Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 settembre 2022| n. 26624.

Occupazione “sine titulo” di immobile non identificato catastalmente

In tema di occupazione “sine titulo” di immobile non identificato catastalmente, l’omessa indicazione dei dati catastali da parte del proprietario è irrilevante ai fini della domanda di rilascio del bene, poiché l’art. 19, del d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla l. n. 122 del 2010, che onera i titolari di diritti reali su beni immobili non accatastati a procedere alla dichiarazione di aggiornamento catastale, si riferisce ai contratti di locazione, sanzionando la mancata indicazione dei dati catastali nella richiesta di registrazione dei predetti, e non trova applicazione nelle ipotesi di occupazione senza titolo.

Ordinanza|9 settembre 2022| n. 26624. Occupazione “sine titulo” di immobile non identificato catastalmente

Data udienza 21 giugno 2022. Occupazione “sine titulo” di immobile non identificato catastalmente

Integrale

Tag/parola chiave: Proprietà – Occupazione sine titulo – Rilascio dell’immobile – Indennità – Risarcimento danni – Presupposti – Decreto legge 78 del 2010 – Determinazione del quantum – Parametri – Dpr 131 del 1986 – Criteri – Sentenza della corte di cassazione a sezioni unite 22232 del 2016 – Motivazione del giudice di merito

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24890/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso il suo studio, in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante, e (OMISSIS), Societa’ cooperativa a responsabilita’ limitata, entrambe rappresentate e difese, anche disgiuntamente, dagli avv.ti (OMISSIS), elettivamente domiciliate presso il loro studio, in (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 564/2019, pubblicata in data 25 gennaio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 giugno 2022 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.

Occupazione “sine titulo” di immobile non identificato catastalmente

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso ex articolo 702-bis c.p.c. la (OMISSIS) soc. coop. a.r.I., concessionaria dei servizi di programmazione e gestione e locataria del Teatro (OMISSIS), e la (OMISSIS) s.r.l., affittuaria dell’azienda comprendente la gestione del medesimo Teatro, convennero in giudizio (OMISSIS), gia’ custode del teatro, il quale, pur essendo cessato il rapporto di lavoro alle dipendenze della (OMISSIS), in forza del quale aveva avuto l’uso dell’alloggio ubicato all’interno del teatro, aveva continuato ad occupare l’immobile, sebbene egli fosse stato inquadrato nei ruoli del Ministero per i Beni e le Attivita’ culturali e del Turismo con altre mansioni.
A sostegno della domanda di accertamento dell’occupazione senza titolo dell’immobile e di risarcimento dei danni le parti ricorrenti dedussero che, a decorrere dal 1 febbraio 2013, a seguito della privatizzazione, il personale originariamente impiegato presso il Teatro (OMISSIS), tra cui il (OMISSIS), era stato reinquadrato nei ruoli del Ministero per i Beni e le Attivita’ culturali e del Turismo con altre mansioni, con la conseguenza che il convenuto non svolgeva piu’ l’attivita’ di custode del teatro che giustificava l’occupazione dell’alloggio; con raccomandata del 21 dicembre 2012 il (OMISSIS) aveva ricevuto ingiunzione di rilascio dell’alloggio, ma non vi aveva dato seguito.
Il convenuto, resistendo alla domanda, replico’, nel merito, che mancava l’identificazione catastale dell’alloggio, nonche’ la sanatoria catastale, cosicche’ la domanda era infondata per indeterminatezza dell’oggetto.
Con ordinanza il Tribunale di Roma, accertata l’assenza di titolo per la detenzione dei locali di servizio adibiti ad alloggio del custode del teatro, condanno’ il (OMISSIS) all’immediato rilascio dell’immobile, nonche’ a corrispondere, a titolo di indennita’ di occupazione dei locali, la somma di Euro 30.000,00 e l’ulteriore importo di Euro 2.500,00 a titolo di consumi relativi alle utenze.
2. L’ordinanza e’ stata impugnata dal (OMISSIS) dinanzi alla Corte di Appello di Roma, che ha respinto l’impugnazione, condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado di giudizio.
Esaminando il primo motivo di gravame con il quale si lamentava l’omessa valutazione della dedotta violazione del Decreto Legge n. 78 del 2010, articolo 19, comma 15, la Corte romana ha osservato che la disposizione normativa evocata, inclusa nel titolo II del decreto (“contrasto all’evasione fiscale e contributiva”), non atteneva alla dedotta occupazione senza titolo di un immobile e non giustificava la permanenza nell’immobile. Con riguardo al secondo motivo d’appello con il quale ci si doleva dell’omessa motivazione della decisione in punto di quantificazione della indennita’ di occupazione e sull’omessa valutazione delle circostanze di fatto rilevanti con riguardo alla determinazione della indennita’ di occupazione, i giudici di secondo grado hanno rilevato che la doglianza era fondata solo con riferimento alla omessa motivazione, ma che la decisione doveva essere confermata in punto di quantificazione del danno.
Hanno, al riguardo, precisato che l’importo determinato in sentenza era congruo e trovava giustificazione nei seguenti elementi fattuali: localizzazione dell’immobile in zona centrale della citta’ di Roma, metratura dell’immobile (60 mq), piano dell’alloggio (ultimo piano), quotazioni del borsino immobiliare riferite ad immobili situati nella stessa zona. La Corte ha, infine, respinto l’ultimo motivo d’appello, concernente la nullita’ del contratto di gestione intercorrente tra le societa’ appellate per mancata indicazione dei dati catastali e mancata individuazione dell’immobile ricompreso nell’affitto di ramo d’azienda, rilevando che si trattava di questione nuova non introdotta nel giudizio di primo grado e, comunque, non pertinente all’oggetto del giudizio.
3. Contro la suddetta decisione (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
(OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) resistono con controricorso.
4. La trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero presso la Corte.
Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 380.-bis.1. cod. proc. civ..

Occupazione “sine titulo” di immobile non identificato catastalmente

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente deduce la violazione del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, articolo 19, commi 8 e 15, convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122, lamentando che i giudici d’appello avrebbero totalmente omesso di valutare che le societa’ controricorrenti chiedevano il rilascio di immobile non identificato catastalmente, perche’ non accatastato e, quindi, non individuato.
Precisa, al riguardo, che la norma evocata in rubrica ha previsto la sanatoria catastale di tutti gli immobili che, a quella data, non risultavano accatastati, ponendo a carico dei locatori l’obbligo di inviare all’Agenzia delle entrate i dati catastali necessari per la registrazione del contratto di locazione e disponendo che, in caso contrario, il contratto non potesse essere registrato, L’immobile per cui era causa non risultava individuato catastalmente, ne’ era stato sottoposto a sanatoria catastale e, pertanto, ad avviso del ricorrente, le controricorrenti non potevano richiederne il rilascio, prevedendo l’articolo 605 c.p.c. l’esatta individuazione del bene oggetto di rilascio.
2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la nullita’ della sentenza per error in procedendo, ed in particolare per violazione dell’articolo 132 c.p.c. Il ricorrente evidenzia che l’immobile de quo, non essendo accatastato, non poteva produrre reddito, per cui era errata la condanna al pagamento di una somma a titolo di indennita’ d’occupazione. La Corte d’appello, sul punto, si era limitata a soffermarsi sull’esattezza della decisione del giudice di primo grado, che non aveva ammesso la consulenza tecnica d’ufficio, ma aveva omesso di prendere in esame l’incommerciabilita’ dell’immobile per mancanza di accatastamento.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 132 c.p.c., perche’ nella stessa non sono state riportate le conclusioni delle parti, ne’ e’ stato indicato che, in data 8 febbraio 2017, la Corte d’appello aveva sospeso l’efficacia esecutiva dell’ordinanza impugnata per la sussistenza sia del fumus boni iuris che del periculum in mora.
4. Il terzo motivo, che deve essere preliminarmente scrutinato, e’ infondato.
Per quanto attiene alla doglianza relativa all’omessa indicazione delle conclusioni, questa Corte ha gia’ affermato il principio, a cui il Collegio intende dare continuita’, secondo cui la mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una mera irregolarita’ formale irrilevante ai fini della sua validita’, occorrendo, perche’ siffatta omissione od incompletezza possa tradursi in vizio tale da determinare un effetto invalidante della sentenza stessa, che l’omissione abbia in concreto inciso sull’attivita’ del giudice, nel senso di averne comportato o un’omissione di pronuncia sulle domande o sulle eccezioni delle parti, oppure un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi prospettati dalle parti medesime (Cass., sez. 2, 5/05/2010, n. 10853; v. pure Cass., sez. U, 24/10/2005, n. 20469; Cass., sez. 3, 22/09/2015, n. 18609), il che, nel motivo di ricorso, neppure risulta specificamente prospettato.
Non puo’, inoltre, condividersi l’assunto del ricorrente, secondo cui la sentenza impugnata sarebbe viziata per l’omesso richiamo alla disposta sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza impugnata, in quanto trattasi di provvedimento provvisorio e non connotato dal requisito della decisorieta’ e, come tale, del tutto irrilevante ai fini della ricostruzione della vicenda fattuale.
5. Parimenti infondato e’ il primo motivo.
5.1. Il Decreto Legge n. 78 del 2010, invocato articolo 19, comma 15, cosi’ recita: “La richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, deve contenere anche l’indicazione dei dati catastali degli immobili. La mancata o errata indicazione dei dati catastali e’ considerata fatto rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro ed e’ punita con la sanzione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, articolo 69”.
Trattasi di disposizione normativa del tutto inconferente, in quanto nella fattispecie in esame non si discute di un contratto di locazione, ma piuttosto di una ipotesi di occupazione senza titolo di immobile, il cui utilizzo, da parte dell’odierno ricorrente, trovava originariamente giustificazione nelle mansioni di custode dallo stesso svolte sino alla data del 1 febbraio 2013 e, dunque, nel rapporto di lavoro che lo legava dapprima all’Ente Teatrale Italiano (ETI) e successivamente alla societa’ cooperativa (OMISSIS).
5.2. Le domanda di rilascio e di risarcimento del danno formulate dalle odierne controricorrenti nel giudizio di primo grado non trovano titolo, dunque, in un contratto di locazione, ma scaturiscono dall’intervenuto mutamento del rapporto di lavoro, e, segnatamente, dalla cessazione delle mansioni di custode e dal diverso reinquadramento del (OMISSIS) nei ruoli del Ministero per i Beni e le Attivita’ culturali e del Turismo, con conseguente assunzione di diverse mansioni.
Di qui l’irrilevanza, ai fini della decisione, sia del richiamo al Decreto Legge n. 78 del 2010, articolo 19, comma 15, che stabilisce la nullita’ dei contratti di locazione non registrati e prevede, in caso di omessa indicazione dei dati catastali, l’applicazione di una sanzione, sia il rimando allo stesso articolo 19, comma 8 che prevede l’onere, a carico dei titolari di diritti reali su beni immobili che non risultano dichiarati in catasto, di procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale.
5.3. Peraltro, l’odierno ricorrente non contesta, neppure in questa sede, il fatto che il titolo in forza del quale deteneva l’immobile di cui si e’ chiesto il rilascio, ossia il contratto di lavoro, sia venuto meno a far data dal 1 febbraio 2013 e neppure deduce di detenere l’immobile in forza di un diverso titolo che possa legittimarne l’occupazione. Ne segue che le deduzioni difensive svolte a supporto della doglianza in esame, con le quali si assume che l’alloggio del custode non sarebbe stato accatastato, sono del tutto inconsistenti perche’ non idonee di per se’ a giustificare l’occupazione dell’immobile, che e’ divenuta abusiva.
6. L’infondatezza del primo motivo di ricorso non puo’ che comportare il rigetto anche del secondo motivo di ricorso. L’asserita mancanza di accatastamento dell’immobile – circostanza contestata dalle controricorrenti che hanno, al contrario, opposto che la porzione di immobile che identifica l’alloggio dell’ex custode risulta accatastato – non puo’ infatti spiegare alcun effetto sulla quantificazione della indennita’ di occupazione riconosciuta nella sentenza di primo grado e confermata in appello.
Sotto tale profilo la sentenza impugnata, ritenendo congrua la valutazione effettuata dal Tribunale, ha esaustivamente spiegato che l’importo determinato trova adeguata giustificazione in una serie di elementi fattuali, analiticamente indicati, quali la posizione dell’immobile, situato in zona centrale della citta’ di Roma, la superficie dell’immobile, il piano dell’alloggio, oltre che le quotazioni del borsino immobiliare riferite ad immobili aventi caratteristiche analoghe a quello in oggetto.
La motivazione addotta dai giudici di appello e’ tale da consentire di comprendere le ragioni e, quindi, l’iter logico seguito per pervenire al risultato enunciato e non viene, dunque, meno alla sua finalita’ che e’ quella di esternare un ragionamento che, partendo da determinate premesse, pervenga, con un procedimento enunciativo, logico e consequenziale, a spiegare il risultato cui perviene sulla res decidendi (Cass., sez. U, n. 22232 del 2016 e giurisprudenza ivi richiamata).
Deve, pertanto, escludersi l’anomalia motivazionale denunciata con il mezzo in esame, che e’ configurabile solo quando la motivazione, benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., sez. U, 22232 del 2016; Cass., 6-5, 15/06/2017, n. 14927).
7. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificati pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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