La tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine

Corte di Cassazione, civile,
Ordinanza|30 marzo 2023| n. 8983.

La tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine

La tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine per caso fortuito o forza maggiore (come nel caso della morte del procuratore domiciliatario dell’appellato) ne presuppone la riattivazione mediante istanza al giudice “ad quem” – da depositarsi contestualmente all’attestazione dell’omessa notifica, nel termine previsto per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio – volta a domandare la fissazione di un termine perentorio per il relativo completamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello per mancato rispetto del termine ex art. 327 c.p.c., sul presupposto che l’appellante si era costituito in giudizio, iscrivendo la causa a ruolo, ed aveva atteso la prima udienza di trattazione per chiedere l’autorizzazione a rinnovare la notifica, non andata a buon fine per l’intervenuto decesso del professionista presso il quale l’appellato aveva eletto domicilio in primo grado).

Ordinanza|30 marzo 2023| n. 8983. La tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine

Data udienza 1 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Sinistro stradale – Risarcimento del danno – Morte del professionista domiciliatario – Insussistenza di un ufficio sopravvissuto allo stesso – inefficacia della dichiarazione di domicilio – Notifica non andata a buon fine per causa non imputabile al notificante – Onere di riattivazione del procedimento notificatorio – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32330/2020 R.G., proposto da:
(OMISSIS); domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione; rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)), in virtu’ di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore; elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo Studio dell’Avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)), che la rappresenta e difende, in virtu’ di procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonche’ di:
(OMISSIS), e (OMISSIS);
– intimati –
per la cassazione della sentenza n. 1692/2020 della CORTE di APPELLO di NAPOLI, depositata il 13 maggio 2020;
udi’ta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1 febbraio 2023 dal Consigliere relatore, Paolo Spaziani.

La tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.p.a. e – premesso di essere stato vittima di un incidente stradale causato dal conducente di un veicolo di proprieta’ della prima e assicurato con la seconda – ne domando’ la condanna, in solido, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali che ne erano conseguiti.
Costituitasi in giudizio la sola (OMISSIS) s.p.a., nella contumacia della (OMISSIS) s.r.l., il Tribunale, ritenuto il concorso del fatto colposo dell’attore nella misura del 30 per cento, condanno’ entrambe le societa’, in solido tra loro, a pagare al (OMISSIS), a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 32.330,21, nonche’ l’ulteriore somma di Euro 6.305,56, oltre accessori.
In seguito a gravame dello stesso (OMISSIS), la Corte di appello di Napoli, con sentenza 13 maggio 2020, n. 1692, dopo aver dichiarato la contumacia di (OMISSIS) e (OMISSIS) (entrambi soci e successori della estinta (OMISSIS) s.r.l.), ha dichiarato l’inammissibilita’ dell’appello.
La Corte territoriale ha rilevato:
I- che, sebbene la notificazione a mani proprie dell’atto di citazione in appello alle due societa’ convenute in primo grado fosse stata richiesta in data 9 ottobre 2013, tuttavia non era andata a buon fine ne’ la notifica effettuata personalmente nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.r.l., rimasta contumace (in quanto dalla relata di notifica era risultata “sconosciuta all’indirizzo, come da informazioni e ricerche in loco”), ne’ la notifica effettuata presso il difensore, nel domicilio eletto, nei confronti della (OMISSIS) s.p.a., costituitasi in primo grado, in quanto il professionista presso cui il difensore aveva eletto domicilio era risultato deceduto;
II- che, non ostante la certificazione dell’omessa notifica da parte dell’ufficiale giudiziario, l’appellante aveva ugualmente proceduto ad iscrivere a ruolo la causa in data 18 ottobre 2013 e, alla prima udienza del 25 febbraio 2014, aveva chiesto ed ottenuto l’autorizzazione a rinnovare la notifica dell’atto introduttivo nei confronti delle societa’ appellate; nell’occasione aveva specificato, da un lato, che l’ (OMISSIS) s.r.l. era stata cancellata dal registro delle imprese mentre il domiciliatario della (OMISSIS) s.p.a. era deceduto, ed aveva dedotto, dall’altro lato, che l’atto consegnato per la notifica era tornato nella sua materiale disponibilita’ solo da “pochi giorni”, sicche’ aveva avuto notizia dell’omessa notificazione solo “poco prima della prima udienza di trattazione”;
III- che, fissata la successiva udienza del 27 gennaio 2015, ad essa era comparso il solo difensore della (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.), costituitasi il giorno precedente, sulla cui richiesta era stata fissata per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 13 marzo 2018, poi rinviata al 9 ottobre 2018;
IV- che, solo in questa udienza, era nuovamente comparso il difensore dell’appellante, il quale, dopo avere dedotto che non gli erano stati recapitati gli avvisi di ricevimento dell’atto di appello spedito ai soci e successori della (OMISSIS) s.r.l., cancellata ed estinta, aveva domandato nuova autorizzazione a rinnovare la notificazione a tali soggetti;
V- che, fissata la successiva udienza del 21 maggio 2019 per l’integrazione del contraddittorio ex articolo 331 c.p.c. a cura della parte piu’ diligente, la causa era stata trattenuta in decisione.
Tutto cio’ rilevato, la Corte territoriale ha ritenuto che tanto l’ordinanza emessa all’esito dell’udienza del 25 febbraio 2014 (con cui era stata autorizzata la rinnovazione dell’atto di gravame in confronto delle societa’ appellate) quanto quella emessa all’esito dell’udienza del 9 ottobre 2018 (con cui era stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci e successori della (OMISSIS) s.r.l.) dovessero essere revocate e dovesse essere rilevata la violazione del termine di decadenza di cui all’articolo 327 c.p.c., con conseguente declaratoria di inammissibilita’ dell’appello; cio’, in quanto, a seguito della omessa notifica certificata in data 9 ottobre 2013, l’atto di gravame era stato restituito all’appellante certamente prima del 18 ottobre successivo (data dell’iscrizione della causa ruolo) ma egli, anziche’ riattivare prontamente il procedimento notificatorio, aveva atteso l’udienza del 25 febbraio 2014 e, dopo avere, in modo non veritiero, rappresentato alla Corte di avere avuto conoscenza dell’omessa notifica solo poco prima dell’udienza medesima, aveva chiesto l’autorizzazione alla rinnovazione dell’atto, il quale era stato posto in essere – a seguito dell’invio, alla societa’ (OMISSIS) s.p.a., del plico raccomandato del 22 settembre 2014, in vista dell’udienza del 27 gennaio 2015 – “oltre undici mesi dopo” l’omessa notifica del 9 ottobre 2013.
Propone ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di tre motivi.
Risponde con controricorso la (OMISSIS) s.p.a..
Non svolgono difese gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS).
La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
La controricorrente ha depositato memoria.

La tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’articolo 327 c.p.c., nonche’ contraddittorieta’ della sentenza.
Il motivo si articola in due distinte doglianze.
1.a. Sotto un primo profilo, il ricorrente osserva che, anche a ritenere che avesse avuto conoscenza dell’omessa notifica dell’atto di appello gia’ il 18 ottobre 2013, tuttavia, tenuto conto della data fissata per la comparizione (18 febbraio 2014), avrebbe avuto a disposizione soltanto 31 giorni per individuare i soggetti destinatari della notifica e il luogo ove effettuarla.
Sostiene, in particolare, che, a seguito del decesso del domiciliatario della (OMISSIS) (Avv. (OMISSIS)), egli aveva l’onere di verificare se la struttura organizzativa di cui il professionista era titolare fosse ancora esistente, stante il principio per cui a seguito della morte del domiciliatario non si determina l’inefficacia della dichiarazione di elezione di domicilio (e la conseguente necessita’ che la notificazione dell’impugnazione sia eseguita, a norma dell’articolo 330 c.p.c., comma 3, alla parte personalmente) allorche’ l’elezione di domicilio sia stata fatta presso lo studio di un professionista e l’organizzazione di tale studio gli sopravviva, dovendosi in questo caso considerare lo studio del professionista alla stregua di un ufficio (viene citata la sentenza di questa Corte n. 3102 del 2002).
Afferma che la ricerca in ordine alla “esatta natura organizzativa di uno studio professionale” avrebbe comportato “un notevole dispendio temporale”, sicche’ il termine di soli quindici giorni (meta’ del termine breve di cui all’articolo 325 c.p.c.), individuato dalla Corte di merito ai fini della riattivazione del procedimento notificatorio, non sarebbe stato sufficiente.
1.b. Sotto altro profilo, il ricorrente deduce che il suo contegno processuale era stato perfettamente conforme al diritto vivente formatosi al tempo della proposizione dell’appello, secondo cui – premesso che la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale – ove, peraltro, la notifica in detti luoghi avesse avuto ugualmente esito negativo per caso fortuito o forza maggiore (eventualmente, come nella specie, per la morte del procuratore o, comunque, per altro fatto non imputabile al richiedente ed attestato dall’ufficiale giudiziario), il procedimento notificatorio, ancora nella fase perfezionativa per il notificante, avrebbe potuto essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice ad quem, corredata dall’attestazione dell’omessa notifica, di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione ovvero, ove la tardiva notifica dell’atto di impugnazione potesse comportare la nullita’ per il mancato rispetto dei termini di comparizione, per la rinnovazione dell’impugnazione ai sensi dell’articolo 164 c.p.c. (viene citata la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 3818 del 2009).

La tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine

Il (OMISSIS) sostiene, dunque, che il principio posto a fondamento della declaratoria di tardivita’ dell’appello pronunciata dalla Corte territoriale di Napoli si sarebbe affermato solo a seguito di un revirement giurisprudenziale, sopravvenuto all’epoca di proposizione dell’impugnazione.
1.1. Entrambe le doglianze sono infondate.
1.1.a. Con riguardo alla prima, va osservato che la regola secondo la quale, nell’ipotesi in cui l’elezione di domicilio sia stata fatta presso uno studio professionale e l’organizzazione di tale studio sopravviva al professionista, non si determina l’inefficacia della dichiarazione di elezione di domicilio (e la conseguente necessita’ che la notificazione dell’impugnazione sia eseguita alla parte personalmente), non trova applicazione – secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte – allorquando dalla dichiarazione di elezione risulti che lo studio e’ indicato come quello proprio di una persona individuata, professionista o meno, poiche’ in tal caso l’elezione di domicilio deve ritenersi fatta, non con riferimento alla organizzazione in se’, indipendentemente dalla persona del domiciliatario, ma al luogo in cui questi e’ reperibile, attribuendo quindi rilievo all’elemento personale e non a quello oggettivo (in tal senso, la stessa Cass. 04/03/2002, n. 3102, citata dal ricorrente; successivamente, cfr. Cass. 06/07/2010, n. 15846; Cass.22/04/2016, n. 8222; Cass.15/04/2022, n. 12411).
In questa ipotesi, dunque, la dichiarazione stessa diviene inefficace a seguito della morte del domiciliatario.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha accertato la ricorrenza di questa specifica ipotesi, dando atto, in sentenza, che la (OMISSIS) risultava “elettivamente domiciliata presso l’avv. (OMISSIS)”, e non gia’ presso uno studio organizzato di professionisti.
Tale circostanza trova conferma nella relata di notifica dell’atto di appello trascritta nell’ambito del ricorso per cassazione, in cui l’ufficiale giudiziario, nel relazionare sull’omessa notifica, aveva specificato che la notizia del decesso del domiciliatario era stata appresa sulla base di informazioni assunte, senza dare atto (e cosi’ evidentemente escludendola, sia pure implicitamente) della presenza, in loco, di una struttura o un ufficio che erano sopravvissuti al professionista deceduto.
La prima doglianza da cui e’ sorretto il primo motivo di ricorso e’, dunque, infondata.
1.1.b. Con riguardo alla seconda doglianza, deve escludersi che il contegno processuale del ricorrente, in seguito all’omessa notifica certificata il 9 ottobre 2013, si fosse conformato ai principi sanciti dalle Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze nn. 3818 e 3819 del 2009, pure richiamati in ricorso quali principi di diritto vivente all’epoca di proposizione dell’impugnazione.

La tempestiva e rituale ripresa del procedimento di notificazione di un atto di impugnazione non andato a buon fine

Benvero, in base a tali principi (recentemente ribaditi: Cass. 18/10/2022, n. 30492, non mass.), la tempestiva e rituale ripresa del procedimento notificatorio di un atto di impugnazione non andato a buon fine per caso fortuito o forza maggiore (come per la morte del procuratore), ne presuppone la riattivazione mediante istanza al giudice ad quem di fissazione di un termine perentorio per completare la notifica, da depositarsi contestualmente all’attestazione dell’omessa notifica, nel termine previsto per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio.
Nel caso di specie, invece, la Corte di merito ha evidenziato che il ricorrente si era costituito in giudizio, iscrivendo la causa a ruolo, ed aveva atteso la prima udienza di trattazione per chiedere l’autorizzazione a rinnovare la notifica.
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, va poi evidenziato che il principio – enunciato dalla Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 15/07/2016, n. 14594 e successivamente piu’ volte ribadito (Cass. 31/07/2017, n. 19059; Cass. 09/08/2018, n. 20700; Cass. 21/08/2020, n. 17577) – secondo il quale, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestivita’ gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla meta’ dei termini indicati dall’articolo 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa – non costituisce oggetto di un revirement rispetto alle regulae iuris enunciate con le sentenze nn. 3818 e 3819 del 2009, limitandosi a specificare in termini concreti l’esigenza, gia’ espressa in tali pronunce, della pronta riattivazione del procedimento notificatorio, fallito per causa non imputabile al notificante, in tempi ragionevoli.
Correttamente, dunque, tale principio e’ stato applicato alla fattispecie dalla Corte di merito.
Il primo motivo di ricorso va quindi complessivamente rigettato.
2. Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’articolo 291 c.p.c..
Il ricorrente deduce che nella fattispecie in esame (mancato perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo del processo di appello presso il procuratore costituito o domiciliatario dell’appellante) si sarebbe integrata, non gia’ un’ipotesi di inesistenza, bensi’ un’ipotesi di nullita’ della notificazione, sanabile con la rinnovazione dell’atto, ai sensi dell’articolo 291 c.p.c. (viene citata la decisione di questa Corte n. 26304 del 2020).
2.1. Il motivo e’ manifestamente infondato.
Non e’ pertinente il richiamo alla pronuncia n. 26304 del 2020, la quale concerne l’ipotesi specifica della notifica al difensore gia’ costituito per il precedente grado di lite, di cui sia nota la cessazione del mandato.
Tuttavia, anche questa pronuncia, ai fini della distinzione tra nullita’ e inesistenza della notificazione, richiama la precedente pronuncia delle Sezioni Unite n. 11416 del 2016, secondo la quale l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione e’ configurabile, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’. Tali elementi consistono: a) nell’attivita’ di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere detta attivita’, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, cosi’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa (Cass., Sez. Un., 20/07/2016, n. 11416, cit.).
In base ai principi affermati da questa Corte nel suo massimo consesso – successivamente piu’ volte ribaditi (Cass. 27/01/2017, n. 2174; Cass. 16/02/2018, n. 3816; Cass. 08/09/2022, n. 26511) – non rientra, dunque, tra le ipotesi controverse o controvertibili quella in cui l’atto sia restituito puramente e semplicemente al mittente, giacche’ in tal caso, venendo in considerazione una notificazione non andata a buon fine (quand’anche per fatto non imputabile al notificante), non vi puo’ essere dubbio che si tratti di notificazione omessa, dunque inesistente, e non semplicemente nulla.
Nello stesso senso, del resto, questa Corte si e’ espressa con riferimento alla notificazione dell’atto di impugnazione non andata a buon fine per trasferimento del destinatario (Cass. 12/10/2017, n. 23868).
Anche il secondo motivo di ricorso va, pertanto, rigettato.
3. Con il terzo motivo viene denunciata nullita’ della sentenza e del procedimento, nonche’ violazione dell’articolo 101 c.p.c..
Il ricorrente si duole che il carattere tardivo dell’appello sia stato rilevato (e che, per conseguenza, l’inammissibilita’ dell’impugnazione sia stata dichiarata) senza preventivamente sottoporre la questione al contraddittorio delle parti.
3.1. Anche questo motivo e’ manifestamente infondato.
Al di la’ del rilievo che l’articolo 101 c.p.c., comma 2, aggiunto dalla L. n. 69 del 2009, articolo 45, comma 13, ed evocato dal ricorrente, non e’ applicabile al giudizio in esame, che ha avuto inizio con citazione del 2 marzo 2003 (dal momento che l’articolo 58, comma 1, della legge citata, ne dispone l’applicabilita’ solo ai giudizi introdotti in primo grado successivamente alla data di entrata in vigore della legge stessa e, quindi, dopo il 4 luglio 2009), trova operativita’ il principio secondo cui non soggiace al divieto posto dall’articolo 101 c.p.c., di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio e non sottoposta al contraddittorio delle parti, il rilievo della tardivita’ dell’impugnazione.
Cio’, perche’ l’osservanza dei termini perentori entro cui devono essere proposte le impugnazioni (articoli 325 e 327 c.p.c.) costituisce un parametro di ammissibilita’ della domanda al quale la parte che sia dotata di una minima diligenza processuale non puo’ non prestare attenzione, cosi’ da dover considerare gia’ ex ante come possibile sviluppo della lite la rilevazione d’ufficio dell’eventuale violazione di siffatti termini (Cass. 18/11/ 2019, n. 29803).
4. In definitiva, il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere rigettato.
5. Le spese del giudizio di legittimita’, relative al rapporto processuale intercorso tra il ricorrente e la societa’ controricorrente, seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese relative al rapporto processuale intercorso con gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS), che non hanno svolto difese in sede di legittimita’.
6. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1-bis ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.500,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis ove dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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