo viene fissato in via definitiva, sulla base di una nuova situazione patrimoniale, finanziaria e/o reddituale della societa’ target aggiornata alla data del closing, e quindi tale da coprire il periodo anteriore a quest’ultima data e successivo alla “data di riferimento”.
La (eventuale) differenza positiva o negativa tra il “valore rilevante” della societa’ target alla data di “riferimento” e quello alla data del closing legittima, appunto, l'”aggiustamento” (recte l'”adeguamento”) dell’iniziale prezzo provvisorio e, quindi, la fissazione del prezzo definitivo.
Per l’effetto, le clausole di “aggiustamento” del prezzo e quelle di indennizzo intervengono su piani diversi: le prime attengono alla determinazione della misura della prestazione principale e indefettibile a carico del compratore (pagamento del prezzo), sulla base degli inevitabili cambiamenti del “valore rilevante” della societa’ target tra la data di “riferimento” e la data del closing, e i relativi “aggiustamenti” del prezzo provvisorio possono essere indifferentemente a favore del compratore o del venditore, a seconda dei risultati della gestione della societa’ target nel citato periodo interinale (salvo che non sia pattiziamente previsto in concreto, come nel caso di specie, esclusivamente un adeguamento al ribasso); le seconde, viceversa, si ricollegano alla previsione di una prestazione complementare (ed eventuale) a carico del (solo) venditore (e che si aggiunge, quindi, a quella del prezzo, anche, se del caso, “aggiustato”), da eseguire in favore del compratore solo in caso di violazione delle clausole di “garanzia convenzionale” e, quindi, di difformita’ tra il “valore rilevante” della societa’ target garantito dal venditore e quello effettivo, allo scopo di ripristinare l’originario equilibrio tra le prestazioni corrispettive contrattuali principali. E cio’ dopo che l’effetto traslativo si e’ prodotto (con l’alienazione delle azioni a carico del venditore) in esito al finale assetto pecuniario della vicenda (con il pagamento del prezzo, definitivo e non provvisorio, a carico del compratore, ancorato al “valore rilevante”).
In sostanza, l’obbligo di indennizzo a carico del venditore e’ un meccanismo patologico, che attiene alla reintegrazione del valore delle azioni acquistate dal compratore, cosi’ come diminuito per effetto della difformita’ tra il “valore rilevante” della societa’ target “garantito convenzionalmente” e quello effettivo.
Per converso, gli obblighi di “aggiustamento” del prezzo (provvisorio) – secondo lo schema dell’aggiornamento del patrimonio netto (aggiustamento del prezzo su base economica) o della posizione finanziaria netta (aggiustamento del prezzo su base finanziaria) -, a carico del venditore o del compratore, consacrano un meccanismo fisiologico che concerne la fissazione del prezzo (definitivo), in funzione del “valore rilevante”, ossia effettivo della societa’ target alla data del closing.
Ancora, solo gli indennizzi, e non anche l’aggiustamento prezzo, sono soggetti a esclusioni, deduzioni, limitazioni, franchigie e massimali.
Sul piano pratico, siffatta differenza comporta more solito che, in caso di disaccordo tra le parti, la determinazione dell’indennizzo e’ devoluta al giudice, ordinario o arbitrale, trattandosi della risoluzione di una vera e propria controversia. La determinazione del prezzo da “aggiustare” e’, invece, normalmente demandata ad un terzo valutatore indipendente (c.d. “esperto”), trattandosi di determinare/modificare una delle prestazioni integranti l’oggetto del contratto (il prezzo, appunto).
Cio’ non toglie che, in mancanza dell’espresso riferimento alla ponderazione di un “esperto”, nel caso di contenzioso giudiziale, la misura del corrispettivo definitivo possa essere stabilita attraverso un’indagine tecnica di natura contabile disposta dal giudice, sulla scorta degli elementi evocati dalla clausola.
E cio’ con precipuo riferimento alle ipotesi – come quella di specie – in cui le parti non rinviino alla determinazione, secondo equo apprezzamento, di un terzo arbitratore la quantificazione del corrispettivo, ai sensi dell’articolo 1349, comma 1, c.c. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16648 del 23/05/2022), ma pattuiscano il prezzo in una componente ben definita ma provvisoria, suscettibile di variazioni successivamente alla stipula, in dipendenza di determinate circostanze (per lo piu’ future), da accertare e valutare sulla base di prestabiliti criteri (che implicano valutazioni di carattere tecnico, da condurre sulla base delle regole, pre-giuridiche, della scienza di riferimento).
In questi ultimi casi, ove si faccia ricorso alla ponderazione di un tecnico, il terzo valutatore indipendente si presta ad essere configurato, non gia’ come arbitratore (articoli 1349 e 1473 c.c.), ma precisamente come perito contrattuale.
E tanto perche’, quando le parti di un rapporto giuridico conferiscono ad un terzo l’incarico di svolgere, in base alla sua specifica capacita’ tecnica, constatazioni e accertamenti, il cui esito si impegnano ad accettare, ricorre l’ipotesi della perizia contrattuale, che si differenzia, oltre che dall’arbitrato, anche dall’arbitraggio, avente quale oggetto l’incarico di determinare uno degli elementi del negozio in via sostitutiva (o, quantomeno, specificativa) della volonta’ delle parti.
In essa, pertanto, l'”arbitro-perito” non deve ispirarsi alla ricerca dell’equilibrio economico secondo un criterio di equita’ mercantile, ma deve attenersi a norme tecniche e criteri scientifici propri della scienza, arte, tecnica o disciplina, nel cui ambito si iscrive la valutazione che e’ stato incaricato di compiere (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20624 del 29/09/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 28511 del 08/11/2018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 18906 del 28/07/2017; Sez. 3, Sentenza n. 13291 del 28/06/2016; Sez. 3, Sentenza n. 7531 del 01/04/2014; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 30/06/2005; Sez. 1, Sentenza n. 12155 del 29/10/1999; Sez. 3, Sentenza n. 2738 del 22/12/1970). Con la rilevante conseguenza che, nel caso di perizia contrattuale, va esclusa l’esperibilita’ della tutela tipica prevista dall’articolo 1349 c.c. per manifesta erroneita’ o iniquita’ della determinazione del terzo, trattandosi di rimedio circoscritto all’arbitraggio, in quanto quest’ultimo presuppone l’esercizio di una valutazione discrezionale e di un apprezzamento secondo criteri di equita’ mercantile, inconciliabili con l’attivita’ strettamente tecnica dell’arbitro-perito.
A fortiori, allorche’ le parti non abbiano espressamente contemplato l’espletamento, in via stragiudiziale, di una perizia contrattuale per l’adeguamento del corrispettivo della cessione, ma abbiano previamente individuato i criteri cui la fissazione definitiva del prezzo di cessione deve attenersi, tale verifica puo’ essere rimessa all’autorita’ giudiziaria adita, che puo’ avvalersi di un consulente tecnico d’ufficio, laddove insorga – come nella fattispecie – un contenzioso tra le parti in ordine alla finale determinazione del prezzo.
3.2.1.- In base all’opinione espressa da un autorevole filone della dottrina, le clausole di indemnity e gli (eventuali) importi relativi corrisposti al compratore costituirebbero, in realta’, una mera modalita’ accessoria del contratto di cessione, ai fini della (ri-)determinazione del prezzo delle azioni cedute, che, al tempo della cessione, sarebbe stato fissato in un importo inferiore (pari all’ammontare dell’indennizzo effettivamente pagato), qualora i contraenti fossero stati consapevoli dell’effettivo avveramento del rischio coperto dalle clausole di “garanzia convenzionale” (Representations & Warranties).
In sintesi, secondo quest’ultima impostazione, gli indennizzi opererebbero come una sorta di sopravvenuto (ed eventuale) price adjustment di secondo livello, a carattere unidirezionale in riduzione (ossia, modificherebbero solo in diminuzione, a favore del compratore, il prezzo fissato al closing, che, quindi, non sarebbe piu’ definitivo tout court); mentre, il price adjustment di primo livello operante sul prezzo provvisorio (recte sul prezzo iniziale) alla “data di riferimento” anteriore al closing presenterebbe carattere bidirezionale (ossia di possibile modifica, in aumento o diminuzione, a favore, secondo il caso, del venditore o del compratore).
Secondo detta tesi, la clausola di indemnity dovrebbe essere ricondotta nel campo applicativo della clausola di price adjustment, all’interno dei contratti di acquisizione societaria: sarebbe, dunque, possibile che il corrispettivo venga pattuito sulla scorta del valore assegnato al patrimonio sociale ad una certa data, al fine di tenere indenne l’acquirente dall’eventuale emersione di passivita’ quiescenti emerse solo dopo il trasferimento.
La ratio di tali previsioni sarebbe quella di superare il deficit di informazioni che grava sul soggetto che si accinge ad entrare in una compagine sociale, il cui assetto patrimoniale e’ determinato da scelte e condotte rispetto alle quali esso e’ rimasto estraneo.
La clausola in oggetto verrebbe, cosi’, ad atteggiarsi, in ogni caso, quale clausola di revisione del prezzo, a fronte dell’effettiva consistenza patrimoniale del bene oggetto di compravendita, costituendo, in tal modo, un negozio del tutto legittimo e ragionevole posto a tutela della parte acquirente, a prescindere dal fatto che questa ricopra o meno una posizione di forza negoziale.
Per effetto della previsione di una clausola di adeguamento del prezzo (quand’anche a mezzo della corresponsione di un indennizzo successivo), quindi, la parte cedente assumerebbe in proprio ed ex novo, a favore dell’acquirente, un’obbligazione “compensativa” per il caso di violazione di impegni dalla stessa assunti, riguardanti eventuali passivita’ latenti ed esistenti gia’ al momento del trasferimento, con esclusione delle passivita’ future.
In linea con questa ricostruzione e con il conseguente inquadramento dogmatico del rapporto, si sostiene che la discriminazione tra le clausole di indemnity e di price adjustment in senso stretto rischierebbe di non trovare fedele riscontro nella pratica degli affari, che tende ad adottare – in ragione della sottoposizione ad autonoma tassazione delle clausole di indemnity (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17948 del 19/10/2012) – tecniche contrattuali tali da ricondurre queste ultime nell’alveo delle clausole di price adjustment (depotenziandone, quindi, l’autonomia strutturale e funzionale), al fine di usufruire del regime fiscale piu’ favorevole.
3.2.2.- In questa sede (e segnatamente con puntuale riguardo agli arresti adottati nella materia tributaria, pur restando ferma la non sovrapponibilita’ della disciplina del rapporto pubblicistico tra l’erario e il contribuente rispetto alla disciplina del rapporto privatistico tra le parti del contratto di cessione delle partecipazioni), si aderisce, invece, all’orientamento volto ad esaltare, in una prospettiva ermeneutica del contratto, la differenza tra clausole di “aggiustamento” del prezzo in senso proprio e clausole di indemnity, in ragione della circostanza decisiva che le sopravvenienze passive emarginate siano contemplate quale “causa giustificativa” della revisione del corrispettivo fissato in via provvisoria, con funzione di riequilibrio del sinallagma contrattuale, il cui beneficiario sia l’acquirente, come nel caso in disputa, oppure si collochino quale fonte di un obbligo ulteriore di natura indennitaria-risarcitoria, il cui beneficiario sia la societa’ target (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 36831 del 26/11/2021; Sez. 5, Sentenza n. 17011 del 13/08/2020).
3.3.- Ora, nella fattispecie, le eventuali sopravvenienze passive sono state considerate specificamente ai fini della rettifica di prezzo, non ancora interamente versato al momento del perfezionamento del negozio di cessione, essendo stato concordato un piano rateale di pagamento.
E dunque, valorizzando la distinzione tra clausole di indemnity e di price adjustment, la previsione si configura bensi’ quale criterio di revisione del corrispettivo concordato in via provvisoria e non gia’ quale indennizzo da corrispondere in ragione della violazione delle clausole di garanzia di un contratto di cessione di partecipazioni, a fronte di un prezzo gia’ versato.
Ebbene, solo in tale ultima evenienza la clausola assume una funzione “assicurativa”. E cio’ perche’, diversamente dalla “clausola di aggiustamento del prezzo”, con la quale si correla il corrispettivo dell’acquisizione, o parte di esso, a determinati eventi futuri legati all’andamento economico-finanziario della societa’ oggetto di acquisizione, predeterminando un’eventuale rettifica, in aumento o in diminuzione, del prezzo di cessione della partecipazione, con la clausola di “garanzia”, invece, il cedente assume un autonomo e specifico obbligo di indennizzo (altrimenti estraneo all’oggetto della garanzia legale, cui il venditore e’ tenuto nei confronti del compratore), rappresentato dal reintegro, totale o parziale, di passivita’ sopravvenute, usualmente di natura fiscale, riferibili alla gestione anteriore all’acquisto (obbligo di “manleva”). Cosicche’, solo tale ultima clausola ha una funzione sostanziale di garanzia, di tipo assicurativo, e l’obbligazione che ne deriva a carico del cedente e’ finalizzata a tenere il cessionario indenne (indemnity) dagli effetti pregiudizievoli sulla consistenza patrimoniale della societa’, derivanti dal fatto predeterminato (cfr. la gia’ citata Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17011 del 13/08/2020).
Tale obbligazione pecuniaria di dare e’ sottoposta alla “condizione” sospensiva che possano considerarsi realizzati eventi dedotti in contratto, in grado di intaccare la situazione patrimoniale della societa’, ossia accadimenti risalenti ad epoca precedente alla formalizzazione della cessione, i cui effetti si manifestino successivamente (condicio in praesens ve in praeteritum coata).
Peraltro, in ordine alle business warranties – quali clausole che si contrappongono alle ega warranties, che invece si riferiscono alle caratteristiche intrinseche delle azioni cedute, tra cui quelle che garantiscono che la partecipazione sia effettivamente di proprieta’ del venditore – ne e’ controversa la natura.
In base ad una prima impostazione, non si ricade nel contesto di una garanzia “in senso tecnico” (di praestare), bensi’ nell’ambito di una obbligazione (di pecuniam dare), consistente nell’assunzione volontaria da parte di un soggetto – o nell’attribuzione allo stesso da parte della legge – del rischio di un determinato evento idoneo a cagionare un’oggettiva diminuzione economica del patrimonio di un altro soggetto (si riferiscono ad una “obbligazione autonoma” Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7183 del 13/03/2019; Sez. 2, Sentenza n. 16963 del 24/07/2014; Sez. 5, Sentenza n. 17948 del 19/10/2012, secondo cui, nell’ambito della vendita di azioni o quote, se le parti abbiano previsto pattiziamente un diritto di indennizzo per l’ipotesi in cui, in seguito alla conclusione del contratto, si verifichino perdite o sopravvenienze passive nella societa’ oggetto di cessione, il diritto a ottenere tale indennizzo e’ sottoposto al termine di prescrizione ordinaria decennale, posto che il cosing ha ad oggetto una prestazione accessoria e non rientra, quindi, nella garanzia di cui all’articolo 1497 c.c., che attiene, invece, alle qualita’ intrinseche della cosa, esistenti al momento della conclusione del contratto; nello stesso senso anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2059 del 23/02/2000; Sez. 2, Sentenza n. 9352 del 04/09/1991).
In senso contrario, altro indirizzo aderisce alla tesi a mente della quale la previsione deve essere inclusa nell’alveo delle garanzie delle qualita’ promesse, in senso proprio e tecnico, con i conseguenti piu’ ristretti termini prescrizionali ex articolo 1495 c.c. (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 3658 del 13/02/2020; Sez. 6-2, Ordinanza n. 22790 del 12/09/2019; Sez. 1, Sentenza n. 14255 del 08/07/2015; Sez. 1, Sentenza n. 23649 del 06/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 16031 del 19/07/2007; Sez. 1, Sentenza n. 18181 del 09/09/2004; Sez. 1, Sentenza n. 3370 del 20/02/2004).
3.4.- Nel caso di specie, la clausola di “aggiustamento” del prezzo in senso proprio – e dunque esente da intrinseci problemi di inquadramento sistematico – risulta osservare il requisito della sufficiente determinabilita’ ex articoli 1346 e 1474 c.c., in quanto le passivita’ sopravvenute, in ordine alle quali l’articolo 4-bis dell’atto di cessione dell’8 giugno 2005 prevedeva la possibilita’ di “compensazione” con il prezzo dovuto (ovvero la riserva di agire in ripetizione per l’eccedenza versata), erano delimitate a quelle gia’ risalenti a fatti verificatisi antecedentemente al perfezionamento della cessione (elemento temporale), per le specifiche causali ivi riportate – tributi, accessori e sanzioni Iva, Irpef, Irpeg, Irap, contributi, accessori e sanzioni Inail e Inps – (elemento causale), riconducibili alle figure soggettive espressamente indicate – Ministero dell’Economia, Ministero del Welfare, Inps e Inail – (elemento soggettivo).
Il verificarsi di tali sopravvenienze, secondo i criteri ivi stabiliti, influisce, pertanto, sulla misura definitiva del prezzo, a vantaggio dell’acquirente e non gia’ della societa’ ceduta (in generale sul tema dell’integrazione del prezzo per effetto di ben delimitate sopravvenienze, quale patto che non introduce elementi di incertezza nel corrispettivo convenuto, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1871 del 28/01/2010; Sez. 1, Sentenza n. 10168 del 28/11/1994; Sez. 1, Sentenza n. 8969 del 05/07/2000).
Nella previsione di tale clausola non e’ dato, dunque, ravvisare alcuna violazione dei canoni di correttezza e buona fede, essendo piuttosto rimesso all’autorita’ giudiziaria circoscrivere la portata della clausola rispetto alle sopravvenienze passive dimostrate (eventualmente avvalendosi dell’ausilio di un esperto), purche’ non risulti per tabulas che di esse si sia tenuto conto ai fini della concordata riduzione del prezzo.
Infatti, il quantum dello scomputo delle poste debitorie indicate dovra’ tenere conto dell’importo finale delle effettive passivita’ gravanti sul patrimonio della societa’, iscritte in bilancio “ora per allora”, e non imputabili all’acquirente, secondo la previsione della clausola negoziale (di earn-out). Elemento, questo, dirimente ai fini di stabilire se debba aversi riguardo alle somme indicate al momento della notifica delle cartelle ovvero al momento dell’accertamento definitivo, preso atto degli esiti degli eventuali contenziosi e delle eventuali transazioni raggiunte con i creditori, sulla scorta della gestione rimessa alla nuova compagine sociale.
All’esito di un accertamento contabile di dare ed avere tra le parti, con la conseguente elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza, si realizza, pertanto, attraverso un meccanismo di compensazione impropria, il prezzo effettivo dovuto per l’operazione traslativa posta in essere, sulla scorta delle coordinate di quantificazione gia’ contemplate in contratto.
Ed invero, ai fini della determinabilita’ dell’oggetto dell’obbligazione, non occorre che l’oggetto di una prestazione contrattuale sia determinato in modo concreto, ma e’ sufficiente, invece, che possa esserlo con quei criteri che il contratto stesso, o la pratica delle cose, possano suggerire, essendo essenziale solo che l’obbligazione sorta dal contratto possa attuarsi e corrisponda a quel preciso interesse che la volonta’ delle parti intese regolare (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5931 del 13/12/1978; Sez. 3, Sentenza n. 1345 del 08/09/1970; Sez. 1, Sentenza n. 3065 del 29/11/1963).
4.- In definitiva, il ricorso deve essere accolto in ordine ad entrambi i motivi articolati, nei sensi di cui in motivazione.
La sentenza impugnata va, per l’effetto, cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che decidera’ uniformandosi ai seguenti principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
“Affinche’ si abbia novazione oggettiva dell’obbligazione preesistente e’ necessario che siano espressamente previste, o comunque siano desumibili in modo inequivocabile, la volonta’ e l’effetto di estinzione dell’obbligazione pregressa, in ragione della sostituzione con una obbligazione nuova e incompatibile, non essendo sufficienti le indicazioni meramente esemplificative, a fronte del richiamo a tutti gli altri patti gia’ stipulati che consentono la coesistenza di plurime obbligazioni”.
“In tema di cessione di partecipazioni sociali, soddisfa il requisito della determinabilita’ dell’oggetto – ed e’ dunque valida e non viola il canone di buona fede oggettiva – la clausola del contratto che preveda l’adeguamento del corrispettivo fissato alle sopravvenienze passive successivamente accertate (ossia verificate dopo la cessione), facenti capo alla societa’ target, per fatti accaduti prima del perfezionamento dell’accordo traslativo, in ordine a causali specificate nei confronti di soggetti individuati”.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione:
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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